Sono giovani, ovviamente, indipendenti, ovviamente sempre lontani dai luoghi istituzionalizzati: tramano, si aggregano, propongono, producono, mostrano. Voglia di fare cinema inventare cinema: storia, finzione, documento, arte, figura. E lo spirito è quello, quasi violento e carnale che si era dimenticato: comunicazione visiva, gestuale, favola, gioco.
Un po' underground. ma sempre tendente al classico, un po' sperimentale, ma senza troppi eccessi: silenziosamente, senza destare scalpore, si anima, prende forma, si muove: Il sottobosco del Cinema Italiano incomincia a far parlare di sé. E' forse l'unico segnale positivo nel panorama alquanto disarmante del malato Cinema Italiano, che dietro al rifiorire dell'ultima generazione di registi (Salvatores, Risi. Tognazzi. Rubini, Soldini...) nasconde un vuoto veramente preoccupante. Nella quasi completa mancanza di strutture. nella più totale assenza di punti di riferimento, si parla di Cinema solo "per sentito dire". E così accade che due dei più importanti appuntamenti sul cinema nazionale sanciscano in fondo la sua scomparsa. FilmMaker a Milano: ovvero videomaker. televisione. telecamera video-amatoriale, più comoda, tutto meno costoso. tutto più facile: "Anteprima per il Cinema Indipendente Italiano" a Bellaria: ovvero in Italia non esiste un cinema indipendente (e su 27 opere in concorso un solo lungometraggio in pellicola (fondi del famoso articolo 28...) e 16 video!).
Eppur si muove... In mezzo alle ceneri, e alle chiacchiere, in mezzo al disinteresse generale, c'è qualche brace ancora accesa. Un mormorio appena avvertito, un passaparola sussurrato all'orecchio, quasi fosse l'unico modo per rimanere fuori dallo sgretolato fondale ormai fatiscente. Sono giovani, ovviamente, indipendenti, ovviamente sempre lontani dai luoghi istituzionalizzati: tramano, si aggregano, propongono, producono, mostrano. Voglia di fare cinema inventare cinema: storia, finzione, documento, arte, figura. E lo spirito è quello, quasi violento e carnale che si era dimenticato: comunicazione visiva, gestuale, favola, gioco. Ed il mezzo è ancora, per fortuna la pellicola, il fotogramma, il taglio con la forbice, l'immagine, la troupe. La forma è l'unica consentita, ma questa volta finalmente rivalutata restituita a sé: la storia breve, il racconto, il punto di partenza: Cortometraggio, short-film, Cinema Corto: l'anticamera al film-lungometraggio trasformata a "cosa-a-sé", ad oggetto identificato, a traguardo realizzativo.
Cortometraggio: che cos'è?
Durata: non più di 30 minuti;
Formato: possibilmente 16mm.;
Autore: preferibilmente giovane;
Produzione: rigidamente indipendente; anzi, autogestita.
Piccolo Cinema? No, grazie: Cinema Corto. Da sempre dimenticato dall'usuale circuito cinematografico, completamente sconosciuto alla larga parte del pubblico, aveva vissuto, boccheggiando, inseguendo qualche spazio in Festival con sezione apposita, per servire quasi sempre da biglietto da visita da porgere al "signor Produttore di Roma", ingresso obbligato per entrare alla corte del Grande Cinema. Ed ora finalmente qualcosa sembra muoversi, e la situazione lentamente cambiare. Pur ancora lontani da una vera disiribuzione, nascono focolai spontanei, diffusi a ragnatela: si organizzano rassegne, si ritagliano spazi in un palinsesto ormai troppo sclerotizzato. Da Bellaria, dove il Cinema ha unicamente parlato "corto", via Palermo, Rimini, Bologna, Roma, Milano, un rifiorire di proiezioni, per giungere, naturalmente a Pordenone. La SalaPasolini. a Cinemazero, ospiterà infatti dal 2 all'11 Dicembre l'evento "NonSolo-Film", rassegna di cortometraggi italiani in 16mm e video: 16 opere, la maggior parte opere prime, nomi pressoché sconosciuti alla ribalta, molta voglia di parlare, spesso protestare, gridare, altre riflettere, pensare, raccontare. Vengono da Torino, Palermo, Milano, Roma, Rimini, Bologna, Pordenone (due i cortometraggi prodotti quest'anno: quasi un record) a dimostrazione che fare Cinema e vedere Cinema sono due cose strettamente a contatto, quasi che l'una presupponga l'altra e viceversa, dove parlare e ascoltare, fare e vedere, sono i due lati della stessa medaglia, la voglia di comunicare. Ed è forse proprio la comunicazione, o la mancanza di comunicazione, la linea conduttrice, il filo comune, la pellicola che si srotola. Dalle telefonate alla radio di un programma notturno di Dimmi qualcosa di te (pluripre-miata opera del torinese Tava-relli) alla telecamera fissa sul binario di una stazione (la realtà che non si mostra?) di Passaggi del milanese Scarzella, di un tempo del quale non rimangono che rifiuti (Tempo da buttare della milanese Roberta Torre) fino ad arrivare al cinico iper-realismo di Ciprì e Maresco (gli ormai famosi palermitani lanciati verso la "soluzione finale") o alla altrettanto definitiva scelta del silenzio di Sette quadri per lo zen del riminese Angelini. Il tutto racchiuso tra due "vere chicche": il ritorno alla macchina da presa di Sergio Staino (ma questa volta in video e con un occhio alla televisione) con Io e Margherita, che aprirà la rassegna, ironico racconto di una svolta-non svolta di una generazione (il pretesto è l'occupazione di una scuola da parte dei partecipanti ad un concorso pubblico), ed il reperto Tempi moderni di Luca Gasparini, documento-finzione sul gruppo musicale dei CCCP, solitari portavoce in tempi che ancora non riescono ad essere moderni.
Cercasi pubblico, a questo punto: un film non visto è un film non fatto. Film... scusate, cortometraggi.
articolo di STEFANO BIGI
da CINEMAZERO anno XI Dicembre 1991
in: NonSoloFilm: rassegna a Cinemazero di cortometraggi a...lungo respiro