Ieri, mentre eravamo intenti a preparare una semplice domenica in famiglia, immersi tra le risate dei bambini e la gioia dei nonni venuti a trovarci, Vale , la mia compagna, è entrata in cucina piangendo. Mi ha detto con un filo di voce: "Se ne è andato anche lui", riferendosi alle scomparse recenti di Roberto Herlitzka e Glauco Mauri.
Ho subito pensato che piangesse per l'amore profondo che aveva per questi due giganti del teatro, che più volte abbiamo visto calcare i palcoscenici di teatri importanti, lasciandoci ogni volta incantati. Con Roberto avevo un legame speciale: lo avevo diretto e tra noi c'era una sincera amicizia. Ma Vale piangeva per qualcosa di più profondo, di più universale.
"Se ne stanno andando i più grandi", mi ha detto, "quelli capaci di reggere le grandi opere nei teatri imponenti. E non vedo un vero ricambio all'orizzonte". Le ho risposto che ci sono ancora tanti della vecchia guardia e anche molti giovani talentuosi, ma lei ha scosso la testa. "Mai come loro".
In quel momento ho sentito anch'io un senso di vuoto. Ho riflettuto su quanto sia cambiato il nostro mondo artistico, su come il cinema, a differenza del teatro, abbia trovato un ricambio – forse superficiale io nel vedere questo, forse veloce. Ma chi è oggi la nuova Anna Magnani? Chi un nuovo Mastroianni? E in televisione, chi è un Corrado?
Mi sono chiesto se forse sono io ancorato a un passato che non torna. So che i tempi cambiano, è naturale. Ma se oggi volessi vedere un Re Lear, non posso pensare a un Brignano, per quanto sia bravissimo nel suo genere. È come nella musica: se voglio ascoltare Paolo Conte, non posso accontentarmi di Achille Lauro.
Il teatro, però, non è solo spettacolo: è memoria, è arte viva, è l'anima di una cultura che si tramanda. E quando i grandi se ne vanno, sentiamo tutti un vuoto che sembra incolmabile. Ma forse, come mi diceva spesso Roberto, il teatro sopravvive proprio perché ogni volta si trasforma, attraverso chi lo ama e chi lo porta avanti. Voi cosa ne pensate?
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