"Mamma, papà... Devo dirvi una cosa"
"Amore cosa succede? Così ci fai preoccupare, sei agitato per la discussione di laurea di domani?"
"No, ecco, a proposito della laurea... So che avete già organizzato tutto, prenotato il ristorante... Ma in realtà io domani non mi laureo. Mi mancano ancora tanti esami per potermi laureare. Lo so, vi ho deluso e vi ho mentito, ma non sapevo come fare, la pressione era troppo forte, mi sentivo soffocare, ho anche pensato di... Di farla finita"
"Tesoro ma cosa dici? Vieni qui, fatti abbracciare. Se non sei ancora pronto per laurearti non è un problema, cancelliamo il ristorante e rimandiamo a casa i parenti. L'importante è che tu stia bene. Solo questo. Tutto il resto può aspettare. Avresti dovuto parlarcene fin da subito, avremmo potuto aiutarti. Ma siamo contenti che tu sia riuscito a parlarcene"
Poteva andare così. In tanti, troppi casi sarebbe potuta andare così. Sarebbe potuta andare così, forse, anche per Riccardo Faggin, il 26enne di Abano Terme che la notte tra il 28 e il 29 novembre scorso ha perso la vita schiantandosi con la sua auto contro un albero. Un incidente strano, in seguito al quale è emerso un tremendo dettaglio: il giorno dopo Riccardo avrebbe dovuto laurearsi in Scienze Infermieristiche. O almeno questo aveva detto ad amici e parenti. In realtà l'Università di Padova ha poi rivelato che il giovane aveva sostenuto solo una manciata di esami.
Le indagini sono ancora in corso, ma con tutta probabilità quello di Riccardo è l'ennesimo caso di giovani studenti universitari suicidi il giorno prima della (finta) laurea. Una piaga per la quale non esistono al momento statistiche ufficiali, ma che riguarda sempre più ragazzi. Cosa scatta nella mente di questi giovani che arrivano a compiere un gesto così estremo pur di non deludere le persone alle quali vogliono bene e alle quali hanno mentito per anni sugli esami passati e in realtà neanche mai sostenuti? C'è la pesantezza del vivere sentendosi costantemente oppressi dalla sensazione di non farcela, di non essere all'altezza, di non essere "abbastanza" in un mondo che ci vuole sempre più competitivi e veloci anche nel conseguire un titolo di studio - abbiamo tutti fresco nella mente il caso di Carlotta Rossignoli. Ragazzi che vivono con l'ansia costante di dover dimostrare di essere bravi, di essere i migliori, perchè fallire non è concesso. E anche per un genitore il confine tra spronare (giustamente) il proprio figlio e fargli pressione è labile. Non è facile per nessuno, ma insieme si può riuscire a trovare la quadra.
Ai ragazzi, da ex studentessa universitaria, voglio dire una cosa: non abbiate paura. Non abbiate paura quando una cosa è troppo difficile per voi, anche se vi sembra che per gli altri sia così facile. Le emozioni negative non vanno rifiutate o soffocate, ma accettate: si può avere paura, si può provare angoscia, e per tutte queste emozioni si può chiedere aiuto. In primis ai genitori, che sapranno ascoltarvi e perdonarvi tutto. E, se così non fosse, potrete comunque smettere di logorarvi e andare avanti per la vostra strada, consapevoli di avere fatto tutto il possibile per farcela e smettendo di essere costretti a portare avanti una doppia vita creata per soddisfare le aspettative dei genitori e della società.
Quanto deve essere doloroso sorridere alla propria famiglia, vederli orgogliosi mentre organizzano la festa in tuo onore, invitano i parenti, ti chiedono che regalo vorresti ricevere, e in realtà dentro essere lacerati dal dolore e dalla vergogna? Una vergogna così grande che non si riesce a tirare fuori, ad ammettere. E allora si fa buon viso a cattivo gioco, si continua a mentire fino all'ultimo istante, quando ormai non c'è più via d'uscita. E invece una via d'uscita c'è: si può mettere da parte tutto, l'umiliazione, i sensi di colpa, la delusione, ammettere la verità e chiedere aiuto. "Mamma, papà, devo dirvi una cosa".
Articolo di Chiara Tadini per ToDay.it