Il film è come un palazzo: si arriva alla sua costruzione gradualmente, per differenti gradi. E per “mani” differenti. Ma ognuna dovrebbe essere in grado di comprendere il linguaggio utilizzato dalle altre. Per costruire un palazzo serve un’“idea”, proprio come per costruire un film. Idea che va elaborata attraverso la stesura di un progetto che deve contenere la struttura (la parte portante in cemento armato dell’edificio) e gli impianti (termico, idrico-sanitario, elettrico). Il progetto arriva quindi nelle mani di un’impresa edile (la quale mette a disposizione muratori, elettricisti, idraulici, etc.) che si mette al lavoro per dar vita fisicamente al palazzo, sotto la guida di un direttore dei lavori.
Tutti utilizzano e comprendono un linguaggio in codice. Più o meno quanto accade agli “addetti ai lavori” di un film. L’analogia è lampante: gli ingegneri che si occupano delle strutture e degli impianti sono gli sceneggiatori, non un unico individuo ma più tecnici.
La stesura di un copione cinematografico si alimenta di un linguaggio in codice che tutti gli addetti ai lavori comprendono e utilizzano, vive di convenzioni. Due sono note ai più, la terza è meno facile da assimilare:
- QUI E ORA: l’unico verbo della sceneggiatura? Il presente. Il cinema esiste solo e unicamente al presente. Anche quando la vicenda è collocata nel passato (o nel futuro), lo spettatore si trova ad assistere ad azioni che si svolgono davanti ai suoi occhi (hic et nunc/qui e ora). Una vera e propria regola di scrittura, il primo tratto distintivo rispetto alla letteratura.
- LA VISIBILITÀ: la sceneggiatura deve descrivere solo ciò che è visibile, visualizzabile. Emerge quindi una seconda differenza rispetto alla narrativa: ciò che non è visualizzabile non è filmabile, e non dovrebbe trovare posto in uno script. “Che cosa vedo ora sullo schermo?”. Non si dovrebbe scrivere che qualcuno è il migliore amico di qualcun altro, né descrivere la vita interiore dei personaggi.
- MAI SOLI: la stesura di un copione cinematografico dovrebbe essere un lavoro eseguito a più voci, a più mani, proprio come il progetto di un palazzo. Le ragioni sono tante. Banalmente, sarebbe meglio non trovarsi soli ad affrontare questo impegno su cui si regge tutto il film.
Articolo di CRISTINA BORSATTI per FareFilm.it