Il cinema italiano ha dedicato pochi film alla 1° guerra mondiale, la maggior parte di essi sono pressochè sconosciuti, anche perchè di registi di maniera. Ricordiamo: Maciste alpino (1916) di Giovanni Pastrone - Scarpe al Sole (1935) di Marco Elter - Tredici uomini ed un cannone (1936) di Forzano - Fratelli d'Italia (1952) di Saraceni - La leggenda del Piave (1952) di Riccardo Freda - Penne nere (1952) di Biancoli - Bella non piangere (1954) di Carbonari - I 5 dell'Adamello (1954) di Mercanti.
Invece La grande guerra (1959) di Mario Monicelli ha avuto il pregio di affrontare per la prima volta l'argomento al di fuori dei convenzionali schemi patriottici e nazionalistici.
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Sinossi (da www.italica.rai.it): È il 1916, Prima Guerra Mondiale. Oreste Jacovacci e Giovanni Busacca sono due giovani soldati che tentano di sopravvivere alla guerra tentando di evitare il campo di battaglia. Dopo essere stato raggirato da Oreste, che gli aveva sottratto denaro dietro la promessa di farlo riformare, Giovanni viene fatto abile. Ma il destino porta i due ad incontrarsi di nuovo e, nonostante il rancore di Giovanni, tra loro nasce un'intensa amicizia. Entrambi vengono inviati al paese di Tigliano, dove, in attesa di essere destinati al fronte, restano al sicuro nelle retrovie seppur costretti ad un faticoso addestramento, durante il quale tentano di svagarsi trovandosi spesso in circostanze che rivelano la loro disastrosa ingenuità. Assegnati infine ad una postazione, Gianno ed Oreste incontrano i commilitoni e trascorrono con loro alcuni mesi di pausa dai combattimenti, festeggiando persino il Natale e distraendosi durante i giri di pattuglia senza che nulla accada, fino al giorno del primo ed estenuante scontro a fuoco contro l'esercito austro-tedesco: impegnate lungo la linea del Piave, le forze armate italiane affrontano il nemico con gravi sforzi e subendo numerose perdite. Incaricati di portare un messaggio, Gianni ed Oreste si distaccano dalla loro squadra sulla via del ritorno e, perdutisi, cercano riparo in un casolare, dove vengono individuati da un ufficiale austriaco che li cattura scambiandoli per spie. Minacciati di morte, viene offerta loro un'opportunità: la vita in cambio delle informazioni sui piani strategici dell'esercito italiano. Nonostante la loro coscienza vacilli, in bilico tra la paura di morire ed il rifiuto di macchiarsi col disonore, l'arroganza dell'ufficiale toglie loro ogni dubbio, ridando forza alla dignità che hanno in cuore. Saranno entrambi fucilati, portando con sé i segreti da cui dipende la vittoria degli Italiani.
Dopo parecchie polemiche precedenti all'uscita nelle sale, il filmprodotto da Dino de Laurentis e girato in gran parte in Friuli nel 1959, vinse il Leone d'Oro alla XX Mostra di Venezia, ex-aequo con Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini. Non erano mancate le dispute quando si era saputo che si stava per girare un film su due “vigliacchi”, due “eroi della paura”, come furono definiti nella polemica scaturita da un articolo su “La Stampa”.
Ha detto Monicelli (a: cinema.supereva.it) "La grande guerra nacque da un'idea di Luciano Vincenzoni, ispirata al racconto Due amici di Guy de Maupassant. Io pensai a Gassman e Dino De Laurentis, cui portai il soggetto, decise che il film si poteva fare insieme a Sordi, e con Age e Scarpelli scrivemmo la sceneggiatura su di loro con grande mestiere e misura. Volevamo comunque sfatare il mito di una guerra favolosa, del grande slancio eroico dell'Italia di cui si era parlato soprattutto durante il fascismo ma di cui si continuava a parlare. Questo anche perché avevamo letto due libri famosi, Un anno sull'altopiano di Lussu, e un altro romanzo di Jahier [probabilmente Con me e con gli alpini, ndr] a cui ci siamo poi rifatti prendendone proprio alcuni personaggi e situazioni. Lussu e Jahier sono da considerare come due sceneggiatori del film. In particolare io mi rivolsi a Lussu dicendogli dei prestiti che avevamo preso dal suo libro, e che aveva diritto anche ad essere ricompensato, ma essendo forse anche lui convinto che la commedia all'italiana fosse della spazzatura mi disse che non voleva averci a che fare e che potevamo realizzare il film come ci pareva. .. Dieci anni dopo Lussu darà invece il suo nome e il suo contributo alla sceneggiatura del film Uomini contro di Rosi, sempre ispirato alla vita di trincea nella prima guerra mondiale."
Altri film italiani sulla 1° guerra mondiale ricordiamo:
I recuperantidi Ermanno Olmi, Italia 1970
Uomini contro Franceso Rosi, Italia 1971
Fraulein doctor di Alberto Lattuada, Italia 1979
Mino (sceneggiato per la TV tratto dal libro: Il piccolo alpino ) di Gianfranco Albano, Italia 1989
Interessanti, sono stati alcuni film documentari, come "Prigionieri della guerra" e "Su tutte le vette è pace", costruiti su materiali d'archivio che, grazie ad un meticoloso lavoro di ricerca durato anni, in cui sono stati rinvenuti e studiati filmati, disarticolati fotogramma per fotogramma, infine ricostruiti e rifilmati. La ricerca ha interessato i più importanti archivi cinematografici del mondo: Roma, Vienna, Parigi, Londra, Budapest, Belgrado, Praga, Coblenza, New Jersey, al fine di riportare ad un confronto critico il documentario italiano e austriaco sulla guerra bianca.... I due film sono stati prodotti da Museo Storico in Trento e dal Museo Storico Italiano della Guerra.
Tra i film stranieri critici con la guerra, ricordiamo:
Charlot soldato (1918), di Chaplin, che racconta, tra satira e sogno la guerra in trincea, con un soldato che da solo cattura il Kaiser;
La grande parata (1925) di King Vidor, centrato sulla storia di un giovane volontario americano sul fronte francese;
"Westfront 1918" film tedesco di Georg Wilhelm Pabst;
"La grande illusione" di Jean Renoir, soggetto e sceneggiatura di Jean Renoir, Charles Spaak con Jean Gabin e Erich Von Stroheim che racconta del 1917, quando mondiale, alcuni ufficiali francesi prigionieri sono chiusi in un campo di concentramento tedesco; la loro principale occupazione e preoccupazione è preparare la fuga, ma quando il lavoro è a buon punto, vengono trasferiti in un altro campo. Questa disavventura capita loro più volte, finchè il comando tedesco, con l'intento di rendere impossibile ogni velleità di fuga, li trasferisce in un vecchio castello, trasformato in fortezza. Comandante della fortezza è un maggiore, ufficiale di carriera, di nobile famiglia, che ha sul corpo i segni di gravi ferite. Egli disprezza i prigionieri di bassa origine e serba le sue simpatie per un capitano di stato maggiore francese, nobile anch'esso.
Dal romanzo Addio alle armi venne tratto un film che nel 1932 rappresentò la sconfitta di Caporetto, il mito della prima guerra mondiale viene infranto da scene di cruda realtà e di insensata follia. Scatta la censura e gli italiani per vederlo in TV dovranno aspettare 50 anni.
Per il cinema contro la guerra, Orizzonti di gloria (Usa, 1957) è un film antimilitarista che è stato vietato in Francia dalla censura fino al 1975 mentre gli Usa ne ritardarono e ostacolarono la realizzazione e l'uscita nelle sale. Questo è il tipico caso di come un film di guerra diventi un film contro la guerra. Tra gli attori vi è Kirk Douglas che ha appoggiato il regista Stanley Kubrick nella difesa del soggetto originale in quanto il produttore voleva “ammorbidire” il film cambiandone ad esempio il finale con la grazia ai condannati. La trama è questa: siamo sul fronte franco-tedesco, 1916, e la voce fuori campo descrive la situazione sul fronte occidentale. Descrive la guerra di trincea con assalti che costano migliaia di morti per guadagnare solo qualche centinaio di metri. Due generali discutono un probabile attacco ad una fortezza tedesca. Il generale Mireau accetta l'incarico volendo ottenere una promozione. L'attacco, diretto dal colonnello Dax, fallisce e tre soldati vengono trascinati di fronte alla corte marziale con l'accusa di codardia. Mentre i tre si disperano in cella, i generali pranzano tranquillamente e allegramente commentando: “Sono morti meravigliosamente”.
Vi fu un oscuramento in Italia e Germania per il film All'Ovest niente di nuovo (1930). Anche se vincitore di due Oscar era troppo antimilitarista in quanto presenta la guerra di trincea dal punto di vista dei giovani tedeschi illusi dalla propaganda militarista. Tratto dal libro Niente di nuovo sul fronte occidentale (1929) di Erich Maria Remarque in cui troviamo la sua sofferta esperienza della prima guerra mondiale e una forte denuncia del militarismo; il romanzo ha per protagonista uno studente tedesco che si arruola spinto dalla propaganda militarista di un suo professore; scopre l'atrocità e l'abbrutimento della guerra ma non perde la capacità di sentire e pensare: ciò lo porta a riconoscere nel nemico appena ucciso un uomo come lui.