♥ Cast e Troupe
Il Tecnico delle luci (o Datore luci) è il "responsabile della sequenza delle luci" durante l'esecuzione di uno spettacolo. Quella del Tecnico è una figura professionale trasversale, che nasce storicamente a teatro per diventare essenziale nel cinema prima e in televisione poi, con il nome di "Direttore della fotografia".
Il Fonico è l'operatore responsabile dell'output sonoro di una produzione audio visiva. L'elemento sonoro è una parte essenziale dei prodotti dello spettacolo, siano questi film, cortometraggi, spot pubblicitari (chem ricordiamo non sono definiti cortometraggi) o programmi televisivi (per l'appunto definiti "audiovisivi"); in altri, il sonoro costituisce addirittura la parte esclusiva, come nel caso delle opere musicali.
Il termine "scenografia" indica la ricostruzione dell'ambiente in cui si svolge l'azione. L'apparato scenografico si differenzia a seconda del tipo di "messa in scena" che si vuole realizzare. Per esempio una sceneggiatura di un soggetto naturalistico richiede una costruzione scenografica che si avvicini il più possibile alla realtà, e comunque renda il più possibile credibile ciò che si vuole rappresentare in quel determinato modo; un soggetto di tipo surrealistico o simbolico, invece, richiede una ambientazione del tutto particolare ed adeguata.
Ovviamente ciò accade per tutti i tipi di produzioni video, siano essi film, video-clip, programmi televisivi, documentari, ecc…
La scenografia utilizza un linguaggio proprio, all'interno del linguaggio più ampio e complesso di tutta l'opera filmica; di conseguenza deve interagire con i diversi componenti della messa in scena, in modo che non si creino discrepanze.
Nel caso di un programma giornalistico, la cosa importante che si deve mettere in evidenza è la notizia stessa, in questo caso, la scenografia dovrà essere il più possibile "neutra" e quindi adattabile a tutti i possibili tipi di notizie.
La creazione scenografica è una scelta ben precisa che va operata in modo attento, ed è importante che sia studiata a fondo tanto quanto gli altri elementi (quale ad esempio la regia).
Quanto più l'evento che si vuole riprendere è importante e delicato, tanto più la scenografia deve essere attentamente valutata e progettata nei minimi particolari.
Quando si tratta, ad esempio, di un programma dedicato ai bambini lo scenografo dovrà studiare soprattutto il fattore psicologico della scenografia; in questo caso le scelte scenografiche possono contribuire a creare o impedire l'identificazione, da parte dei bambini, delle immagini e dei suoni.
Queste sono scelte poi di tipo "culturale", infatti un programma per bambini non dovrebbe essere come uno spot pubblicitario dove, al contrario, si tende a creare situazioni in cui lo spettatore viene proiettato all'interno dello spot con scelte registiche appositamente studiate perché il fenomeno catartico avvenga fino in fondo.
La scenografia è molto importante anche nelle dirette televisive, il modo in cui viene ripreso il soggetto può modificare completamente il senso di ciò che si sta riprendendo.
Ad esempio un'inquadratura dall'alto della folla di una grande piazza durante un concerto darà un'impressione molto differente della stessa piazza ripresa dal basso, magari con il sagrato della chiesa a lato, o di qualche colonnato di pregio.
Lo spazio in cui si prevede debba svolgersi l'azione filmica e quindi l'ambientazione da ricreare e/o da utilizzare per le riprese si rifà alla scenografia, che in fondo è considerata un'arte; e così perché l'azione dei soggetti sulla scena si svolga in un particolare modo, occorre che i vari elementi che la compongono contribuiscano e supportino lo svolgimento delle interazioni tra i soggetti animati e inanimati, il tutto per dare forma concreta all'evento da riprendere.
La scenografia si avvale di quegli elementi quali le scene, i costumi, il trucco e tutti i supporti tecnici occorrenti per ricreare le circostanze e le atmosfere giuste.
Il fine ultimo è quello di ricreare l'ambiente ideale per ottenere la migliore ripresa della scena.
Per tutti i motivi descritti finora è fondamentale e necessaria un'ottima collaborazione tra scenografo e regista.
Lo scenografo potremo chiamarlo anche Direttore Artistico, o Direttore di scena, egli opera perché l'idea del regista possa essere messa in scena nel migliore dei modi.
Anche il regista non può ignorare le esigenze tecniche e formali del direttore artistico, perché la scenografia è tutto quello che concorre, determina e configura fisicamente ciò che è solo "su carta": essa realizza in concreto un pensiero artistico astratto.
Articolo da dreamvideo.it
Visto che così com'è la cerimonia è un po' corta – ehm – ma anche perché ci sono mestieri che meriterebbero un po' di attenzione in più. Da quasi vent’anni gli Oscar premiano sempre le stesse 24 categorie. La più recente, infatti, è quella per il miglior film d’animazione, che esiste dal 2002. Nel 2018 l’Academy, l’associazione che assegna gli Oscar, provò a introdurre un nuovo premio per il “film più popolare“, ma l’idea piacque così poco che il premio non è mai stato assegnato.
Il mondo del cinema non è fatto di soli attori e registi. Se un film "funziona", il merito è spesso e soprattutto di un bravo sceneggiatore, ovvero colui che scrive il copione, ma non solo. Lo sceneggiatore ha anche il compito di scrivere infatti una descrizione dettagliata di tutte le scene e dei dialoghi che compongono una storia, dando così al regista la "traccia" su cui realizzare l'opera. Uno sceneggiatore può essere specializzato nella scrittura di copioni di film, telefilm, commedie teatrali, commedie radiofoniche. L'attivita è quasi sempre svolta come libero professionista, in collaborazione con registi o produttori. Un ruolo dietro le quinte, ma fondamentale. Una battuta banale, un dialogo senza mordente. Basta poco per rendere inutile la presenza di un bravo attore e di un grande regista. Ma come si diventa sceneggiatori?
Scrivere per il cinema non è semplice. Bisogna scrivere un racconto che un'intera troupe possa capire e interpretare. Sceneggiare vuol dire per forza di cose conoscere un linguaggio che si poggia su convenzioni. E un buon corso è la strada migliore per "imparare la tecnica". Ma l'originalità, la passione e la fantasia devono essere nel DNA di un bravo sceneggiatore. C'è chi consiglia di leggere i grandi classici della letteratura come Dickens, Tolstoj e Cechov: è il modo migliore per costruire personaggi complessi.
Spesso gli sceneggiatori hanno una laurea in materie umanistiche. Nelle università statali i percorsi da seguire per specializzarsi sono diversi a seconda degli atenei. Presso la facoltà di Scienze Umanistiche alla Sapienza di Roma c'è un corso di laurea in arte e scienze dello spettacolo, con all'interno un corso di sceneggiatura e produzione audiovisiva.
All'Università di Firenze c'è il DAMS, che offre una preparazione culturale di tipo storico-critico a laureati destinati a operare professionalmente nei settori del Teatro e dello Spettacolo, del Cinema e della Musica. Il DAMS e corsi universitari umanistici per chi si vuole specializzare nelle materie artsitiche sono presenti anche in altre città, come Torino, Bologna, Genova, Cosenza.
Più specifica una proposta formativa dell'Università di Parma, che ha un Corso di laurea triennale in Comunicazione e media contemporanei delle industrie creative.
Alcune università, come quella di Udine, hanno inaugurato negli ultimi anni master per chi vuole diventare sceneggiatore. Il master in Scritture per il cinema. Sceneggiatura e critica prevede lezioni e laboratori con docenti altamente qualificati e professionisti del settore. Completa poi il percorso didattico un periodo di tirocinio presso riviste specializzate, sceneggiatori o società di produzione.
SCUOLE DI SCENEGGIATURA Non c'è una via sicura, né un percorso univoco. Come chi sogna di diventare uno scrittore, gli aspiranti sceneggiatori (diamo per scontato che ci sia un minimo di talento) possono fare in modo di allenare le proprie capacità e migliorarsi costantemente. Le scuole più importanti d'Italia sono il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, ma anche la scuola Holden di Torino adatta soprattutto per acquisire una buona abilità nella scrittura. Il Master Holden in tecniche della narrazione ha come docenti professionisti dei vari settori: è un'opportunità per conoscere molte persone interessanti e utili per l'inserimento nel mondo del lavoro.
SCENEGGIATORE LAVORO Se avete scritto un testo che considerate valido, potete provare a inviarlo a sceneggiatori e registi vari, ma sappiate che non è facile ottenere una risposta. Sul web si trovano i consigli più svariati. C'è chi consiglia di darsi da fare autonomamente. Se hai già qualche idea, puoi scrivere una breve sceneggiatura, e poi insieme a qualche amico che ci sa fare con la telecamera girate un cortometraggio. In questo modo puoi partecipare ai tanti concorsi in giro per l'Italia, e il materiale girato sarebbe ottimo anche per passare le selezioni nelle scuole cinematografiche. Con il boom delle reti satellitari c'è stata una ripresa del settore, con molta richiesta soprattutto di fiction. Sono settori in cui si sta lavorando molto, e non è impossibile trovare chi sia disposto a offrire uno stage ad uno studente.
Fabio Bonifacci, sceneggiatore di celebri film ("E Allora Mambo", "Tandem", "Ravanello Pallido", "Notturno Bus") sul suo blog ha raccontato come è diventato uno sceneggiatore di successo. È una storia che merita di essere letta:
Come si diventa sceneggiatori non lo so, giuro. So come lo sono diventato io, - dice Bonifacci - in modo assurdo, cioè scrivendo come un pazzo, almeno una sceneggiatura l'anno per dieci anni, inviando per posta ogni sceneggiatura a 10 o 20 produttori che non mi hanno mai risposto. Poi un giorno l'incontro fortunato, la decima sceneggiatura diventa un film che va bene.
I suoi consigli sono anche di natura, possiamo dire, geografica:
È chiaro che vivere a Bolzano (o a Bologna, dove ho sempre vissuto io) è penalizzante, ci vuole più tempo a farsi conoscere. In tempi di Internet è assurdo, infatti ora che mi conoscono lavoro tranquillamente da Bologna. Solo che a farmi conoscere stando a Bologna c'ho messo 15 anni.
Il suo consiglio pratico è di andare a Roma:
Consiglio di frequentare un pò di più Roma. Non serve andarci a vivere ma bisogna andare ai festival, alle riunioni delle associazioni, ai dibattiti specifici: insomma i luoghi dove è più facile conoscere gente del settore.
Non mancano anche i consigli pratici per chi ha una storia nel cassetto e non sa a chi inviarla:
Un'altra cosa che suggerirei è, sia pure con prudenza, di non spedire curriculum ma di proporre le proprie storie. Non per posta ma a voce, dopo aver conosciuto le persone. Oppure per posta ma dopo essere riusciti a parlare via telefono con qualcuno che le leggerà, qualcuno di cui sappiamo il nome e che possiamo richiamare. Non è facile ma insistendo molto ci si può riuscire.
All'inizio è meglio proporre scritti brevi (o addirittura racconti a voce di persona, quando possibile) magari avendo nel cassetto un prodotto più lungo da estrarre se c'è una manifestazione di interesse.
DIVENTARE SCENEGGIATORE CINEMATOGRAFICO Bonifacci ha pubblicato sul suo sito web un vero e proprio corso; racconta quello che sa sulla scrittura e sulla costruzione di una storia, a puntate, in modo gratuito. È un corso serio, di varie centinaia di pagine, con tanto di esercizi e materiali didattici. Lo fa per una promessa fatta da ragazzo: "Da giovane, davanti a esosi master, mi dicevo 'se divento sceneggiatore, terrò corsi gratis', e dopo 11 film è ora di mantenere la promessa". Pronto a lanciarti nel mondo della sceneggiatura?
Il corso inizia qui!
da Studenti.it
Il mestiere di Produttore? Difficile, quasi impossibile da definire. Troppe le competenze e nessuna; troppi i volti, cangianti, polimorfi e sconosciuti. Così, invece di tracciarne l'identikit, cominciai un diario di lavorazione. Sperando che il "particulare" gettasse luce sulle mansioni e sul gioco delle parti.
Giovedì, 22 luglio. Negli uffici della produzione regna, appunto, il caos: Beth e la segretaria si arrabattono per completare gli organici, la decoratrice e il capo-attrezzista sono incollati al telefono, io ricevo i candidati, controllo le referenze e pago in contanti i materiali acquistati dai carpentieri, mastice, bulloni, chiodi, graffette. Nessuno ci conosce, nessuno ci fa credito e così perdo un sacco di tempo ad approvare, registrare, archiviare i pagamenti. Nel tempo libero (poco), cerco di ingraziarmi l'équipe dei carpentieri e il personale dei teatri di posa: telefono ai ristoranti in zona per il pranzo, offro un caffè, una ciambella, un sorriso. Dal ruolo della "mamma" a quello del "gendarme": soprintendo alle riunioni — del regista con i capireparto, di ciascun capo-reparto con il suo staff —, traduco le decisioni sul piano di lavorazione e le diramo al resto della troupe. Continuiamo il casting e i sopralluoghi, che avremmo già dovuto ultimare e che si trascinano invece fino alle riprese.
Mercoledì, 27 giugno. Con il direttore della fotografia, giunto finalmente a LA, discutiamo la rosa degli operatori, degli assistenti, degli elettricisti. Nel pomeriggio convochiamo la troupe e distribuiamo i fascicoli con gli indirizzi e i numeri di telefono, gli "ambienti", le località", il piano di lavorazione, il contratto a termine e le procedure contabili. Mark e Kathleen cedono alla retorica; Benedicte Naudin, aiuto-regista pro tempore, ed io ci limitiamo a dare istruzioni e consigli pratici: niente fumo, niente alcol, firmate i cartellini di presenza, parcheggiate davanti al Teatro 2...
Venerdì, 29 giugno. Se ne vanno i carpentieri, arrivano i macchinisti e gli elettricisti. Che fanno le ore piccole per sistemare il parco lampade.
Sabato, 30 giugno. Esausti, con gli occhi gonfi, siamo arrivati al nastro di partenza. Ciak, si gira! E ci vanno tutte storte: i walkie-talkie gracchiano, il dispositivo-video non funziona, la segretaria di edizione non sa fare il suo mestiere, la troupe non va d'accordo. E poi i ragazzini di Watts: pensavo che il maestro e due assistenti li avrebbero tenuti a bada, invece scorrazzano nel teatro di posa, imbrattano i muri, fanno razzia delle bevande e degli snack. Johanna frantuma il lavabo e lascia sul marmo una pozza di sangue. Chiamiamo l'ambulanza, l'accompagnamo in ospedale, telefoniamo agli assicuratori, plachiamo i dirigenti del teatro. Vedo nero: il set è un porcile e un campo di battaglia. Faccio acquistare giocattoli e videocassette, ma i ragazzi si annoiano. Strillo al megafono, niente. Licenzio i più facinorosi, niente. E la troupe mi guarda in cagnesco, come fossi responsabile di quell'inferno. Che fare? Rassegnarsi. Per due settimane arriverò sul set prima degli altri, disattiverò l'allarme, aprirò l'ufficio, ascolterò la segreteria telefonica, darò una mano alla ragazza che ci prepara la colazione e il caffè, butterò giù due note per il meeting con il regista, l'aiuto, il direttore della fotografia e la segretaria di edizione. Stessi compiti la sera, ma alla rovescia: ispezionerò i locali, chiuderò a chiave, attiverò la segreteria e l'allarme. Poi quaranta minuti di macchina e quattro-cinque ore di sonno. Nulla di eroico: durante il giorno mi rifugerò in ufficio e magari schiaccierò un pisolino. O mi nasconderò al secondo piano per un break, per sbollire, per mandare tutti a fare-in-culo, per dimenticare i centomila problemi che aspettano una soluzione. Odio il set e ci farò soltanto delle capatine: quattro chiacchiere con l'aiuto-regista e la truccatrice, una strigliata ai ragazzini, una parola d'incoraggiamento per tutti (ancora nel ruolo della "mamma"!) La vigilanza effettiva (il ruolo del "gendarme") sarà invece delegata agli ispettori di produzione. Andrò in banca di mattina; nel pomeriggio, con l'assistente alla regia, studieremo il bollettino-pellicola del giorno prima, il giro-macchina, il programma di lavoro e il fabbisogno-scena di quello successivo (il ruolo? Quello ingrato dell'amministratore"). Infine guarderemo i giornalieri, faremo il punto della situazione con il regista e i capi-reparto, aggiusteremo — se necessario — il piano di lavorazione già rabberciato. Cercando l'equilibrio (il compromesso?) fra le ragioni dell'Arte e quelle del Dollaro. Tre i problemi quotidiani: la canicola, la macchina da presa, la troupe. Ottengo un segretario di produzione per fare gli acquisti, per mettere in ordine le scartoffie, e subito me lo rubano, perché ne hanno bisogno sul set. Come rimpiazzare i volontari? Come assicurarsi le maestranze e i tecnici? Quando non ci riesco, toccherà a me, a Beth, a Kathleen ramazzare, raccogliere le immondizie e gettarle nei cassonetti. ll ruolo? Quello di "Cenerentola" dopo la mezzanotte. Soltanto un paio di volontari ci resteranno fedeli dall'inizio alla fine, senza un contratto per la paga dilazionata, senza l'indennità giornaliera, senza la speranza di un credit sotto i riflettori. Matt Berger, trent'anni, si è laureato in legge, ma vuole fare lo sceneggiatore; Mark Banducci, ventidue, studia recitazione all'Università. Entrambi faranno i lavori più umili e meno creativi, pur di imparare il mestiere. Più umili, ma necessari: guideranno i furgoni, accudiranno i ragazzi, faranno lo shopping, smonteranno il set, suppliranno gli assistenti alla regìa, i segretari di produzione e gli aiuti-operatore.
Venerdì, 5 agosto. È il primo giorno di riposo dopo tre settimane filate. Riposo? La mattina consegno al contabile i cartellini di presenza. Nel pomeriggio continuiamo i sopralluoghi per il teatro e la casa. La sera sbrigo la posta e mando un fax a "Segnocinema".
Lunedì, 8 agosto. Dissimuliamo lo stress e ci facciamo belli per la troupe televisiva. Kathleen si è truccata per l'intervista, i ragazzi sorridono al fotografo. Tutto va liscio, poi si ripiomba nel caos.
"Colpevole" la segretaria di edizione, perché abborraccia il bollettino e i fogli di continuità, rendendoli inutilizzabili. "Colpevole" chi scrive, perché ho esitato a licenziarla e a rimpiazzarla con Liliana che facciamo venire dalla Florida. "Colpevole" la costumista, perché ha fatto indossare ai ragazzi le T-shirt e due settimane dopo si è accorta di non avere i diritti per mostrarne i logo (Nike, Superman...). Proveremo ad elemosinarli ed incarico il mio assistente delle questioni legali. Che altro fare? Cominciare daccapo? "Colpevole" il regista, perché ha firmato una sceneggiatura troppo lunga e un piano di lavorazione troppo corto; perché si è ostinato a recitare e a dirigere nello stesso tempo; perché ha sopravvalutato le sue forze e sottovalutato i problemi.
Mercoledì, 17 agosto. Ultimo giorno nel teatro: il giorno più lungo, il giorno — e la notte e l'alba — dell'elefante (ci costa $3.000). Finiamo in bellezza: grippa la seconda macchina da presa, una Mitchell che abbiamo noleggiato per gli effetti speciali; l'elefante caca sul set; la troupe si ammutina alle 2:00 di notte. Discuto con l'aiuto-regista il giro-macchina per gli "esterni", do disposizioni per il trasloco, per le roulotte (del caste dell'ufficio), per gli autocarri (con i mezzi tecnici) e per il gruppo elettrogeno. Infine alzo i tacchi, per tornare alle 9:00 e soprintendere alla demolizione del set. Kathleen resterà nel teatro fino all'alba, andrà a letto di mattina e in spiaggia alle 18:00 per gli "esterni".
Sabato, 20 agosto. Nuova la località: la Scuola Media Florence Nightingale. Nuovo il direttore della fotografia: Clyde Smith. Nuovo lo staff intorno alla macchina da presa. Abbiamo voltato pagina, mi dico: degli enfant terrible restano solo i protagonisti, Liliana se la cava e le riprese in "esterni" promettono bene. Invece la costumista ci pianta in asso, Kathleen è a casa con il cellulare, io ho un telefono pubblico scassato e decine di chiamate urgenti (agli attori, ai noleggiatori, al laboratorio...).
Mercoledì, 24 agosto. Dopo una notte interminabile, traslochiamo nel Teatro Giapponese, spossati e assonnati. Ma i clown ci restituiscono il sorriso, il palcoscenico ci ristora le forze.
Venerdì, 26 agosto. Quinta — e ultima — settimana: ci sposteremo dal loft all'ospedale alla casa; faremo le ore piccole, gireremo sei pagine al giorno. Restituiamo la roulotte e destiniamo un angolo del giardino all'ufficio della produzione: sul prato, il telefono cellulare, i libri contabili, gli archivi, le fatture. Che importa? Non elaboriamo più nulla al computer, non ne avremmo il tempo. A malapena riusciamo a distribuire i quattrini, a compilare i moduli, a raccogliere le ricevute e a ficcarle nei bustoni. Procediamo alla cieca, ormai incapaci di controllare le spese, di totalizzarle e di raffrontarle al preventivo. Clyde Smith se ne va, Mark Lowentha decide di sospendere le riprese, Kathleen ed io ci opponiamo: troveremo un altro direttore della fotografia — il terzo — e condurremo The Elephant in porto. Nonostante le falle, nonostante le defezioni del capo-attrezzista, della decoratrice (che accorre al capezzale della madre), dei volontari (che non si fanno più trovare). Mercoledì, 31 agosto. Beth ed io ci improvvisiamo macchinisti, diamo una mano con la gru, il mobilio e le lampade. Sbaracchiamo alle 2:00 del mattino, troppo stanchi per farci una birra. Entro le 10:00 andranno restituiti i mezzi a nolo: Beth si occuperà delle caffettiere, Matt dei furgoni, i macchinisti degli autocarri. Io consegnerò il mixer, i microfoni, i walkie e — controvoglia — riaprirò l'ufficio nel pomeriggio.
Le ultime due fasi non hanno bisogno della traduzione: inevitabili con gli studio, non fanno al caso nostro. D'accordo, parecchie cose ci sono andate storte, ma nulla che non mi aspettassi fin da quella prima colazione il 15 giugno. A metà settembre, Kathleen dà alla luce un maschietto ed io il bilancio consuntivo. Rispetto a quello preventivo, abbiamo risparmiato $11.000: ci serviranno nell'aprile del 1995, per filmare alcune scene ed integrarne altre. Aprile del '95? Sì, finiamo il premontaggio elettronico mentre scrivo queste note. Gireremo per una settimana, torneremo alla consolle, ci occuperemo del missaggio, del taglio del negativo, della copia-campione e dei materiali per la vendita (la colonna internazionale, il video master, ilpress-book, le stampe, le diapositive, il visto di censura... ). Poi comincerà il vero tour de force, cominceranno i festival e le trattative con i distributori. Perché il lavoro del produttore — come quello del genitore — non finisce mai: ha le sue stagioni, i suoi alti e i suoi bassi. Licenziato un film, se ne mette in cantiere un altro: Kathleen ne ha ben tre, io ho opzionato uno script e con due partner diamo la caccia ai finanziatori. Avevamo giurato che non avremmo più lavorato a un film low-budget, che non avremmo più sfacchinato, supplicato, rubato, barato. Ma i triboli si dimenticano e si comincia daccapo. Ne vale la pena.
di Luca Norcen
Testo ed immagini da L'altra faccia di Hollywood in SegnoCinema n. 73 Mag/Giu. 1995
Cosa dire di uno sceneggiatore che si è inventato e ha scritto "La grande guerra" di Mario Monicelli, un capolavoro della nostra commedia che non solo vinse il Leone d'Oro a Venezia, ma fu anche campione d'incassi della sua stagione, "Il buono, il brutto, il cattivo" di Sergio Leone, forse il più grande western che si sia mai fatto in Italia, "Signori e signore" e "Sedotta e abbandonata" di Pietro Germi, "Crimen" di Mario Camerini, il primo thriller comico, "Un tranquillo posto di campagna" di Elio Petri? Cosa dire di un signore che ha scritto grandi spaghetti western come "Il mercenario" di Sergio Corbucci, "Da uomo a uomo" di Giulio Petroni, "Per qualche dollaro in più" e "Giù la testa" di Leone, che ha collaborato con Billy Wilder per "Avanti!", con Carlo Lizzani per "Il gobbo", "La vita agra" e "Roma bene", che ha dato vita a grandi film di successo come "I due nemici" di Guy Hamilton, "Briganti italiani" di Camerini, "Noi donne siamo fatte così" di Dino Risi, "Piedone lo sbirro" di Steno, "Il conte Tacchia" e "Il bestione" di Sergio Corbucci, "Miami Supercops", "Casablanca, Casablanca", perfino "Uomini duri" di Duccio Tessari, "L'orca assassina" di Michael Anderson o "Codice magnum" con Arnold Schwarzenegger?
Una settantina di titoli, quasi tutti di successo e grande successo, tra il 1956, l'anno del suo primo soggetto, "Hanno rubato un tram", diretto da Aldo Fabrizi, e il 2000, l'anno del suo ultimo soggetto, "Malèna", diretto da Giuseppe Tornatore e per lui causa di non pochi mal di pancia. In mezzo una vita avventurosa, passata tra Roma e Hollywood, perché è stato uno dei pochi sceneggiatori italiani davvero riconosciuti in America, grandi storie d'amore, come quella con Ava Gardner, grandi amicizie, come quelle con Pietro Germi, Sergio Leone, Sergio Donati, Billy Wilder, un libro di memorie, "Il falso bugiardo", uscito nel 2008.
LUCIANO VINCENZONI con BILLY WILDER
E, negli ultimi anni, un po' di malinconia per non vedere più un cinema italiano forte e rispettato internazionalmente come lo era fino agli anni 70. Luciano Vincenzoni, nato a Treviso nel 1926 e morto due giorni fa a Roma, aveva da subito pensato in grande. Anche quando, senza i soldi per pagarsi il taxi, si presentò da Dino De Laurentiis e in due ore gli raccontò tre soggetti, "La grande guerra", "I due nemici" e "Sacco e Vanzetti".
PIETRO GERMI Regista Attore
"Prese tutti i miei soggetti e mi chiese: quanto vuoi?", raccontava lo stesso Vincenzoni, "Io pensavo a due-trecentomila lire per tutti, ero in arretrato con l'affitto, ma non avevo il coraggio di dire una cifra, allora lui si è rivolto all'avvocato Borgognoni che era lì e gli disse: Intanto compriamo i soggetti a un milione l'uno e poi lo mettiamo sotto contratto per qualche anno a un milione al mese. La mattina dopo avrei firmato un contratto di tre anni e sulla porta mi sono ricordato che non avevo i soldi per pagare il taxi e dissi che avevo qualche problema di contante...
Lui chiamò un tale ragionier Bianchi (c'è sempre un ragionier Bianchi) e gli chiese quanto c'era in cassa, due milioni e trecentomila avanzate dalle paghe di Jovanka e le altre... Vabbé, piglia due milioni e dalli a questo ragazzo." Per Vincenzoni il cinema non è stato solo scrittura o produzione. Soprattutto grandi incontri e grandi progetti.
Aveva contatti con i grandi produttori del tempo, come Robert Haggiag, proprietario della Dear Film, eminenza grigia del nostro cinema del dopoguerra, col quale mise in piedi il suo film più personale, "Signori e signore" diretto da Pietro Germi, ma basato sulle storie e sui personaggi della sua città natale, Treviso.
O come Ilya Lopert, presidente della United Artists, col quale trattò per conto di Sergio Leone un film come "Il buono, il brutto, il cattivo", che è più o meno un remake del suo "La grande guerra". Geniale nel riciclaggio di storie precedenti, ma non è forse questo gran parte del gioco del cinema?, ritroviamo la sua trama de "I due nemici" con Alberto Sordi e David Niven in molti dei film di coppia che scrive per Corbucci negli anni successivi.
Vincenzoni mette insieme i progetti, fa da ponte tra produttori e registi, compone gruppi di sceneggiatori, come quando chiama Age e Scarpelli alla corte di Leone, offre all'amico Ennio Flaiano una co-sceneggiatura per Haggaig, ma gioca sempre tutto in prima persona. Come un producer americano.
Attraversa i generi, peplum, commedia, western, con assoluta tranquillità, e al tempo stesso passa da Petri a Corbucci, da Leone a Lizzani, da Germi a Steno, da Salce a Castellari, credendo sempre nel cinema come arte popolare. Il più hollywoodiano dei nostri sceneggiatori e l'unico in grado di fare del cinema epico (non si chiamava Epic la sua piccola casa di produzione che aveva messo in piedi quando aveva solo 22 anni?) anche con budget ridicoli. Pronto a riscrivere generi dati per morti, come accadde per "I paladini" di Battiato, o a buttarsi di peso in generi emergenti, come per "L'orca assassina".
Il più grande dei revenge movie dei nostri western, "Da uomo a uomo", che funzionerà da soggetto-base per un capolavoro come "Kill Bill", gli deve tutto. Storia e sceneggiatura, ma anche la struttura leoniana, che altri non è, lo sappiamo bene, che una rilettura all'italiana del capolavoro di Raoul Walsh, "Notte senza fine". Ma è lo spaghetti western di Vincenzoni e Petroni che ha in mente Quentin Tarantino quando scrive "Kill Bill", non quello di Walsh. Tarantino inserirà poi tra i suoi spaghetti western più amati altri due film scritti da Vincenzoni, cioè "Il mercenario" diretto da Corbucci e, ovviamente, "Il buono, il brutto, il cattivo".
Personaggio mitologico e forse per questo ingombrante e non facile da trattare, Vincenzoni era per Dino Risi, col quale lavorò per un solo film, una specie di star del cinema internazionale. Nel suo libro, "I miei mostri", ne racconta un'avventura assolutamente travolgente che trascriviamo, perché sarebbe un peccato non riportarla integralmente. Anche se, come sempre coni racconti di Dino Risi, sarà non poco sceneggiata. E poi, ma fino a che punto lo sapranno solo i diretti interessati, somiglia moltissimo a un episodio di Risi con Virna Lisi e Nino Manfredi.
LA TELEFONATA DI AVA GARDNER
Luciano V., bell'uomo sui quaranta, sceneggiatore cinematografico, tombeur de femmes, ebbe un incontro ravvicinato con Ava Gardner, che allora abitava a Roma. Era estate, la invitò a Capri per un week-end. Luciano parlava bene l'inglese, era brillante, ne aveva di cose da raccontare, e le raccontava bene: come quando una sera, in trattoria, con De Laurentiis, gli raccontò una novella di Maupassant, e il produttore gli staccò subito un assegno.
A Capri Ava e Luciano scesero all'Hotel Quisisana (e dove se no?). Appena entrati nella suite, un mazzodi rose attendeva a bella americana. Che si attaccò subito al telefono e chiamò Frank Sinatra a Los Angeles. Passò così una mezz'ora. Intanto era arrivato un cameriere con due whisky. Ava sorseggiava il suo e parlava. Luciano bevve il suo. Quando la telefonata si fece più intima Luciano, per discrezione, pensò bene di allontanarsi. Uscì, comprò i giornali, andò in piazzetta, bevve un caffè seduto, lemme lemme tornò in albergo. Ava era ancora al telefono. Luciano non nuotava nell'oro.
Quella telefonata cominciava a preoccuparlo. La Gardner stava raccontando a Sinatra il soggetto del film storico che stava girando a Roma. A un tratto cadde la linea. Ava si alzò per andare in bagno, disse: "Luciano, caro, mi ordineresti un gin-tonic? E per favore, di' all'operatore se mi richiama Frank. Non vorrei che pensasse che gli ho buttato giù il telefono". Dal bagno si fece risentire la voce di Ava: "Luciano, caro, tu hai il numero di Walter Chiari?". In quella suonò il telefono. Era Sinatra. L'operatore aveva ristabilito il contatto. La conversazione aveva preso un tono drammatico: "Adesso me lo dici? Ma non è possibile! L'ho visto due settimane fa, stava benissimo...".
Luciano guardò l'ora. Da quando erano entrati in albergo era passata un'ora e un quarto, un'ora e venti. Ava Gardner diceva: "Ma certo che la chiamo. Ta a New York? Hai il numero?". Fece un cenno a Luciano, che le desse qualcosa per scrivere. Luciano le passò la sua Parkerd'oro. Poi andò in anticamera, dove aveva lasciato la sua ventiquattrore con dentro una camicia, il nécessaire e un costume da bagno. Raccolse la valigia, aprì la porta senza fare rumore. Dieic minuti dopo era al porto in attesa del primo vaporetto per Napoli.
di Marco Giusti per Dagospia - dagospia.com
Non è stato facile per Vulture redarre una lista degli sceneggiatori più bravi, nonostante secondo Hitchcock l’ingrediente indispensabile di un ottimo film sia proprio la sceneggiatura (lui la dice così: «Servono tre cose per fare un buon film: il copione, il copione e il copione»). Forse proprio per questo elencare i migliori film sembra un po’ più facile, e infatti questo tipo di liste abbonda (l’ultima del New York Times con i 25 migliori film del 21esimo secolo è piena di chicche da recuperare). Quali criteri usare, invece, per classificare i migliori scrittori di film? In base all’efficacia della trama? Alla brillantezza dei dialoghi? Alla capacità di delineare personaggi indimenticabili? Alla qualità intrinseca dello script in quanto opera letteraria a sé? A tutto questo insieme?
Per risolvere il problema Vulture ha chiesto l’aiuto a chi, più degli altri, dovrebbe essere in grado di navigare nell’oceano di testi che ha dato forma ai capolavori del cinema: gli sceneggiatori stessi. La selezione include 40 scrittori dei copioni di film che hanno avuto un grande impatto, sulla critica e/o al botteghino. Si va dagli autori di teen movie come Twilight o Noi siamo infinito, a quelli di commedie brillanti come Legally Blonde o Il Diavolo veste Prada, dagli scrittori di opere eccellenti come The Wolf of Wolf Street, Million-Dollar Baby ai creatori di veri e propri cult come Taxi Driver o Forrest Gump. Una curiosità? Gli unici sceneggiatori votanti che compaiono anche nella lista dei prescelti sono Paul Schrader (Taxi driver, American gigolo), Sofia Coppola (L’inganno, Maria Antonietta), Judd Apatow (40 anni vergine), Diablo Cody (Juno), John Ridley (12 anni schiavo), Gary Ross (Big) e Jordan Peele (Get Out). L’unico italiano è Cesare Zavattini (che arriva 47esimo), sceneggiatore di capolavori del neorealismo italiano come Miracolo a Milano e Ladri di biciclette.
1. Billy Wilder
2. Ethan Coen e Joel Coen
3. Robert Towne
4. Quentin Tarantino
5. Francis Ford Coppola
6. William Goldman
7. Charlie Kaufman
8. Woody Allen
9. Nora Ephron
10. Ernest Lehman
11. Paul Schrader
12. Oliver Stone
13. Aaron Sorkin
14. Paddy Chayefsky
15. Spike Lee
16. George Lucas
17. Preston Sturges
18. Stanley Kubrick
19. Paul Thomas Anderson
20. Frances Marion
21. Buck Henry
22. Lawrence Kasdan
23. Joseph L. Mankiewicz
24. James L. Brooks
25. Akira Kurosawa
26. Ruth Prawer Jhabvala
27. David Mamet
28. Bo Goldman
29. Eric Roth
30. John Hughes
31. Steven Zaillian
32. James Cameron
33. Nicole Holofcener
34. Callie Khouri
35. Alexander Payne e Jim Taylor
36. Mel Brooks
37. Richard Curtis
38. Albert Brooks
39. Cameron Crowe
40. Nancy Meyers
41. Orson Welles
42. Elaine May
43. Dalton Trumbo
44. Frank Pierson
45. Robert Benton
46. John Huston
47. Cesare Zavattini
48. Norman Wexler
49. Charlie Chaplin
50. Waldo Salt
51. Melissa Mathison
52. Pedro Almodóvar
53. Alfonso Cuarón
54. Harold Ramis
55. Ingmar Bergman
56. Herman J. Mankiewicz
57. Alvin Sargent
58. Barry Levinson
59. Ben Hecht
60. David Lynch
61. Peter Jackson, Philippa Boyens,e Fran Walsh
62. Robert Zemeckis e Bob Gale
63. Scott Frank
64. Judd Apatow
65. Richard Linklater
66. Wes Anderson
67. Jay Presson Allen
68. Steven Spielberg
69. Sofia Coppola
70. John Logan
71. Guillermo Arriaga
72. Christopher McQuarrie
73. Jane Campion
74. Horton Foote
75. Chris Columbus
76. Gary Ross
77. Leigh Brackett
78. Lana and Lilly Wachowski
79. Monty Python
80. Lowell Ganz e Babaloo Mandel
81. Martin Scorsese e Nicholas Pileggi
82. John Cassavetes
83. Robert Altman
84. Frank Darabont
85. David Webb Peoples
86. Burt Kennedy
87. Shane Black
88. Charles Lederer
89. M. Night Shyamalan
90. Kenneth Lonergan
91. Adam McKay
92. Lars von Trier
93. John Ridley
94. Diablo Cody
95. Edgar Wright
96. Mike White
97. John Carpenter
98. Kevin Smith
99. David Zucker, Jerry Zucker, e Jim Abrahams
100. Jordan Peele
Da RivistaStudio.com
Il ruolo dello sceneggiatore. La realizzazione di un film è sempre preceduto da una lunga fase di lavoro letterario, in cui si tesse lo svolgimento della storia e dell'intreccio, si definiscono i personaggi, si redigono i dialoghi. È il lavoro dello sceneggiatore: realizzare il film sulla carta. Il cinema è sempre frutto di un lavoro di equipe, ma la fase letteraria sta alla base di ogni film. Lo sceneggiatore è l'unico che ha una visione d'insieme del film, "privilegio" che poi condividerà con il regista.
Chi lavora alla sceneggiatura. Innanzitutto non sempre l'autore della sceneggiatura è lo stesso del soggetto, cioé del progetto iniziale, sintetico, della storia che si vuol raccontare. Nell'industria statunitense accade frequentemente che la casa di produzione acquisti un soggetto, e lo passi poi ad uno sceneggiatore perché lo sviluppi. Inoltre non si tratta quasi mai di un lavoro individuale. In Italia nella sceneggiatura sono coinvolte di norma almeno due persone e vi sono state epoche (nell'immediato secondo dopoguerra) in cui a volte il numero era superiore a dieci; quasi sempre poi il regista vi partecipa anche se magari a livello di discussione e non di scrittura. Nel cinema USA è più diffusa una modalità di lavoro in cui la sceneggiatura è scritta da una persona sola, ma accade spesso che il produttore passi il lavoro terminato da uno sceneggiatore ad un altro per apportarvi modifiche anche radicali, e da questi ad altro ancora; esistono anche specifiche figure come quella dello script doctor, incaricato di rivedere la sceneggiatura nelle parti in cui non funziona e quello dello script consultant specializzato nell'analisi delle sceneggiature per individuarne i punti deboli. In Italia si è affermata una generica figura chiamata script editor o più semplicemente editor, che segue il lavoro dello sceneggiatore nel suo svolgersi per conto della produzione e che interviene anche "rammentando" agli scrittori le compatibilità economiche, gli attori scelti, ecc. In ogni caso la sceneggiatura, un po' ovunque, passa per vari tavoli, e in diverse epoche e in diversi Paesi ha conosciuto anche una differenziazione funzionale. Per esempio vi erano persone specializzate in dialoghi (i dialoghisti) o in battute (battutisti in Italia e gagman negli USA - Woody Allen è passato di lì).
Sceneggiatori e registi. Tra il ruolo dello sceneggiatore e quello del regista vi è sempre stata nella storia del cinema una certa tensione. Se, oggi, la gran parte degli spettatori ignora il nome dei registi, coloro che conoscono o si interessano al nome degli sceneggiatori sono ancora meno. In generale a parte alcune congiunture particolari (gli anni trenta negli USA e in Francia, gli anni sessanta in Italia - per quanto riguarda la commedia all'italiana, ecc.), il ruolo degli sceneggiatori è stato largamente sottovalutato. Nella realtà nessun film ha possibilità di successo se parte da una cattiva base letteraria, anche se una buona base letteraria non assicura di per sé il successo di un film. Nei lanci pubblicitari delle nuove uscite o nei dizionari dei film è comune trovare accanto al titolo la preposizione "di" seguita dal nome del regista, come se questi fosse l'unico autore. In realtà, pur tenendo conto del carattere collettivo della produzione cinematografica, vi sono innumerevoli film la cui forza è in gran parte merito della sceneggiatura. Così come, del resto, molti fallimenti si devono a pessime premesse letterarie.
Vi sono molti casi di registi che controllavano e controllano direttamente la fase letteraria, anche se non compaiono tra gli autori della sceneggiatura. Ad esempio Kubrick o Hitchcock, e in Italia Fellini, Visconti, Antonioni ed altri. In questi casi gli sceneggiatori sono dei "collaboratori" del regista, e il loro sforzo è quello di adeguarsi creativamente all'impostazione di colui che a giusto titolo può essere definito l'"autore" del film. In altri rari casi il regista è anche l'autore della sceneggiatura (nei titoli di testa appare la scritta: scritto e diretto da). E' il caso di Woody Allen, Quentin Tarantino (tutti e due hanno cominciato come sceneggiatori), Spike Lee ed altri. Vi sono poi casi di stretto connubio tra un regista e uno sceneggiatore, nel senso che realizzano sempre i film insieme e il merito dell'impresa autoriale viene condiviso: Krzysztof Kieslowski e Krzysztof Piesewicz, Yasujiro Ozu e Kogo Noda, Vittorio De Sica e Cesare Zavattini, Marcel Carné e Jacques Prévert, James Ivory e Ruth Prawer Jhabvala, Federico Fellini e Tonino Guerra, ed altri.
Nella gran parte dei casi però, specie nel cinema commerciale USA, i registi sono chiamati a dirigere film interamente scritti da altri (gli sceneggiatori). In Italia accade spesso che i registi invadano il campo della sceneggiatura senza averne le capacità, e si tratta di una concausa del basso livello qualitativo del cinema nostrano degli ultimi venti anni, dove si trovano troppi personaggi poco interessanti, dialoghi impossibili e strutture drammaturgiche che non reggono. La mancanza di un numero adeguato di sceneggiatori competenti e autorevoli deriva a sua volta dalla difficoltà del cinema italiano (e in generale di quei Paesi che hanno un pubblico nazionale esiguo in relazione agli investimenti e ai rischi tipici di questa attività economica), ad essere e a funzionare come industria.
Il contributo degli sceneggiatori. Purtroppo il contributo degli sceneggiatori sia al film che alla stessa fase letteraria non sempre è così riconoscibile. Questa scarsa considerazione del mestiere da parte del vasto pubblico (non degli addetti ai lavori), ha fatto sì che nelle interviste rilasciate dagli sceneggiatori emerga spesso amarezza o cinismo. Non è nemmeno un caso che i film che li ritraggono li dipingono come frustrati, in crisi, alcolizzati, o altro. Si tratta di un lavoro pagato molto bene (si guadagna certamente di più a "piazzare" un soggetto o una sceneggiatura che a scrivere un romanzo), specie negli USA, ma dove il "merito", anche delle proprie invenzioni, sovente se lo prendono altri. In Italia è accaduto spesso che fossero accreditate, insieme ai veri autori della sceneggiatura, anche persone che con il film non c'entravano nulla o ben poco. Questo "diritto" se lo prendono in maniera sistematica i registi: raramente rinunciano ad apparire come coautori della sceneggiatura pure quando nella realtà vi hanno partecipato in maniera marginale. Negli USA accade spesso il contrario: non tutti coloro che hanno collaborato alla fase letteraria "firmano" la sceneggiatura, perché per essere accreditati si deve aver steso una percentuale consistente dello scritto.
Ma, anche se è sempre difficile individuare il contributo dato da uno sceneggiatore o dal regista o da altri alla fase letteraria, è però sempre abbastanza agevole comprendere quali siano i meriti e i demeriti della sceneggiatura. Essi si situano sempre nell'area della costruzione drammaturgica. Quando ci accorgiamo che i dialoghi "stanno male" in bocca ad un certo attore, oppure quando c'è un finale farraginoso o la storia ci pare inverosimile, se non ci appassioniamo, se usciamo con il sospetto di non aver capito la trama, se abbiamo l'impressione che in alcune parti il film annoi e in altre ci "prenda", se diciamo "buono il primo tempo pessimo il secondo", se ci domandiamo perché mai un certo personaggio si comportasse in quella strana maniera, allora, in tutti questi casi, c'è un problema di sceneggiatura. Perché è la sceneggiatura che deve assicurare una struttura narrativa solida ed equilibrata, personaggi e storia credibili, dialoghi appropriati e una sufficiente progressione drammatica.
Di Michele Corsi per Cinescuola.it
Il direttore della fotografia è l’autore della luce del film. Un’affermazione quasi poetica, che ad alcuni può anche sembrare vaga. Per questo per meglio comprendere il suo ruolo è necessario aver ben presente cos’è la fotografia nel cinema e per questo vi consigliamo la lettura del nostro articolo in proposito.
In conclusione mi pongo una domanda (chi è lo sceneggiatore?) che in teoria avrebbe dovuto essere preliminare. Non ho voluto appositamente offrire una risposta a priori, chiarendo la specifica competenza professionale richiesta a uno sceneggiatore, né definirne le caratteristiche ideali come una specie di assioma vocazionale. Non esiste per gli sceneggiatori un Giuramento di Ippocrate.
E' assai più frequente che gli sceneggiatori siano tendenzialmente (o inguaribilmente) spergiuri.
Nella realtà esistono ovviamente sceneggiatori di tutti i tipi e livelli: preparati o improvvisati, ingenui o smaliziati, geniali o banali, cinici o sinceramente appassionati. E come in ogni ambiente professionale c'è , tra gli sceneggiatori, una diffusa prevalenza di mediocri. Ho cercato di farvi comprendere la natura del lavoro dello screenwriter, anzitutto sulla base dell'analisi dei film realizzati e dal confronto con le loro sceneggiature originali, per mostrarvi in concreto quale sia lo specifico compito dello sceneggiatore nell'ambito della realizzazione di un film.
E' anzitutto importante capire cosa NON E' lo sceneggiatore. Spesso si aspira a diventare sceneggiatori giudicando questo lavoro come una porta per entrare nel mondo del cinema, senza averne ancora una conoscenza specifica dall'interno, ma in realtà, sotto sotto, si aspira a un ruolo autoriale, cioè a raccontare le proprie storie, quelle che ci piacciono, per cui ci sentiamo orientati. Potreste restare amaramente delusi, in questo caso. Al principio e nel corso della vostra carriera, sempre che vogliate averne una e non occasionale, non fatevi venire troppe velleità da autore.
Sono legittime, in certi casi, come ad esempio nelle serie TV che originano dall'ideatore e principale sceneggiatore e trovano in lui la figura di riferimento fondamentale, ben più che nel regista o nei registi che si alternano alla realizzazione del prodotto. In televisione, da sempre, conta di più l'autore del programma che il regista. Dato che un esorbitante numero di film viene oggi prodotto da e per i network televisivi, è evidente che questa centralità del ruolo dello sceneggiatore/ideatore non è affatto casuale, né momentanea. D'altra parta qualunque sceneggiatore cominci a lavorare in televisione si rende subito conto che se il suo obiettivo è quello di accreditarsi e farsi valere come autore, la realtà risulta ben diversa: si entra in un pool di sceneggiatori più o meno esperti, più o meno in grado di scrivere dei testi, delle scene o dei segmenti narrativi, di proporre idee e soluzioni.
Questi pool sono in genere disorganici e caratterizzati dal precariato più assoluto. Chiunque è facilmente sostituibile. Si lavora con la costante e frustrante sensazione di far parte di una catena, di un ingranaggio, sovente più competitivo che collaborativo.
Le scelte e le soluzioni che proponete sono sempre dipendenti da scelte fatte da altri, scelte che vi si chiede soltanto di eseguire.
Nel cinema vero e proprio, quello delle grandi major , come quello del vivace e variegato mondo delle produzioni indipendenti, destinato alle sale, alla grande distribuzione, al mercato dell'home video e/o alla distribuzione autonoma in rete, la figura di riferimento è ancora quella del regista, che sia esso un regista-autore o un regista-tecnico non fa gran differenza. Un vecchio detto tetrale recita: "Il regista va rispettato anche se è fesso." Lo sceneggiatore deve evitare qualsiasi atteggiamento competitivo, tantomeno aspirare a sostituirsi al regista. Uno sceneggiatore non è un regista. Deve saper restare al suo posto. E' il regista a coordinare il lavoro collettivo, è lui a decidere sul set e prima del set, e deve essere lui ad assumersi il compito di trattare e mediare con la produzione. Non fatevelo scaricare addosso, questo ruolo, nemmeno sotto lusinga. Il motivo non è semplicemente etico, ma strettamente funzionale. La troupe deve sapere chi comanda, altrimenti ciascuno fa come gli pare e il film viene una porcheria.
I limiti entro cui lavora uno sceneggiatore hanno d'altro canto un vantaggio. Nella sua vita professionale lo sceneggiatore può (anzi dovrebbe) cimentarsi con i generi più diversi, cosa che a ben pochi filmaker è concesso di fare. Se come sceneggiatore prediligete un genere e intendete specializzarvi in quello, significa che non possedete una qualità specifica dello sceneggiatore: la capacità di raccontare qualsiasi genere di storia. E non si tratta soltanto di conoscenza dei generi e dei sotto-generi, ma anche e soprattutto della trasversalità dei temi rispetto ai generi. Prendiamo un tema a caso: un complotto ordito ai danni di un personaggio. Questo tema può essere al centro di un dramma, di una commedia o di un film epico, di un film di denuncia sociale o d'inchiesta, di una storia d'amore, di un thriller ansiogeno su una persecuzione privata, o di una fantasia complottistica sul genere dei film tratti dai romanzi di D.Brown, insomma di qualsiasi genere di film. Ma la descrizione di un complotto comporta una certa dinamica drammaturgica, in sè, a prescindere dai generi. E lo sceneggiatore deve impratichirsene, per fare un buon lavoro. Questa attitudine gli consente di vedere al di là dei limiti di genere, di individuare i modi di racconto appropriati al tema in sè, autonomamente dal singolo film o filone di film di immediato riferimento. Un bravo sceneggiatore deve avere questa attitudine esplorativa, sentire come propria specifica virtù e passione, il nomadismo culturale attraverso i film più diversi, i registi più inconciliabili tra loro, gli stili più vari, le tecniche narrative più disparate: da quelle tradizionali alle insolite, mantenendosi sempre aperto alla sperimentazione.
Il cinema digitale è oggi il veicolo principale, anche se non esclusivo, della sperimentazione di nuovi format cinematografici e di nuovi tipi di racconto visivo. Non lasciatevi però ingannare da chi sostiene che il cinema cosiddetto digitale abbia fondato strutture e tecniche narrative inedite, sul piano del racconto in sé. Su questo piano, infatti, non c'è nulla che la letteratura propriamente detta non abbia già esplorato. Il cinema è erede di un'arte della narrazione che lo precede di secoli e ha le sue fonti nel teatro e nella letteratura. Lo sceneggiatore, in quanto a suo modo scrittore, dovrebbe esserne consapevole. Il retaggio latterario non è cosa da esibire per sfoggio narcististico, ma certamente non è cosa di cui vergognarsi, perché senza retaggio letterario perde senso la figura stessa dello sceneggiatore. Può capitare che uno sceneggiatore sia o si senta un romanziere mancato. Capita assai più spesso che un romanziere si senta ingiustamente ignorato dal cinema. Non sono queste le cose importanti.
E' importante che lo sceneggiatore sappia prendere sul serio il suo inevitabile, necessario ruolo di cerniera. Lo sceneggiatore è al contempo un esperto di narrazione in generale e un tecnico della narrazione cinematografica in particolare.
Il cinema ha attraversato numerose rivoluzioni tecnologiche. Nel passaggio tra il muto e il sonoro, per dirne una, sono sorte nuove specializzazioni e figure professionali e molte altre sono state sacrificate. La figura dello sceneggiatore è rimasta, perché fondante, ineliminabile. Lo sceneggiatore è un tecnico non soggetto a obsolescenza. Finché esisterà il cinema, ci dovrà essere qualcuno che lo scrive.
Ma per scriverlo bene e corrispondere alle trasformazioni continue del mezzo, lo sceneggiatore non può limitarsi allo studio-imitazione-ridefinizione delle tecniche in atto in un certo momento. Deve fondare il suo studio e il suo approfondimento sulla drammaturgia che ha preceduto e poi accompagnato il cinema, sulle tecniche narrative inerenti ad altre forme di comunicazione (giornalismo, pubblicità, videoclip, video-art eccetera), e inoltre riservare questa stessa apertura conoscitiva alla vita reale, per la quale dovrebbe nutrire una curiosità onnivora. Il materiale di uno sceneggiatore, il suo bagaglio, non sta soltanto nella tradizione e nella consapevolezza dei suoi sviluppi attuali, ma in ciò che vede e sente intorno a sè, nell'esistenza quotidiana. Nel corso, ho usato la definizione roussoiana di "Occhio Vivente". Significa saper trovare occasione di racconto in qualsiasi cosa si veda e si senta, in qualsiasi emozione si percepisca direttamente o indirettamente. Per uno sceneggiatore è più importante imparare a essere ladri di situazioni, di linguaggi, di costumi, che esserne protagonista o autore.
Sorge dunque spontanea una domanda: uno sceneggiatore può mirare a un suo stile personale che lo renda unico e inconfondibile? Suso Cecchi d'Amico dixit: Non posso scrivere un film, se non so prima chi sarà il regista. Lo stile di uno sceneggiatore sta nella sua capacità di aderire allo stile altrui. Il pubblico non leggerà la tua sceneggiatura. La giudicherà sulla base del film realizzato. La tua scrittura è scrittura invisibile, al pubblico. Ma è importante per questo: esiste prima del film e nel film sparisce. Senza lavoro di scrittura , o di organizzazione narrativa del materiale girato, non esiste opera cinematografica definibile tale. Lo stile di uno sceneggiatore e la sua eccellenza si misurano sulla capacità di narrare ogni tipo di storia e secondo gli stili più diversi, traendo ispirazione da qualcosa d'altro che da se stessi e persino a prescindere dai propri orientamenti di gusto e dalle proprie preferenze. E' a partire da questa curiosità per la narrazione in sè e da questa disponibilità ad ampio raggio che lo sceneggiatore può, nel tempo, e se lo desidera, diventare autore cioè dedicarsi a generi, temi, moduli narrativi per cui si sente particolarmente motivato e che sente nelle sue corde espressive più e meglio di altri.
A un certo punto, se le cose vanno bene, potreste anche scoprire che sono gli altri, a partire dai vostri colleghi, a riconoscervi in quanto autore. Non ci si nomina autori da soli. Se il vostro specifico tocco diventerà inconfondibile, sarà perché gli altri hanno imparato a riconoscerlo per tale. Proclamarlo a priori, battezzandosi autori da soli o come si suol dire: in pectore, è velleitario. Servirebbe solo a farvi apparire presuntuosi.
(fine prima parte)
Con la crisi le professioni del cinema sono cambiate e il low budget è diventato la regola. Ecco una guida per orientarsi.
Qualche giorno fa un mio amico direttore della fotografia posta su Facebook un articolo sulle professioni del cinema uscito ormai qualche anno fa.
E’ scritto bene, si lascia leggere velocemente e fotografa una situazione lavorativa in maniera limpida, e informale – le emoticon aiutano a zuccherare quel magone che però mi sale leggendo.
Trovo giusto che ci sia qualcuno che voglia far chiarezza nel mondo del lavoro, soprattutto il nostro. Non solo, questo è un ottimo modo per “spiegare” ai non addetti ai lavori quanta stratificazione e quanta mole di lavoro c’è nella realizzazione di un prodotto culturale, che solitamente viene consumato in un lasso di tempo talmente breve, rispetto alla quantità di ore di lavoro passate dietro il progetto, da essere il più delle volte banalizzato o generalizzato brutalmente dallo spettatore medio (“il regista ha fatto un film noioso”, “l’attore è un cane”, “la fotografia fa schifo”, ecc).
Un problema però nasce proprio dalla crisi attuale di finanziamenti al cinema italiano, di scarsa affluenza nelle sale, e di un’industria obsoleta che annaspa. Con la nascita sempre maggiore di produzioni necessariamente “low budget”, alcune voci al bilancio sono andate tagliate in maniera irrimediabile, soprattutto alla sezione: “dipendenti”. C’è da dire però che se da una parte i reparti vengono più spesso dimezzati, dall’altra le produzioni low budget -grazie a Dio- continuano ad offrire almeno un minimo lavoro discreto alle figure professionali e, nel contempo, lanciano giovani talenti che avrebbero fatto molta più fatica ad emergere nel vecchio sistema.
Ecco che quindi mi trovo a dover fare un piccolo “update a puntate” dell’interessante ma ingenuo articolo di cui sopra, aggiornandolo a quella che è la realtà delle produzioni cinematografiche italiane al giorno d’oggi.
Nel farlo ovviamente riporterò tutte le professioni indicate nell’articolo, non sia mai che “dimentichi” anch’io qualche figura sul set. A quello ci pensano già le produzioni.
In questa prima uscita de “I mestieri del cinema (senza soldi)” cominciamo dal reparto produzione – il che è già una contraddizione:
PRODUTTORE: Buon per te se lo trovi. Di norma sarebbe colui che “mette” i soldi o che recupera finanziamenti. Nelle produzioni low budget invece solitamente è il regista stesso, che per mettere soldi nel suo progetto ha ipotecato casa, garage, fondi familiari passati per 7-8 generazioni, l’appartamento della compagna, e l’eredità della compagna, la quale dopo il film – in cui è protagonista – diventerà irrimediabilmente ex-compagna.
PRODUTTORE ESECUTIVO: è sempre il regista, che si controlla da solo. Deve far rispettare il budget, per questo costringerà la troupe ad orari impossibili e niente pause per restare dentro il piano di lavorazione. All’inizio della seconda settimana è il più odiato sul set, ma saprà farsi perdonare con l’arte da affabulatore che solo i grandi artisti hanno. In realtà basterà offrire una pausa pranzo al ristorante e si andrà avanti spediti.
ORGANIZZATORE: dovrebbe gestire il preventivo e quindi comporre la troupe. Solitamente si fa passaparola, quindi nelle produzioni low budget chiunque sia munito di telefono e credito a sufficienza può ricoprire queste mansioni. Ah, dimenticavo: nelle produzioni a basso costo l’organizzatore si occuperà anche di trovare le location, non sia mai che si paghi un location manager che lo fa di professione.
DIRETTORE DI PRODUZIONE: vedi sopra. Sarebbe il tramite diretto fra l’esecutivo e l’organizzazione. Nel nostro caso, se c’è, dovrà mettere la sua automobile a disposizione per andare a prendere e riportare gli attori a casa, oppure prendere i cestini (se ci sono) al catering.
ISPETTORE DI PRODUZIONE: forse è un bene se nelle produzioni low budget non lo trovate. Con un ispettore di produzione il vostro pericolosissimo set illegale non potrebbe stare in piedi neanche per un minuto. E’ però probabile che le assicurazioni -almeno quelle- siano state già preparate. Da chi? Dall’organizzatore, ovviamente.
SEGRETARIA DI PRODUZIONE: solitamente questa figura c’è, ma è schiavizzata. Se è anche in possesso di un’automobile, allora quella sarà la morte sua. Il doppio incarico di “runner” (il vero e proprio galoppino del set) sarà tutto suo. Oltre alle mansioni di organizzazione logistica si dovrà occupare di trasporto di attori, comparse, cestini, panini di qualità infima, animali selvatici, e profughi siriani.
RUNNER: chiunque abbia un’automobile e che debba galoppare a destra e sinistra in giro per la città, per svolgere le più disparate mansioni. Infatti nelle produzioni low budget si dice che “c’è un po’ di runner in tutti i reparti”, come il prezzemolo, o la pazzia.
SIMONE VERROCCHIO
Articolo di Luca Mogini per romeuracademy.it
Lo so che non ci credete, ma alle volte è meglio avere poche idee ma buone: anzi è meglio se riduciamo al minimo i nostri obiettivi. Ma è davvero possibile? Innanzi tutto dobbiamo amare questo mestiere, pensare che fare film è la cosa più eccitante e divertente ed al contempo è sempre una grande sfida. Specialmente ora, quando la produzione e distribuzione dei film è diventata poco costosa.
Leggi tutto: Registi, ecco come raggiungere i vostri obiettivi
Qui potrete trovare in ordine alfabetico un elenco con una breve descrizione delle maestranze che compongono la possibile realizzazione di un film.
AIUTO REGISTA: collabora a fianco del regista occupandosi della pianificazione delle riprese, dell'organizzazione del film e del set per conto del regista
ARREDATORE o ATTREZZISTA: dopo aver reperito e ordinato gli oggetti e gli arredi richiesti dal regista secondo le necessità della sceneggiatura si occupa di allestire le scene con essi
ASSISTENTE OPERATORE: lavora a fianco dell'operatore dato che si occupa del funzionamento elettronico, ottico e meccanico della macchina da presa e del DOP visto che durante le riprese è lui che verifica il diaframma, i filtri, le cadenze di ripresa e compie i cambi di fuoco. Coordina tecnicamente anche il reparto.
ATTORE: interpreta con una recitazione naturale un personaggio filmico (o più) dopo aver compiuto un lavoro approfondito su se stesso adattandosi completamente alla psicologia e alle caratteristiche del ruolo interpretato
CASTING DIRECTOR: si occupa di scegliere i componenti del cast artistico cioè gli attori e quelli del cast tecnico, nonché le figure professionali che comporranno la troupe
CINEASTA: regista che oltre al suo ruolo tradizionale di coordinatore copre il ruolo di un'altra maestranza (regista/sceneggiatore, regista/montatore, regista/compositore). Nel caso in cui il regista vada a coprire molti più ruoli si parla della figura del Film Maker, affermatasi in tempi recenti con l'avvento del digitale e la riduzione dei costi di realizzazione di un film
COMPARSA: tipologia di attore spesso non professionista che compare all'interno di una scena come figurante
COMPOSITORE: scrive in accordo col regista le musiche del film. Spesso per realizzare la colonna sonora collabora con il rumorista.
COSTUMISTA: a seconda della volontà del regista e in accordo con lo scenografo disegna i bozzetti degli abiti di scena scegliendone lo stile, i tessuti e i colori. Può ordinare i capi nelle sartorie specializzate o dirigere la squadra dei sarti per realizzarli. Mentre per gli aspetti tecnici e logistici se ne occupa l'AIUTO COSTUMISTA.
DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA (DOP): lavora a stretto contatto con il regista e l'operatore di macchina. E' colui che decide che tipo di fotografia (illuminazione, filtri, obiettivi) usare durante le singole scene.
DIRETTORE DI PRODUZIONE: sempre in contatto con il produttore si occupa di controllare tutti gli aspetti che fanno parte della lavorazione del film, dalla pre-produzione (piano di lavorazione, composizione troupe, contratti) alla post-produzione. Il suo primo aiutante è la SEGRETARIA DI PRODUZIONE che si occupa di seguirlo in tutte le sue fasi
DISTRIBUTORE: Si occupa di distribuire una volta terminati i film nei festival e nelle sale cinematografiche. Ha forti contatti con produttori ed esercenti
DOPPIATORE: in Italia da sempre vige l'arte del doppiaggio. Il doppiatore è colui che dà voce a un personaggio di un film che può essere straniero o italiano, infatti è capitato, specialmente nel passato, che alcuni doppiatori italiani prestassero la loro voce ad alcuni attori della stessa nazionalità per motivi legati al timbro, all'accento o alla dizione dell'attore. Altre volte invece gli stessi attori finite le riprese si doppiano, questo per una questione di audio che proviene da una scelta fatta dal regista e dal fonico.
EDITOR: seguendo le indicazioni della sceneggiatura, del regista, delle annotazioni della segretaria di edizione e del logger si occupa in fase di post-produzione del montaggio del film, quindi di montare inquadratura dopo inquadratura, scena dopo scena, sequenza dopo sequenza, collaborando insieme al rumorista e al compositore delle musiche
ESERCENTE: figura che compare solo nel momento in cui il distributore cerca un canale di visibilità per il proprio film nelle sale cinematografiche
FONICO: gestisce l'audio (rumori, suoni, dialoghi) durante le scene di un film in presa diretta tenendo sotto controllo microfoni, mixer, registratori. Si può suddividere in fonico di presa diretta (registra l'audio sul set), fonico di doppiaggio (registra i dialoghi da sostituire agli originali), fonico di missaggio (mixa le registrazioni effettuate durante le riprese con gli eventuali suoni aggiunti in post-produzione e il doppiaggio)
FOTOGRAFO DI SCENA: scatta tutta una serie di immagini durante la lavorazione sul set al fine di documentare e pubblicizzare il film
HAIR STYLIST: si occupa in occordo col regista e il costumista di procurare e/o realizzare acconciature e parrucche
ISPETTORE DI PRODUZIONE: controlla che tutto si svolga come previsto
LOCATION MANAGER: seguendo le indicazioni del regista, del produttore e dello scenografo ricerca e trova le location, cioè i luoghi in cui si andrà a girare il film, e ne risolve tutti gli eventuali problemi logistici che potrebbero formarsi. Solitamente è legato alle Film Commission anche se negli anni sta divenendo sempre più una figura indipendente.
LOGGER: Compila un bollettino di edizione catalogando e descrivendo ciò che è stato girato per facilitare chi lavorerà alla post-produzione nel montaggio finale
MACCHINISTA: realizza o si procura strutture adatte alle riprese da fare con carrelli e apparecchiature di vario genere. Fa riferimento al CAPO MACCHINISTA
MICROFONISTA o BOOM OPERATOR: lavorando affianco del fonico gestisce il posizionamento del microfono durante le riprese a seconda di dov'è situata la macchina da presa (movimenti, inquadrature), la fonte di luce (per la questione ombre), gli attori (movimenti, fonte e intensità sonora) e la direzione del vento. Utilizza principalmente il boom, ma anche microfoni senza fili o microfoni supplementari
OPERATORE DI RIPRESA o CAMERAMAN: stando dietro la macchina da presa la utilizza a seconda degli accordi presi con il regista o con il DOP. In alcuni casi può capitare che queste ultime due figure siano loro stessi il cameraman, altre volte invece può capitare che ci siano più operatori a filmare una determinata scena. Al cameraman spetta anche il compito di scegliere il mezzo più consono quindi non solo videocamera ma anche steadycam, dolly, macchina a mano, ecc
PRODUTTORE: investe una determinata somma di denaro per poter realizzare un film le cui fasi vengono supervisionate dal produttore stesso che è in continuo contatto con il regista ed è presente spesso sul set durante la lavorazione. Se nel caso in cui il regista fosse anche produttore del progetto allora si parla di un film indipendente.
PRODUTTORE ESECUTIVO: si occupa della contabilità del progetto
PROIEZIONISTA: E' una figura fuori da ciò che concerne la realizzazione di un film ma è fondamentale per la proiezione in sala della pellicola
REGISTA: coordina tutte le maestranze che prendono parte alla lavorazione di un film. A seconda delle situazioni può prendere parte al progetto fin dalla pre-produzione oppure può seguire la post-produzione (partecipazioni non così scontate in tempi passati)
RUMORISTA: collaborando con il fonico e il compositore crea e registra gli effetti sonori di un film per la realizzazione finale della colonna sonora
RUNNER o TROVAROBE: reperisce gli oggetti necessari all'allestimento e all'arredamento di un set
SCENEGGIATORE: scrittore cinematografico che dopo lo sviluppo del soggetto di un film (idea) tramite l'utilizzo di una scaletta, di uno scalettone e del trattamento scrive la sceneggiatura (americana, italiana o francese)
SCENOGRAFO: in accordo con il regista e collaborando con l'attrezzista idealizza e allestisce i set delle varie scene. Non sviluppa solo un gusto estetico per la composizione ma ha competenze in vari ambiti tra cui architettura, computer grafica, disegno, pittura, ecc
SEGRETARIA DI EDIZIONE: segna con estrema attenzione ogni attività giornaliera relativa alle riprese del film (materiale che poi comparirà nel bollettino di edizione) per facilitare l'organizzazione in fase di ripresa e in post-produzione e per evitare errori che potrebbero avvenire con piccole distrazioni/dimenticanze da parte delle altre maestranze. Alcune annotazioni possono essere le sequenze sul ciak e i commenti del regista sulle singole riprese, oltre a far rispettare la continuità fotografica (trucco e costumi usati, posizione di oggetti e attori) e la narrazione della sceneggiatura o le eventuali modifiche. Usa il diario di lavorazione per scrivere i tempi di lavorazione e una macchina fotografica per impressionare ciò che viene girato evitando così gli errori di cui si parlava precedentemente
STUNTMAN o CONTROFIGURA: sostituisce un attore in specifiche scene ritenute pericolose
SUPERVISORE AGLI EFFETTI SPECIALI: capo del reparto degli effetti speciali in accordo con regista e produttore si occupa di coordinare i vari tecnici che prendono parte alla lavorazione di quegli effetti meccanici o riprodotti che avvengono durante le riprese di un film (robot, miniature, trucco, scenari, effetti pirotecnici e atmosferici)
SUPERVISORE AGLI EFFETTI VISIVI: capo del reparto degli effetti visivi in accordo con regista e produttore si occupa di coordinare i vari tecnici che prendono parte alla lavorazione di quegli effetti realizzati durante la post-produzione a computer con programmi specifici (CGI)
TECNICO LUCI: si occupa dell’installazione e del puntamento delle luci
TRUCCATORE: in accordo con il regista e il costumista trucca gli attori seguendo le diverse necessità delle scene. Il make-up artist può oltre a un trucco base specializzarsi negli FX, quindi tutte quelle applicazioni di cosmetici o maschere di lattice e simili per ricostruire parti anatomiche, bruciature, ematomi, deformazioni facciali, invecchiamenti, ecc )
VIDEO ASSISTANT: membro del gruppo che si occupa dell'operatività e della risoluzione di possibili problemi del video assist, sistema composto da monitor, registratori, cavi che permettono al regista e al DOP di vedere nel contempo le stesse immagini che vedono i cameraman.
di Eleonora da Manifesto0
Spesso mi accorgo che c’è un gran bisogno di fare chiarezza su quali siano le professioni del cinema. Lo so perché io in prima persona ho cercato per tanto tempo di chiarirmi le idee in merito e perché quando una persona ti chiede cosa fai nella vita non puoi fare altro che rispondere un generico “Faccio cinema” sapendo che se vai nello specifico la persona dall’altra parte non capirà mai. Perché dobbiamo tutti sapere cosa sia un idraulico, un muratore, un medico… e non cosa sia un direttore della fotografia, una segretaria di edizione, un ispettore di produzione, un macchinista…? Perché quando le persone apprezzano un film pensano che sia solo merito del regista non sapendo che dietro al film ci sono tantissime altre persone che in ogni dettaglio lo valorizzano e gli danno forma?
Forse perché il settore cinematografico è un campo per il quale c’è pochissima informazione (perlomeno in Italia) che viene spesso snobbato e sminuito.
Lo scopo di questo articolo è quello di diffondere il più possibile queste informazioni, di far conoscere alla gente i mestieri del cinema così come conosce i mestiere considerati “normali”. E soprattutto di chiarire le idee a chi studia cinema e a chi, come è capitato a me, cerca di avere un idea più chiara e più nitida di quelle che sono le singole professioni cinematografiche.
Nella lista non sono presenti esattamente tutte le professioni poiché sono veramente tante e ciò che conta per il momento è capire le principali. E ora:
Motore…partito… ciak… Azione!
Come anticipato alcune figure non sono presenti come ad esempio il location manager(ricerca ed individua le location adatte al film e si occupa di risolvere tutti i problemi logistici connessi), il colorista(esegue la color correction), il direttore del doppiaggio, ecc… Ma ora andiamo a capire quali sono le mansioni di alcuni ruoli cinematografici che necessitano una spiegazione per evitare confusioni. (Molti ruoli non li ho spiegati poiché mi sembravano ovvi, ma se per caso ho sbagliato nel valutare e qualcuno è interessato alla definizione di uno di questi ruoli basta che commentate e io farò il possibile )
Produttore : Colui che “mette” i soldi o che recupera i finanziamenti necessari alla realizzazione del film.
Produttore esecutivo : Responsabile della produzione sul set. Approva le spese e fa rispettare il budget.
Organizzatore : Ha le stesse competenze del produttore esecutivo. Esso fa il preventivo, gestisce e trova i collaboratori e il personale necessario per la produzione, compone la troupe.
Direttore di produzione : E’ il responsabile diretto dell’organizzazione produttiva. Agisce alle dipendenze del produttore esecutivo ed è collaboratore diretto dell’organizzatore.
Ispettore di produzione : Sorveglia la preparazione che si svolge fuori dal set e coordina le funzioni logistiche del set.
Segretaria di produzione : Si occupa dell’organizzazione generale della troupe, degli spostamenti e dei viaggi, del noleggio dei mezzi di trasporto, delle auto e i furgoni per il materiale, dei pasti per tutta la troupe e per gli attori.
Regista: Il regista è colui che ha in “mano” tutta la troupe, che prende le decisioni finali (sulle proposte dei reparti l’ultima parola spetta a lui), che dirige gli attori nella recitazione e nei movimenti, che “visualizza” il film e ne sceglie le inquadrature. E’ il vero “padre” del film.
Aiuto regista : E’ l’alter ego del regista. Colui che può sostituirlo qualora l’urgenza lo richiederebbe. Deve coordinare tutti i reparti e rappresenta quindi l’unione tra il regista e il resto della troupe.
Assistente alla regia : Fa da raccordo tra alcuni reparti. Collabora con l’ aiuto regista seguendone le direttive per i movimenti dei mezzi di scena e delle masse.
Segretaria di edizione : Ha il compito di curare la coerenza e la continuità delle riprese in modo che non vi siano incongruenze di qualunque tipo. Possiede il bollettino di edizione nel quale annota il numero dei ciak e i take buoni, segna i timecode, e qualunque cosa sia necessaria da ricordare.
Direttore della fotografia : E’ il responsabile dell’illuminazione e della ripresa di un prodotto audiovisivo. Esso narra il film con la luce, curandone le inquadrature.
Operatore Steadycam : E’ l’operatore che utilizza la steadycam (quest’ultima è un supporto per la macchina da presa dotato di sistemi di ammortizzazione che rende fluida la ripresa, ma di questo ne parlerò meglio nell’articolo sull’attrezzatura tecnica)
Assistente operatore : Durante la fase di ripresa esegue i cambi di fuoco necessari, controlla che tutti i parametri tecnici siano corretti e corrispondenti alle esigenze del direttore della fotografia.
Aiuto operatore : Aiuta l’assistente operatore. Si occupa della cura, della manutenzione e della pulizia della macchina da presa.
Video Assist : Si tratta dell’addetto al monitor di scena curandone il funzionamento , i collegamenti e la sua calibrazione.
Data manager : Deve scaricare i supporti di registrazione e allocare il girato con nomi e estensioni file previsti e concordati, deve fare le copie di back up, preparare i file per una preview, e consegnare alla post-produzione i file nei formati come da accordi presi in fase di pre-produzione.
Scenografo: E’ in grado di provvedere alla costruzione di ambienti scenografici curando la progettazione grafica e la realizzazione delle scene, in coerenza con il contesto storico, lo stile narrativo espressivo linguistico e la natura emozionale della storia.
Assistente scenografo : E’ l’alter ego dello scenografo con qualche responsabilità in meno.
Costumista : E’ in grado di provvedere all’ideazione e alla realizzazione di costumi e accessori in coerenza con il contesto storico e il tema proposto dal copione.
Macchinista: E’ in grado di ideare e realizzare soluzioni tecniche a supporto della regia, dei sistemi di ripresa e dell’illuminazione, mediante la costruzione e la messa in opera di strutture e attrezzature.
Montatore: E’ colui che monta il film, ovvero attraverso il software di montaggio costruisce le scene selezionando il materiale audiovisivo, combinandolo e tagliandolo dove necessario o dove l’intuizione artistica lo richiede. Al montaggio si riscrive il film nuovamente e descrivere questo mestiere con poche parole è veramente riduttivo. Farò un articolo che riguarda il montaggio approfondendo questo mestiere.
Assistente al montaggio e Aiuto montatore : Si occupano di tutta la “logistica” del materiale da montare, preparano il materiale necessario, ne verificano la precisione… rappresentano la “memoria” del montatore. Nella gerarchia cinematografica l’assistente montatore è più importante e l’aiuto montatore è un collaboratore dell’assistente.
Per il momento chiudo qui il discorso sui mestieri del cinema. Mi scuso se spesso ho dovuto usare spiegazioni molto banali e riduttive ma vi assicuro che ogni cosa avrà il suo approfondimento. L’importante è che per ora riusciamo ad avere un quadro generale di quelle che sono le professioni cinematografiche e perché no cominciare a specializzarsi in uno di questi mestieri.
articolo di vert1g0 da filmmakerblogitalia
Il direttore di produzione è una figura professionale trasversale a molti settori dell’area occupazionale dello spettacolo. Il suo raggio d’azione comprende infatti le produzioni cinematografiche, televisive (in studio o in esterna) o teatrali, la realizzazione di spot pubblicitari e l’organizzazione di grandi manifestazioni (i cosiddetti grandi eventi).
Il suo compito consiste nel predisporre l’organizzazione tecnica e logistica, nell’assicurare il regolare svolgimento della produzione (sia in fase di preparazione che di realizzazione), assicurando il rispetto dei tempi previsti dal piano di lavorazione e le prescrizioni contenute nel budget. Prima di entrare nel merito delle sue competenze, bisogna sottolineare un aspetto importantissimo che potrebbe sfuggire a un analisi poco attenta: il mondo della produzione è legata moltissimo al fattore umano di chi vi partecipa. I
l direttore di produzione ha il compito di seguire tutte le tappe della produzione. In fase di pre-produzione partecipa alla riunione di rogettazione esecutiva, in cui vengono definiti gli obiettivi da raggiungere e le risorse disponibili. Sono sotto la sua responsabilità gli aspetti tecnici, logistici e organizzativi della produzione. Una volta che ogni reparto ha individuato le proprie esigenze, il direttore di produzione elabora un piano di lavorazione in cui viene predisposto tutto il lavoro in funzione delle scadenze prefissate e dei vincoli imposti dal budget. L’obiettivo è quello di raggiungere il migliore risultato possibile minimizzando i costi, operazione alquanto difficile ma possibile ricercando la massima efficienza nella produzione ed evitando spese inutili e sprechi.
Nella fase della produzione il direttore della produzione assume il comando della struttura tecnica, coordinando le varie operazioni e assicurando il rispetto dei tempi previsti dal piano di lavorazione. Soprattutto nel cinema il suo ruolo risulta particolarmente impegnativo: è l’anello di congiunzione, il trait d’union fra il regista che si occupa della parte più propriamente artistica, il produttore che oltre alla distribuzione e la promozione del film cura tutti gli aspetti finanziari, e la parte tecnicologistica che da lui dipende. Nelle sue funzioni (soprattutto nelle produzioni più importanti) è assistito dagli ispettori di produzione, che si occupano per lo più dei compiti amministrativi (la richiesta delle autorizzazioni necessarie per esempio) o logistici (gestione delle comparse, reperimento di piccola manodopera in loco, etc).
In post-produzione , invece, il ruolo del direttore di produzione è più defilato e consiste nella verifica che il rimanente lavoro osservi i tempi previsti dal piano di lavorazione e nella redazione del consuntivo finale, che tiene conto degli scostamenti tra il budget di previsione e le spese effettivamente sostenute. L’organizzazione del lavoro nel cinema è molto diversa da quella della televisione. Nel primo caso il direttore di produzione riferisce direttamente al produttore o ad un suo emissario ed è il responsabile di tutta la arte tecnica, troupe inclusa. In televisione invece esiste una più rigida gerarchia e una ben precisa suddivisione dei ruoli. Il direttore di produzione non è infatti il capo della struttura operativa nella quale è inquadrato, ma è subordinato alle direttive dei dirigenti e dei funzionari che sono i suoi diretti superiori. Alle sue dipendenze ha invece tutti i vari tecnici di studio o di riprese esterne (gli assistenti alla regia, gli ispettori di studio, gli operatori di ripresa, ecc.), che dirige e coordina.
Nella realizzazione di un programma per la televisione esiste inoltre un forte rapporto dialettico con il produttore esecutivo di rete, che è il sovrintendente alla parte creativa ed artistica. È chiaro come non si tratta di ruoli a sé stanti, ma in continua relazione ai quali si richiede una costruttiva ed efficace collaborazione. Il luogo di lavoro del direttore di produzione varia a seconda del settore d’impiego. Nel cinema per esempio si lavora parecchio all’esterno nei luoghi dove vengono effettuate le riprese dei film; in televisione dipende dalla struttura di appartenenza. Se si fa parte della struttura riprese interne si lavora nello studio di registrazione, se si è invece inseriti nelle riprese esterne non si ha un luogo fisso e si segue negli spostamenti la troupe.Per la realizzazione dei grandi eventi” infine il direttore di produzione deve recarsi sul posto per verificare in prima persona che tutto proceda secondo programma. In ogni caso non va dimenticato che avendo questa figura professionale un ruolo non solo operativo ma anche manageriale, una parte del proprio tempo la trascorre in ufficio, soprattutto nella fase di preproduzione e nello svolgimento degli adempimenti amministrativi e burocratici.
Gli orari variano notevolmente a seconda se si lavora come libero professionista free lance o come lavoratore dipendente. Nel primo caso, come avviene il più delle volte nel cinema, gli orari sono molto flessibili. Durante la lavorazione di un film è essenziale rispettare i tempi previsti dal iano di produzione, bisogna essere quindi pronti a fare dei sacrifici e questo comporta certe volte delle rinunce temporanee anche sul piano della vita privata. Se invece si lavora in televisione, gli orari sono predeterminati, anche se possono variare nell’arco dell’intera giornata per esigenze di programmazione (ci possono essere turni mattutini, pomeridiani o notturni). In Rai, ad esempio, i turni di lavoro sono di 8 ore e 35 minuti per 5 giorni a settimana, con possibilità della sesta giornata lavorativa retribuita come straordinario. Nel cinema i direttori di produzione sono in genere liberi professionisti con regolare partita IVA e vengono assunti a prestazione dalla società che produce il film per il tempo della sua realizzazione. I compensi possono raggiungere diversi milioni a settimana ma ci si assume in prima persona il rischio di dover stare fermi per lunghi periodi dell’anno. In televisione invece il direttore di produzione è assunto con un regolare contratto a tempo indeterminato.
Lo stipendio annuo lordo compresi gli straordinari parte dai 65 milioni e può arrivare agli 80. I requisiti della figura professionale del direttore di produzione sono prevalentemente di tipo tecnico e manageriale. Sono indispensabili infatti grandi capacità organizzative e relazionali, di gestione dei conflitti interpersonali e di mediazione, di risoluzione di problemi strutturati e complessi. In una professione che svolge un ruolo di interfaccia dialettica tra la parte artistica, tecnica e finanziaria della produzione e nella quale non è certamente semplice parlare lo stesso linguaggio o trovare un punto di accordo tra i diversi interlocutori con cui si interagisce, l’abilità di comunicare e l’attitudine al problem solving rappresentano dei requisiti indispensabili. Interpretare i desideri del regista significa per esempio condividerne l’obiettivo: il regista può avere delle trovate geniali ma non sempre da solo è in grado di realizzarle concretamente, il direttore di produzione è appunto colui che facilita questo compito e le rende possibili.
Il profilo professionale del direttore di produzione non richiede attitudini artistiche, anche se è importantissima la conoscenza in prima persona dell’area occupazionale dello spettacolo e delle sue problematiche. Deve possedere il carisma e la leadership necessaria per essere ascoltato e rispettato dal proprio gruppo di lavoro e deve riuscire a motivare in tutti modi i tecnici alle proprie dipendenze. Infine per chi lavora nel mondo del cinema è indispensabile essere molto tenaci e appassionati del proprio lavoro. Il cinema purtroppo non è solo fatto di luci sfavillanti ma riserva anche qualche amara sorpresa. Non è per nulla semplice lavorarvi e se si ha la fortuna di poterlo fare il rischio che si corre è quello di dover stare fermi per parecchio tempo prima di avere una nuova chance. Per diventare direttore di produzione non esistono dei percorsi formativi ben definiti, molto spesso si inizia a fare questo lavoro attraverso dei rapporti informali piuttosto che da una rigida elezione esterna. L’unica scuola che esiste in Italia per la formazione di questa professione è l’Istituto di Stato per il Cinema e la Televisione Roberto Rossellini, che ha al suo interno una sezione appositamente dedicata.Soprattutto nel cinema fare questo mestiere è davvero difficile, la scelta del di rettore di produzione avviene molto spesso per cooptazione, vale a dire all’interno della cerchia di persone che sono entrati nel mondo del cinema dal di dentro, attraverso canali amicali, perché figli, nipoti, intimi conoscenti di qualcuno che già lo faceva.In televisione invece i canali di accesso a questa professione ed i relativi percorsi formativi sono completamente diversi. Si diventa (non si nasce) direttori di produzione partendo dal basso, iniziando la propria carriera con un’esperienza di tecnico o di operatore (alla Rai è sufficiente un diploma di perito tecnico elettronico e il superamento di un concorso). I tecnici più bravi e più esperti (occorrono almeno 8 - 10 anni di esperienza) vengono elezionati per un’ulteriore formazione che avviene direttamente sul campo di lavoro attraverso la pratica diretta della professione (learning by doing).
La figura professionale del direttore di produzione risente nel cinema dell’andamento della produzione nazionale. Negli anni passati molte persone hanno dovuto abbandonare questa professione per la scarsità di opportunità offerte e per la mancanza di un quadro lavorativo stabile. Oggi per fortuna dopo un periodo di stasi il cinema italiano sta ritornando su livelli discreti e il contemporaneo boom della fiction permette di essere moderatamente ottimisti per le prospettive occupazionali future. Nel piccolo schermo invece l’andamento occupazionale è stato e continua ad essere senz’altro più convincente. Il costante aumento dell’offerta televisiva (via cavo, satellitare, canali digitali monotematici) è una garanzia di sviluppo per i prossimi anni. Quella del direttore di produzione è una figura in forte espansione, come del resto tutte le altre professionalità di tipo tecnico (registi, assistenti alla regia, specializzati di ripresa, operatori e tecnici). Anche la pubblicità è un altro settore in forte ascesa, è ben pagata ed è tuttora in costante aumento. Resta infine da segnalare la tendenza a realizzare con sempre maggiore frequenza dei grandi eventi, grosse produzioni di vario genere (concerti, sfilate di moda, serate di beneficenza, eventi sportivi e mondani) che coinvolgono ormai non solo i mass media tradizionali (radio, televisione, riviste e giornali) ma anche quelli di più recente diffusione, Internet su tutti.
Nelle riprese esterne leggere (inchieste, reportage, piccole fiction) in cui vengono impiegate al più 8-10 persone, il ruolo del direttore di produzione viene svolto dall’organizzatore. A differenza del direttore di produzione la figura professionale dell’organizzatore non ha un background di tipo tecnico, ma proviene di solito dall’ambiente degli ispettori di studio (rappresentano il braccio operativo del regista, sono quelli che fanno rispettare le sue indicazioni come, ad esempio, chiamare gli applausi alla claque o far rispettare i tempi di una trasmissione). Gli organizzatori possono inoltre coadiuvare i direttori di produzione nella direzione dei grandi eventi la ripartizione dei compiti è simile a quella che nel cinema esiste tra direttore di produzione e ispettore di produzione.
La figura professionale del direttore di produzione appartiene alla categoria 2.5.6.1 Registi, direttori artistici, attori della classificazione delle professioni ISTAT (1991).
Corsi di formazione:Istituto di Stato per il Cinema e la Televisione Roberto RosselliniVia della Vasca Navale 58 00146 Roma, Tel. 065582741CPTV (Centro di produzione TV RAI)Largo Villy De LucaSaxa Rubra 00188 Roma, Tel 063878Associazioni:ANICA (Ass. Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Multimediali)Viale Regina Margherita 286 00198 Roma, Tel 0644231480
Siti Web: www.cinecitta.it www.anica.it www.rai.it
di: Eleonora Cimenti
Avevamo già scritto su: come diventare regista. Le basi sono le stesse, il mestiere di regista non è cambiato. Anzi. I veri, grandi Registi sono, purtroppo, quelli del passato... non ne vediamo, oggi, di nuovi altrettanto validi. Ma speriamo che tra i nostri lettori si nascondi un nuovo astro nascente! Il primo consiglio, spassionato, che possiamo dare a chi vuole intraprendere questa strada senza spendere un euro, è quello di leggere i numerosi articoli che si trovano nel nostro sito.
E' il responsabile del reparto montaggio, dove, con un sapiente lavoro di cesello, ed in stretta collaborazione con il regista, trasforma in un film completo tutti gli spezzoni registrati senza ordine logico sul set. E' un lavoro molto importante, perchè deve coordinare, mettere assieme, collegare le varie scene l'una all'altra in modo che rispecchino la sequenzialità voluta dal regista e da lui interpretata e realizzata in modo artistico. Deve sapere bene quali siano i risultati a cui arrivare, per poter applicare tutte le tecniche che diano al film l'idea del racconto ed il ritmo adeguato; ne vediamo un esempio in Apocalypse now- Redux.
Lo Scenografo è la persona che cura la scenografia ovvero l'ambientazione della storia, che è uno dei fulcri basilari nella realizzazione di un film. E' un ruolo fondamentale nella produzione. La sua creatività deve saper vedere, anzi, prevedere ciò che sarà ripreso dalle inquadrature della telecamera. E' l'artigiano che, lavorando in funzione della sceneggiatura del film, e per essere in conformità con i costumi e la fotografia, decide, in stretta collaborazione del regista, come dovranno essere costruite o modificate le locations, cosa inserirci: decide i toni dei colori, la struttura e la forma degli ambienti previsti; da il suo stile, un tocco personale, armonico e caratterizzante dei luoghi in cui si gira il film. La scenografia deve valorizzare l'opera nel suo complesso. Deve poter ricostruire luoghi ormai non più esistenti, od immaginari, sia esterni che interni. Deve realizzare disegni, progetti e modelli in scala prima, plastici e fondali dopo. Presentato ed approvato un bozzetto, è aiutato da un "trovarobe" che è preposto a trovare e scovare tutti gli oggetti che servono nella scenografia.
Oggi l'apporto della tecnica digitale computerizzata, avendone una profonda conoscenza sia teorica che pratica, aiuta molto nello sviluppo delle scenografie riducendo i tempi di realizzazione dei bozzetti, ed i loro costi. Dal progetto iniziale, dalla prima idea e dalla prima immagine pensata, si procede per cambiamenti successivi, ed ogni volta velocemente si vede la nuova location, la nuova impostazione, facile da modificare e confrontare con un progetto diverso. Tale potenzialità potrebbe essere presa come facilità nella esecuzione di una scenografia, ma ricordiamoci che un artista è tale non per i mezzi che usa, ma per le sue idee, per le immagini che crea, per la diversa impostazione che sa suggerire... il computer può solo aiutarlo tecnologicamente, velocemente, aiutandolo solo dal punto della realizzazione pratica.
Per inserirsi in questo mondo nel ruolo di scenografo (come in qualunque altra disciplina), è opportuno frequentare una scuola e, contemporaneamente, iniziare a far pratica, senza pensare, almeno agli inizi, al guadagno ma all'esperienza.
E' colui a cui spetta creare l'atmosfera di tutte le scene di un film, sia negli interni che all'esterno. In stretta collaborazione con il regista, attraverso l'uso sapiente della giusta esposizione dell'illuminazione, della disposizione delle luci e nella scelta della pellicola da usare, riesce a ricreare nella location un clima, una suggestione, un'atmosfera consona al tipo di film girato, drammatico, brillante od orror.
Il regista è l'artefice, il creatore del film. Suo compito è quello di seguire la crescita, l'evoluzione della sceneggiatura, interpretarla, dare corpo alle parole scritte, far vivere e rendere reale sullo schermo cinematografico o sul piccolo schermo televisivo ciò che reale non è. Il regista prende una sceneggiatura, la rilegge e la realizza con le sue idee, la sua cultura, il suo senso critico, con la sua verve creativa e poetica.
Procede quindi ad una strutturazione ed impostazione delle sceneggiatura completa dei dialoghi, dei movimenti e dei sentimenti di ogni personaggio in scena e di tutti gli elementi del linguaggio cinematografici: dalle inquadrature, ai movimenti che deve fare la macchina, panoramiche, carrellate, zoommate, ... a come passare da una inquadratura ed una scena all'altra.
Deve gestire ed amalgamare il lavoro di tutti i tecnici che ruotano attorno al film. Ha un ruolo molto importante: deve saper vedere e prevedere, ha il film tutto in testa, completo, con ogni inquadratura già definita, con le impostazioni da dare agli attori, con le musiche e le luci adatte per le varie scene. Certo, prima di girare, si è già riunito molte volte con tutti i suoi collaboratori ed attori ed assieme a loro ha impostato il lavoro. Ma non è semplice gestire situazioni così complesse ed un team di persone così ampio. Deve ottimizzare ogni risorsa a sua disposizione per darne conto al produttore ( o a se stesso, se è un filmaker)
Ognuno sa cosa deve fare. Il regista deve raccordare e coordinare il lavoro di tutti e raccoglierne i frutti. Il film gli appartiene, un film si ricorda assieme al nome del suo regista. Proprio perchè ha saputo creare un'opera secondo le sue scelte e decisioni.
(backstage del corto GET READY di Alex Villamira)
L'Autore è chi ha l'idea della storia, e che normalmente contribuisce alla sua evoluzione come sceneggiatore, molto spesso assieme ad altre persone. La sceneggiatura può essere l'adattamento di un'opera letteraria esistente o la creazione, l'ampliamento di una nuova idea.
Nella molteplicità delle idee collegate alla principale, bisogna, con metodi e tecniche ormai ben collaudate, ordinarle nella mente ed iniziare a scriverle. Quindi da un tema generale si passa alla sinossi.
La storia si incomincia a delineare, bisogna strutturarla, capire come attirare l'attenzione del pubblico, trovare (scusate il bisticcio di parole) una "trovata" che sia il perno di tutto il filmato. Si delinea la sua struttura, si costruiscono eventuali intrecci collaterali (naturalmente tutto in base alla tempificazione che si vuole anche dare al nostro filmato). Si inizia a dare una struttura alle scene principali.
Poi ci si addentra nello studio dei personaggi principali, dell'ambientazione. Si costruisce la struttura portante del film. Si sviluppa sempre più la figura del personaggio principale e del suo antagonista. Si creano i personaggi secondari secondo le necessità. Si delineano le ambientazioni sociali e culturali in cui vive il nostro eroe. Quindi da un primo tempo in cui si presenta la realtà attuale, si passa alle motivazioni di un conflitto scatenante che serve a dare tono ed evoluzione al film, fino ad arrivare alla risoluzione determinante e vincente.
Abbiamo così creato un copione, l'idea è diventata una sceneggiatura completa, lo strumento di lavoro per tutti quelli che lavorano nei vari reparti del set e della post-produzione.
Ma la sua opera non finisce qui. Durante le riprese deve restare a stretto contatto con il regista perchè possono sorgere necessità di variazioni e adattamenti: deve allora continuare a creare qualcosa di nuovo, che sia in linea con tutto il resto della sceneggiatura. Non solo per piccoli problemi, ma se un attore non fosse più disponibile nella realizzazione del resto del film, deve creare una motivazione all'assenza del personaggio ed allo stesso tempo trovare un'idea scenica per far proseguire la lavorazione.
L'Autore è chi ha l'idea della storia, e che normalmente contribuisce alla sua evoluzione come sceneggiatore, molto spesso assieme ad altre persone.
Nella molteplicità delle idee collegate alla principale, bisogna, con metodi e tecniche ormai ben collaudate, ordinarle nella mente ed iniziare a scriverle. Quindi da un'idea generale si passa alla sinossi.
La storia si incomincia a delineare, bisogna strutturarla, capire come attirare l'attenzione del pubblico, trovare (scusate il bisticcio di parole) una "trovata" che sia il perno di tutto il filmato. Si delinea la sua struttura, si costruiscono eventuali intrecci collaterali (naturalmente tutto in base alla tempificazione che si vuole anche dare al nostro filmato). Si inizia a dare una struttura alle scene principali.
Poi ci si addentra nello studio dei personaggi principali, dell'ambientazione. Si costruisce la struttura portante del film. Si sviluppa sempre più la figura del personaggio principale e del suo antagonista. Si creano i personaggi secondari secondo le necessità. Si delineano le ambientazioni sociali e culturali in cui vive il nostro eroe. Quindi da una prima parte in cui si presenta la realtà attuale, si passa alle motivazioni di un conflitto scatenante che serve a dare tono ed evoluzione al film, fino ad arrivare alla risoluzione determinante e vincente.
Abbiamo così creato un copione, l'idea è diventata una sceneggiatura completa, lo strumento di lavoro per tutti quelli che lavorano nei vari reparti del set e della post-produzione.
Dice Elisabetta Manfucci nel suo blog: "Mi capita spesso di incontrare persone che mi domandano: come faccio a fare il lavoro che fai tu? Soggettisti non si nasce, ci si diventa con un duro allenamento. Un esercizio costante che porta a sbobinare decine e decine di telefilm, di film, a visionare pellicole...a riflettere, a ruminare. E' un lavoro che nasce dalla passione per le immagini e dall'organizzarle in un tutto coerente. Ho conosciuto molti soggettisti negli ultimi anni. Ci sono delle caratteristiche che li accomunano. Anzitutto:la passione per le storie. Se devo dire chi è un soggettista lo faccio con una immagine: un menestrello. Corrisponde un pò ai menestrelli che andavano di corte in corte a raccontare storie alla gente ricca. Loro frequentavano molto i bassifondi, là dove la cultura orale è ricca e viva di storie, anche scandalose e pornografiche. Il soggettista funziona allo stesso modo. Ha il gusto per la ricetta completa...non gli basta godere di un particolare: vuole che ci sia proprio tutto, dall'antipasto al dessert. Ogni pietanza deve essere al posto giusto."
Stai per girare un corto, il tuo cortometraggio. Ora hai 2 possibilità.
1°) Se devi fare un corto semplice, lineare, senza problemi di ripresa e di montaggio, potresti essere tu l'unico a lavorarci sopra: potresti dedicargli qualche giorno di ripresa senza problemi avendo tutto il tempo disponibile per il montaggio. Tu sarai l'unico che si prenderà il merito del corto o le critiche!
2°) Stai per girare un corto più complesso, sia nelle fasi di ripresa che in quelle di montaggio? Allora potresti pensare di farti aiutare da alcuni amici che si reputano "bravi" nelle loro rispettive mansioni (dall'operatore ai fonici, ai tecnici delle luci, alla segretarie di edizione,....).
Se possiamo darti un consiglio, li dovresti prima provare "sul campo", anche se sono appena usciti da un corso di ripresa in una scuola di cinema... Dovresti fare con loro un piccolo corto di prova, per constatare che le tue esigenze e la loro pratica vadano d'accordo....
Altrimenti potresti ritrovarti con un cortometraggio che non risponde alle tue esigenze, potrebbe avere delle luci sbagliate, od un suono troppo basso da utilizzare, e così via .... Tutti problemi che, a posteriore, si possono qualche volta correggere, ma non sempre.... perchè è difficile, talvolta impossibile ridare vitalità a delle riprese errate...
Non è facile trovare una squadra giusta, soprattutto se a costo zero, ma, con un pò di fortuna e con alcuni tentativi, basterebbe riunirsi in 2 o 3, ed il vostro corto collettivo potrebbe essere un piccolo capolavoro!