Ci può parlare del suo lavoro "Homo Homini Lupus"?
Matteo Rovere: Il cortometraggio "Homo Homini Lupus" è la storia delle ultime ore di vita di un Partigiano, ed è basato su vicende reali accadute nell'Aprile 1943 all'interno delle campagne del Lazio. La sceneggiatura unisce due piani: il primo, estremamente realista e duro, racconta queste ultime ore. Il secondo, soggettivo ed interiore, racconta il percorso emotivo del protagonista durante lo svolgersi di questi drammatici avvenimenti. Il fine del film è quello di portare lo spettatore "all'interno" della vicenda stessa, per meglio comunicare il messaggio che il sacrificio di quest'uomo ha significato.
Come mai ha scelto di descrivere le ultime ore di un partigiano? Da cosa ha tratto il soggetto e come ha elaborato la sceneggiatura?
Matteo Rovere: Il cortometraggio nasce da un vero e proprio "colpo di fulmine": la lettura della lettera di un Partigiano, Paolo Braccini. L'uomo, il giorno prima di essere fucilato, scrive una lettera alla propria figlia, che però non conoscerà mai (la moglie è ancora incinta). Sono parole struggenti, cariche di vita in modo assoluto, sebbene così consapevoli e vicine alla morte. Ho sentito davvero l'animo umano, intimo e reale, nascosto dietro la Storia universale, che in quelle poche parole si fondeva in modo inscindibile con la storia di un individuo: qualcosa di molto lontano dalle nozioni apprese sui libri. Questo sentimento ha fatto nascere in me l'esigenza di proporre il cortometraggio.

Come mai il titolo del film è "Homo Homini Lupus"?
Matteo Rovere: L'homo homini lupus di Hobbes in questo contesto sintetizza la guerra come espressione della natura ferina, dell'istinto umano violento e bestiale. Il protagonista, sopraffatto, torturato e circondato da un mondo tragico e inumano, fino alla fine non sa di poter volare più in alto dell'homo homini lupus. È un personaggio che cresce, che muore libero perché ha saputo trovare questa libertà dentro se stesso, nel significato che riesce ad attribuire alla sua vita, correndo in uno spazio dove nemmeno le torture riescono ad arrivare.
Come è avvenuta la scelta di Filippo Timi per il ruolo di Angelo Pietrostefani?
Sono un grande appassionato del lavoro e del percorso di Filippo Timi: ho quindi cercato Filippo attraverso la sua agenzia, Officine Artistiche, proponendogli il progetto, e rimanendo molto felice del suo entusiasmo a partecipare. E' un attore di talento e grandissima energia: questo breve film trova in lui un deciso punto di forza.
"Homo Homini Lupus" ha vinto diversi premi. Cosa crede colpisca di più nello spettatore del suo lavoro?
Matteo Rovere: Forse la capacità del film di trasportare lo spettatore in una realtà lontana nel tempo, che attraverso una resa estremamente realistica, viene riportata alla luce come presente, facendoci immedesimare nella vicenda raccontata.

Ci può parlare un po' della Ascent Film, la casa di produzione del film?
La Ascent Film (www.ascentfilm.com) è la casa di produzione fondata da Andrea Paris. Si tratta di una realtà produttiva in grande crescita, che può contare su un know how dinamico e attento ai giovani e alla qualità dei progetti proposti. E' il tipo di struttura che, in Italia, spero possa trovare sempre più spazio: ne abbiamo davvero bisogno.
Come considera il panorama cinematografico italiano del momento?
Matteo Rovere: Il cinema italiano mi sembra in crescita dal punto di vista dei risultati al botteghino, ma non mi pare di poter affermare lo stesso per quanto riguarda la qualità. E' vero che esistono diversi tipi di "cinema", ed è giusto che sia così, ma le produzioni e i finanziatori devono trovare il coraggio e la spinta per investire i buoni risultati ottenuti anche in nuovi film di qualità vera, che possano fornire un'alternativa reale alla televisione, e non un'emulazione, pallida sia dal punto di vista formale che contenutistico. Il pubblico secondo me deve essere stimolato, non sottovalutato.
Come crede si possa migliorare la distribuzione delle pellicole italiane in sala?
Matteo Rovere: Forme "di protezione" da parte dello stato, simili a quelle presenti in Francia, potrebbero essere un buon inizio. Il cinema francese va da Ozon a I Fiumi di Porpora, da Audiard a Besson, ovvero da un cinema di intrattenimento quasi hollywoodiano a un cinema intellettuale ed elitario: come mai riescono a convivere bene queste anime così diverse? E' la dimostrazione che aiutare l'espansione del settore sarebbe solo un fatto positivo; esistono vastissime fette di pubblico che ancora non prendono in considerazione il cinema italiano: la colpa è nostra, dobbiamo riconquistarle.
 
Intervista di Simone Pinchiorri  per cinemaitaliano.info  del 07/05/2007
 

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