scrivere una sceneggiatura Scrivere una sceneggiatura significa tradurre l’idea narrativa in un testo strutturato, capace di guidare il regista, il cast e la troupe nel processo creativo. Il suo linguaggio risponde a regole e convenzioni che servono a garantire chiarezza, coerenza e potenza drammatica. Se da un lato esistono elementi “indispensabili” da inserire per orientare correttamente la produzione e l’interpretazione, dall’altro bisogna evitare eccessi, dettagli fuorvianti e descrizioni improprie, pena la confusione o l’intrusione nel lavoro di altri reparti (regia, fotografia, ecc.). Questo articolo esamina in modo descrittivo-esplorativo ciò che è consigliabile scrivere (per rendere la sceneggiatura forte e funzionale) e ciò che invece è sconsigliabile o persino dannoso.

Cosa bisogna scrivere in una sceneggiatura

  • Indicare con precisione le scene e i luoghi: specificare l’ambientazione (interno/esterno, giorno/notte, località) in modo chiaro aiuta a comprendere la disposizione spaziale e temporale degli eventi.
  • Definire i personaggi in maniera sintetica ma distinta: una breve introduzione (età, personalità, ruolo nella storia) per ogni personaggio chiave, senza dilungarsi in minimi dettagli non utili.
  • Utilizzare un linguaggio visivo: scrivere ciò che lo spettatore vedrà e udrà. Ad esempio, “Una luce flebile filtra dalla finestra, rivelando la sagoma di un uomo.”
  • Descrivere in modo chiaro le azioni principali: “Il protagonista prende la pistola dal cassetto, con mano tremante.” Questo pone l’enfasi su come l’azione appare sullo schermo.
  • Specificare battute di dialogo: i dialoghi devono essere incisivi, verosimili e coerenti con la personalità del personaggio. Meglio poche parole significative che discorsi troppo lunghi e generici.
  • Separare scena per scena con indicazioni chiare: “EXT. PARCO - GIORNO” o “INT. APPARTAMENTO - SERA.” Queste formattazioni standardizzate facilitano la lettura da parte di tutti i reparti.
  • Dare un senso del ritmo: se ci sono momenti di tensione o di pausa, suggerirlo con indicazioni semplici. Ad esempio, “Una pausa di silenzio: il personaggio scruta l’orizzonte, indeciso.”
  • Svelare conflitto e obiettivo: ogni scena deve avere un proposito narrativo, un micro-conflitto o un passo verso la risoluzione. Esplicitare l’intenzione dei personaggi aiuta a mantenere la coesione.
  • Descrivere l’atmosfera: in modo conciso, dare un’idea del tono emotivo. Ad esempio, “L’ambiente è cupo, quasi opprimente, accentuato dal ticchettio dell’orologio.”
  • Usare un linguaggio chiaro e non letterario: la sceneggiatura non è un romanzo, ma un testo tecnico-emotivo. Frasi dirette, senza troppi giri di parole.
  • Dare indicazioni funzionali sugli elementi scenici: se un oggetto sarà fondamentale (un diario, una collana), evidenziarne la presenza. Questo aiuta a capire che è una “pistola di Cechov” da usare dopo.
  • Far emergere lo stile del genere: se è un horror, sottolineare dettagli macabri in scene chiave; se è una commedia romantica, insistere su momenti di tenerezza o imbarazzo.
  • Impostare il nucleo emotivo di ogni personaggio: se, ad esempio, il protagonista è mosso dalla vendetta, far trasparire i motivi e gli indizi di quella rabbia.
  • Evidenziare i punti di svolta: “Questa scena rappresenta il punto di rottura del loro rapporto.” È utile per chiarire l’evoluzione del racconto.
  • Scegliere un registro coerente: se la storia è realistica, evitare descrizioni stravaganti e viceversa. La coerenza tonale rende la lettura organica.
  • Fare emergere i suoni pertinenti: se un rumore off-screen è cruciale, specificarlo (“Si sente un rombo di motore fuori scena.”). Vale lo stesso per la musica diegetica (ascoltabile dai personaggi).
  • Essere precisi con i tempi delle azioni: “Laura corre verso la porta, impiega qualche secondo per trovarla chiusa.” fornisce una dinamica temporale.
  • Tenere conto della produzione: se la sceneggiatura è destinata a un set con budget basso, scrivere scene realizzabili (evitare eccesso di location improbabili).
  • Essere visivi nella definizione di svolte emotive: “Gli occhi di Mario si bagnano di lacrime non appena sente la notizia.” Non basta dire “È triste,” bisogna mostrare la tristezza.
  • Lasciare un piccolo margine di interpretazione: la sceneggiatura non deve bloccare la creatività di regista e attori, bensì guidarla. Fornire gli elementi necessari senza ingabbiarli.

Cosa non bisogna scrivere in una sceneggiatura

  • Descrivere troppi pensieri interni: “Giulia pensa intensamente a quando era bambina, un ricordo la tormenta.” Se non è visualizzabile, risulta poco cinematografico.
  • Intasare di dettagli di regia: “La camera fa un dolly in avanti di 3 metri, poi pan a sinistra.” Questo è compito del regista o del direttore della fotografia, a meno che non sia imprescindibile per un effetto narrativo.
  • Infarcire di note emotive per gli attori: “Piangi disperatamente, con la spalla che trema e la voce rotta.” Troppo specifico, toglie margine alla recitazione e all’interpretazione.
  • Usare un linguaggio troppo letterario o poetico: “Le ombre danzano come spettri lacrimosi nel manto notturno.” Suona affascinante in un romanzo, ma può risultare superfluo in un copione.
  • Riempire con “descrizioni di storia passata” poco rilevanti: “Luigi, che da piccolo si perse nel bosco e una volta…” se non serve alla scena, è meglio ometterlo.
  • Fare lunghi monologhi espositivi che spiegano la trama: la regola “show, don’t tell” vale anche se si sente l’esigenza di chiarire molti retroscena.
  • Cambiare continuamente il punto di vista: “Vediamo la scena dal di dentro di un armadio” o “la soggettiva del gatto” se non ha uno scopo narrativo, crea confusione.
  • Inserire dialoghi artificiosi: “Ciao, Giovanni, fratello mio di 34 anni che hai divorziato l’anno scorso!” L’esposizione rigida rende il parlato innaturale.
  • Dedicare due pagine per descrivere un abito o una stanza in modo maniacale. La scenografia potrà interpretare con la propria creatività, serve solo l’essenza.
  • Specificare l’interpretazione con troppi avverbi e aggettivi: “risponde sarcasticamente, con un ghigno inquietante e una voce rotta da pianto.” Meglio suggerire il mood generale e lasciare l’attore libero.
  • Aggiungere “effetti speciali” in sceneggiature dove non sono fondamentali: “parte un’esplosione di fuochi artificiali a forma di cuore,” se la produzione non prevede budget.
  • Introdurre personaggi che non si rivedranno mai più e non apportano nulla: evita macchiette inutili.
  • Descrivere esattamente come sarà montata la scena: “Dopo la battuta X, si fa un match cut con la strada.” Il montaggio è prerogativa del regista e del montatore.
  • Usare troppi stili verbosi di scrittura parallela: “Il vento sussurra, la telecamera si muove, il tempo si ferma.” Se non ci sono i riferimenti alla resa visiva, diventa retorica.
  • Far passare pensieri di un personaggio come se fossero scritti sullo schermo, a meno che non sia previsto uno specifico effetto stilistico (voice over).
  • Comandare la recitazione con troppi “sorride nervosamente, dopo 2 secondi sospira, poi alza un sopracciglio.” È eccessivo, spetta agli attori.
  • Contenere indicazioni di contabilità o di produzione: “Abbiamo bisogno di un set esterno con 50 comparse e 3 stacchi di drone.” Questi dettagli si chiariscono altrove, non nella sceneggiatura artistica.
  • Sovraccaricare la sceneggiatura di uscite e rientri dei personaggi che non aggiungono nulla all’azione: “Tizio esce. Tizio rientra. Tizio esce di nuovo.” Se non serve alla storia, sfoltire.
  • Essere didascalici su ciò che è già ovvio dalle azioni: “Maria apre la porta (indicando che sta entrando in casa).” Se è chiaro dal contesto, basta “Maria apre la porta.”
  • Inserire finale chiusissimo e predefinito senza lasciare spunti: a volte meglio un pizzico di apertura, evitando di scrivere “il film si chiude su una dissolvenza rossa con i protagonisti che si guardano di spalle.” Lasciare un po’ di libertà.

Ricordarsi che in una sceneggiatura l’obiettivo è comunicare in modo visivo, guidando la produzione e il pubblico verso la comprensione di una storia. “Cosa scrivere” riguarda tutto ciò che rende chiara la narrazione dal punto di vista cinematografico, con uno stile privo di confusione e ridondanza. “Cosa non scrivere” mette in guardia dagli eccessi letterari, dalle troppe specifiche di regia o interpretazione che soffocano la creatività di registi e attori. Tenere a mente questi accorgimenti significa costruire un testo efficace, professionale e di grande impatto emotivo.