Avere o meno un finale chiaro fin dall'inizio di una sceneggiatura può influenzare significativamente il processo creativo e il risultato finale. In alcuni casi, conoscere la destinazione finale può guidare la narrazione in modo più coeso, evitando incongruenze e facilitando la creazione di un arco narrativo ben definito. Tuttavia, per alcuni generi, come il thriller od il mistero, mantenere un certo grado di incertezza può aumentare la tensione e la curiosità dello spettatore. In altri generi, come il dramma od il romance, un finale aperto può lasciare spazio all'interpretazione e prolungare l'impatto emotivo della storia. La scelta di rivelare o meno il finale in anticipo dipende quindi dal genere, dallo stile narrativo preferito e dagli obiettivi che si vogliono raggiungere con la propria storia.
Di seguito, viene proposta un’analisi approfondita dei due metodi creativi più diffusi quando si affronta la scrittura di una sceneggiatura (valida sia per film che per cortometraggi):
- Sapere fin dall’inizio come finisce la storia
- Non sapere la fine e scoprirla in corso d’opera
Per ciascun approccio si analizzeranno i pro e i contro, fornendo anche esempi di film celebri che possono illustrare come un metodo o l’altro possano dare risultati eccellenti (o complessi) in termini di struttura narrativa.
Sapere fin dall’inizio quale sarà la conclusione
Pro
- Chiarezza di Struttura
- Se conosci il finale, puoi pianificare meglio i punti di svolta (plot point) e i climax intermedi.
- La storia assume una direzione più lineare e compatta, evitando divagazioni inutili.
- Foreshadowing Efficace
- Sapendo dove andrai a parare, puoi seminare indizi (foreshadowing) fin dalle prime pagine/scene, creando un effetto di soddisfazione nello spettatore quando tutto torna alla fine.
- Questo permette di giocare con la suspense (il pubblico non sa la verità, ma il racconto è già organizzato per costruire una rivelazione precisa).
- Controllo dei Tempi Narrativi
- Si possono definire i ritmi di apertura, sviluppo e chiusura in modo equilibrato.
- I personaggi subiscono evoluzioni coerenti, poiché si ha già in mente lo stadio finale di ciascuno.
- Riduzione del Rischio di “Finale Debole”
- Costruendo una sceneggiatura partendo da una conclusione forte, si evita di trovarsi in difficoltà all’ultimo, inventando un finale poco convincente.
- Lo sviluppo narrativo lavora a servizio del finale e ne esalta il significato.
Contro
- Possibile Rigidità Creativa
- L’autore, avendo già stabilito come tutto dovrà finire, potrebbe perdere l’occasione di improvvisare o di esplorare percorsi narrativi imprevisti emersi durante la scrittura.
- Le idee nuove e spontanee potrebbero essere scartate perché non “funzionano” con un finale già prefissato.
- Rischio di Risultare Prevedibile
- Se la sceneggiatura è troppo costruita intorno a un finale, si rischia di mettere indizi troppo evidenti che conducono il pubblico a intuire la conclusione con troppo anticipo.
- La narrazione può apparire artificiosa o “precotta”.
- Vincoli sui Personaggi
- I protagonisti e gli antagonisti devono necessariamente convergere alla fine stabilita, talvolta obbligandoli a comportamenti meno naturali o coerenti solo per arrivare a quell’esito.
Film che dimostrano l’efficacia (o le sfide) di conoscere il finale in anticipo
- “Psycho” (1960, regia di Alfred Hitchcock; sceneggiatura di Joseph Stefano)
- Hitchcock e Stefano avevano ben chiaro il colpo di scena finale sull’identità dell’assassino. Ogni dettaglio è costruito per portare a quell’esatto esito, e infatti il film gioca molto sul foreshadowing e sull’atmosfera.
- Esempio di finale gestito con grande cura: l’intera storia prepara la shockante rivelazione legata al personaggio di Norman Bates.
- “The Sixth Sense” (1999, regia di M. Night Shyamalan; scritto da M. Night Shyamalan)
- Fin dall’inizio, Shyamalan aveva ideato il film in funzione del twist conclusivo (il personaggio di Bruce Willis in realtà è morto).
- Tutti i segnali vengono inseriti nel corso della trama, e la pellicola guadagna potenza proprio dall’aver saputo in anticipo dove voler “colpire” lo spettatore.
- “Inception” (2010, regia di Christopher Nolan; sceneggiatura di Christopher Nolan)
- Nolan ha strutturato il film attorno all’idea finale della trottola che resta o non resta in movimento, lasciando ambiguo il confine tra sogno e realtà.
- L’intero script è pieno di riferimenti e spiegazioni dei livelli onirici che convergono in quell’ultimo istante drammatico.
- “Titanic” (1997, regia di James Cameron; scritto da James Cameron)
- Cameron ha scritto il film sapendo che la nave sarebbe affondata. Il finale storico “inevitabile” è la bussola di tutta la narrazione, e fin dalla prima scena (il relitto esplorato) si semina il destino della storia.
- Il film costruisce l’arco drammatico della storia d’amore entro uno scenario in cui la conclusione è nota, ma gestita per creare grande impatto emotivo.
Non sapere come finirà la storia (fino a quando si è in corso di scrittura)
Pro
- Maggiore Libertà Creativa
- L’autore può sperimentare liberamente durante la scrittura, lasciandosi sorprendere dall’evoluzione naturale dei personaggi e delle situazioni.
- Eventuali spunti o ispirazioni estemporanee possono essere integrati senza dover “forzare” la direzione.
- Personaggi più Autentici
- Talvolta, scrivendo “in divenire”, i personaggi compiono scelte più spontanee, perché l’autore non li costringe su binari preordinati.
- Ogni scena può prendere una piega inaspettata se si scopre che “il personaggio farebbe così, non in quel modo”.
- Possibilità di Sviluppi Inattesi
- La storia può imboccare sotto-trame non pianificate, scoperte dall’autore mentre scrive.
- A volte ciò può portare a un finale più originale o sorprendente anche per lo stesso sceneggiatore.
- Scrittura Come Processo di Esplorazione
- Per certi autori, non sapere la fine è una fonte di motivazione: vivono l’esperienza di creazione come una vera e propria avventura narrativa.
Contro
- Rischio di Perdersi
- Senza un finale almeno abbozzato, si può finire per scrivere troppe scene ridondanti o inconcludenti. Si può arrivare a un punto in cui non si sa più come “tirare le fila”.
- Per un film, questo può significare spreco di tempo, eccessivo allungamento della sceneggiatura o confusione di trama.
- Finale Debole o Improvvisato
- Se si giunge al climax in modo disorganizzato, si corre il pericolo di accontentarsi di un finale buttato lì, senza la costruzione necessaria.
- Il pubblico può avvertire che il terzo atto è meno forte dei precedenti.
- Riscritture Più Complesse
- Una volta trovato “casualmente” il finale, spesso si è costretti a rivedere innumerevoli scene precedenti per inserire coerenza, indizi e un flusso narrativo adeguato.
- Questo può allungare il processo creativo e rendere complicata la produzione.
- Difficoltà di Gestire Strutture Complesse
- Se la storia è particolarmente intricata (thriller, mistero, fantascienza con archi paralleli), navigare a vista potrebbe generare buchi di trama o forzature.
Film che mostrano i pregi (o le difficoltà) di scoprire il finale in corso d’opera
- “Lost in Translation” (2003, regia di Sofia Coppola; scritto da Sofia Coppola)
- Sebbene la sceneggiatura fosse comunque definita, Sofia Coppola ha dichiarato di aver lasciato spazio a momenti di improvvisazione e di non aver rigidamente deciso cosa Bill Murray e Scarlett Johansson si sarebbero detti nell’ultima scena.
- Il finale è volutamente aperto, frutto di una sensibilità sorta durante la lavorazione.
- “Apocalypse Now” (1979, regia di Francis Ford Coppola; scritto da John Milius e Francis Ford Coppola)
- La lavorazione fu leggendariamente caotica. Coppola ha girato oltre il previsto, con un finale che veniva riscritto e rielaborato man mano (il confronto con Kurtz ha avuto molte varianti).
- L’opera ne ha guadagnato in tensione onirica e caos narrativo, ma ha subito un processo infinito di montaggi e versioni diverse.
- “Eraserhead” (1977, regia e sceneggiatura di David Lynch)
- Lynch ha girato il film nel corso di diversi anni, dichiarando più volte che certi sviluppi e la natura del finale si chiarivano mentre lavorava (anche a livello onirico).
- Il risultato è un’esperienza surreale che sembra “nata” in maniera organica, senza un piano rigido iniziale.
- “Mulholland Drive” (2001, regia di David Lynch; scritto da David Lynch)
- In origine doveva essere il pilota di una serie TV, poi Lynch ha riassemblato il tutto in un film. La parte finale è stata aggiunta quando è giunta l’idea di farne un lungometraggio, mutando direzione narrativa.
- Ne risulta un finale ambiguo e complesso, testimonianza di un processo creativo flessibile.
Osservazioni conclusive
- I grandi autori possono lavorare in entrambi i modi, e spesso l’approccio dipende dalla natura del progetto, dal genere (ad esempio un thriller richiede di solito un piano più definito), e dal proprio stile personale di scrittura.
- Sapere il finale garantisce una costruzione più solida e un uso mirato del foreshadowing, ma può ridurre la flessibilità creativa.
- Non sapere il finale può dare vita a opere più fresche e spontanee, ma comporta il rischio di confusione o di un epilogo poco incisivo, a meno di impegnarsi in ripetute riscritture.
In definitiva, non esiste una regola assoluta: alcuni sceneggiatori traggono vantaggio dal conoscere perfettamente il destino dei propri personaggi, mentre altri preferiscono un viaggio narrativo più sperimentale, scoprendo il finale insieme a loro. L’importante è che il risultato finale — un film o un corto ben strutturato e emotivamente forte — rispecchi la visione creativa di chi l’ha realizzato, a prescindere dal metodo usato per arrivarci.