♥ Tutto il Resto
Ritorna finalmente disponibile la ricercatissima edizione papercut del primo volume della saga del maghetto di Hogwarts, Harry Potter e la pietra filosofale, con le meravigliose illustrazioni del duo Minalima.
Questa edizione di Harry Potter e la Pietra Filosofale è il modo perfetto per accompagnare una nuova generazione di lettori nel loro viaggio a Hogwarts; allo stesso tempo però è senz'altro una nuova edizione da aggiungere agli scaffali dei fan storici.
La serie di Harry Potter continua a ispirare i lettori di tutte le età e il merito va alle tematiche della saga: i valori dell'amicizia, dell'immaginazione e il trionfo finale del bene sul male.
All'interno del volume troveremo pagine decorate e speciali pagine pieghevoli che ricreano i paesaggi più famosi della saga come Diagon Alley e la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Alla mostra partecipano fotografi freelance, collaboratori di grandi quotidiani, pubblicazioni elettroniche e fotografi delle agenzie di stampa del paese. L'esposizione è un'impronta visiva della vita politica, sociale e culturale della Bulgaria. Un concorso di respiro internazionale che ha visto, nel corso degli anni, la giuria del concorso composta da fotografi e giornalisti bulgari, oltre a rappresentanti di concorsi di giornalismo partner della Repubblica Ceca, Ungheria, Serbia, Russia, Romania, inclusi fotoreporter di fama mondiale come il recentemente scomparso vincitore del Premio Pulitzer Edward Keating.
Studio Alfa – Ufficio Stampa e Promozione
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Si tratta di filmati che sono programmati periodicamente con scadenze ben stabilite, e propongono uno o più personaggi protagonisti di storie che sono di volta in volta diverse, formando così una serie televisiva. Inizialmente erano chiamati telefilm, ovvero piccoli film per la TV della durata dai 30 al massimo 60 minuti.
Cari Amici e Colleghi, noi sappiamo che molte delle nostre attività sono state già sospese. Considerando la situazione determinatasi dalla propagazione del Coronavirus (COVID-19) nel mondo, a nome del Comitato Esecutivo IFFS vorrei inviarvi alcune considerazioni.
1. In questi tempi di pandemia, ogni pensiero e preoccupazione devono essere rivolti a prendersi cura di sé stessi e dei propri cari. Oltre che seguire le direttive o le indicazioni delle autorità, in particolare di quelle scientifiche sanitarie, noi abbiamo un obbligo in più verso la nostra comunità, verso i membri dei nostri circoli del cinema.
2. Non c’è convergenza sul piano politico, ma a livello scientifico tutto ci dice che la migliore prevenzione è la riduzione dei contatti sociali se non l’autoisolamento, quando possibile. Il Comitato Esecutivo considera ora importante avvisare tutti i colleghi della necessità di annullare tutte le attività culturali cinematografiche, non appena siano accertati casi Covid-19 nella propria regione.
3. A tutti coloro che stanno affrontando nel momento presente queste difficoltà, vogliamo esprimere tutta la nostra convinta e totale solidarietà.
4. Per quel che riguarda gli impegni del Comitato Esecutivo, esso ha iniziato a lavorare su alcuni progetti che, conclusa questa fase, potranno essere presentati e discussi con tutti i membri. Quattro sono i temi fondamentali che sono stati affrontati: la circolazione dei film, il cinema e l’educazione, il cinema per bambini e ragazzi e le giurie ai nostri Festival del cinema. Noi continueremo a lavorare aperti a tutte le collaborazioni e idee che desiderate condividere, prima o dopo che si presentino le proposte su cui stiamo lavorando.
5. Noi ci auguriamo che si possa tutti insieme superare questa difficile prova che riguarda il mondo intero, con ottimismo ed energia per continuare il nostro fondamentale lavoro per difendere i diritti del pubblico e della cultura cinematografica.
Il Presidente del Comitato Esecutivo
João Paulo Macedo
IFFS - International Federation of Film Societies
17 marzo 2020
L’oggetto cinematografico è distinto da tutti gli altri oggetti in quanto contrassegnato da una modalità peculiare di manifestazione della propria tetradimensionalità (natura spazio-temporale stante alla base dell’esistenza di ogni essere, evento e cosa del reale fisico che, senza la propria matrice quadridimensionale, non potrebbe esistere) che comprende e supera le proprietà ontologiche basilari di tutto il resto dell’esistente non dotato di qualità cronosemantiche (ossia di capacità di rielaborazione del tempo (vissuto e generale), di concezione della realtà e del Sé (della propria identità) data dal possesso di una mente (presente in tutte le creature senzienti)): essendo l’oggetto cinematografico di carattere sia concreto (si prende visione di un film attraverso il suo riversamento su un determinato supporto fisico di memoria di massa registrabile senza cui l’oggetto non potrebbe venire ad essere ed essere quindi visualizzato, in passato la pellicola di celluloide e in tempi più recenti nastri magnetici di videocassette e dischi) sia astratto (pur essendo vero che quanto si vede è dato dal susseguirsi dei fotogrammi impressi sul supporto, non si può materialmente attingere con gli altri sensi (solo la vista e l’udito (l’audiovisivo) possono farlo, in correlazione con le facoltà mentali di percezione e comprensione) alla natura fisica del contenuto del supporto (si ha sempre a che fare unicamente col supporto, non con quanto è registrato al suo interno) perché, altrimenti, sarebbe concepibile toccare, odorare e assaporare lo spazio-tempo nella sua dimensionalità fisica (il che è impossibile, dato che lo spazio-tempo è la struttura metrica di fondamento della realtà che si può apprendere e costituire cognitivamente solo nelle sue esteriorizzazioni fenomeniche di marca quali-quantitativa che determinano tutto ciò che è possibile conoscere con tutti i sensi (la realtà nella sua concretezza già nota))), ne consegue che la tetradimensionalità propria del cinema è esplicita (ossia è quanto più si avvicina al catturare l’essenzialità e il significato del flusso temporale, sorgente fisica e metafisica (perché invisibile e impenetrabile) al contempo del reale) ed esibisce i segni del suo decorso nello spazio-tempo sia col confronto (fatto in tempi futuri) con le sue parti temporali passate (sebbene il contenuto del tempo impresso, in sé, non scompaia mai perché immortalato per sempre nella necessaria controparte fisica di registrazione, conservazione e riproduzione, il supporto fisico va incontro ad un ineluttabile processo di deterioramento col passare del tempo che compromette il tempo registrato) sia senza tale confronto (a prescindere dal logoramento del supporto fisico di registrazione, il tempo (lo spazio-tempo) immortalato, nella sua irrelata purezza (al netto della fisicità del supporto necessario), mostra da sé il divenire temporale comprensivo del cambiamento (invecchiamento) anno dopo anno, giorno dopo giorno, secondo dopo secondo, attimo dopo attimo del contenuto di quanto registrato (in relazione alla natura dell’opera filmica creata, se di immaginazione (storie della realtà in cui si manipola il fattore tempo tramite il montaggio che connette passato, presente e futuro in modi classici e alternativi e storie fantastiche in cui si sovvertono le leggi della fisica e della normalità del quotidiano con scenari e personaggi viventi nel regime dell’immaginario) o di impronta documentaristica (la realtà fisico-storica ripresa per come si presenta senza alcun intervento sul contenuto della registrazione spazio-temporale))), laddove qualsiasi altro oggetto ha solo natura concreta (che restringe la sua tetradimensionalità caratteristica nei limiti della tridimensionalità avente una sua specifica durata nel tempo e non espandentesi nella sua strutturazione interna alla dimensione temporale (come avviene nel caso del cinema, dell’oggetto cinematografico, perché gli altri oggetti sono (o sono composti di) elementi avutisi come esiti di processi spazio-temporalmente definiti (conclusi) nel passato (secondo la relazione causa-effetto dominata nella sua quintessenza temporale dalla velocità della luce, come dimostrato dalla relatività speciale einsteiniana) e non possono presentare una purezza di astrazione che mostri da sé il flusso temporale (nel loro caso, il decorso temporale è segnalato unicamente dal deterioramento evidenziato dal confronto in tempi futuri col passato dell’oggetto, non c’è registrazione di tempo perché il tempo è già incluso nella composizione dell’oggetto come materiale fenomenico di concrezione, non come contenuto transeunte di astrazione che viene trattenuto))). La temporalità del cinema è doppia. Da un lato vi è l’aspetto della durata. L’opera filmica occupa un certo spazio sul supporto che la contiene e tale volume è rappresentato dal tempo di prolungamento della registrazione che occupa un determinato spazio sulla memoria di massa registrabile del supporto, che permette di capire come sia la temporalità del passato ad avere importanza capitale giacché è possibile astrarre e visionare il flusso temporale dell’esistenza (lo spazio-tempo) soltanto trattenendolo in ogni suo singolo istante (che, altrimenti, verrebbero perduti per sempre) in inscindibile continuità con gli istanti precedenti e che verranno attraverso una memoria di massa (la memoria, quindi, il senso del tempo preservato (e rielaborato nelle creature senzienti) è la chiave di accesso al mistero dello spazio-tempo per la sua interpretazione fisico-ontologica da ricercarsi nei fondamenti e meccanismi che comportano il perché del suo fluire e della sua continuità che concede tale flusso). Il tempo del cinema risente degli stessi effetti relativistici previsti nella relatività speciale poiché i tempi rappresentati possono dilatarsi per lasciar spazio al tempo dell’interiorità (pensieri, ricordi, sensazioni, sentimenti, emozioni che viaggiano a velocità molto elevate nei circuiti nervosi cerebrali) di modo che lo spazio fisico si contrae riducendosi allo spazio della coscienza soggettiva e un moto interiore della mente che, nello spazio-tempo esterno, avrebbe durata effimera nello spazio-tempo interno ha una durata molto più estesa (il tempo del cinema dà il tempo di scandagliare l’interiorità rivelando, nella loro profondità, i segni distintivi della propria vita che un soggetto reca nella sua mente (e da cui discende la sua personalità) e che egli vive con un’intensità ed ampiezza qualitativa di durata incommensurabile rispetto all’unità di misura prettamente quantitativa dello spazio-tempo esterno che non rende conto della significatività degli istanti trattenuti nella propria memoria). Nell’oggetto cinematografico gli spazi e i tempi possono essere correlati in infiniti modi diversi (spazi e tempi reali, spazi e tempi irreali (immaginari), spazi reali e tempi immaginari, spazi immaginari e tempi reali, spazi e tempi reali e spazi e tempi immaginari) e, anche quando volutamente scollegati da un apparente nesso logico di senso e/o significato, nel momento in cui si presentano alla mente dello spettatore danno spontaneamente vita ad associazioni di pensiero tese a restituire un significato compiuto a quanto si sta vedendo (la mente comprende e può comprendere la realtà solo conoscendola e conoscere la realtà significa darle un significato sulla base del vissuto e dell’esperito, l’atto stesso di scollegare i nessi logici è in sé pregno di significato e significatività che si trasmette all’opera filmica, nulla avviene (e può avvenire) senza significato e gli scollegamenti altro non sono che collegamenti (sentieri) interrotti da ricostruire) sicché, come avviene nella relatività generale einsteiniana, anche nello spazio-tempo del cinema si postula che sia possibile effettuare trasformazioni di coordinate cronotopiche (operazioni che mantengono inalterata la forma delle leggi di natura nei casi fisici relativistici e trattengono l’implicita continuità di senso di fondo nelle sezioni delle opere filmiche) da un dominio tetradimensionale (frammento, scena o sequenza di scene) ad un altro (nella fisica relativistica ciò avviene in virtù della gravità (curvatura spazio-temporale), nel cinema grazie alla continuità onnipresente (originata dallo spazio-tempo universale da cui scaturiscono la realtà fisica e la fantasia) fra spazi e tempi vicini, lontani, reali e immaginari restituita dalla mente il cui motore e unico principio dinamico è il tempo (temporalità dell’interno e dell’esterno). Dall’altro lato (a completare la duplicità della temporalità del cinema) vi è l’aspetto del contenuto (strettamente connesso alla durata). Il cinema crea un suo spazio-tempo caratteristico che pone le leggi e le meccaniche della realtà naturale sullo stesso piano delle parallele leggi e dinamiche del pensiero (che, pur essendo regolate necessariamente dalle prime, possiedono proprietà particolari non comprese nelle leggi fisiche) che (ancor meglio della fisica) si approssimano alla visione e alla comprensione del significato del tempo permettendo di comprendere come il rapporto conoscitivo con esso possa essere soddisfatto esclusivamente con l’impiego di mezzi intermediari (supporti di memoria di massa registrabili) per cui il tempo (la tetradimensionalità, più in generale) sarà sempre conoscibile come audiovisivo, ma mai in altra forma. È una quinta dimensione (quella della conoscenza del tempo attraverso l’analisi dell’oggetto cinematografico) puramente estetologica (che si riferisce pertanto all’autodispiegamento dialettico della conformazione logica della mente che inventa modi e strumenti per rappresentarsi e capire nelle sue fondamenta sempre più accuratamente la realtà) che svela il tempo (almeno nei limiti della conoscibilità fenomenica cui si applica costantemente e continuamente la mente) come pura Visione (o, per meglio dire, Audiovisione) di registrazione di tempi passati trattenuti visti nel fluire delle loro parti temporali. La memoria degli esseri senzienti (di cui quella artefatta dei supporti è un’emulazione che registra oggettivamente il tempo e aiuta l’uomo nel trattenere e perfezionare la memoria e i ricordi riattualizzando mentalmente il tempo che è stato così da riconcepire la propria esistenza e scoprire aspetti tralasciati o dimenticati che possono modificare il significato e il corso della propria vita alla luce della visione di ciò che (si) era e di come (si) era) fa comprendere che la radice tetradimensionale (quindi temporale) del tutto è rilevabile nel decorrere dei tempi (dati dai cambiamenti manifestantisi al livello delle proprietà ontologiche (rivelantisi temporali) di esseri, oggetti e fatti e ogni forma di esistenza fisica) susseguentisi (il flusso temporale si può cogliere solo se c’è un minimo di tempo passato). Il presente è un ponte temporale istantaneo fra passato e futuro che diviene immediatamente passato simultaneamente al presentificarsi del futuro e costituisce dunque l’elemento di continuità che permette il divenire temporale (dal passato al futuro, che diviene presente istantaneo e passato non appena si presentifica un altro (istante) futuro e così all’infinito). Il futuro, il presente (tutto) è destinato a diventare passato, nel passato si coglie il flusso e la continuità dello spazio-tempo (questa è la lezione principale impartita dalla memoria). La memoria umana è una continua e infinita danza fra vita (presente e futuro (presente che sarà sulla base del passato presente)) e morte (il passato storico e le parti temporali passate), dentro e fuori, natura e spirito, fisica e metafisica, sogno e realtà. La memoria del cinema possiede la potenza concretiva ed astrattiva dei ricordi che permette all’uomo di prendere visione oggettiva (e non più solo soggettiva, nella propria mente) dello spazio-tempo. Nello spazio-tempo si matura (si diventa adulti, si invecchia, si muore), ma non si cresce (si rimane sempre quelli che si è stati in passato (le proprie parti temporali)). Si rimane sempre il bambino di cinque anni che si è (sempre) stati (così come l’adolescente di dodici anni, il ragazzo di quindici anni, il giovanotto di trent’anni, l’adulto di quarant’anni) e che, a seconda della proprie esperienze di vita, si può trattenere o dimenticare nel tempo e che, in ogni caso, segnerà sempre la propria identità. In un orologio è compreso l’universo intero. Il cinema mostra il Tempo (lo Spazio-Tempo, nella sua concretezza/astrattezza e meta-fisicità) puro.
Giovanni Mazzallo
da Diari_di_Cineclub/edizione/diaricineclub_080.pdf
"Visioni Sarde" taglia un altro traguardo significativo. Otto cortometraggi del giovane cinema sardo, nonostante la situazione di emergenza sanitaria, faranno il loro ingresso in Russia tramite l'Istituto Italiano di Cultura di Mosca. I film verranno proiettati sul canale Vimeo dell'Istituto, in lingua originale con sottotitoli in russo, giovedì 19 e venerdì 20 novembre. L'evento sarà accompagnato da un video-messaggio di Alessandra Zedda nella veste di Vice presidente della Regione Autonoma della Sardegna.
Il cinema, da sempre importante veicolo di dialogo e di promozione culturale, offrirà un’occasione unica per far conoscere ai molti potenziali turisti russi la Sardegna, il suo territorio e le sue eccellenze. Il promo "Sardegna, sicuri di sognare", che sarà mandato in onda in testa ai cortometraggi della rassegna, aiuterà a comprendere molti aspetti della nostra cultura e invoglierà a scoprire le inestimabili bellezze dell'isola. Lo spot di 30 secondi realizzato dalla Fondazione Sardegna Film Commission evoca infatti l'immagine di una Sardegna da sogno. Una meta di viaggio ideale e sicura per la qualità della vita, la maestosità dei paesaggi, la ricchezza dei simboli storici e identitari, la semplicità dei rapporti umani.
"La Sardegna è in Russia con la sua parte migliore, - si sente nel video di Alessandra Zedda - le eccellenze,il mondo della cultura, il mondo del cinema che riesce a trasmettere realmente qual è la vera Sardegna. Una Sardegna che è fortemente proiettata nel mondo anche attraverso il mondo dell'emigrazione. Le nostre comunità all'estero sono le prime missionarie della Sardegna: riescono davvero a far trasparire chiaramente le nostre tradizioni, la nostra cultura, la nostra vera identità".
"Le proiezioni di Visioni Sarde - prosegue l'Assessora - rappresentano integralmente il mondo naturale ma anche la vita, la tradizione ma, soprattutto, l'intimità dei Sardi".
Per i giovani registi di "Visioni Sarde" la tappa moscovita costituisce una vetrina molto importante per farsi conoscere e un’occasione per introdurre al pubblico russo un fetta del cinema sardo emergente. L'Istituto Italiano di Cultura di Mosca ha offerto una piattaforma ideale per dare visibilità alle loro opere e farle entrare nel cuore della Russia.
"La rassegna è nata nel 2014 - ha scritto l'Istituto sull’evento - con l’obiettivo di valorizzare il cinema e i giovani sardi in Italia e all’estero e punta a diffondere le opere in vari continenti.“Visioni Sarde” propone quest’anno una serie di cortometraggi che affrontano, con un tocco insieme nostalgico e progressista, divertito e disincantato, i temi della storia e cultura locale, della fuga e dello smarrimento (di sé e degli altri), nonché dell’analisi introspettiva dell’animo umano. Il tutto incastonato sullo sfondo di una Sardegna allo stesso tempo attuale e selvaggia".
Gli 8 film della rassegna saranno trasmessi sul canale Vimeo in due giorni.
Saranno in onda il 19 novembre:
VALERIO di Gianni Cesaraccio, 15’
Valerio vive di espedienti e sotterfugi, infischiandosene del figlio e della famiglia. Quando scopre che è il compleanno della nipote, farle un bel regalo sembra diventare la sua unica aspirazione.
L’ABBRACCIO di Simone Paderi, 5’
Marina ripercorre la propria esperienza lavorativa: seduta su un divano, non senza difficoltà, cerca di ricordare il passato. Ma il racconto sfocia in un’emozione troppo forte per essere trattenuta.
FRAGMENTA di Angelica Demurtas, 3’
Realizzato mediante l'utilizzo di filmati d'archivio e ispirato alle vicende biografiche dell’autrice, è la storia dell’esistenza di una bambina, donna e madre narrata attraverso il ricordo e la rielaborazione personale dei racconti e delle vicende di una famiglia.
DESTINO di Bonifacio Angius, 20’
Una giornata in cui l’angoscia e la paura daranno le conferme che un uomo senza qualità stava cercando da tempo.
Calendario del 20 novembre:
LASCIAMI ANDARE di Roberto Carta, 16’
Venanzio spera di imparare dal latitante Antonello a diventare un bandito temuto e rispettato. Qualcosa però va storto perché Antonello perde la testa: pensa di essere in contatto con gli alieni.
DAKOTA DYNAMITE di Valerio Burli, 8’
Una bambina in vacanza in Sardegna viene rapita. Cercherà aiuto dalla sua eroina a fumetti preferita.
GABRIEL di Enrico Pau, 12’
In mezzo alla vastità della natura rimane solo la fragilità umana e la potenza del mistero.
FOGU di Alberta Raccis, 8’
Sacro e profano, cerimonie e feste religiose che si intrecciano con il rito quotidiano del cibo.
“Visioni Sarde 2020” è un progetto realizzato grazie al sostegno della Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato del Lavoro e della Fondazione Sardegna Film Commission. La manifestazione itinerante può contare sulla professionalità e piena disponibilità della Cineteca di Bologna e, in particolare, di Anna Di Martino, direttrice di "Visioni Italiane". Gli impegni organizzativi del tour in Italia e all’estero sono assolti dall'Associazione dei Sardi di Torino "A. Gramsci" presieduta da Enzo Cugusi e dall’Associazione cinematografica “Visioni di Ichnussa” di Bologna retta da Bruno Mossa.
Marco Ponti presenta in anteprima nazionale il suo primo film-documentario di genere storico e conduce un workshopsul racconto della realtà e sul ruolo che cinema e letteratura possono avere sui temi della salvaguardia ambientale.
“Eravamo schiavi” racconta di tre ragazzi valsusini che nel 1944 vennero catturati dai nazifascisti e portati in Germania a lavorare come schiavi in una fabbrica di autocarri.
Saranno presenti in sala due testimoni diretti della storia raccontata e il figlio di un terzo testimone.
Durante la giornata il regista di Avigliana condurrà, nella bellissima location di Cascina Roland di Villar Focchiardo, un workshop sul come raccontare la realtà e su come cinema e letteratura possano contribuire a sensibilizzare le persone sul tema della salvaguardia ambientale, altro tema costante del festival valsusino, particolarmente in questa edizione.
IL FILM
Il film viene presentato alle ore 21 al cinema di Condove dal regista, insieme a due testimoni diretti della storia raccontata e al figlio di un terzo testimone. Il film dura 60 minuti ed è stato prodotto dalla Sugarland in collaborazione con Zero dB Studios, con la voce narrante di Alessandro Preziosi.
La sinossi:
Nel 1944 la Germania nazista è prossima alla disfatta. Hitler manda al fronte chiunque sia in grado di combattere.
Dai paesi occupati vengono deportati con la forza uomini e donne per farli lavorare nelle fabbriche tedesche.
A fine giugno in Valle di Susa, zona ad alta densità partigiana, i tedeschi scatenano un rastrellamento di massa.
Alle 16:30 del 29 giugno 1944, dalla stazione di Torino, parte un treno piombato con settecento prigionieri, catturati in tutta la valle, da Bussoleno a Avigliana. Alcuni di loro sono solo dei ragazzini di 14, 15 anni, ed alcuni i deportati col fratello o col padre.
Il loro destino è la fabbrica di autocarri della Daimler-Benz a Gaggenau e lavoreranno come schiavi per il Terzo Reich. Sono circa centomila i lavoratori coatti italiani, sfruttati come milioni di altri schiavi da tutta Europa nell’economia di guerra nazista. Uno su dieci non tornò a casa.
Di quelli che tornarono, quasi nessuno riuscì a raccontare l’orrore di quello che aveva vissuto.
Questo film è il racconto, crudo e emozionante, di tre di loro (Ottavio Allasio, Bruno Fiora e il compianto Maurilio Borello) che, a distanza di settant’anni, hanno deciso di aiutarci a non dimenticare mai quello che è successo.
E di insegnarci con la loro esperienza che, oggi come allora, di lavoro si può morire.
"In Italia non ti assumono perché sei 'troppo qualificato'. La crisi c'è in tutta Europa, ma solo da noi offrono paghe insultanti". “Woody Allen si è permesso di venire a girare a Roma e di proporre paghe da fame perché sapeva che avrebbe trovato qualcuno disposto a lavorare per lui”. I set di To Rome with Love nella Capitale risalgono al 2011, ma il gioco ormai è al ribasso da anni, e gli stipendi pure: per fare i loro film, le case assumono ragazzini volenterosi per una manciata di euro. Le maestranze, che nei decenni passati attiravano le grandi produzioni internazionali, sono costrette a lasciare l’Italia. Simona Chiocca e Marco Greco lo hanno fatto: dopo aver passato la vita ad organizzare la produzione di film di altissimo livello, ora vivono a Berlino: Marco ha aperto una gelateria. Per restare a Roma non è bastato avere sul curriculum titoli come “La versione di Barney“, “Copia conforme” con la Palma d’oro di Juliette Binoche a Cannes, “Fortapàsc” di Marco Risi o lo 007 di “Quantum of Solace“. Anzi, è stato controproducente.', '
“Nel 2011 ho fatto 11 colloqui in Italia – racconta Simona, 40 anni, di Latina, una laurea in Scienze politiche e un master in produzione cinematografica – e per 5 volte mi sono sentita rispondere ‘non ti posso prendere perché sei troppo qualificata’”. Colpa della crisi, ma non solo. “Quella c’è in tutta Europa, ma solo da noi ti offrono cifre così insultanti. Prima si strapagano gli attori e poi propongono 650 euro a un ispettore di produzione. Questo perché hanno capito di riuscire a fare film con 500 mila euro, anche se una produzione appena decente costa 2 milioni”. Siamo diventati terra di conquista? “Neanche – continua Simona – sono sempre meno gli americani che vengono a girare in Italia: i servizi e le strutture lasciano a desiderare, i rimborsi fiscali, quando ci sono, arrivano dopo anni”.
Marco è stato il direttore di produzione del film “Diaz“, di Daniele Vicari, sui pestaggi al G8 di Genova. Ora in Italia non vede futuro: “Non abbiamo più un attore, un’attrice, un regista; l’ultimo produttore vero è morto negli Usa, era De Laurentiis. Il cinema in Italia è morto. Lo hanno ucciso le tv. Poi Berlusconi ha fatto il resto, controlla tutto”. Eppure “Diaz” è stato un film importante: “Ma Domenico Procacci (il produttore, ndr) è unico”. All’estero, dove i professionisti vengono trattati come tali. “Non è che qui mi stessero aspettando con il tappeto rosso – continua Simona, che nel curriculum ha “L’amico di famiglia” firmato da Paolo Sorrentino e la fiction tv “Capri” – però ho ricevuto risposte a tutte le mail che ho inviato e ho avuto vari colloqui, cosa che in Italia non accade mai”.
Intanto c’è la gelateria da mandare avanti e una vita da vivere: “Per Berlino vanno bene tutti gli stereotipi del caso: i tedeschi sono superorganizzati, i servizi sono eccellenti, c’è una grandissima offerta culturale. Il costo della vita? Gli affitti sono saliti, ma sono ancora meno cari che a Roma: noi in una zona semicentrale supercollegata paghiamo 800 euro per 80 metri quadrati”. Tornare in Italia? “Mi do una chance di trovare lavoro qui, ci sono moltissimi registi americani che vengono a girare a Berlino”. A tornare Marco non pensa proprio: ha detto basta “piuttosto che lavorare sottopagato per 16 ore per fare “Onore e rispetto” starring Manuela Arcuri e Gabriel Garko. Per l’Italia provo un dispiacere immenso – conclude Marco – troppi interessi, troppa corruzione. Ecco perché Grillo ha successo. Per rimettere ordine servirebbero 20 anni: io ne ho 51 e i prossimi 25 li voglio mettere a frutto in una nazione che ti consente di tentare una via, senza ostacoli o compromessi”.
(di Marco Quarantelli per ilfattoquotidiano.it)
Terminata la post produzione del cortometraggio dal titolo Fame d’aria, per la regia del grossetano Lorenzo Santoni, direttore artistico del festival internazionale di cortometraggi Hexagon Film Festival, con sede in Maremma. Si tratta del terzo cortometraggio realizzato da Santoni. Il primo, Una bellissima bugia, con protagonisti Paolo Sassanelli, già vincitore di un nastro d’argento, e Beniamino Marcone (Il Giovane Montalbano) era stato girato presso il Museo Archeologico di Grosseto, mentre il secondo Tutti i nostri ieri, con protagonisti Barbara Giordano e Beniamino Marcone, era stato girato tra Grosseto e il Parco dell’Uccellina.
Una malattia rara, una famiglia monoparentale, un normale rapporto genitore – figlio che include anche incomprensioni e paure, Fame d’aria parla di Nadia, una madre sola e lavoratrice, interpretata da Carmen Giardina (regista del docufilm Il caso Braibanti vincitore del Nastro d’Argento), di Simone, suo figlio disabile e ribelle, Beniamino Marcone (volto noto della serie Il giovane Montalbano e presto in onda con Alfredino – Una storia italiana, miniserie sull’incidente di Vermicino) e di Roberto, badante italiano di seconda generazione, Hedy Krissane (nel cast di Hammamet). L’equilibrio delle loro vite complicate si frantuma quando Nadia fa perdere le proprie tracce.
L’ambizione di questo cortometraggio è sfatare, attraverso immagini, parole e suoni, i luoghi comuni legati alla malattia e avvicinare lo spettatore a una realtà spesso ignorata.
In Fame d’aria, l’autore vuole raccontare la vita quotidiana di un giovane che persegue con determinazione i sogni e le passioni della propria età per un progetto di vita diverso ma comunque sereno, rifuggendo dal compatimento e dal pietismo, mentre tratteggia le emozioni della madre che cerca un equilibrio forse smarrito.
La diagnosi di una malattia rara, quando c’è, è una realtà difficile da accettare e infrange spesso i sogni sul futuro, con effetto certamente destabilizzante. A volte, chi la vive, si trova di fronte indifferenza o poca comprensione; ma raccontare storie di vite ordinarie, pur nella particolarità, può essere un significativo tramite. L’autore si cimenta su un tema che conosce bene, il vissuto di persone, soprattutto giovani, che soffrono di patologie complesse e per le quali lo svolgimento di semplici attività quotidiane diventa una sfida al limite dell’impossibile, coinvolgendo anche i familiari. Nel tempo, anche tra persone molto vicine, si innalzano delle barriere emotive invisibili, che pregiudicano serenità e qualità della vita.
Il corto vuole raccontare però il percorso verso la liberazione da questa gabbia, un percorso che passa attraverso la presa di coscienza del valore indiscusso dei legami affettivi.
Il cortometraggio è realizzato da Kalonism APS, organizzatore di Hexagon Film Festival, e da CARPET, con il patrocinio di O.Ma.R. – Osservatorio malattie rare.
Testo voce fuori campo
Alisya è una bambina bellissima, colma di una dolcezza infinita che dispensa con generosità in un sorriso speciale, unico, incantato.
Il suo sorriso è un dono, un balsamo per l’anima, un raggio si sole che scalda il cuore ed è il suo saluto quando ci lascia nel novembre 2008 , all’età di 11 anni in seguito a una grave malattia.
Da quel sorriso, nasce nel marzo 2009, l’Associazione “Il sorriso di Alisya”
Onlus, attraverso la quale lei continua a donare allegria, pace, ironia, forza, dignità dolcezza e speranza a tutti i bambini che vivono e lottano per uscire da esperienze drammatiche causate da gravi malattie.
Alisya nonostante la terribile sofferenza inflittagli dal male, non ha mai permesso ad alcuno di considerarla malata!
Ha sempre desiderato essere considerata sana e come tale viveva, e se anche la sofferenza si dipingeva sul suo dolce volto soleva ripetere: STO BENE !
Ed è grazie alla forza e al coraggio che ha trasmesso, se non è mai venuto meno il sorriso alle persone che le sono state vicine.
Quel sorriso che vorremo continuasse a illuminare i volti dei bambini che soffrono, affinchè giunga loro la forza di Alisya.
di Efraim Borsellini
Riceviamo e pubblichiamo la seguente email:
OLTRAGGIO a MANZU'
Si, sembra un'affermazione forte, è questa volta lo è!
Solo che bisogna stabilire chi è stato oltraggiato e chi sono gli oltraggiatori.
Perché tutto parte da un Omaggio; sì da un omaggio che si voleva rendere a Giacomo Manzù.
Ricorreva, usiamo il passato perché parliamo del 2006, il XV° anniversario della scomparsa dell'ormai poco noto scultore. Purtroppo è necessario specificare questo dettaglio, perché con dolore abbiamo riscontrato nella massa una "non-conoscenza" del nostro caro Giacomo, eppure è stato uno dei maggiori artisti nazionali del '900!
Nel corso della lavorazione del nostro "omaggio/oltraggio", di cosa si tratti lo diremo più avanti, abbiamo cominciato a percepire strane "forze" agitarsi intorno al progetto: la prima sensazione di disturbo, è venuta proprio dal riscontro dell'assenza dello scultore nella conoscenza del grande pubblico. Com'è possibile che pochissimi sappiano di chi parliamo quando nominiamo Giacomo Manzù? è possibile, ed il motivo ci è stato chiaro quando abbiamo scoperto che la quasi intera opera, o almeno quella in possesso delle romane istituzioni, è "segregata" in un ......"museo"? od è un deposito?
E pensare che a noi era piaciuto pure il museo Manzù stesso.
Comunque, l'oltraggio consiste nell’aver dedicato alle sculture di Manzù un video, un DVD da distribuire GRATUITAMENTE al maggior numero di persone possibile. Essendo privati cittadini, mossi solo dall'insano desiderio di omaggiare l'arte, non potendo contare su finanziamenti pubblici, abbiamo indirizzato il nostro progetto, con domanda di contributo ad un ente mutualistico come l'IMAIE.
Questi, valutando la genuinità del progetto ed ancor più degli intenti, accordavano un piccolo contributo, grazie al quale siamo stati in grado, dopo 5 mesi di lavorazione, di realizzare il video.
Si tratta ovviamente di Opere tutelate, di proprietà di un museo, con una sua Direzione, ed a questa abbiamo rivolto tutte le nostre richieste di permessi: quello per le riprese, quello per la realizzazione del filmato e non ultima, l'autorizzazione all'utilizzo delle immagini ed alla distribuzione del video che avremmo tirato fuori.
Dopo estenuanti tentativi e mesi di tempo sprecati, siamo riusciti vincitori; la suddetta genuinità è stata valutata anche dalla Galleria Nazionale di arte Moderna di Roma, che gestisce la Sopraintendenza di tali Beni Culturali.
Sottoposto a severa supervisione, da parte della Direzione del Museo, il video passa la sua prima prova!!!
La Direttrice lo utilizzerà addirittura in proiezione gigante, all'inaugurazione del Museo Manzù restaurato! Bingo!!!
Il problema è che invece il nostro filmato, "Fusioni d'Arte" così lo avevamo chiamato, alla fine è venuto bruttissimo! ma talmente brutto, che la Famiglia, o meglio gli eredi dello scomparso, ci hanno denunciati alla SIAE!!!!!
E' mai possibile fare un lavoro talmente brutto e mortificante da meritarsi una denuncia?
Ma no, la denuncia è venuta perché non avevamo il permesso per l'utilizzo delle immagini!!!! ecco perché!
Ma come? e allora i permessi della Direttrice del museo Manzù ?? eh, no! si è sbagliata!
Mannaggia, il permesso per l'utilizzo delle immagini, non lo poteva dare!
I diritti sulle immagini, non sono i suoi, non può autorizzare una cosa non di sua competenza!
Ecco la denuncia!
Ops, pardon! non sapevamo.
E quindi, Famiglia Manzù, ora che sappiamo che voi siete i legittimi proprietari di questi diritti, considerando che avete già visionato il lavoro, ci concedete l'utilizzo? NO!!
Bè allora ci dite quanto costano questi benedetti diritti? magari qualcosa, nel nostro piccolo possiamo farlo lo stesso: chissà, poche copie, da "regalare" a qualche personalità, che magari si interessi un pò all'Arte!
NO!!! non vogliamo che usi le "nostre" immagini!!!
Quindi? che pensereste voi? fa proprio schifo questo omaggio!!
10 danzatori, una coreografa, un pianista ed una violoncellista, le riprese di danza, esecuzione musicale e, per chiudere, le immagini delle sculture, di alcune.
Tutto brutto e fatto male! ma allora perché quando siamo venuti a "Colle Manzù", la residenza della famiglia ad Ardea (Rm), a mostrarvi il nostro omaggio, ci avete fatto tanti, tanti complimenti?
Perché la Signora Inge, vedova dello scomparso, ci ha addirittura detto che avevamo centrato in pieno lo spirito stesso dell'opera di Giacomo Manzù?
Perché ci denunciate alla SIAE per truffa ed appropriazione illecita, quando eravate a conoscenza del lavoro e dei suoi utilizzi, visto che noi stessi siamo venuti a mostrarvelo?
Signori, od il nostro lavoro fa schifo o qualcosa di strano dietro a tutto questo ci deve essere!! lotte intestine? dissidi familiari? non lo sapremo mai, ed ora neanche ci interessa saperlo!
Solo che nessuno potrà vedere se "Fusioni d'Arte" è un "omaggio" o un "oltraggio"!! perché la legge questo dice. Le regole dicono che loro sono i proprietari delle immagini e quindi possono impedirne la diffusione.
Qui da noi è possibile negare la libertà di espressione di altri 15 artisti, aventi il solo fine di omaggiare l'artista.
Ora chi sono gli oltraggiati?? e chi gli oltraggiatori??
Uno su tutti?? lo scomparso Giacomo! Lui che per diffondere la sua arte ha donato allo Stato l'intera opera, si vede negato, Lui per primo, il diritto alla sua memoria. Ci spiace Grande Manzù.
Però a pensarci bene, non dovresti sentirti tradito solo da "bruto".
Perché un altro impedimento si è riversato su " Fusioni d'Arte".
Ludovico Einaudi, il compositore delle musiche usate: Lui o chi per Lui, magari la sua casa editrice! 10 mesi di e-mail per ottenere il permesso di utilizzare le sue musiche: neanche una risposta.
Almeno gli eredi ci hanno denunciato! è pur sempre una risposta!
Addio caro Giacomo, per noi il tuo Spirito è ancora nelle tue Opere! orecchie attente sentono ancora il battito del tuo cuore, in quello delle tue Creazioni.
Grazie lo stesso.
Marco Monteduro e Marika Vannuzzi
25 settembre 2007
Naturalmente pubblicheremo qui anche un'eventuale risposta dagli eredi od i suggerimenti dei nostri lettori.
La visione degli schermi condivisa con i bambini può diventare occasione di confronto e riflessione sui sentimenti, le emozioni e le situazioni ricorrenti nei loro percorsi di crescita. Il cinema d’animazione, in particolare, ha saputo intrattenere e sedurre più generazioni, dando vita a storie di alto valore non solo estetico, ma anche educativo.
Con i più piccoli, i cortometraggi d’animazione possono essere un ottimo punto di partenza per avviare attività di restituzione, come ci spiega Cosimo Di Bari nell’intervista:
Cortometraggi, occasione di confronto e crescita per i bambini
Ovviamente occorre scegliere un buon titolo… ecco quindi una selezione di cortometraggi la cui visione con i più piccoli è altamente consigliata.
For the birds (Pixar, 2000)
{youtube}https://www.youtube.com/watch?v=nYTrIcn4rjg{/youtube}
{youtube}PDHIyrfMl_U{/youtube}
Un cortometraggio divertente, che sfrutta l’ironia per mostrare quanto poco saggi siano i pregiudizi legati alle differenze. Ancora una volta sono gli animali protagonisti del corto Pixar: alcuni uccellini petulanti appollaiati su un filo elettrico si fanno scherno di un gentile uccello di grossa taglia appena approdato sul vicino palo della luce. I tentativi di inserirsi nel gruppo da parte del nuovo arrivato non otterranno grande successo, anzi la sua presenza non è gradita. Ma i tentativi di allontanarlo avranno un esito esilarante.
Consigliato: per spiegare che lo spirito di gruppo funziona se non esclude qualcuno. E per dimostrare con ironia e buon umore che non conviene allontanare chi è diverso da noi…. perché così facendo rischieremmo di perdere qualcosa!
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