Quando lo sceneggiatore presenta il personaggio protagonista, si trova a dover soddisfare due distinte esigenze: una è informativa. Si tratta cioè di fornire al pubblico le informazioni di base utili a identificare il personaggio nei suoi connotati essenziali, cioè la sua “carta d’identità”. L’altra è espressiva. La semplice lettura di una carta d’identità non basta infatti a definire le caratteristiche psicologiche di un personaggio, né il suo momento emotivo, né il suo temperamento.
Troverete in tutti i manuali di sceneggiatura indicazioni sulla creazione preliminare di uno schema di definizione del personaggio, proprio sulla base del modello “carta d’identità”: età, luogo di nascita, professione, sesso, aspetto e segni particolari. I manuali precisano immancabilmente che è bene per un autore definire in anticipo anche altri dettagli, per esempio sulla famiglia del personaggio, se ha genitori ancora in vita, fratelli, figli, coniugi e altri parenti, se ha tic o gusti particolari, quale sia il suo grado di istruzione, il suo curriculum vitae, le sue principali qualità/punti di forza e i suoi difetti/debolezze. Insomma tutti i dettagli utili a comprenderlo anche se poi molti di questi dettagli non verranno affatto utilizzati nella storia. I manuali di sceneggiatura però in genere trascurano di precisare e avvertire che tutti questi utili approfondimenti del personaggio, poi condizioneranno pesantemente il lavoro dello scrittore. Umberto Eco, in una recente intervista rilasciata a Enrico Ghezzi, ha giustamente sottolineato: “quando io decido che il mio personaggio ha sessant’anni ed è nato a Padova, già mi sono in qualche modo legato. Ci saranno cose che potrà fare e altre che non potrà fare.” Insomma: ogni caratteristica fissata a priori, da un lato ci apre un possibile scenario creativo, dall’altra ci limita ed esclude altri possibili sviluppi e scenari. Nella fase di ideazione di un personaggio questo deve essere tenuto ben presente. In pratica, la narrazione potrà essere più libera se si parte da poche definite caratteristiche, da arricchire magari nel corso della narrazione, mentre sarà tanto più vincolata quanto più vasta sarà la gamma di caratteristiche prefissate. Inoltre l’informazione da dare al pubblico sul personaggio, al principio di una storia, sarà più facilmente sintetizzabile quanto meno sarà diffusa. In particolare nella scrittura cinematografica, la natura di un personaggio va mostrata in azione, cioè nei fatti e nei comportamenti, non è sufficiente, anzi è spesso stucchevole comunicarla a parole. L’informazione non deve dunque mai essere staccata dalle esigenze espressive. Non tutti i dettagli della biografia di un personaggio hanno eguale valore dal punto di vista espressivo. Bisogna scegliere quali sono i caratteri dominanti, quelli che intendiamo sottolineare nel corso del racconto, e presentarli subito in modo efficace, perché possano venire riconosciuti a colpo d’occhio, senza bisogno di spiegazioni eccessive. Esamineremo mese per mese , per aggiornamenti successivi, alcune differenti tecniche di presentazione del personaggio protagonista, tra le tante possibili. Per questo mese cominciamo con una tecnica classica e cioè …
1. L’ingresso ritardato, ovvero: “ dicono di lui”.
Questo genere di presentazione del protagonista può essere anche definito “teatrale”, in quanto l’origine è tipica del teatro e in particolare del teatro da “capocomico”. Se guardate le commedie di De Filippo o di Govi, in genere la scena iniziale presenta dei personaggi di contorno grazie ai quali cominciamo a conoscere l’ambiente (la scena) e il protagonista, che è ancora assente, ma al centro dei loro discorsi. Tutti parlano di lui. Quando poi il protagonista finalmente entra in scena, salutato da un applauso, è già al centro dell’attenzione e prima ancora che si muova e parli, il pubblico ha potuto avere delle informazioni sul suo conto e coltivare delle attese. In questo genere di presentazione “sociale”, inoltre, si offre al pubblico una pluralità di punti di vista sul personaggio. In questo modo, i pareri su di lui possono risultare contrastanti e contraddittori. Il personaggio non viene presentato solo per quel che è, ma anche per come è interpretato/vissuto dagli altri. Alla chiarezza delle informazioni si sovrappone una zona di incertezza e di mistero: il personaggio potrebbe non essere affatto come viene dipinto dagli altri, o avere risvolti occulti. Paradossalmente, la nostra curiosità cresce quanto più diverse sono le opinioni espresse sul personaggio. Da un lato cominciamo a conoscere chi è, dall’altro ci domandiamo “ma chi sarà mai veramente?”
Uno smagliante esempio cinematografico di questa tecnica di presentazione è nel trailer di “Citizen Kane” (Quarto Potere) di Orson Welles. Potete trovare questo trailer nei contenuti speciali di uno qualsiasi dei DVD della serie RKO, disponibili in italiano. Il trailer inizia con un microfono che entra in campo a captare la voce di Orson Welles, il quale, dopo una rapida e vivace presentazione del cast, lascia la scena ai personaggi di contorno, senza mai mostrare se stesso. E i comprimari esprimono tutti opinioni violentemente contrastanti sul protagonista Charles Foster Kane, alimentando in questo modo la curiosità del pubblico.
Come introduzione a questa carrellata di pareri sul protagonista, Welles ha subito precisato: “Non so che dirvi di lui, c’è così tanto da dire…”
Ed ecco le opinioni:
“Charles Foster Kane ha dato inizio alla guerra, ma se non fosse stato per lui, gli USA avrebbero il Canale di Panama?”
“ E’ un comunista!”
“ Governatore? Quando gli elettori e sua moglie sapranno cos’ho scoperto su di lui e una certa biondina, non lo eleggeranno neanche spazzino!”
“ Lo sposerò la settimana prossima. Alla Casa Bianca.”
“ Certo che lo amavo. Gli ho dato 60 milioni di dollari!”
“ Per forza lo amo. E’ l’uomo più ricco d’America.”
“ E’ un pazzo.”
“ E’ meraviglioso.”
Conclude Welles, sempre fuori campo: “Signore e signori, non so cosa penserete del sig. Kane. Non ne ho idea: io ho solo recitato il suo ruolo. Beh, Kane è un eroe. E una canaglia. Una nullità e un uomo d’oro, un formidabile amatore, un grande americano e un gran bastardo. Dipende da chi ve ne parla. Qual è la verità su Charles Foster Kane? Venite al cinema e lo scoprirete da soli.”
Da notare.
1. I pareri espressi su Kane, violentemente contrapposti, sono tutti decisi. Nessuno esprime dubbi o valutazioni ambigue. Il dubbio deve restare tutto del pubblico. L’autore non sta semplicemente usando una tecnica pubblicitaria, né sta soltanto distribuendo i ruoli tra i personaggi del film, tutti definiti a seconda dell’opinione espressa su Kane, ma sta anche affidando un ruolo al pubblico: quello di formarsi un suo proprio giudizio.
2. Le opinioni su Kane vengono espresse in forme sintetiche, colorite ed efficaci (non lo eleggeranno neanche spazzino, gli ho dato 60 milioni di dollari). I personaggi secondari, ciascuno con la propria personalità e il suo linguaggio, parlando di Kane presentano anche se stessi e incuriosiscono a loro volta.
3. Pur nei contrastanti pareri, vengono date alcune informazioni certe: Kane si muove su uno scenario politico (vengono nominate la guerra, il comunismo, gli elettori, la Casa Bianca), la sua vita privata è sfoggiata in pubblico (amori, scandali, ricchezza) ma nasconde dei misteri (come si comporta sotto sotto con sua moglie e le altre donne? Quali sono le sue arti seduttive? Come ha fatto i soldi? ).
4. La storia, nel suo sviluppo, si regge sul mistero della personalità di Kane. E’ questo il suo vero motore narrativo.
Rispetto a quanto detto in precedenza e a quanto insegnato dai manuali di sceneggiatura, qui si usa come punto di forza espressivo non quanto conosciamo del personaggio, ma proprio tutto quello che non conosciamo affatto. La tecnica capovolge la regola. Il compito dell’autore in apparenza era quello di spiegare il protagonista, ma è stato svolto molto meglio e più coerentemente alla storia, non spiegandolo affatto, anzi affidando al giudizio del pubblico la valutazione finale. ( Del resto,
quando la comunicazione non si preoccupa di stimolare il nostro spirito critico e il nostro libero giudizio, ci declassa a popolo bue).
Commento. Il film Citizen Kane ( 1940) è stato tradotto in italiano con il titolo Quarto Potere. Infatti il film parla del potere della stampa. Ma di questo tema, nel trailer, non c’è traccia. Non si fa parola del tema centrale del film! Questo potrebbe indurre molti a pensare che il trailer è sbagliato. Non sarebbe stato più corretto informare il pubblico che il misterioso Kane è un magnate della Stampa? Come mai tra le informazioni contenute nel trailer proprio questa, così decisiva, non c’è? Anzitutto, di film sul potere della stampa ce ne erano già stati parecchi e scegliendo di centrare il trailer su questo aspetto, Citizen Kane non sarebbe apparso come un film originale, ma come un altro film sulla stampa. In secondo luogo, “la stampa” non è una persona. E’ un tema. Centrare il trailer su un tema avrebbe voluto dire offrire al pubblico una percezione astratta, ideologica, del film. Con la sua scelta, Welles esprime con grande efficacia che il centro di una rappresentazione non può essere un Tema, ma deve essere un Uomo. Il che illustra perfettamente quando dicevo al principio: una storia senza personaggi, una storia puramente “tematica”, non ha forza. D’altra parte Welles è assolutamente onesto e veritiero nel sottolineare che si tratta della storia di un personaggio. Il film inizia con Kane bambino. E’ una biografia, che molti interrogativi rendono inquietante. E infine (ma qui si esce dal campo delle “regole e delle tecniche di composizione” e si entra nel campo della genialità pura) scegliendo di tacere al pubblico un’informazione essenziale, Welles si comporta esattamente come la Stampa, che proprio mentre asserisce di informare sui fatti essenziali, e al contempo “democraticamente” propone al pubblico opinioni contrastanti in proposito, occulta contenuti fondamentali, cioè cose che per opportunità o convenienza “è meglio non si sappiano”. La comunicazione mediatica è esattamente questo. Il trailer di Welles, tacendo il contenuto fondamentale del film (il Potere della Stampa e della Comunicazione) lo rivela nondimeno sotto metafora, e ne usa spudoratamente i meccanismi, con corrosiva ironia.
Sviluppo del modello. Ho scelto di illustrare questo modello come primo tra i tanti, perché si tratta del modello più antico. Dicendo che è di origine teatrale ho implicitamente chiarito che lo si ritrova già nella tragedia classica ( questa è la funzione del “coro”: introdurre e commentare il carattere del protagonista e le vicende in cui è implicato), in Shakespeare, insomma in secoli di teatro fino a giorni nostri. Va precisato che un inizio affidato al “coro” non è una semplice introduzione, ma è già di per sé narrazione: infatti ci presenta a confronto, da subito, il personaggio e il proprio ambiente, il singolo e la collettività che ne valuta il carattere e le azioni. Se la nostra narrazione non considera centrale il rapporto individuo-gruppo, questo tipo di inizio non è il più adatto. Tuttavia questo modello ha dato vita nel corso del tempo a molte varianti. Il fatto che si tratti di un modello antico non significa affatto che sia un modello sorpassato. L’esempio fornito dal trailer di Welles, ci mostra in modo molto preciso che dall’iniziale contesto teatrale già il modello si sposta verso un modello di comunicazione che ha a che vedere con l’inchiesta giornalistica. In molti film successivi questo legame è stato esplicitato al punto che il modello non è stato usato soltanto come inizio utile alla presentazione del protagonista e alla sua entrata in scena, ma come struttura dell’intero racconto. Nei film Zelig, Lenny, Harry ti presento Sally, Man on the Moon, il modello, sotto forma di interviste “giornalistiche”, scandisce tutti i passaggi della narrazione, dal principio alla fine. Le regole base di questo modello si ritrovano anche in film che non contengono riferimenti esplicitamente teatrali, né giornalistici. Prendiamo ad esempio il recente La maledizione della Prima Luna di Gore Verbinski. Il titolo originale del film è Pirates of the Caribbean (Pirati dei Caraibi) e gli sceneggiatori Ted Elliot e Terry Rossio si preoccupano subito di destare la curiosità del pubblico su questo protagonista collettivo: i pirati. Nella scena d’apertura, vediamo un grande vascello che fende la nebbia. A prua, una bambina scruta il mare. Il film, prodotto dalla Disney, si rivolge anche a un pubblico infantile e in questa bimba che cerca di orientarsi nella nebbia, curiosa di veder apparire qualcosa , gli spettatori più giovani possono immediatamente identificarsi. A bordo, il “coro” ( il capitano del vascello, il nostromo, il padre della bambina) discute di pirati: c’è chi li vorrebbe impiccare, c’è chi li teme per le loro gesta feroci, c’è chi cerca di smussare i toni (il padre della bimba) per non impressionare troppo la piccola. Lei, candidamente, esprime un’opinione contrastante: vorrebbe incontrarli, questi famosi pirati che hanno acceso la sua immaginazione. Ora la corrente trascina un ombrellino bianco, simbolo di candore, e poi dalla nebbia appare un giovane naufrago, anche lui un ragazzino, esanime sul rottame di una nave. Quando la nebbia si apre, ci appare un altro vascello in fiamme e la superficie del mare disseminata di rottami. Non si tratta più di semplici discorsi sui pirati, ma della dimostrazione visiva, concreta, di quello che i pirati, ancora invisibili, possono fare. Anche qui c’è chi cerca di smussare: potrebbe essersi trattato di un semplice incidente, ma è ormai chiaro che questa spiegazione è solo un patetico tentativo di tranquillizzare. Il naufrago viene portato a bordo e affidato alla vigilanza della bambina, che ha all’incirca la stessa età. La bimba scopre al collo del ragazzo un medaglione con effigiato il teschio simbolo della pirateria. Dunque quel ragazzo non è una vittima, ma un pirata! Sarebbero quelli i terribili corridori del mare? Dei ragazzini? La bimba decide di proteggerlo e nasconde il medaglione.
Insomma: vediamo qui in azione il nostro modello di riferimento, in tutti i dettagli: 1. Si esprimono opinioni contrastanti sui pirati, 2. Le opinioni sono espresse in un linguaggio vivace e inequivocabile e ci permettono di capire il diverso atteggiamento e le diverse caratteristiche dei singoli personaggi del coro; 3. Ne ricaviamo alcune informazioni certe: il mare è battuto dai pirati, c’è una grave emergenza in corso, l’atmosfera è gravida di attesa e pericolo, ma tutto è immerso nel mistero, inclusa l’identità del giovanissimo naufrago che potrebbe essere vittima o aggressore; 4. Il motore della storia è il mistero circa l’identità dei pirati: sono creature demoniache, affascinanti avventurieri o cos’altro? E cosa rappresenta davvero il misterioso medaglione, al contempo raffinato esteticamente e intimidatorio con quel teschio che vi campeggia al centro?
In conclusione: un modello antico non è necessariamente un modello superato. Diffidate di chi sostiene che le forme di rappresentazione ereditate dal passato sono “vecchie” e come tali da abbandonare. Si tratta invece di archetipi, di fondamenti della rappresentazione, di cui uno sceneggiatore deve avere consapevolezza, imparando a svilupparli e ad adattarli di volta in volta alle proprie esigenze di racconto.
Esercizio. Cercate altri esempi cinematografici di questa tecnica di presentazione del personaggio ed esploratene le varianti. Provate poi su queste basi a scrivere un inizio di storia, sempre con presentazione del protagonista da parte degli altri personaggi e ingresso ritardato del protagonista stesso, ma in diverse versioni, indicando tra le possibili varianti quale risulti per voi la più efficace. Considerate anche casi in cui il modello è applicato male ed evidenziatene gli errori. Nella ricerca dei materiali, non è infatti indispensabile fare riferimento a dei capolavori o a dei film ben realizzati. Jerry Lewis nella sua scuola di cinema, usa di preferenza film decisamente brutti. Per imparare a individuare gli errori è molto utile guardare dei film mal riusciti. Gli errori degli altri ci abituano a riconoscere più facilmente i nostri. Cercate però di non citare film troppo sconosciuti o introvabili per non mettere in difficoltà chi leggerà i vostri esempi.
Lezione 1 di Gianfranco Manfredi by www.gianfrancomanfredi.com