Il copione teatrale, fin dal teatro classico antico, è diviso in Atti. E ciascun Atto è suddiviso in Scene. A differenza dalla sceneggiatura cinematografica, dove le Scene in genere prevedono scenografie/ambienti diversi (cioè si cambia scena quando si cambia ambiente), quelle teatrali sono suddivisioni di comodo che identificano differenti entrate in scena, cioè attori diversi che si alternano nello stesso ambiente (cioè si cambia scena quando si cambiano attori). Per secoli in Teatro, la descrizione della scena nel testo è stata quanto mai sommaria, limitandosi ad indicare il luogo d'ambientazione per il quale si lasciava massima discrezionalità allo scenografo. Le cose cambiano sostanzialmente a cavallo tra la fine dell'ottocento e l'inizio del secolo scorso. Prendiamo ad esempio un copione del Grand Guignol (teatro parigino che cominciò le sue rappresentazioni nel 1897). Sabotaggio ( atto unico di Charles Hellem, W.Valcros e Pol d'Estroc. La citazione è tratta dall'antologia a cura di Corrado Augias Teatro del Grand Guignol, Einaudi 1972).
Una sala da pranzo modesta in una famiglia di operai. A sinistra: in primo piano, una finestra. In secondo piano, un lettino da bambini, collocato parallelamente alla scena con le tendine appese a un'asta di ferro che parte dal letto. Grazie a queste tendine, il pubblico non può vedere l'interno in cui si suppone sia coricato il piccolo Jeannot. La testata del letto tocca il fondo della scena. Al fondo. In mezzo, una porta che dà su un vestibolo il quale, a destra, porta all'uscita dell'appartamento sul pianerottolo. Il vestibolo si presume dia accesso, a sinistra, a una camera.
Il copione teatrale, fin dal teatro classico antico, è diviso in Atti. E ciascun Atto è suddiviso in Scene. A differenza dalla sceneggiatura cinematografica, dove le Scene in genere prevedono scenografie/ambienti diversi (cioè si cambia scena quando si cambia ambiente), quelle teatrali sono suddivisioni di comodo che identificano differenti entrate in scena, cioè attori diversi che si alternano nello stesso ambiente (cioè si cambia scena quando si cambiano attori). Per secoli in Teatro, la descrizione della scena nel testo è stata quanto mai sommaria, limitandosi ad indicare il luogo d'ambientazione per il quale si lasciava massima discrezionalità allo scenografo. Le cose cambiano sostanzialmente a cavallo tra la fine dell'ottocento e l'inizio del secolo scorso. Prendiamo ad esempio un copione del Grand Guignol (teatro parigino che cominciò le sue rappresentazioni nel 1897). Sabotaggio ( atto unico di Charles Hellem, W.Valcros e Pol d'Estroc. La citazione è tratta dall'antologia a cura di Corrado Augias Teatro del Grand Guignol, Einaudi 1972).
Una sala da pranzo modesta in una famiglia di operai. A sinistra: in primo piano, una finestra. In secondo piano, un lettino da bambini, collocato parallelamente alla scena con le tendine appese a un'asta di ferro che parte dal letto. Grazie a queste tendine, il pubblico non può vedere l'interno in cui si suppone sia coricato il piccolo Jeannot. La testata del letto tocca il fondo della scena. Al fondo. In mezzo, una porta che dà su un vestibolo il quale, a destra, porta all'uscita dell'appartamento sul pianerottolo. Il vestibolo si presume dia accesso, a sinistra, a una camera. Tra la porta e il letto un tavolinetto rotondo; sopra, alcune boccette di medicine, una caraffa, un bicchiere, un cucchiaino. Tra la porta e l'angolo della scena, a destra, una credenza a due corpi da sala da pranzo. A destra: una porta che comunica con la cucina. Qualche quadro, oleografie o fotografie alle pareti. Verso il centro della scena un tavolo da sala da pranzo. Tre o quattro sedie. La stanza è illuminata da una lampada elettrica con paralume, appesa al soffitto, al centro, con un filo che si avvolge lungo un contrappeso di maiolica bianca, di modello corrente. Sono le nove di sera, in autunno. Fuori, notte fonda. L'azione si svolge verso il 1900 nella periferia di una grande città, in Francia.
Come mai una descrizione così minuta? Perchè ciascuno dei dettagli indicati servirà nel corso dell'azione scenica. Cioè mobili (e loro disposizione) , arredi, singoli oggetti entrano a far parte della narrazione. Il Grand Guignol inoltre, essendo un teatro dell'orrore, si avvale di effetti speciali che richiedono attrezzature particolari incluse negli elementi scenici (la sottolineatura del lampadario serve perchè poi si verificherà un black out).
Questo sviluppo del copione teatrale (che include anche una precisa descrizione dei movimenti degli attori nell'ambiente, al di là delle indicazioni espressive), chiarisce come tra il Teatro e il neonato Cinema cominci a stabilirsi un rapporto molto stretto.
Nulla dev'essere lasciato al caso perchè tutto, dal tipo e dalla disposizione dei mobili alla collocazione dei punti luce, diventa parte integrante della narrazione. L'ambiente non è più una scena generica o un fondale dipinto in cui avvengono azioni tra attori. L'ambiente è esso stesso personaggio e gli attori interagiscono con esso, quanto con gli altri altri attori.
Confrontiamo la descrizione di Sabotaggio, con quella della sceneggiatura del film Son of Frankenstein di Willis Cooper (1938).
Salone. E' una stanza con alti soffitti a volta, situata nella parte centrale del castello. La pareti sono in pietra e coperte da una tappezzeria visibilmente vetusta. Bandiere con stemmi araldici sono appese alle travi a soffitto. Lungo le pareti, alte finestre e sul lato più lontano della stanza, un grande camino in cui arde un grosso ciocco. Tappeti di pelle d'orso e di capra sul pavimento di pietra, e sedie antiche, divani e divanetti piazzati qua e là per la stanza; alcuni mobili sono ancora coperti di lenzuola anti-polvere. Luci elettriche brillano in applique di bronzo a parete, e ci sono lampade su uno o due tavoli. Davanti al camino, due comode poltrone, con un tavolino fornito di lampada. Sul camino, un ritratto a grandezza naturale del primo Barone Frankenstein, proprio quello che creò il mostro.
Queste descrizioni non sono "testo per il pubblico", in quanto al pubblico basta vedere l'ambiente. Sono un testo per gli addetti ai lavori, gli scenografi, nel caso.
Nella sceneggiatura cinematografica questo sotto-testo invisibile al pubblico è fondamentale. I reparti devono sapere cosa è necessario avere in scena. Dove possono essere liberi nel dare una propria interpretazione e dove invece sono vincolati perché gli elementi prescritti servono alla narrazione.
Mi è capitato di leggere un copione per una situation comedy scritto da Umberto Simonetta, che oltre che romanziere e autore di teatro, fu uno dei più brillanti autori televisivi italiani. In Italia, spesso le persone geniali e anti-conformiste si prendono in sceneggiatura delle libertà ignote al mondo dei professionisti americani, usando a volte, quando si rivolgono ai reparti, uno stile discorsivo. Nel caso, Simonetta doveva semplicemente indicare che il tal personaggio tornava a casa da un viaggio esotico.
L'epoca era precedente a quella delle anonime Samsonite o delle borse a ruote ormai talmente standardizzate che in aereoporto al ritiro bagagli capita di tirarne giù quattro prima di capire quale sia la tua. Allora, chi tornava da un viaggio, spesso aveva appiccicate alla valigia etichette-cartoline multicolori del posto in cui era stato. Dunque, presentare un personaggio con valigia così etichettata, di per sè, faceva già capire visivamente che era stato in vacanza in qualche posto turistico senza doverlo necessariamente precisare nel dialogo. In questo caso, uno sceneggiatore scrive: Tizio entra con una valigia etichettata. Simonetta si prendeva il divertimento di precisare:
una o due etichette, non fatemelo entrare con una valigia cosparsa di etichette, non è un rappresentante, non ha fatto il giro del mondo in ottanta giorni, non è un collezionista di etichette kitsch eccetera. Conoscendo i vizi e i possibili errori dei reparti, metteva insomma le mani avanti. Di tutto questo testo (molto più spassoso di come lo abbia riassunto io a memoria) il pubblico non sa nulla, perchè è appunto rivolto esclusivamente ai reparti. Questo testo serve a chiarire bene: 1. cosa è essenziale sotto il profilo del racconto visivo; 2. cosa non deve esserci, ad evitare travisamenti.
Mi è capitato invece di leggere una sceneggiatura di fumetti in cui l'autore, spiegando al disegnatore cosa avrebbe dovuto o potuto esserci in una singola vignetta, si dilungava per un'intera pagina accumulando indicazioni d'ambiente e di oggetti che mai sarebbero potuti entrare tutti insieme in una sola vignetta. Leggevo perplesso chiedendomi che senso avesse dilungarsi tanto. Alla fine, nell'ultima riga, l'autore scriveva: Ti ho messo un po' di cose, scegli tu. Ecco, questa è la cosa da evitare assolutamente. Lo sceneggiatore deve avere in testa delle scelte chiare, precisare cosa deve esserci per forza, lasciare sul vago quello che è e deve restare vago (nel testo del Grand Guignol citato, si dice ad esempio verso il 1900, alla periferia di una grande città, in Francia, il che significa che vanno evitate cose che possano invece identificare la città- ad esempio un monumento noto oltre la finestra- e l'anno preciso - ad esempio un calendario vistoso).
In una sceneggiatura, queste indicazioni non sono descrittive e d'atmosfera come sarebbero in un romanzo. Sono puramente e semplicemente utili. Devono essere scritte in un linguaggio scarno, semplice, diretto ed inequivocabile. Non sono testi per cui lo scrittore venga giudicato stilisticamente. Anzi quando uno sceneggiatore cinematografico si prende delle libertà stilistiche para-letterarie, spesso risulta fastidioso e ridicolo. I reparti vogliono sapere qual è il fabbisogno. Non gliene importa niente di un'alata descrizione. Un regista non si sente più ispirato se legge in
sceneggiatura una descrizione simil-poetica di un pomeriggio autunnale, non valuta lo sceneggiatore come un bravo scrittore, semplicemente si chiede : ma io, come la giro, questa roba? E un attore si chiede: io cosa dico? cosa faccio? Dunque, siate chiari e stringati. Un para-testo non lo si scrive per fare bella figura.
Ma torniamo alle descrizioni d'ambiente. Molta confusione che si fa nella conversazione comune tra "sceneggiatore" e "scenografo" nasce in realtà da un dato storico: in cinema e in teatro, gli ambienti si descrivono a parole prima d'essere disegnati o arredati. E le prime indicazioni minutamente dettagliate, in teatro, sono quelle rivolte allo scenografo. L'indicazione/descrizione della scena in quanto ambiente, ripeto: nei suoi elementi necessari alla narrazione (non voglio sapere dove sono situate le prese elettriche se questo non è un dettaglio utile al racconto), è parte integrante e necessaria del testo "sceneggiatura".
Lo è, per chi scrive, anche prima di mettersi a raccontare la scena vera e propria (cioè quello che accade). Io devo figurarmi l'ambiente in cui si muovono i personaggi, per poter sfruttare le occasioni narrative che ne derivano. Devo pensare prima anche quali oggetti possono tornarmi utili in scena. In fumetto può accadere, lo avrete visto un'infinità di volte, ad esempio questo: un cowboy smonta da cavallo e corre a rifugiarsi in un anfratto per sfuggire a un agguato. Poi risponde al fuoco con un fucile che non aveva in mano quando è sceso da cavallo. Cosa è successo? Lo sceneggiatore si è dimenticato di indicare (perchè non ci aveva pensato) che il cowboy scendeva da cavallo col fucile in mano e dunque il disegnatore non l'ha disegnato. Poi quando il fucile serviva, lo sceneggiatore ha scritto che il tipo spara col fucile. Risultato ? Il fucile appare magicamente. A me personalmente è capitato di scrivere in un fumetto che nella tal stanza c'era un camino. Dunque nel totale si vede il camino. Poche vignette più in là, l'eroe impugna un attizzatoio. Presumevo ovvio che scrivendo:
nella stanza c'è un camino, al disegnatore sarebbe stato chiaro che oltre al camino doveva disegnare (nel totale) anche gli attrezzi. Invece il disegnatore ha disegnato soltanto il camino. L'attizzatoio, anche in questo caso, è comparso magicamente nelle mani dell'eroe. Cautela vuole dunque che se avete pensato di piazzare un camino in un ambiente perchè quello che vi serve nell'azione non è il camino in sè, ma l'attizzatoio, precisiate anche ciò che parrebbe ovvio (e che in un romanzo si tralascerebbe) e cioè che accanto al camino ci sono gli attrezzi. Il problema non è che i reparti (o i disegnatori) siano scemi. Non lo sono affatto, anzi sono quasi sempre degli eccellenti professionisti. Il problema è che un para-testo nudamente descrittivo, non lo si legge con l'attenzione che si presta ad un dialogo o a una descrizione poetica o letteraria, lo si legge (giustamente) come una lista della spesa. In una lista della spesa non si dà e non si deve dare per scontato niente. Quello che non c'è scritto, non lo si acquista.
D'altra parte, insisto, se io mi metto a descrivere qualsasi cosa, anche le cose non necessarie, semplicemente perché mi sono venute in testa e sono di mio gusto, ma non fanno narrazione, un poveretto che legge questo testo non sa più distinguere cosa dev'essere in scena da cosa potrebbe esserci, ma non è affatto indispensabile. Il risultato è che non presta più attenzione a nulla e fa di testa sua. Non date mai dello scemo a nessuno. Se le vostre indicazioni di sceneggiatura non vengono comprese è perchè avete sbagliato voi a scriverle.
Certo può capitare che una certa idea venga scrivendo. Cioè che nel corso di una scena vi rendiate conto che vi sarebbe utile un dato oggetto. In questo caso tornate indietro, cioè al momento in cui avete descritto la scena e precisate che ci vuole quel dato oggetto. Un professionista fa "lo spoglio" scena per scena dunque in genere in cinema ci si accorge sempre se un oggetto dev'essere sul set, però è più comodo per i reparti se le indicazioni vengono raggruppate al principio, non disseminate lungo la scena, altrimenti qualcuna può andare perduta. Una persona dei reparti non è un lettore nel senso pieno del termine. Quando legge la sceneggiatura , può anche prescindere ad esempio dai dialoghi. Si concentra su quello che gli serve sapere. Se dunque in un dialogo scrivete: passami quel posacenere, la cosa può risultare inavvertita a chi sul set deve procurare quel posacenere. Dunque dovete scrivere in testa, tra le altre indicazioni, che nel tal posto c'è un posacenere. Questo vale anche per gli attori. Non tutti gli attori che compaiono in un film leggono l'intera sceneggiatura. A quelli che hanno un numero limitato di "pose" si danno soltanto le pagine relative al proprio personaggio. Si può in sostanza recitare in un film senza conoscere (se non per sommi capi) la storia narrata dal film. Ciò significa che ogni scena dev'essere estremamente chiara di per sè, alla lettura. L'attore in questione deve comprendere cosa deve fare e dire nelle scene in cui compare. Se ha esigenza di sapere dove sono collocate narrativamente le sue scene può chiedere spiegazioni al regista, ma nessun regista starà a perdere tempo raccontandogli l'intero film, si limiterà a indicargli come interpretare quella scena lì in modo che leghi con le altre. Faccio un esempio, tratto sempre dalla sceneggiatura di Son of Frankenstein.
Wolf e Elise, in piedi nell'anticamera del salone principale, si tolgono i soprabiti mentre Fritz, il maggiordomo entra con i bagagli. Il suo abito è inzuppato di pioggia.
Una precisazione del genere sarebbe superflua in un romanzo. Nella scena immediatamente precedente, pioveva, e avevamo visto Fritz prelevare i bagagli dall'automobile degli ospiti. Dunque è ovvio che Fritz si sarà bagnato il vestito. Ma in cinema, questa scena in interno può venire girata giorni dopo o anche prima della scena precedente all'esterno, con pioggia. Certo, l'assistente alla regia ha proprio il compito di assicurarsi che le diverse scene combacino, però è sempre meglio scrivere che il maggiordomo è bagnato, perchè l'assistente potrebbe dimenticarsene, e comunque chi si occupa dell'attore dove provvedere a bagnarlo, e deve saperlo quel giorno lì che si gira la scena. Per l'attore che interpreta Fritz, poi, un conto è entrare in scena sfuggendo a un temporale, un altro è entrare impeccabile. Questo deve stare scritto in sceneggiatura, altrimenti il set diventa un inferno. Non si possono chiedere delucidazioni ad ogni momento e improvvisare di continuo. Bisogna sapere tutto prima. Sul set si approfondisce, si cercano le sfumature, ma i fondamentali devono essere chiari su carta.
Tenete dunque presente che la sceneggiatura è una forma di scrittura composita. Il vostro racconto generale, certo, si rivolge al pubblico. La vostra scrittura, in pratica, si rivolge al regista (quello con cui dovreste avere fin dal principio una condivisione del racconto generale e se possibile anche qualche condivisione di gusto ed estetica), agli attori (e delle loro esigenze si è parlato diffusamente in altre lezioni), allo scenografo, al costumista, e in alcuni casi (quando è necessario indicare certi movimenti di macchina) all'operatore e ai macchinisti, insomma ai reparti. E ciascuno di questi lettori è un lettore molto particolare che si concentra su quello che gli compete. Voi avete di fronte dei lettori di frammenti, non dei lettori della storia. E avete di fronte dei lettori che lavorano al film che poi il pubblico vedrà, cioè dei lettori che non sono pubblico, ma collaboratori che raccontano insieme a voi, "mettendo in scena".
Lezione Lxii - La Forma Della Sceneggiatura (i) - di Gianfranco Manfredi