All'epoca del cinema muto, le sceneggiature cinematografiche americane erano impostate in questo modo: in apertura si scriveva l'elenco dei personaggi (come nei copioni teatrali). Seguiva un elenco degli ambienti, divisi in ESTERNI e INTERNI, con segnati di fianco ai singoli ambienti i numeri delle scene corrispondenti.
In una sceneggiatura del 1922, ho trovato, in fondo a quest'ultimo elenco, la seguente nota del produttore esecutivo: E' espressamente richiesto che nessun cambiamento, d'alcuna natura, sia apportato a questa sceneggiatura, nè eliminazioni nè aggiunte di scene, né correzioni o cambiamenti delle azioni descritte, senza preventiva autorizzazione. La nota chiarisce bene che la sceneggiatura è un programma di lavoro, approvato, e in quanto tale non un canovaccio di riferimento su cui si possa improvvisare o da modificare sul momento. Ciò non tanto per salvaguardare il racconto cinematografico in sè, ma il piano di lavoro, il budget stabilito per il film, e dunque la correttezza dei rapporti con la produzione. A questo gli americani tengono moltissimo, e da sempre.

In Italia molto spesso la sceneggiatura viene disattesa. Può accadere che circolino addirittura diverse versioni della sceneggiatura: una per il produttore (mirata a "non spaventarlo", oppure con scene esuberanti scritte a bella posta perchè vengano cancellate, come apparente "concessione"), una occasionale di mera opportunità (ad esempio se si deve chiedere un'autorizzazione per girare una scena in un edificio religioso, in una scuola, in un ufficio pubblico, è saggio che gli affittuari non vengano turbati con scene violente, con turpiloquio o con situazioni che possano ai loro occhi apparire "non rispettabili") e altre ancora studiate a misura dei vari soggetti cui vengono date in lettura. Quella vera e segreta è sotto il controllo del regista. Una quindicina d'anni fa, sono stato personalmente testimone d'un fatto piuttosto divertente da raccontare. Di una sceneggiatura per un film tv circolavano versioni plurime: il testo base scritto dallo sceneggiatore principale, gli interventi a revisione o integrazione di altri sceneggiatori che avevano lavorato su mandato del regista e ciascuno all'insaputa dell'altro, un testo per la RAI, un altro per il produttore, e quello che il regista aveva "composto" a suo uso e integrato con le proprie note personali. Il funzionario RAI che seguiva il film, disapprovò alcune situazioni e battute giudicate inadatte al pubblico televisivo perchè troppo spinte, se non addirittura volgari. Il regista, oggetto delle lamentele, le girò allo sceneggiatore cui questi passaggi risultavano del tutto ignoti. Il regista gli stava ordinando di cambiare delle scene che lui non aveva affatto scritto. Era accaduto questo: alla RAI era arrivata la sceneggiatura sbagliata, e il regista, avendo smarrito la propria, non riusciva più a capire tra le tante che aveva sottomano quale fosse quella giusta.
Anche in America si sono usati in passato espedienti di mascheramento della vera sceneggiatura. Alfred Hitchcock in un suo film fece approntare un set segreto dove girare una scena con un effetto speciale piuttosto costoso, che il produttore se fosse stato messo al corrente, non avrebbe mai approvato, anche perchè non cambiava nulla alla storia, era solo una scelta estetica. Il produttore, quel giorno, era convinto che si girasse in un certo teatro, dove invece c'era soltanto un finto set, perchè tutt'altra scena (quella voluta da Hitchcock) era stata messa in programma su un set distinto e segreto.
Durante le riprese di Malizia (di Salvatore Samperi) la scena clou dell'accoppiamento tanto sospirato di Laura Antonelli con il giovane Momo, venne girata di giorno. In proiezione Samperi e il suo direttore di fotografia, la trovarono deludente. Tornarono di nascosto sul set, convocarono gli attori e la girarono da capo come scena notturna, con un temporale all'esterno. Gli effetti dei lampi, resero la scena molto più erotica. Il tutto all'insaputa del produttore, che altrimenti avrebbe negato una nuova ripresa.

Gli autori, da sempre tendono a proteggersi e a non rivelare i loro piani, per tema di divieti o d'invasioni di campo. Oggi però questo non è più praticabile. La sceneggiatura approvata dal produttore viene considerata una "Bibbia" e dev'essere girata esattamente come stabilito. Al regista viene affibbiato un editor spia, il quale
controlla sul set che lo script sia eseguito scrupolosamente. E' una colossale stupidaggine: spesso una scena (per mille motivi, non necessariamente estetici, anche pratici) deve per forza essere modificata sul set. Un poco di elasticità è un vantaggio anche per la produzione. Comunque, ai fini del nostro discorso, basti sottolineare che la sceneggiatura è per certi versi un Trattato, cioè un accordo stipulato tra gli autori e il produttore e di cui si pretende il rispetto.
Torniamo alle sceneggiature americane dei tempi del muto. Le scene, come si è detto, venivano numerate e accanto si precisava se si trattava di un Interno o di un Esterno e il nome dell'ambiente. Si dava per scontato che la scena fosse di giorno. Se era invece di notte, lo si precisava. Se il luogo indicato era chiaramente un esterno, si riteneva inutile scriverlo. Ad esempio: SCENA 31 - STRADA CON PARCHEGGIO - NOTTE. Nella descrizione della scena, inoltre, si precisavano le inquadrature ed eventuali movimenti di macchina (Primo Piano, Panoramica, ecc.). C'è da dire che all'epoca le inquadrature erano prevalentemente fisse, e i movimenti di camera usati soprattutto per esplorare un ambiente.
Man mano che le inquadrature e i movimenti di macchina diventano piu' elaborati, la scrittura delle sceneggiature americane cambia. Non si numerano più le scene, ma le sequenze (cioè una serie di inquadrature). Questo tipo di numerazione consente un piano di lavorazione più preciso. E' infatti piuttosto vago stabilire che so, di girare due scene al giorno. Dipende dalle scene, non solo dalla loro durata, ma dalla quantità di spostamenti di camera e di luci che comportano. Dunque se si numera per sequenza, il programma risulta più realistico e affidabile. Se si conosce prima il numero orientativo di inquadrature da girare quel giorno risulta più evidente se il tempo previsto per le riprese è sufficiente.
La numerazione per sequenze è uno strumento di organizzazione del lavoro delle riprese, in modo da restare nei tempi previsti, tempi che sono parte essenziale del budget. Se si sforano i tempi, si sfora il budget. Il piano delle riprese deve essere il più possibile certo e "matematico".
Più un film è costoso, più la numerazione tende a coincidere con le singole inquadrature. Faccio un esempio dalla sceneggiatura de Le avventure di Robin Hood (1938), un lavoro complesso che richiese molte riscritture e rifacimenti (tra le altre cose il film era stato scritto in origine per James Cagney e solo successivamente la parte di Robin hood venne assegnata a Erroll Flynn). Prendiamo qualche passaggio a caso della sceneggiatura.

228 PIANO STRETTO PHILLIP
Si prepara a scagliare la freccia insieme agli altri. Risuona uno squillo di tromba.
229 CAMPO LUNGO
Da dietro i bersagli. Gli arcieri scagliano le frecce.
230 PIANO MEDIO ARCIERI
Cambio di posizione. Robin viene avanti, lancia uno sguardo al palco reale, poi scaglia la sua freccia.
231 PRIMO PIANO MARIAN
guarda fisso avanti, cercando di mascherare la tensione.
232 PIANO MEDIO ATTENDENTI
rimuovono le frecce dai bersagli.

A un certo punto si aggiunge una NOTA: Da quando Robin e gli altri entrano in gara, useremo particolari trucchi e angolazioni in modo tale da enfatizzare la velocità e l'impatto delle frecce. Se possibile, si faccia in modo che alcune frecce vengano scagliate direttamente in macchina, contro un cuscinetto appeso alla camera.
Come potete vedere, una sceneggiatura così scritta, è talmente tecnica, da risultare letterariamente illeggibile. E' precisa al dettaglio, anche se ipotizza delle possibili varianti e delle riprese particolari da studiare con i reparti specializzati. Quando un punto prevede due riprese, lo si scrive: TWO SHOTS, ma in genere un punto corrisponde a una singola ripresa. Il film (la realizzazione del film) è l'esecuzione di un piano predefinito minutamente in sceneggiatura. Cito per confronto la sceneggiatura di Psycho (1960), trascurando i numeri.

ESTERNO RETRO DEL MOTEL - CLOSE UP - GIORNO
Giunta sul retro del Motel, Lila esita. Guarda avanti.
CAMPO LUNGO- GIORNO
La vecchia casa si staglia contro il cielo.
CLOSE UP
Lila avanza
CAMPO LUNGO
La camera si avvicina alla casa
CLOSE UP
Lila dà un'occhiata alla reception tenendola sotto controllo. Riprende a muoversi.
CAMPO LUNGO
La casa è sempre più vicina
CLOSE UP
Lila alza lo sguardo sulla casa. Si muove avanti più decisamente.
SOGGETTIVA
La casa e il portico.

Sono passati più di vent'anni dall'epoca del Robin Hood, ma la forma della sceneggiatura è rimasta quella. Come si vede, lo script è già un piano montaggio.
Corrisponde cioè a ciò che si vedrà sullo schermo. Non ci si limita a descrivere una scena e l'azione in corso. Si descrive anche come verrà girata, inquadratura per inquadratura.
Nel cinema italiano si usa prevalentemente un altro modello di sceneggiatura.
Anzitutto si numerano le scene, non le sequenze o le inquadrature. Ad esempio, la scena precedente la si scriverebbe così:
SCENA X- RETRO MOTEL - Est. Giorno.
Lila sul retro del Motel guarda verso la casa. Controlla che la via sia sgombra e che nessuno la osservi dalla reception. Si avvicina alla casa.
Dal punto di vista del lavoro creativo, una sceneggiatura di questo genere lascia più libero il regista nelle proprie scelte, perché non lo vincola a priori a un certo numero e a un certo tipo di inquadrature. Dal punto di vista produttivo, questo tipo di scrittura della sceneggiatura, espone a delle incognite. Quanto tempo ci vorrà per girare quella scena? Non si può saperlo con certezza, perchè dipenderà anche da quante inquadrature sceglierà di fare il regista.
Viceversa, nel modello americano, il regista viene vincolato a un programma predefinito e la produzione è maggiormente in grado di tenere sotto controllo il film.
Lo sceneggiatore ha un problema diverso, sia da quello del regista che da quello del produttore. Lo sceneggiatore deve poter calcolare a colpo d'occhio, in pagina e dal numero delle pagine, quanto durerà sullo schermo ciò che scrive. Nel modello all'italiana, fino agli anni 80, nella stesura della pagina, si scriveva a due colonne.
Nella colonna di sinistra, le descrizioni, nella colonna di destra i dialoghi. Ad esempio (dalla mia sceneggiatura di una puntata della serie di film-tv Valentina):


SCENA 7. PISCINA (EST. GIORNO)
Una piscina lunga e stretta, con ninfee sulla superficie. Accanto alla piscina, vecchi spogliatoi.
In un angolo, ad un tavolino apparecchiato, siedono Alain (con panama) e Valentina. Hector, il maggiordomo, accanto a un carrello portavivande ingombro di vivandiere liberty in argento, é in attesa con una bottiglia di Chablis Premier Cru.


VALENTINA (ad Alain)
A lei non dà fastidio il sole?
ALAIN
Mi fa malissimo, ma non voglio vivere come un recluso... né durare troppo a lungo. Temo la noia più d'ogni altra cosa.


Hector gli versa un assaggio.
Alain assapora e approva con un cenno del capo.
Hector versa a Valentina e poi ad Alain.


VALENTINA
Perché non se ne va? Scusi la franchezza. Il posto è stupendo, ma non si può certo dire allegro.
ALAIN
Ci ho pensato molte volte. Purtroppo non ho nulla di mio. La villa, la macchina, persino gli abiti che indosso... é tutto dello zio Emile.
VALENTINA
Di lavorare non se ne parla, eh?


Questo tipo di modulo è piuttosto comodo per i reparti (che possono leggere le indicazioni trascurando i dialoghi), per gli attori (che hanno le battute a parte), per il regista e per altri membri della troupe che hanno in pagina degli spazi bianchi per le proprie note. Ma la comodità è anche per lo sceneggiatore: anzitutto questa forma della sceneggiatura gli consente di vedere graficamente, dalla densità delle rispettive colonne, l'equilibrio tra azione e dialoghi. In secondo luogo gli permette di valutare con una certa esattezza, per righe, la durata di una singola battuta. Infine di corrispondere pagina per pagina al format-durata complessiva del film.
Per una durata media di novanta minuti, un copione deve prevedere tra le ottanta e le cento scene. La lunghezza di una sceneggiatura scritta all'italiana è tra le novanta e le cento pagine. Se la mia sceneggiatura, indipendentemente dal numero delle scene, dura più di centoventi pagine, significa che sto scrivendo un film piuttosto lungo, che rischia cioè di sforare le due ore di proiezione. E' facile calcolare a vista con la scrittura all'italiana: ogni pagina corrisponde mediamente sullo schermo, a quaranta secondi. Ciascuna scena, deve durare mediamente un minuto. Se dunque scrivo una scena di tre pagine complete, so che ho scritto una scena di due minuti. A quel punto so anche che per corrispondere al ritmo visivo del film, sarà opportuno prevedere un cambio di scena, altrimenti quella scena, troppo prolungata, produrrà un'alterazione nella scansione e nell'equilibrio generale del film.
Quando invece si scrive una sceneggiatura "all'americana", cioé si numera per sequenze o addirittura per inquadrature, il calcolo del tempo/pagina medio, per uno sceneggiatore, si fa più complesso. Un "numero" può durare un secondo se l'inquadratura è un flash, o decine di secondi se l'inquadratura indugia su un'azione più estesa e/o se prevede un dialogo tra i personaggi. Ne consegue che una pagina di sceneggiatura numerata per inquadrature, non corrisponde a una durata predefinita.
La durata del film Le avventure di Robin Hood sopra citato, è di 102 minuti. La sceneggiatura include 410 punti. Il che vuol dire una media di 15 secondi per ogni punto. In realtà i punti da 228 a 232, sopra citati, in proiezione risultano della durata di una manciata di secondi. Mentre ci sono punti in cui dialogo e azione si prolungano per tre o più pagine e la durata complessiva non è facilmente deducibile a colpo d'occhio. Lo script non è dunque omogeneo.
In conclusione, usando il modello "all'italiana" il semplice passaggio da pagina a pagina mi funziona da metronomo, aiutandomi a restare sempre nel ritmo e nella durata complessiva del film, nell'istante stesso in cui scrivo. Usando il modello "all'americana" invece devo sviluppare un senso interiore del timing, calcolando
mentalmente ciò che con l'altro metodo vedo "graficamente" in pagina.
[Quella che ho chiamato "sceneggiatura all'italiana", in realtà non è un'invenzione nazionale, e sarebbe più corretto chiamarla "all'europea". Ad esempio Stanley Kubrick sceneggiava su tre colonne: una lasciata bianca per le note tecniche di regia, una per le azioni e la terza per i dialoghi.

La sceneggiatura de La Dolce Vita di Fellini, invece, è scritta a riga intera e numera sia le scene che le inquadrature. Ed esistono sceneggiature americane che pur scritte a riga piena, non numerano le sequenze o le inquadrature, ma soltanto le scene. Ad esempio, Rocky di Sylvester Stallone. I due modelli insomma non vanno considerati come obbligati, a volte si differenziano per una scelta di opportunità. In particolare per la numerazione, non è strettamente vincolante numerare per scene o per riprese].
Questa lunga spiegazione ha un interesse puramente storico, perchè oggi in Italia non si scrive più su due colonne, ma a riga completa, con i dialoghi al centro. Non si precisa (e numera) ogni singola ripresa o movimento di macchina, ma si cerca comunque, attraverso una scrittura più essenziale e più tecnica di tracciare un piano di lavoro già chiaro alla prima lettura. (E' qualcosa di molto simile alla sceneggiatura in uso nel fumetto italiano, quando l'autore del testo non coincide con il disegnatore.
Lo sceneggiatore di fumetti incorpora la figura del regista. Descrive dunque cosa si deve vedere in ogni singola vignetta e grosso modo come lo si vede vedere, cioè se in PP, in Campo Lungo, in Campo Medio, e con quale posizione rispettiva dei personaggi).

Sceneggiatura e costi del film
Queste modifiche del tradizionale stile all'italiana, possono sembrare puramente formali, ma segnalano in realtà un cambiamento profondo: dalla comodità per i "creativi", alla comodità per la produzione. Abbiamo insomma recepito, dopo l'ingresso in campo della televisione nella produzione cinematografica, l'istanza in primo luogo produttivistica del cinema americano. La forma della sceneggiatura corrisponde sempre più al progetto economico del film, a svantaggio della libera interpretazione del testo base. Si potrebbe anche dire: i rapporti di potere sono cambiati. Le esigenze di chi mette i soldi sono diventate più importanti di quelle di chi ci mette le idee.
Ogni cosa che si scrive ha un costo. Uno sceneggiatore non scrive soltanto nel rispetto di un format (mediamente, novanta-cento minuti di durata), ma del budget previsto. Vent'anni fa, un film medio affidato a un regista professionista, comportava almeno otto settimane di lavorazione, oggi questo tempo si è terribilmente contratto: se un regista ha a disposizione quattro settimane, già gli è andata bene. Dunque la sceneggiatura è sempre più vincolata al piano economico e deve poterlo garantire.

Questo è l'aspetto della scrittura cinematografica più difficile da imparare per uno sceneggiatore esordiente, perchè soltanto con l'esperienza ci si abitua a valutare il costo realizzativo di un'idea. Uno sceneggiatore esordiente ha in genere una visione mitica del cinema: crede di potersi permettere di tutto. Invece è il contrario: è in un romanzo (e da questo punto di vista,anche in fumetto) che ci si può consentire di tutto. Se io racconto l'incendio di Milano, a parole o disegnando, non mi costa nulla.
In un film invece non posso proprio raccontarlo senza un budget adeguato. Uno sceneggiatore cinematografico deve conoscere, prima di scrivere, quale impegno produttivo e finanziario sta a monte del film , e scrivere la storia in modo che sia possibile realizzarla con quei soldi. A volte anche in un film di notevole impegno economico può rendersi necessario che una scena particolarmente costosa sia bilanciata da altre che non comportano spese elevate.
Ora: come si fa a calcolare il costo di una singola scena? Non può essere fatto infallibilmente, perché le varianti da tenere in conto sarebbero troppe. A parte le ovvietà, per cui basta il semplice buonsenso (una scena con due persone che parlano sedute a un tavolo, costa ovviamente meno di una carica di cavalleria), ci sono delle indicazioni elementari cui spesso non si presta la dovuta attenzione, e che stanno già nella dicitura della scena. Ad esempio, confrontiamo queste due diciture:
Scena 1 - STRADA DI ROMA (Esterno-Giorno).
Scena 1- STRADA DI ROMA (Esterno-Notte).
Indipendentemente da ciò che scriverò nella scena, la seconda (cioè l'ambientazione notturna) costa di più. Di notte si lavora in genere in straordinario e l'apparato luci dev'essere più imponente. Dunque più scene notturne metto in un film, è più ne aumento i costi.
Scena 2- CAMERA DA LETTO DI AUGUSTO (Interno-Giorno)
Scena 2- CAMERA DA LETTO DI AUGUSTO (Interno-Notte)
In Interno, la differenza di costo tra giorno e notte si attenua, perché la scena notturna la si può anche girare di giorno, simulando la notte all'esterno.
Ciò non significa ovviamente escludere tendenzialmente gli Esterni Notte dal racconto, perchè comunque in un film è buona regola dare il senso dello scorrere del tempo e delle giornate, e una certa alternanza tra giorni e notti è indispensabile a una corretta narrazione. Però, da sceneggiatore, devo abituarmi a regolare questa alternanza, sapendo che in Esterni Notte non posso eccedere.

Un altro indicatore economico, sta nell'ambiente stesso e nella frequenza con cui appare. Se un singolo ambiente (la camera da letto di Augusto) torna diverse volte nel film, il costo si abbassa, perchè non è necessario spostare il set, né allestirlo di nuovo.
Si possono girare di seguito tutte le scene che si svolgono in quell'ambiente, con notevole risparmio di tempo. Ne consegue che più ambienti si mostrano in un film e più il film verrà a costare. Un film di 90 scene, in cui gli ambienti sono 70, costa molto di più di un film sempre di 90 scene, ma di 40 ambienti.
Il film muto americano del 1922 che abbiamo preso per riferimento al principio di questa lezione include:
-17 Esterni e 14 Interni.
-Ogni ambiente in Esterno prevede più riprese, fino a un massimo di 18.
-Ogni ambiente in Interno, fino a un massimo di 83.

In conclusione: anche se gli ambienti esterni sono più numerosi, le riprese in Esterno sono più fugaci di quelle in Interno. E la gerarchia tra le scene in Interno è più accentuata, cioè ci sono tre o quattro ambienti principali in cui vengono concentrate la maggior parte delle scene.
Non si tratta di una regola fissa: quel film ha un'impostazione più "teatrale" del normale, e all'epoca si preferiva girare in teatro di posa, perchè il teatro di posa era già a disposizione degli studios. Ma di base, ciò che va considerato è il costo economico dell'insieme e in particolare degli spostamenti. Dato che nel cinema d'oggi girare in studio costituisce spesso un costo aggiuntivo non sostenibile, si tende a preferire un ambiente reale. Cioè non una camera da letto costruita in un teatro di posa, ma una vera camera da letto in una casa reale da affittare per l'occasione. Ora: mentre in teatro di posa si possono costruire in un unico capannone anche ambienti di abitazioni (nel film) differenti, se si gira invece in ambienti reali, per passare da un'abitazione all'altra, la troupe si deve spostare, bisogna piazzare le luci da capo, montare e smontare il set. Tutto questo è tempo-denaro. Se io scrivo una scena in un interno che dura un minuto, e nell'ambiente della scena non torno più, perché lo vedo nel film una sola volta, questo minuto viene a costare parecchio alla produzione, perchè il tempo dell'allestimento del set non può essere ammortizzato. Allo stesso modo, più ambienti reali mostro, più ho esigenza di spostamenti della troupe, più di conseguenza diminuisco il tempo a disposizione per le riprese vere e proprie, e più alzo i tempi e i costi di realizzazione del film.
I telefilm hanno reso molto evidente l'importanza di un ambiente dominante. L'aula del tribunale in un telefilm di avvocati, le stanze d'ospedale in un telefilm di medici, la stazione di polizia in un poliziesco, sono ambienti dominanti. Cioè quello stesso ambiente ricorre nel maggior numero di scene. Questa non è una semplice scelta drammaturgica, è anche una scelta economica.
Insomma, uno sceneggiatore consapevole non può scrivere tutto quello che gli salta in mente, deve saper commisurare al budget le esigenze narrative. In generale, è bene che le scene costose siano anche assolutamente essenziali alla narrazione e ne coprano un arco adeguato in termini di minuti/racconto. Se pretendo che il produttore mi faccia costruire una strada d'epoca, con cavalli, carrozze, comparse in costume, e poi questo ambiente lo metto in scena una volta sola e per pochi secondi, mi faccio delle illusioni. La scena non verrà mai approvata, a meno che io non stia lavorando per un kolossal.
Il cinema digitale ha cambiato molte cose, in ordine ai costi, consentendo in genere notevoli risparmi. Tuttavia se scrivete una sceneggiatura per un film maker, al vantaggio di una troupe più piccola e manovriera, corrisponde lo svantaggio di un budget estremamente inferiore. Dunque il discorso da questo punto di vista non cambia, per la sceneggiatura. In un film a budget limitato, non bisogna eccedere in notti e in numero d'ambienti. Ed è bene scegliere alcuni ambienti doninanti nei quali concentrare il maggior numero di scene.
Ci sono poi Esterni che non sono né Notte, né Giorno, ma Albe o Tramonti, che si girano cioè in momenti di "luce di passaggio". Queste scene bisogna trovare il modo di condensarle, perchè il tempo a disposizione per le riprese è breve: la luce cambia in fretta. Se scrivo una scena all'alba in esterno con un'azione particolarmente complessa che nel tempo del film dura pochi minuti, ma che per essere realizzata richiede ore di lavoro, questa scena non potrà essere realizzata tutta nello stesso giorno.
Le scene esterne con complicazioni metereologiche, pioggia, neve o vento, costano di più perché richiedono apparati complessi e molto tempo a disposizione per essere girate. In un romanzo queste scene creano clima e sono fondamentali. In cinema lo sono altrettanto, ma come sceneggiatore devo sapere che una scena in un bosco sotto la pioggia, sarà quanto mai impegnativa sotto il profilo economico. Se il budget non lo consente è meglio che io rinunci all'idea. Una sceneggiatura cinematografica non può permettersi di essere velleitaria. Una sceneggiatura, qualsiasi sceneggiatura, di un kolossal o di un corto amatoriale, è la descrizione non soltanto di un'idea narrativa, ma di un progetto realizzabile.

 

Lezione: La Forma Della Sceneggiatura (2) - di Gianfranco Manfredi

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