Esercizi di presentazione del protagonista di una storia

* Esercizio di Vittorio Sossi

Modello 1: L’ingresso ritardato “dicono di lui”. Esercizio.

Il protagonista:

Protagonista della storia è una professoressa di italiano del sud in un liceo classico a Roma, che chiameremo Simona; vive da sola e ha instaurato uno splendido rapporto con i ragazzi. Non è vista di buon occhio dai colleghi più anziani per la sua scarsa attenzione alla disciplina. Ma è di carattere socievole e allegra, non si tira mai indietro nelle attività e ha saputo superare reticenze e convinzioni antiquate. Fino a quando si innamora di un ragazzo ripetente dell’ultimo anno e, quando si sparge la voce della relazione, viene mandata via dalla scuola. Nessuno prende le sue difese.
La storia inizia in questo momento. L’ideale continuazione è raccontare l’antefatto della relazione e alternativamente la prosecuzione.
Ispirazione e citazione dovuta la canzone di Ivan Graziani “Signorina”.

Informazioni che intendo dare.
- La protagonista è una professoressa relativamente giovane e sola.
- È stata cacciata dalla scuola a causa della sua relazione con questo ragazzo ventenne.
- La sua storia non è stata “leggera” come credono tutti.

Approccio 1: intervento di un co-protagonista che fa da collegamento fra il presente e il passato della professoressa.

Siamo nell’istituto scolastico, il primo giorno di assenza di Simona. Inizio delle lezioni..
Un supplente viene chiamato a sostituire Simona. Si informa in segreteria o dal preside, sui motivi e la durata dell’assenza. Ottiene alternativamente sorrisini e sottintesi, o reazioni sdegnate ma niente di chiaro. Si rende conto che l’insegnante è stata allontanata per motivi disciplinari.
L’insegnante di ginnastica, il classico provolone che ci prova un po’ con tutte e che ha ricevuto un garbato rifiuto da Simona, con un linguaggio molto colorito racconta che la professoressa “se la faceva” con un alunno ed è stata allontanata. Noi e il supplente potremmo farci l’idea di una squallida situazione. Ma nel cassetto dell’insegnante il supplente scopre di conoscere la donna, compagna di università e vecchia fiamma; il quadro che gli hanno delineato non corrisponde. Oltre al programma rinviene nel cassetto una lettera per il ragazzo: Raimondo. Evidentemente Simona non aveva avuto il coraggio di dargliela oppure l’aveva dimenticata lì.
Si reca in classe. Risponde alle domande dei ragazzi su quel poco che sa dell’insegnante e sul fatto che almeno per un po’ non tornerà; fa finta di non sapere nulla e saggia le reazioni. Consegna la lettera al ragazzo, solo e silenzioso, che va in bagno a leggerla.
Simona gli scrive che hanno sbagliato tutto, che la loro è una relazione impossibile in quanto infrange le regole: anche se il ragazzo ha vent’anni è pur sempre un suo alunno. Gli spiega che lei andrà via il giorno stesso e tornerà dai suoi in Calabria. Cercherà di dimenticarlo e di ricominciare ad insegnare. Mentre il ragazzo legge vediamo lei che fa le valige e si reca alla stazione.
Il ragazzo scappa di scuola e cerca di raggiungerla alla stazione, ma non arriva in tempo.
Raimondo viene sospeso e decide di raggiungere Simona. Il supplente insegue il suo amore perduto che cerca di rivivere nel ragazzo e i due partono per la Calabria e durante il viaggio si raccontano a vicenda di Simona.

Note: questo è il mio preferito. Possiamo farci un’idea di quello che è successo e delle reazioni nella scuola. L’intervento di Raimondo e del supplente controbilanciano le opinioni generali negative sulla professoressa. La limitazione è che in questo modo si dà già una direzione alla storia e che i due uomini potrebbero diventare più importanti della protagonista.

Approccio 2: La scena dell’ultimo giorno di scuola della professoressa viene vista attraverso i suoi occhi con telecamera in soggettiva. Simona è testimone in prima persona delle reazioni dello scandalo negli alunni e nei colleghi.

Inquadratura dalla finestra del bagno dei professori. Attraverso di essa si possono vedere e sentire gli alunni fuori che aspettano di entrare.
Intuiamo che è il primo giorno di scuola dai loro discorsi e dall’abbigliamento estivo. I ragazzi, soprattutto ragazze, parlano degli insegnanti. Nominano la professoressa di greco e latino e sappiamo che è anziana, severa e antiquata. Hanno paura di lei, lo esprimono con disappunto e termini coloriti. Del professore di ginnastica hanno invece le opinioni più sordide. Si chiedono come sarà il supplente di italiano quest’anno nella cattedra vacante. Fanno le ipotesi più bizzarre.
Sfumiamo.
Stessa inquadratura ma ora siamo in febbraio. Gli stessi ragazzi parlottano davanti all’entrata. Sono eccitati, divertiti ma anche sconcertati. Hanno solo un argomento e parlano della professoressa di italiano, Simona per l’appunto e della sua presunta relazione con Raimondo. Alcuni maschi fanno commenti grossolani e pesanti ma da smargiassi, non cattivi. Le ragazze esprimono opinioni più pungenti e contrastanti. Chi è delusa, chi sconcertata, chi cerca di capire. Finiscono comunque tutti a ridere sull’accaduto.
Arriva la professoressa di latino e il professore di ginnastica. Evidentemente hanno udito in parte i discorsi dei ragazzi. La professoressa di latino interviene decisamente in favore della collega. Sostiene con forza che si è trattato di un malinteso e che tutto verrà presto chiarito dal preside. Loro non devono permettersi di sparlare di un professore.
La telecamera si allontana dalla finestra e notiamo una borsetta sul davanzale.
Dalla porta del bagno entrano la professoressa di latino e un’altra professoressa. La borsetta sul davanzale non c’è più. La professoressa di latino è fuori dai gangheri. E’ infuriata. Inveisce contro Simona e capiamo che prima non ha difeso lei ma cercava solo di difendere l’onore della scuola. Uno dei bagni è chiuso. Bussano ma nessuno risponde. Concludono che sia fuori servizio. Esprime commenti taglienti mentre si lavano le mani. (tipo)
“Ti rendi conto! Approfittare della sua posizione, per abusare di un ragazzo…”
“Anni che insegno in questa scuola e mai e poi mai ho assistito ad una simile vergogna.”
La prima continua…
“Ho parlato con il preside e ci sarà un consiglio di istituto per discutere l’argomento”
“Mai e poi mai voglio vederla più insegnare… Sarebbe da denunciare…”
L’altra più giovane gli dà ragione senza convinzione. E’ più preoccupata della sorte di Raimondo
Le due escono e scopriamo che nel gabinetto chiuso singhiozzante c’è una donna che intuiamo sia Simona. Tiene in grembo la borsetta che era sul davanzale. Ha udito sia le opinioni dei ragazzi che dei colleghi. La donna fugge dalla scuola…

Note: Molto più drammatico. Far vedere direttamente a Simona le conseguenze della sua storia con Raimondo. Capire che qualsiasi cosa di buono abbia fatto è stata spazzata via e nessuno è pronto a prendere le sue difese. Toni forse un po’ troppo tristi. Manca l’ambiguità di giudizio e la condanna è quasi unanime.

Commento di G.M.

Il tuo spunto di partenza è interessante e lo svolgimento attento e vivace. Però c’è troppa carne al fuoco. E’ evidente che non ti è ancora perfettamente chiaro dove vuoi andare a parare con la storia e stai riflettendo su opzioni diverse. Il risultato è una partenza indecisa e che unisce opzioni molto differenti. La prima variante assegna, di fatto, il ruolo del protagonista al supplente. E’ lui (anche se non gli dai un nome, come se per te fosse solo uno “starter”) il vero motore/punto di vista della vicenda che ci conduce a Simona. I commenti del “coro” non sono uditi direttamente dal pubblico, ma dal supplente che fa dunque da tramite (narratore) tra gli stessi commenti e il pubblico. Il pubblico cioè non li ascolta “oggettivamente”, ma attraverso la percezione del protagonista. Questo insinua un dubbio sul seguito della narrazione: se infatti vuoi raccontare la storia di come il supplente cerca di riannodare un rapporto con Simona, e trova invece un’identificazione con Raimondo, allora l’inizio può anche andar bene. Se invece i riflettori della storia sono puntati su Simona e Raimondo, allora l’inizio non va bene perché il supplente ruba loro la scena. Il tuo inizio si presterebbe bene a un film che potrebbe essere persino intitolato “Il Supplente” perché la traccia è proprio questa: un uomo si trova a supplire ad una assenza (quella di Simona) cui lui non ha mai saputo fino in fondo supplire , perché non si tratta semplicemente di una collega, ma di una donna con la quale ha condiviso una relazione e che in qualche modo rimpiange. Inoltre, come insegnante, si troverà di fronte a Raimondo, corresponsabile della vicenda che ha provocato l’allontanamento di Simona. Certo il nostro insegnante non potrà mai, per Raimondo, supplire a Simona e dal canto suo il supplente come si rapporterà con il ragazzo? Da insegnante? Da rivale? Quali conflitti, non solo professionali, susciterà in lui il dover fronteggiare una situazione del genere? Ce n’è più che abbastanza per un film. Certo un film non facilissimo da scrivere, da condurre con grande attenzione psicologica, ma comunque molto interessante e fertile, che si potrebbe avvicinare, come genere e tipo di scrittura, all’”Ora di religione” di Marco Belloccio, con Sergio Castellitto, film che appunto intreccia due momenti: il rapporto individuo-società ( libero pensiero versus pregiudizi) e il ritratto psicologico del protagonista diviso tra istanze diverse (comprensione e rifiuto). Nella seconda variante che proponi (quella più drammatica e che vede subito sicura protagonista Simona, senza intermediari) secondo me indugi troppo al principio. E' più forte partire direttamente dal bagno e dalle opinioni espresse dalle insegnanti, per poi staccare su Simona che piange di nascosto e ha evidentemente udito tutto. E’ una scelta piuttosto coraggiosa quella di partire da un cesso, tu scegli un approccio più normale , dissimulando il bagno con una visione ( dalla finestra, in soggettiva) del cortile della scuola , inquadratura che ci chiarisce subito l’ambiente. Il fatto però che all'inizio gli studenti parlino di un'altra insegnante, ingenera equivoco e rallenta (è un doppio ritardo). E circa l’uso della soggettiva in apertura: questa è sempre una scelta molto delicata , nel senso di “estrema” e fortemente condizionante sul seguito. Appartiene a un altro modello che affronteremo più avanti, a partire da un esame dell’apertura, appunto in soggettiva, di Taxi Driver di Martin Scorsese. Prova invece a pensare che la scena parta proprio all’interno del bagno con le due insegnanti che si scambiano commenti mentre si lavano le mani o si rifanno il trucco allo specchio. Non sappiamo ancora che ci troviamo in una scuola, ma dai riferimenti sparsi nel dialogo, possiamo gradatamente intuirlo. L’ambiente relativamente neutro però (perché in teoria potrebbe trattarsi del bagno di un qualsiasi posto di lavoro) segnala implicitamente che la nostra storia non è poi così specificamente scolastica, che cioè un rapporto affettivo e/o sessuale tra una donna che riveste un ruolo “ufficiale” e un ragazzo molto più giovane che “dipende” in qualche modo da lei, viene socialmente censurato in generale, in qualsiasi ambiente di lavoro. E la relativa non neutralità dell’ambiente se si considera che è un cesso, rende visivamente quanto è implicito nel dialogo (e nel giudizio dell’autore) e cioè che certi pettegolezzi da mobbing e giudizi moralistici sbrigativi, liquidatori, sono appunto roba da cesso. Dunque anche la preoccupazione della seconda insegnante per il ragazzo deve suonare ipocrita (e il dialogo dovrebbe essere più preciso ed espressivo a questo riguardo). Non preoccuparti se i giudizi appaiono troppo concordanti. In questo genere di racconto è giusto che i giudizi per quanto con sfumature diverse, siano univoci, proprio perché certe condanne frutto di pregiudizio ( vedi “Sedotta e abbandonata” di Germi) sono unanimi. Come è evidente questo è un film completamente diverso da “Il Supplente”, inizia “sociale” e dunque l’inizio corale è assolutamente coerente, e prosegue ponendo al centro una questione di nuovo sociale di cui la vicenda privata di Simona e Raimondo è (deve essere) ritratto esemplare. In conclusione: nelle tue due opzioni racconti due storie diverse. La prima è la storia del supplente, la seconda è quella di Simona. Questo doppio possibile percorso, che pone lo sceneggiatore a un bivio , tra due scelte possibili, è molto utile a fare riflettere su quanto dicevo nella premessa sulla necessità di approfondire il personaggio protagonista. La scelta di chi deve essere il vero protagonista è preliminare . Usando il modello “corale” il protagonista sarà sempre e inevitabilmente la persona oggetto dei commenti. Ben altra cosa accade però se il coro ha un personaggio “giudice” alle spalle, perché in questo caso il protagonista è lui e non possiamo perdercelo per strada, anche il resto della storia deve venire raccontato attraverso di lui (“Il Supplente”). Il secondo possibile film è un tipico soggetto “liberal”, cioè da cinema civile, quale si ritrova ad esempio in un famoso film con Shirley McLaine e Audrey Hepburn che interpretano due insegnanti legate da un tenero affetto e censurate socialmente come lesbiche. Il film è Quelle due (The children’s hour) di William Wyler (1962). Quando si sceglie un tema civile, è onesto che l’autore si schieri chiaramente dalla parte del diritto individuale calpestato. Solo per vicende molto più intricate e complesse da giudicare è consigliabile esplorare l’ambiguità, le sfumature e in fondo la poca chiarezza umana nel saper distinguere e giudicare, cioè i limiti stessi del nostro giudizio. In altre parole, la scelta del protagonista e del punto di vista narrativo, è intrinsecamente legata al tipo di storia che vogliamo raccontare e al senso che vogliamo dare alla narrazione. Il protagonista esprime nel suo essere, nel suo comportarsi, nei suoi dubbi, nelle sue decisioni, il senso della storia. E’ questo che fa di lui il protagonista. Scegliere bene il protagonista, vuol dire aver chiaro il senso della storia. Ti consiglierei, per esplorare meglio le possibilità del tuo spunto, di considerare anche una terza possibilità che non hai finora contemplato, e cioè che il protagonista sia Raimondo. Leggi la seconda lezione che parte dal “Laureato” con Dustin Hoffmann (e magari guardati anche un altro bel film :”Grazie Zia” di Salvatore Samperi) e poi prova sulla base di questo modello a raccontare l’esperienza di un adolescente o di un ragazzo alla soglia della maturità che si innamora della sua insegnante e vive una storia con lei . In questo film, il coinvolgimento emotivo/sessuale del protagonista avrà inevitabilmente un ruolo molto più centrale che nelle due precedenti versioni, e il tema “sociale” verrà affrontato attraverso il tema del difficile trapasso tra adolescenza e maturità.

* Esercizio di Luca Barbie

Allego le prime due tavole di una sceneggiatura per fumetti scritta qualche tempo fa per una fanzine su internet e poi abbandonata. Seguo esattamente lo schema del “dicono di lui”, in quanto il protagonista (Michel Borderò) viene presentato attraverso le opinioni di alcuni suoi dirigenti, riuniti per discutere un “caso” curioso e pericoloso. Il mio intento era creare l’aspettativa di qualcosa di anormale in un contesto molto formale e quotidiano come un ufficio ministeriale.

COMMA17/P

TAV 1
L’intera tavola è dedicata alla discussione fra cinque persone (che verranno numerate dall’Uno al Cinque per attribuire i dialoghi). Sono cinque dirigenti ministeriali, perciò piuttosto attempati ma non vecchi, ben vestiti in completi scuri, molto austeri. Dialogano fra loro in modo concitato, con una certa animosità. Sono in piedi, in un corridoio, luogo inusuale per una discussione fra dirigenti e questo fatto, adeguatamente evidenziato dalla matita del disegnatore, dovrebbe incuriosire il lettore. La tavola è fitta di dialoghi e si contrapporrà idealmente alla tavola 2, che ne è invece del tutto priva. Non indicherò, vignetta per vignetta, le inquadrature da fare; essendo una tavola da “leggere” ho intenzione di lasciare al disegnatore carta bianca per le sue valutazioni. Il mio suggerimento è di insistere su piani americani di chi parla e di chi ascolta, dopo una vignetta d’insieme che funga da carrellata introduttiva.

Vig. 1
Uno: “In ventisette anni di carriera non ho mai visto una cosa del genere!”

Vig 2
Due: “E’…mostruoso! Potrebbe crearci seri problemi… problemi politici…!”
Tre: “Non esageriamo… ammetto, sì, che il fatto è curioso, ma da qui a crearci dei guai…”

Vig 3
Uno: “Stai scherzando? Se solo quel ragazzo sapesse di avere il diritto di parlare col sindacato…”
Tre: “Ma non lo sa! Si farà licenziare senza creare problemi, com’è giusto che sia…”

Vig 4
Quattro: “Dio benedica il comma 17/P!”
Due: “Lasciamo Dio fuori da queste cose…e comunque un po’ mi fa pena quel ragazzo… che prospettive vuoi che abbia, ridotto com’è? Con la sua…emmm… deformità?”

Vig 5
Tre: “Non sono affari nostri! Andrà per la sua strada e…”
Cinque: “Zitti! Eccolo!”

Vig 6
I Cinque ammutoliscono e si voltano verso un punto alle loro spalle che noi non vediamo.

TAV 2

Vig 1-2 (strip)
Dal fondo del corridoio vediamo avanzare un ragazzo di ventisei-ventisette anni, dall’aria giovanile ma col volto rabbuiato, preoccupato; è ben vestito ma non con abiti eleganti e costosi come gli altri. Tiene le mani in tasca. I Cinque lo osservano in silenzio.

Vig 3-4
Il ragazzo (si chiama Michel Borderò) si fa avanti; i Cinque si aprono, per farlo passare in mezzo a loro, ritraendosi, sempre in silenzio, come fosse un appestato.

Vig 5
Dal PV dei Cinque vediamo Michel di fronte ad una porta, di spalle. E’ la porta del Direttore, lo veniamo a sapere dalla targhetta in ottone che fa bella mostra di sé. Michel sfila la mano dalla tasca.

Vig 6
In un bel PP vediamo la mano, stretta a pugno, bussare alla porta. Ciò che non va è che le dita di quella mano sono deformi, molto grosse e tozze, come se al posto dell’ultima falange fosse cresciuto una sorta di timbro da affrancatura. Ma non abbiamo ancora la percezione di cosa sia.

La storia prosegue un flash back: in sintesi si viene a sapere che il nostro protagonista, vittima di un ignobile sfruttamento lavorativo, viene costretto a passare tutto il suo tempo in un oscuro ed enorme archivio a timbrare pratiche su pratiche, fino a che il suo stesso fisico non si adatta allo scopo e muta: le sue dita divengono timbri. A questo punto il soggetto è imbarazzante per il Ministero e viene allora “scaricato” e abbandonato a se stesso, sfruttando le pieghe del contratto e quel fantomatico comma 17/p da cui il titolo. La storia è un po’ kafkiana, ispiratami da racconti reali di miei amici e colleghi, ed aveva il dichiarato scopo di andare a scavare nel torbido mondo del lavoro atipico d’oggi giorno.

Commento di G.M.

In fumetto, rispetto al cinema, il movimento non c’è, va suggerito, e questo costituisce una differenza non da poco. In questo caso però tu mostri bene come un modello di origine teatrale, poi passato al cinema, si possa adattare anche a una storia a fumetti. In particolare nella prima tavola possiamo seguire sia la presentazione del protagonista invisibile e apprendere qualcosa di lui che stimola la nostra curiosità, quanto vedere e dunque presentare i personaggi che parlano di lui. Le differenze più sostanziali dal cinema si notano nella seconda tavola, quando cioè compare il protagonista.
In questo caso la tua presentazione usa in partenza una chiave cinematografica ( al cinema potrebbe trattarsi di una carrellata) , ma poi opera un’inversione di campo, con il protagonista di spalle e infine il dettaglio rivelatore delle sue nocche. Questo genere di inversione anche se abbastanza abituale , non sempre è un vantaggio, a volte può costituire un errore espressivo. Sarebbe sicuramente più efficace mantenere sempre, fin dal suo primo apparire, il protagonista di spalle. Questo fa aumentare il mistero su di lui, potrebbe persino far pensare che abbia un aspetto mostruoso, per poi rivelare dal dettaglio delle dita, di quale deformità si tratta. Lo vedremmo in volto soltanto dopo, quando entra dal Direttore. In fumetto una pluralità di punti di vista serve indubbiamente a risolvere un problema di movimento: non sarebbe né facile, né gradevole se tenessimo per un’intera tavola il protagonista di nuca. In cinema invece il movimento ci permette di rendere la sequenza più intensa sotto il profilo visivo.

Lezione di Gianfranco Manfredi  by www.gianfrancomanfredi.com (4/05)

 

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