♥ Cortometraggi
"Ho cominciato a fare regia proprio per caso, per non dover sottostare all'idea che un regista leggeva quello che io scrivevo senza capirlo".
"Lavorare con molti soldi o pochissimi soldi è la stessa cosa... è tutta una questione di saper raccontare una storia". (Regista di numerose pellicole horror, thriller e fantascientifiche, come: 1997: Fuga da New York (1981), La cosa (1982), Grosso guaio a Chinatown (1986), ... )
CONCORSO di CORTOMETRAGGI
“ILCORTO.IT Festa Internazionale di ROMA 2022“
Iscrizione: Gratuita - Scadenza: 30 NOVEMBRE 2022
Leggi tutto: Scade 30 Novembre 2022 “ILCORTO.IT Festa Internazionale di ROMA 2022“
Se un cortometraggio non può essere pubblicitario, i corti che venivano trasmessi in "Carosello" erano o no cortometraggi? Dal 1957, anno in cui nacque Carosello, per una legge allora vigente, la regola era che prima veniva trasmesso un filmato corto senza pubblicità della durata di circa 1 minuto e mezzo e poi circa 30 secondi di pubblicità vera e propria. Carosello portò una serie di innovazioni nel linguaggio televisivo pur rimanendo molto vicino alla cultura popolare. Era la nascente società dei consumi che con un messaggio rassicurante andava incontro alla massaia moderna ed all'uomo che doveva provvedere alla famiglia, pur in un contesto legato alla tradizione nazionale popolare. Chi furono i registi di quei corti (che erano chiamati sketch)? Sergio Leone, Pupi Avati, Ugo Gregoretti, Age e Scarpelli, Gillo Pontecorvo, ed anche Fellini. Visto che quei corti portavano tanta pubblicità e soldi, anche gli attori più conosciuti li fecero: Totò, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Virna Lisi, Dario Fo, Raimondo Vianello, Mina, Ernesto Calindri e tanti altri.
Ci scrive Giulia: " Salve, sono iscritta al vostro concorso il corto 2006, vorrei sapere: le nostre sceneggiature che state pubblicando sono protette dalla siae? oppure il primo arrivato ce le può rubare ed andarle a depositare? io ho depositato il mio corto ma non la sceneggiatura. "
I problemi della protezione sui diritti d'autore sono diversi.
1°) La pubblicazione sul nostro sito fa fede che, ad una certa data, una sceneggiatura è stata pubblicata da parte di un autore.
2°) Il deposito alla SIAE (che ha un costo), come l'autoinvio di una raccomandata a se stessi o la pubblicazione sul nostro sito (che non hanno costi), si equivalgono.
3°) Aver girato da una sceneggiatura un corto ed avercelo spedito è la prova tangibile che si è autori di quella sceneggiatura.
.... ma ....
ma occorre poco per "copiare l'idea" da una sceneggiatura, basta aggiungere qualche personaggio, toglierne un'altro, cambiare la location, modiicare le battute ed il gioco è fatto!
Ricordatevi che l'idea in sé non è brevettabile nè proteggibile in qualche maniera.
La stessa idea può venire anche ad altre persone, lo svolgimento del tema è ciò che diversifica un'opera dall'altra (per fare un esempio cinematografico, quanti film sono stati realizzati a partire dalla lettura di uno stesso libro? )
Quello che possiamo depositare deve essere un insieme di informazioni ben precise: dalla location ai nomi ed azioni dei personaggi, alle loro battute.
E la realizzazione del cortometraggio prima, ed il suo inserimento nel nostro "Archivio nazionale dei Cortometraggi" potrà sempre darvi una certificazione della data di realizzazione della vostra opera.
Buio, suona la sveglia, la spengo, poltrisco un po' a letto, poi mi alzo, vado in bagno, mi lavo, mi guardo allo specchio, faccio i miei bisogni fisiologci, vado in cucina, mi preparo accuratamente il caffè, lo bevo, poi vado in camera a scegliermi uno per uno i vestiti, mi vesto, poi esco....
Ecco la mia bella idea!!!! e con tutto questo, una volta girato e montato sono passati almeno 5 minuti.
Così posso fare un cortometraggio che può arrivare a durare anche 1 ora.... riesco cioè a fare quasi un film....!
Non stiamo scherzando, mentre scrivo sto vedendo un filmato che è arrivato a quasi 10 minuti ed è successo tutto quello che vi ho detto ed in più, l'attore principale dopo aver fatto un giro fuori casa è rientrato e sta girovagando per casa.... passano le ore, e non succede niente!
Il tutto senza nemmeno una parola e senza accompagnamento musicale....
Penso di fare un collage con tutti gli spezzoni di cortometraggi che ho visto dove le varie persone si alzano dal letto e vanno in bagno, a lavarsi, a guardarsi in modo inespressivo allo specchio, a farsi la barba, a pettinarsi i capelli, a truccarsi, oltre che fare i bisogni corporali naturali....
Tornatore ha fatto il collage di baci, io farò quello delle abluzioni....
Ma è proprio sempre necessario inserire queste scene??? pensiamoci bene due, tre volte, e poi se non assolutamente necessarie, togliamole dalla sceneggiatura!
Riportiamo da Wikipedia, l'enciclopedia libera: "Un cortometraggio è un film la cui durata normalmente non supera i 30 minuti complessivi (al festival di Clermont-Ferrand, il più importante per i cortometraggi, la durata massima ammessa è di 40 minuti). I corti - come vengono chiamati in gergo - derivano il loro nome appunto dalla lunghezza della pellicola, a sua volta definita nel linguaggio cinematografico appunto "metraggio" (che nei normali film solitamente ammonta a svariate migliaia di metri in relazione al tipo di pellicola ed alla durata del film stesso)." Allora, andiamo a precisare: per la normativa italiana, si chiamano cortometraggi tutti i filmati (non pubblicitari) di lunghezza inferiore a 75 minuti!!!
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera (che fa anche riferimento al nostro sito).
Un cortometraggio è un film di durata contenuta, normalmente non superiore ai 15 minuti complessivi. I corti - come vengono chiamati in gergo - derivano il loro nome appunto dalla lunghezza della pellicola, a sua volta definita nel linguaggio cinematografico appunto "metraggio" (che nei normali film solitamente ammonta a svariate migliaia di metri in relazione al tipo di pellicola ed alla durata del film stesso).
I cortometraggi sono spesso utilizzati per rappresentare le varie tipologie cinematografiche (commedia, thriller, ecc) con uno stile asciutto e del tutto particolare che può ricordare da vicino la prima era del cinema e il modello espressivo di alcuni dei suoi più illustri esponenti, ad esempio quello di Buster Keaton.
Alcuni cortometraggi rappresentano un filone del cinema di animazione, attraverso cui giovani artisti e cartoonists esprimono varie forme di rappresentazioni ed animazioni secondo gli stili più diversi ed innovativi.
Dopo una lunga parentesi di stasi creativa e scarsità di produzioni, dovuta forse alla maggiore attenzione riservata alle produzioni commerciali, i corti sono stati ampiamente rivalutati già a partire dagli anni Ottanta anche con l'istituzione di numerosi concorsi e mostre cinematografiche esclusivamente a loro riservati.
Il metraggio è la lunghezza della pellicola cinematografica espressa in metri. In base al metraggio avviene la classificazione del film in lungometraggio, mediometraggio e cortometraggio.
Esiste una precisa relazione tra la lunghezza della pellicola e la durata di proiezione ed il metraggio viene normalmente designato da quest'ultima;
* per la pellicola in formato 35 mm, proiettata alla normale frequenza di 24 fotogrammi/secondo, un minuto di proiezione corrisponde a 27,36 m ed un'ora a 1641,60 m.
* per quella di formato 16 mm, un minuto corrisponde a 10,97 m ed un'ora a 658,2 m.
Un film indipendente è un film prodotto senza l'intervento di una grande casa di produzione (come ad esempio una delle majors di Hollywood). Può anche essere autoprodotto dal regista o coprodotto da privati, da alcuni degli attori, o da istituzioni locali (come le film commission).
Le caratteristiche principali di questi film, detti comunemente "indie", sono essenzialmente due: il basso budget e la completa libertà espressiva lasciata al regista, cosa questa che solitamente spaventa i grandi studi, che preferiscono evitare i film sperimentali per concentrarsi su progetti più sicuri e remunerativi. Inoltre, difficilmente uno studio affida un film del costo di svariati milioni di dollari ad un regista esordiente, specie se ha intenzione di utilizzare attori sconosciuti.
Un grande impulso ai film indipendenti si ebbe a metà degli anni 80 con le prime videocamere, e più recentemente con i modelli digitali, che hanno permesso a schiere di giovani registi di evitare i costi proibitivi delle pellicole 35 mm, dei noleggi delle attrezzature, della stampa dei negativi, etc. Anche la fase di post-produzione è ora molto più economica, grazie al significativo aumento delle prestazioni dei personal computer, all'introduzione dei Dvd e al contemporaneo sviluppo di software semi-professionali sempre più sofisticati (utilizzati per il montaggio, la correzione del colore, i titoli di testa, etc.).
L'aumento del numero di film indipendenti, soprattutto dei cortometraggi, ha portato alla nascita di una moltitudine di festival a loro dedicati. Fra di essi anche l'ormai famoso Sundance Film Festival fondato da Robert Redford. I film vincitori di questi piccoli festival, finiscono spesso per essere acquistati dai distributori internazionali, e quindi portati all'attenzione dei cinefili di tutto il mondo.
La crescente popolarità degli "indie", ha costretto recentemente gli studi di Hollywood a creare delle piccole filiali per poter entrare a loro volta in questo nuovo mercato. Di conseguenza, oggi, non è più così netta la differenza fra ciò che è realmente indipendente e ciò che non lo è: per fare un esempio, il film Eternal Sunshine of the Spotless Mind, noto in Italia come Se mi lasci ti cancello, del 2004, considerato un film indipendente, vanta un cast che non sfigurerebbe in un grande blockbuster, la sceneggiatura di un autore pluripremiato, e un budget iniziale di decine di milioni di dollari. D'altra parte, attori di fama internazionale sono molto attratti dal fenomeno indie, tanto da arrivare ad autoridursi il compenso pur di prendere parte ai progetti più interessanti.
Per capire meglio il mondo del cortometraggio abbiamo fatto qualche domanda a chi si occupa di cortometraggi da oltre 15 anni, Brunella Audello e Vittorio Dabbene, che hanno dato vita nel 1989 all'associazione culturale “Kino Kinino”, con la produzione di un cortometraggio intitolato “Il fascino indiscreto dei Lumiere”. Brunella e Vittorio fanno coppia anche nella vita oltre che nella passione per il cinema; all’interno della loro sede si possono ammirare riviste riguardanti gli anni d’oro del cinema e cimeli cinematografici che ripercorrono a ritroso la nascita delle “immagini in movimento” .
Come nasce un cortometraggio?
Da una piccola idea, una frase ascoltata, un qualcosa di letto o visto per strada, di solito si ha in mente l'inizio (quello che in gergo di sceneggiatura si chiama "Il conflitto") poi si pensa ad un finale interessante che dia un significato alla storia, infine la parte più difficile collegare l'inizio con il finale attraverso uno sviluppo logico e interessante (si spera).
Perchè fare cortometraggi?
Non li consideriamo come una sorta di esercitazione per poi passare al lungometraggio ma come opere a se stanti, il cortometraggio ha una sua logica e una sua struttura ben precisa, privilegia l'idea di partenza e la sua lunghezza limitata consente un ritmo diverso dal lungometraggio. E' indubbio che con risorse economiche limitate il "corto" riesce a sopperire maggiormente certe carenze. In un "lungo" la storia e la recitazione hanno quasi sempre delle cadute e queste in un film ad alto budget possono venire attutite da scelte tecniche (riprese particolare, effetti, location ambiziose) a basso budget questo non è possibile.
Due parole sul montaggio?
Non ci sono criteri precisi per il montaggio (si può scegliere il montaggio lineare, la storia fluisce dall'inizio alla fine non alterando tempi e spazi, si può scegliere il montaggio alternato o parallelo e la storia segue una o piu' vicende parallelamente fino a giungere ad una conclusione comune, si può procedere con flash back o altro ancora comunque è la storia che decide il montaggio, lo si decide già prima delle riprese, anche se a volte poi si può ancora cambiare idea (in tutto o in parte) durante il montaggio stesso. Un montaggio alternato mette in maggiore difficoltà lo spettatore, il quale in un primo tempo stenta ad entrare nella storia e necessita quindi di maggiore attenzione, il pericolo è che si esageri e non si equilibri bene il montaggio costringendo gli spettatori a rinunciare a seguire la storia.
da: http://www.quitalia.it/article.aspx?id=24853
È The Long Goodbye a spuntarla come miglior cortometraggio agli Oscar 2022 (qui per tutti i vincitori). Il cortometraggio drammatico musicale del 2020 diretto da Aneil Karia e interpretato da Riz Ahmed, Hussina Raja, Javed Hashmi e Sudha Bhuchar ha battuto la concorrenza.
Prima degli Oscar tanti premi per The Long Goodbye
Il cortometraggio aveva già all’attivo la vittoria per miglior corto ai British Independent Film Awards del 2021, quella di corto dell’anno ai London Critics Circle Film Awards 2021, il Best Live-Action Short 15 Minutes and Under a Palm Springs International ShortFest 2021 e, infine, anche la vittoria come miglior corto al South London International Film Festival 2020.
La sinossi
Riz e la sua famiglia sono nel bel mezzo di una tipica giornata di famiglia nella loro casa, mentre una marcia di estrema destra si svolge sulla televisione in sottofondo, che alla fine arriva alla loro porta d’ingresso, portando a un risultato devastante.
Il cast di The Long Goodbye, corto vincitore agli Oscar
Di seguito il cast del cortometraggio di Aneil Karia:
- Riz Ahmed interpreta Riz
- Hussina Raja interpreta Aminah
- Javed Hashmi interpreta Padre
- Sudha Bhuchar interpreta Madre
- Rish Shah interpreta Karim
- Ambreen Razia interpreta Aisha
- Taru Devani interpreta Khadija
- Reynah Rita interpreta Sana
- Nikkita Chadha interpreta Amico
- Asmara Gabrielle interpreta Fatima
- Marissa Hussain interpreta Farheen
- Leon Ung interpreta Nas
Dove vedere il cortometraggio
Il corto è stato pubblicato su Youtube il 6 marzo 2020 sul canale di Riz Ahmed.
Un cantante neomelodico e un rapper stavano girando senza autorizzazione, in un’area non trafficata alla periferia di Bari, un videoclip musicale in cui veniva simulato l’assalto a un furgone portavalori, con tanto di pistole finte e passamontagna, quando sono arrivati i carabinieri e hanno bloccato le riprese. I carabinieri si sono trovati di fronte a un furgone affiancato da due auto e due moto. Tutt’intorno c’erano 15 persone e il regista del video che sarebbe stato pubblicato su Youtube. In un’auto i militari hanno trovato anche tre pistole giocattolo prive di tappo rosso, e un drone per le riprese. Tutti i veicoli e il materiale per il video sono stati sequestrati, e dell’accaduto è stata informata l’autorità giudiziaria. L’ipotesi di reato è istigazione a commettere un delitto.
Articolo da ANSA
Le moderne serie TV dei colossi dello streaming sono considerate ormai da qualche anno all’altezza del grande cinema d’essai da un pubblico sempre più vasto, fatto in maggior parte di giovani e giovanissimi. Quanto c’è di vero? Dopo aver visionato (a fatica) alcune serie tv cult come Breaking Bad, Black mirror, Suburra e molte altre, ho maturato una certezza: le serie tv in streaming sono prodotti, come dice il nome, televisivi e poco o nulla hanno da spartire con il cinema d’autore.
Sono prodotti ben confezionati, a volte bel recitati dagli interpreti, a volte splendidamente fotografati, ma mediocri da molti altri punti di vista. Basterebbe soffermarsi solo su uno di questi punti, il meccanismo di scrittura seriale, ripetitivo e basato su schemi facilmente codificabili per tenere agganciato il pubblico su un periodo più lungo, per chiudere il discorso. La scrittura e il racconto di un film d’essai riuscito trova la sua massima potenza proprio quando è capace di esprimere in un tempo limitato, non seriale, una serie di caratteri e di storie che hanno nel dono della sintesi la loro profonda verità. Non si possono esprimere verità in serie. La verità è sempre coincisa e sintetica, e fulmina chi la guarda direttamente in faccia. Le serie tv in streaming proposte dai colossi americani sono l’equivalente “moderno” dei telefilm della Fininvest degli anni novanta, l’evoluzione di Dallas e di Beautiful. Sono insomma prodotti televisivi per passare una serata senza impegno, ma che non attraggono l’attenzione di chi ha amato i film dei grandi Autori del cinema, di chi è interessato al cinema come forma d’arte e di linguaggio d’avanguardia, sempre in trasformazione.
E’ quello che hanno provato a promuovere tutti i movimenti cinematografici di questo secolo, dalla Nouvelle Vague al Free cinema, ma a quanto pare la maggior parte del pubblico rimane sempre succube di mode passeggere e di prodotti di facile consumo, creati da chi dispone di gigantesche risorse pubblicitarie e di potere mediatico. Di queste mode, oggi, non rimane nulla, a parte la nascita delle nuove.
L’operazione discutibile non è realizzare e proporre le serie tv in streaming ad un certo pubblico, ma, con l’ausilio di alcuni degli stessi autori cinematografici in attività, di enormi budget pubblicitari e di uno strampalato linguaggio pubblicizzato come “moderno”, imporsi all’attenzione del pubblico di massa come il nuovo cinema d’autore. Un pubblico a cui non è mai stata la possibilità di conoscere a fondo e considerare il cinema come un’arte estremante seria, al pari della pittura o della letteratura.
Ma con Breaking Bad, Black mirror, e altra roba del genere non c’è la faranno mai, almeno che la serie non si chiami Twin Peaks e il regista sia David Linch. È un progetto troppo a breve termine, pensato solo per incassare i milioni e creare mode passeggere. Questo tipo di progetti hanno vita breve, mentre chi ci crede davvero in una forma espressiva non ha limiti temporali.
Le nuove serie dei colossi americani dello streaming sono l’equivalente del “finto” cinema d’autore italiano degli ultimi 40 anni che ha messo in fuga il pubblico dalle sale. Non sono altro che un saccheggiamento di grandi film della storia del cinema, manipolati e degradati ad un linguaggio più semplice e stereotipato che così presentati possono avere la possibilità di arrivare al più vasto pubblico possibile, anche a chi non ha mai visto un film d’autore ma solo telegiornali e fiction Rai. Le serie tv più oneste sono quelle che si presentano per quello che sono senza travestimenti: una fiction trasmessa in streaming piuttosto che sulla Rai.
L’obiettivo è semplicemente fare più soldi possibile senza alcuno stile originale e nessuna vera importante motivazione personale: guardando i primi minuti si capisce benissimo che i registi e gli autori lavorano in modo “professionale” ma non credono davvero alla storia che stanno raccontando, si tratta più che altro di dare una resa estetica, una prestazione tecnica, attoriale, fotografica di buon livello.
È una furba rivendita commerciale su scala globale di frammenti adattati di opere, autori e menti illuminate ad un pubblico globalizzato da decenni che le ignora e non le ha mai conosciute. La scuola non ha mai avuto il coraggio di istituire corsi di cinema nei licei, le università sono dei musei che puzzano di muffa abitati da professori che sembrano usciti dal museo delle cere o dal sarcofago di una piramide.
Il pubblico ignora la Storia del cinema che ha lasciato il segno, i film d’autore e i film indipendenti che rendono vivo lo scenario contemporaneo, anche perché queste opere spesso sono introvabili. Provate a cercare un nome come Chaplin, Bergman o Fellini, o qualunque altro grande regista che sia un pezzo della storia del cinema su Netflix e vedrete i risultati: il nulla assoluto.
Per fortuna ci sono realtà come Mubi che provano a proporre, seppure in maniera piuttosto limitata, i film che vale la pena di guardare, il cinema per chi ama il cinema e non guarda i film d’autore solo per dimostrare agli amici che è un “intellettuale” e far parte del mondo “radical chic”, ma che si diverte davvero a scoprire le molteplici forme di quest’arte.
Molte persone pensano che le serie siano la fonte originale delle invenzioni di cui vengono infarcite. Eppure basta uno sguardo più attento per vedere la piattezza registica, la puzza di finto, l’impersonalità narrativa che hanno in comune, che sembra creata da un unico algoritmo. Ma in futuro potrebbero essere capaci di inventare un algoritmo che faccia anche da pubblico.
La vera cinefilia brucia sotto la cenere? Un folto gruppo di autori indipendenti, che anziché fare gli impiegati dell’Industria della serie in streaming hanno deciso di seguire liberi percorsi di ricerca artistica, potrebbero essere la risposta per un nuovo e indipendente cinema d’essai contemporaneo.
di Fabio del Greco per OltreCinema.it
Inizia a guardare film indipendenti in streaming su Indiecinema
Spesso mi chiedono come si fa a trasformare una idea in un cortometraggio. Oppure come si fa a trovare la "migliore" idea per un cortometraggio. O come creare un cortometraggio partendo da una delle tante idee che si ha in testa. La risposta è difficile, ma allo stesso tempo facile: non esiste la storia migliore di tutte. Ognuno ha in mente tante idee, tante visioni, tante storie, brevi o lunghe, tanti ricordi... Ma raccontare qualcosa in maniera filmica ha, in linea di massima, una struttura abbastanza rigida da seguire. Tutti noi vorremmo realizzare un piccolo grande capolavoro, raccontare una bella storia, che colpisca chi la vede. Ma non esiste una storia migliore in assoluto.
Vogliamo segnalare la possibilità di vedere in rete uno dei primi lavori del cineasta francese Alain Resnais. Si tratta del documentario d'arte dedicato a Vincent Van Gogh al quale proprio l'Academy assegnò nel 1949 l'Oscar per il "miglior soggetto di cortometraggio in due bobine" a Gaston Diehl e Robert Haessens. Curioso notare che nel data base dell'Academy Awards il nome del regista Alain Resnais, nel risultato della ricerca collegata al corto, non compaia, ma le categorie degli Oscar non ammettono romanticismi.
Il breve film di Resnais su Van Gogh (1947) è quello che si potrebbe definire un "critofilm", citando Ragghianti (http://www.treccani.it/enciclopedia/critofilm(Enciclopedia-del-Cinema)/), ma al di là di qualsiasi inquadramento teorico, la visione del cortometraggio è un vero e proprio viaggio di esplorazione, volutamente in bianco e nero, nelle opere dell'artista olandese interpretate alla luce della sua biografia. La voce off di Claude Dauphin e la musica originale di Jacques Besse ci accompagnano dagli inizi nel paese natale Neuen, fino all'arrivo a Parigi con gli incontri con Seurat, Lautrec, Gauguin e poi nei momenti più drammatici della sua vita, fino alla fine.
dall'articolo di Alessia Moretti per https://news-town.it/
Un video per far conoscere il senso di smarrimento di chi è affetto da una malattia degli occhi che lo porterà alla cecità. Condizioni rare per cui i progressi della ricerca sono un raggio di sole. Paura, spaesamento, sgomento. Sono i sentimenti portati sullo schermo da Gabriele Mainetti, regista di “Lo chiamavano Jeeg Robot”, protagonista del video “In the woods”, ideato per far conoscere al pubblico la condizione di chi è affetto da una malattia rara degli occhi.
“E' questo un ambito in cui sono ancora molte le risposte che i pazienti attendono”, spiega Paolo Rama, Primario dell'Unità Operativa di Oculistica – Cornea e Superficie Oculare dell'IRCCS Ospedale San Raffaele.
“Malati che vanno tutelati e sostenuti nel loro diritto all'accesso all'innovazione, sia in campo diagnostico sia terapeutico”, sottolinea Francesca Moccia, vice Segretario Generale Cittadinanzattiva. Il video e la campagna social #fightforlight sono sostenuti da Dompè, azienda farmaceutica impegnata nella ricerca sulle malattie rare, proprio per aumentare la conoscenza e la consapevolezza sulle condizioni di questi pazienti in vista della giornata mondiale sulla malattie rare che si terrà il prossimo 28 febbraio.
Una delle risposte che i malati aspettano – un raggio di luce, come vengono definiti i risultati della ricerca nel cortometraggio - potrebbe arrivare a breve a partire dagli studi condotti da Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la Medicina per la scoperta del fattore di crescita neurotrofica, Ngf, una proteina naturalmente prodotta dal corpo umano, responsabile dello sviluppo, del mantenimento e della sopravvivenza delle cellule nervose. L’intuizione di usare Ngf per curare alcune patologie che colpiscono la cornea è stata proprio di Rama, che alla fine degli anni Novanta provò a trattare una piccola paziente che rischiava di rimanere cieca con la proteina della Montalcini, mai usata fino a quel momento per la cura degli occhi. Da quella prima esperienza sono passati venti anni: i ricercatori hanno continuato a studiare per capire quante e quali malattie si potevano trattare con Ngf e hanno incontrato un'azienda, Dompè, che ha investito per far diventare quell'intuizione una terapia.
“Diversi studi sono stati condotti, con risultati molto buoni, per il trattamento delle ulcere da denervazione della cornea, condizione che può essere causata da diversi fattori: dall'abuso di farmaci o di lenti a contatto fino alle forme congenite, passando per le infezioni più comuni”, va avanti Rama. “Il più delle volte non si hanno le manifestazioni gravi, come quelle che abbiamo studiato noi; ma quando succede il paziente rischia la cecità”. Per questi malati rari al momento non ci sono che dei palliativi, si può bendare l’ulcera o chiuderla con un intervento ma il più delle volte, quando si chiude, rimane un’opacità che impedisce una visione piena. Le cose però presto potrebbero cambiare: “L'Ngf potrebbe rappresentare una vera innovazione in determinati ambiti dell’oftalmologia”, conclude Rama.
di LETIZIA GABAGLIO per repubblica.it
“I film nascono prima nella mia testa, muoiono sulla carta, vengono risuscitati dai soggetti viventi e dagli oggetti reali che uso, che vengono uccisi sulla pellicola ma, posti in un certo ordine e proiettati su uno schermo, prendono vita ancora una volta come fiori nell’acqua”. (regista e sceneggiatore francese, riconosciuto maestro del minimalismo, iniziò la sua carriera come pittore e fotografo, per poi approdare nel mondo del cinema, nel 1934 realizzò il suo primo film, il mediometraggio Les affaires publiques, che non uscirà mai nelle sale; nel 1951 girò il famoso e spirituale Il diario di un curato di campagna, tratto dall'omonimo romanzo di Georges Bernanos).
Che cosa vuol dire precisamente “Mostrare”?
Si dice che uno scrittore “mostra” quando usa azioni, immagini e dettagli per illustrare ciò che succede piuttosto che utilizzare una spiegazione o un racconto. Lo stesso Anton Čechov ci ha lasciato una frase piuttosto esplicativa: “Non dirmi che la luna splende, mostrami il riflesso della luce nel vetro infranto.”
Vediamo un esempio:
Se scriviamo: “Isabella era così spaventata dai gabbiani che voleva urlare ogni volta che ne vedeva uno”, abbiamo raccontato che cosa succede. Al contrario se scriviamo: “Mentre il gabbiano si avvicinava, Isabella premeva la schiena sudata contro il sedile della barca. Anche se era ancora lontano era come se quello sbatter d’ali le togliesse l’aria dai polmoni”, abbiamo mostrato quello che Isabella sente attraverso il suo stesso comportamento.
I dettagli ti aiutano a mostrare in modo efficace
Innanzitutto scegli i dettagli più significativi. Per esempio, se vuoi mostrare un personaggio che ama il trucco, invece di dire semplicemente dire “che ama il trucco”, potresti inserire una scena all’interno della sua stanza in cui il lettore possa vedere tutte le palette, le spugnette, i faretti, gli specchi, i piegaciglia che ha per questa sua passione.
L’ambiente è essenziale
Quando vuoi mostrare un luogo tetro non devi dire cose del tipo: è inquietante e sinistro, ma descrivere ragnatele, buio, suoni striduli. Puoi anche usare il punto di vista di uno dei personaggi per mostrare le impressioni di chi è sulla scena. In questo modo il lettore può vivere gli eventi dall’interno.
Fai attenzione al linguaggio dei personaggi
Come sappiamo, il dialogo è un ottimo modo per lasciare che un personaggio si autodefinisca. Se hai un personaggio arrogante ed egoista, potresti fare in modo che qualcuno gli chieda una piccola gentilezza e che lui rifiuti in modo maleducato. Cerca di scrivere una battuta in una scena, invece di scrivere “il tal personaggio è scortese”.
Questo consiglio è importante anche perché non devi mai etichettare le azioni e le emozioni dei tuoi personaggi come buone o cattive. Sarà il tuo lettore, a seconda della sua sensibilità, a farlo.
Come controllare il testo
Potresti fare una lista di parole che descrivono le emozioni: felice, arrabbiato, depresso. Poi fai una ricerca automatica per individuare ognuna di queste e quando le trovi prova a cambiare le frasi o i periodi nei quali sono contenute perché è molto probabile che tu stia raccontando invece che mostrare.
Potresti chiederti, sempre tenendo conto del punto di vista di chi sta raccontando la storia, come potrebbe apparire un personaggio che è triste. Prendi un foglio e scrivi tutto quello che ti viene in mente, dopodiché scegli dettagli e frasi efficaci che possano rappresentare quello stato d’animo.
di ERICA STORI MEZZACQUI per https://ericastorimezzacqui.com/
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Questo in cui viviamo è il secolo della comunicazione tramite le arti visive. Il cinema, nelle sue due forme di lungometraggio e cortometraggio, è la sintesi delle collaborazioni di molte singole arti: come si può prescindere dalla scrittura alla fotografia, dalla musica alla recitazione nella creazione di un film, lungo o corto che sia? Gianni Minelli è un artista che si è avvicinato a quest’arte poliedrica ed ha saputo catturare fin da subito l’attenzione sia del vasto pubblico che della critica con i suoi molteplici lavori. Ha saputo raccontare le bellezze dei luoghi del nostro mondo con i suoi numerosi documentari messi in onda in varie televisioni internazionali. Come regista ha girato sia lungometraggi che numerosi cortometraggi che sono stati proiettati e premiati in vari concorsi nazionali ed internazionali. Della numerosa produzione di Gianni Minelli ricordiamo il documentario girato con il suo amico Lucio Dalla alle isole Tremiti; il cortometraggio “Il mio Fellini” per ricordare, assieme a Tiziana Callari, assistente di Fellini, il grande maestro; e non ultimo, insieme a Renato Francisci presidente dell'associazione ILCORTO.IT, l’organizzazione del festival “Primi Passi” voluto fortemente da Tonino Guerra che, nello scenario della piazza principale di Pennabilli ha premiato personalmente i vincitori dei migliori cortometraggi in proiezione.
Ciak, si gira! Oggi vi porto su un set cinematografico, un'esperienza davvero unica per tutti gli appassionati della Settima Arte, indipendentemente dalla bellezza o meno di quello che sarà poi il film in corso di realizzazione.
All'inizio c'è un gran caos, tante persone e confusione, ma al momento in cui si comincia a girare una scena (spesso più di una volta) e si accendono luci, microfoni e telecamera, domina un silenzio assoluto: ognuno rispetta anche quelle regole non scritte in nessun copione, fatte di educazione e rispetto reciproco.
Siamo a Roma, quartiere Aventino, dove si stanno girando alcune scene di Ti ricordi di me?, il nuovo film di Rolando Ravello che dopo il grande successo ottenuto la scorsa stagione con Tutti contro tutti, suo esordio alla regia, ha deciso di continuare su quella strada oltre a fare l'attore.
I protagonisti sono Ambra Angiolini ed Edoardo Leo che interpretano la storia d'amore di due disagiati, Bea e Roby, due personaggi naif a metà tra favola e pazzia che incontrandosi per caso dalla stessa psicoanalista, tra momenti molto divertenti, riusciranno a completarsi, a perdersi e poi a ritrovarsi.
I due attori hanno già lavorato insieme portando nei principali teatri italiani la pièce firmata da Massimiliano Bruno da cui è stato tratto questo film, prodotto da Lotus Production e Rai Cinema e distribuito da 01 Distribution.
La scena che ho visto girare di questo film (che vedremo la prossima primavera) che è anche un piccolo compendio sull'umanità, si è svolta tutta all'esterno, sotto il sole bollente di questi giorni, ma la Angiolini e Leo, coperti da cappotti e vestiti invernali, non hanno fatto una piega se non qualche simpatica battuta ogni tanto in dialetto romano.
Ci siamo poi spostati nel vicino Giardino degli Aranci da cui si gode una delle viste più belle della Capitale...
...e poi tutti insieme a pranzo, perché si sa, ogni set è come una grande famiglia: vi si respira un atmosfera particolare e si condividono molte cose, brutte o belle che siano, anche se ci si va - come nel mio caso - per poche ore.
Che fatica per Fellini girare quello spot. Ecco i retroscena di un "set" particolare del grande regista che per la Campari realizzò un "film" di un minuto. In due mesi di lavoro. Che fatica per Fellini girare quello spot. Sei idee bocciate, poi l' idea giusta per la prima pubblicità d'autore. Tutti lo seguirono. In uno scompartimento ferroviario, un signore un po' demode' e una giovane dall' aria disinvolta si sbirciano. Lui la guarda con intenzione, lei ostenta indifferenza e fissa il finestrino. Ma il paesaggio e' monotono. Cosi', l'imbronciata afferra un telecomando portole da una hostess, lo punta contro il vetro e... zac, ecco che, come in un televisore, tutto cambia. Siamo in una foresta amazzonica, poi in un deserto con piramidi, quindi in fondo al mare... Ma lei non s' arrende. "Tutto sommato, dice, preferisco un paesaggio italiano". Ultimo zac: ed è piazza dei Miracoli, Pisa. Finalmente i due sorridono: ricompare l' hostess con due rossi aperitivi. La storia vi dice qualcosa? Era una celebre pubblicita' tv, quella del Campari, firmata Fellini, con Victor Poletti e Silvia Dionisio. Filmino di un minuto, il primo "spot d' autore". E che autore.', 'Uno dei santi protettori del cinema, oltre che uno dei nemici giurati di Caroselli e tv. A convincerlo a firmare un messaggio promozionale fu Giulio Romieri, presidente della Brwg, specialista in spot famosi. "Quando nell' 84 - racconta - la Campari ci chiese di realizzare una pubblicita' degna della sua tradizione, che contava nel passato Depero e Dudovich, il primo a venirci in mente fu lui, Fellini. Ci incontrammo a Roma e l' idea gli piacque. Il Campari, disse, gli ricordava la sua infanzia. Ci fece avere sette proposte. Scartate quelle che prevedevano esterni, troppo complicati, scegliemmo la settima, "Che bel paesaggio", perche' incentrato sul telecomando, oggetto in voga visto che era scoppiata la "zapping mania".
Deciso il soggetto, non tutto pero' ando' liscio. "Affiancato da collaboratori straordinari, tra cui Dante Ferretti, Piero Tosi, Bernardino Zapponi, Giuliano Geeleng, Nicola Piovani, Fellini si era messo al lavoro . prosegue Romieri .. Ma quando tutto fu pronto, lui comincio' a tirarsi indietro. "Lo spot e' gia' fatto, per girare basta un mio assistente", ripeteva. Era il suo rifiuto a iniziare. Pare che facesse cosi' prima d' ogni film. Si smosse solo dopo un' ingiunzione". Ma quanto costo' farsi dire si' dal Maestro? "Trecento milioni, una cifra appena piu' alta del normale. Fellini aggiunse pero' tre richieste: un' auto con autista, di poter invitare ogni giorno 20 persone a colazione e un ufficio arredato secondo le sue disposizioni. Niente di sofisticato o costoso: un divano di plastica, una scrivania malandata, una poltrona in fintapelle. Un arredamento "povero" che gli ricordava i suoi esordi".
Molte le stravaganze e le curiosita' durante le riprese. Da sempre curioso dell' occulto, Fellini allora progettava il mai realizzato "Viaggio di Mastorna" e si contornava cosi' di un' incredibile corte dei miracoli. "I venti ospiti fissi alla sua tavola erano in gran parte maghi e fattucchiere, svela Romieri... Capitanati da una medium che sosteneva di essere morta e rinata 5 volte. Fellini ne era affascinato". Problemi reali, invece? "I modellini di paesaggio, normalmente alti un paio di metri, lui li fece costruire di sette metri per quattordici, e la Piramide la volle coperta di specchi perchè, diceva, cosi' erano le originali egizie, studiate per riflettere la sabbia e rendere invisibili le tombe dei Faraoni. Per 1 minuto di spot occorsero una troupe di 52 persone e 2 mesi di lavoro". Naturalmente ne valse la pena. Quello spot fu un evento. Ne parlo' tutto il mondo, se ne occupo' il Financial Times e il Moma di New York ne richiese i negativi. Persino Fellini ci prese gusto: dopo di questo realizzò spot per Barilla e Banca di Roma. Un successo che convinse molti a seguirne le tracce: Zeffirelli firmò subito dopo per Annabella. Poi fu la volta di Antonioni, dei Taviani, di Nichetti... Fino a Woody Allen. "Al fascino dello spot non resiste piu' nessuno. Aveva detto si persino Coppola, chiedendo di essere pagato non in denaro ma con una Ferrari Testarossa. Richiesta accettata, anche se poi le cose non andarono in porto". Nessun no, quindi? "Uno solo, Nanni Moretti. Abbiamo tentato ogni cosa per convincerlo a firmare per Nutella, spesso citata nei suoi film. Ha detto no. Neanche la passione per il cioccolato ha incrinato i suoi principi. Rigorosamente anticommerciali".
Manin Giuseppina
(22 luglio 1996) - pagina 21 del Corriere della Sera
La première di Planet Ocean all’Earth Summit 2012 - Rio+20 rivela eccezionali inquadrature aeree e sottomarine catturate in più di venti paesi per educare il pubblico mostrando le bellezze che coprono il nostro pianeta e le difficoltà che l’uomo ha imposto all’ecosistema marino da cui dipende. I registi Yann Arthus-Bertrand e Michael Pitiot, in partenariato con OMEGA, hanno collaborato con attivisti, scienziati e appassionati per offrire al pubblico un documentario di 90 minuti che non è solo un magnifico esempio della bellezza della nostra Terra, ma anche un ritratto dei pericoli che minacciano i nostri oceani e l’intero pianeta. Il documentario è stato realizzato per far evolvere l’immagine che si ha abitualmente degli oceani e incoraggiare il pubblico a concepire la conservazione dell’ambiente come una responsabilità globale e condivisa.
Questo lavoro di collaborazione intende spiegare alcuni dei più grandi segreti della natura e sottolineare quanto sia importante che l’uomo impari a vivere in armonia con gli oceani. Le maestose immagini sottomarine raccontano la nostra relazione con questa preziosa fonte di vita e l’evoluzione di tale relazione in seguito allo sviluppo dell’umanità.
Planet Ocean vuole anche essere un manifesto del nesso inscindibile che lega l’uomo alla natura e del dovere che tutti noi abbiamo di proteggere e rispettare il nostro pianeta. Il documentario intende far comprendere ai giovani che un mondo sostenibile non è solo auspicabile, ma anche concretamente realizzabile.
Il presidente di OMEGA Stephen Urquhart spiega perché la marca abbia scelto di collaborare con Yann Arthus-Bertrand: «Nessuno avrebbe potuto far meglio. Yann non è soltanto un ecologista, ma anche il principale specialista mondiale di fotografia aerea. Possiede una combinazione unica di competenze che gli hanno permesso di cogliere e comunicare la maestà e la bellezza degli oceani attraverso il linguaggio cinematografico. Yann, Michael e la loro equipe hanno fatto un lavoro eccezionale».
Presidente e fondatore di GoodPlanet, Yann Arthus-Bertrand lavora per sensibilizzare il pubblico riguardo ai problemi ambientali. Nell’arco della sua carriera ha collaborato a diverse produzioni che hanno rafforzato il suo entusiasmo e la sua passione per l’ambiente.
Michael Pitiot ha dedicato una vita intera a esplorare e immortalare l’ambiente. Le sue più recenti produzioni si sono concentrate sui misteri degli oceani e sulla loro esplorazione nonché sulla relazione dell’uomo con l’ambiente marino.
“… era tempo di guardare negli occhi la realtà, di mostrare e denunciare i pericoli che minacciano i nostri oceani e, di conseguenza, il nostro pianeta” Yann Arthus-Bertrand, regista di Planet Ocean
Dal 24 aprile 2013 il film, doppiato per la lingua italiana da Luca Mercalli, è disponibile in DVD o in versione Blu-Ray nei migliori punti vendita della grande distribuzione.
Negli ultimi tempi sembra che Moda e Cinema ci stiano prendendo gusto a mescolarsi tra loro e se il direttore artistico di Louis Vuitton, Marc Jacobs si cimenta come attore nel film “Disconnect” di Hanry-Alex Rubin, ce n’è un altro ancora più autorevole come Karl Lagerfeld, che si siede dietro una telecamera in veste di regista. In realtà Lagerfeld non è nuovo nel settore poiché ha già lavorato nel cinema come interprete nel film Lagerfeld Confidential (2007) di Rodolphe Marconi, come costumista nel film biografico di Anne Fontaine Coco Avant Chanel - L'amore prima del mito (2008), e come collaboratore di Ole Schell e Sara Ziff per la realizzazione del film Picture Me: A Model's Diary, ma mai come regista.
Lo storico direttore creativo di Chanel, ha voluto celebrare i cento anni della prima boutique della Maison con un cortometraggio da lui diretto: “The return”. Quasi scontata e affatto casuale la partecipazione di Keira Knightley nel ruolo di Mademoiselle Coco.', 'In fondo l’attrice è già la perfetta testimonial del profumo di Chanel e la sua immagine è talmente permeata della classe e dell’allure della Maison che sembrano imprescindibili l’una dall’altra. Inoltre la sua bellezza ricorda molto quella della stilista e Lagerfield stesso la considera la propria Musa ispiratrice.
Il film è un tributo ai primi anni della vita lavorativa della celebre fondatrice, un pezzo di storia molto importante per la Maison, su cui sono state create le fondamenta del suo avvenire tanto glorioso. Probabilmente la tempra e la creatività di Chanel sarebbero state vane se il suo grande amore, Arthur “Boy” Capel, non le avesse dato l’opportunità di aprire il primo atelier a Deauville, nel nord della Francia, per vendere i suoi cappelli. La cittadina balneare francese, fin dalla metà dell’Ottocento era nota come una raffinata località mondana e la stilista ne seppe sfruttare al meglio tutto il potenziale. E’ ormai famoso l’aneddoto secondo il quale usava passeggiare per le strade con la sorella e la zia Adrienne, con addosso le sue creazioni fortemente avanguardiste per l’epoca, per suscitare la curiosità della gente. Inutile dire che ci riusciva davvero bene!
Per l’occasione Karl Lagerfield ha voluto ricreare a Deauville gli ambienti dell’ epoca, ricercando lo stile e le atmosfere fin nel dettaglio.
Accanto all’attrice britannica Keira Knigthley, ci sarà anche l’attrice francese Clotilde Hemse nel ruolo della zia Adrienne.
Il film uscirà a maggio in anteprima a Singapore in concomitanza con la presentazione della collezione croisiere di Chanel. Un film che è già un avvenimento e che sicuramente diventerà un cult per tutti gli appassionati di moda.
di Katia De Benedictis per labcreativity.it
Cosa bisogna sapere prima di comprare una videocamera digitale? Quanto occorre spendere?
Oggi esistono videocamere digitali che partono da 300 euro... Quanto valgono? Sicuramente molto di più di una telecamera analogica, tipo vhs. Se volete dilettarvi in maniera evoluta, cercate di spendere un migliaio di euro. La qualità è superiore ed il risultato ottimo: potete così dedicarvi a realizzare in casa dei filmati di media qualità. Con i nostri consigli, con le vostre idee ed il vostro mezzo tecnico, unito ad un computer per il montaggio, potreste ottenere più di quello che pensate!
Le immagini degli attuali camcorder digitali registrano 25 fotogrammi al secondo e li registrano in formato binario, cioè trasformano le immagini in numeri (una serie di 0 od 1) con qualità analoga a quella del sonoro dei CD. Quindi con una qalità superiore a quella dei vecchi camcorder vhs, e con il vantaggio che trasferendolo sul nostro computer, non si perde niente nella qualità, con un software di editing (costano un centinaio di euro) possiamo montare il nostro filmato, eliminando le immagini venute male, aggiungendo effetti speciali, transizioni ed anche inserendo tioli personalizzati. Senza parlare poi del fatto che possiamo inserire della musica di sottofondo.
Il nostro capolavoro ora lo possiamo far vedere tramite il visore della videocamera, trasferirlo sul nastro vhs, visionarlo sul televisore di casa o degli amici, oppure trasferirlo sul CD o sul DVD e regalarlo ad amici e parenti. In ogni caso non avremo un decadimento della qualità in quanto lavoriamo con immagini digitali, che non perdono qualità nei vari passaggi e trasferimenti.
Cosa bisogna sapere ancora?
Bisognerebbe avere un minimo di conoscenza di come è fatta una videocamera, allora cliccate qui
La prima videocamera HDV 1080i con 3 sensori CCD da 1.070.00 pixel ciascuno, zoom ottico 12x, una risoluzione HDV 1440x1080 ed obiettivo Carl Zeiss che permette di ottenere una straordinaria qualità delle immagini senza paragoni.
L'ampio monitor LCD da 3,5'' ed il mirino a colori sono realizzati nel formato 16:9.
Altre caratteristiche sono lo stabilizzatore d'immagine ottico che permette di limitare la distorsione dell'immagine causata dal tremolio della mano durante la ripresa, e la possibilità di scegliere tra 3 impostazioni del bilanciamento dei bianchi (Auto, A pulsante, Preimpostato) per ottenere immagini nitide e definite in ogni condizione di illuminazione.
E' inoltre possibile controllare manualmente il diaframma e grazie all'interruttore Zebra/Peaking permette di regolare l'esposizione e la messa a fuoco. E' dotata di una ghiera di messa a fuoco manuale e di un aseconda ghiera di zoom manuale.
Con la funzione "Preimpostazione Transizione Inquadratura" sarà possibile definire il punto iniziale e finale per la messa a fuoco, lo zoom, il diaframma, il guadagno, la velocità dell'otturatore o il bilanciamento dei bianchi, e programmare l'esecuzione automatica della transizione, secondo una velocità e una curva di accelerazione definite.
Un'altra caratteristica è la funzione "Picture Profile": si tratta di 6 preimpostazioni per livello colore, nitidezza, toni della pelle, pulsante AE, limite guadagno automatico, limite diaframma automatico, regolazione bilanciamento del bianco, sensibilità bilanciamento del bianco, cinematone gamma, cinemaframe 25p.
HDR-FX1E, la prima videocamera consumer a offrire a una vasta gamma di utenti tutta la superiore qualità della registrazione digitale in alta definizione, sino a oggi disponibile solo per il mercato professionale. Il nuovo modello, che registra in qualità HDV sui normali nastri Digital Video, è dotato di 3 CCD da 1,12 Megapixel ciascuno (1,07 Mpixel effettivi x 3) e di un obiettivo Carl Zeiss Vario-Sonnar T* che riduce le aberrazioni cromatiche e assicura un’elevata risoluzione. In virtù delle sue caratteristiche, la FX1E risulterà sicuramente apprezzata non solo dagli appassionati più esigenti, ma anche dai videoreporter, dai produttori di cortometraggi e dai registi. In poche parole, ovunque sia richiesta un’elevata qualità d’immagine, assicura sempre il massimo dei risultati.
Vista l’attuale disponibilità di televisori in grado di riprodurre in alta definizione, è lecito pensare che il mercato possa apprezzare la disponibilità di una videocamera in grado di registrare in questo stesso formato. Sony ha quindi deciso di realizzare un camcorder al top di gamma, progettato specificatamente per il mercato consumer, e in grado di acquisire e riprodurre con la migliore qualità d’immagine oggi possibile. Come secondo passo di questa strategia, Sony ha inoltre annunciato l’intenzione di produrre anche modelli Handycam HDV.
Le caratteristiche principali:
1) Il primo camcorder che registra e riproduce in formato HDV1080i L’HDR-FX1E è conforme alle specifiche HDV1080i che definiscono uno dei formati broadcast in grado di assicurare una fluida transizione delle immagini con una qualità così elevata da poter essere apprezzata anche su schermi TV di oltre 50" e con una risoluzione quattro volte superiore a quella del sistema Digital Video.
2) Il nuovo sensore 1080i HD CCD. Il nuovo sensore impiegato nella FX1E è del tipo wide Megapixel, a garanzia di una reale acquisizione in 16:9, con un formato, quindi, molto vicino a quello percepito dall’occhio umano. Tale sensore risulta composto da tre diversi CCD da 1/3" che assicurano, ognuno, una risoluzione di 1,12 Megapixel (1,07 effettivi) e sono dedicati ad acquisire la luminosità dei tre colori fondamentali RGB (Rosso/Verde/Blu); il vantaggio è una qualità cromatica ben superiore a quella che può essere ottenuta con l’impiego di un solo CCD.
3) Il nuovo HD Codec. Per questo modello, Sony ha realizzato un nuovo HD Codec Engine che permette di acquisire ed elaborare un numero di informazioni quattro volte superiore a quello del formato Digital Video. Il suo esclusivo sistema di codifica/decodifica MPEG in tempo reale permette di raggiungere un alto livello di compressione, senza penalizzare la qualità dell’immagine. Con l’HD Codec Engine è possibile inoltre sia registrare e riprodurre il formato HDV, sfruttando un elevato bit rate, sia ottenere file video più compatti che altrimenti richiederebbero una maggiore autonomia da parte dell’alimentazione STAMINA.
Obiettivo ad alte prestazioni
1) Carl Zeiss Vario-Sonnar T*. La FX1E è equipaggiata con un obiettivo Carl Zeiss Vario-Sonnar T* con diametro dei filtri di 72mm, ideale per la ripresa delle immagini in alta definizione. Oltre a fornire elevate prestazioni, l’ottica riduce le aberrazioni cromatiche e garantisce un’eccellente risoluzione. Il suo particolare trattamento della superficie T* elimina poi il ghosting assicurando altresì un elevato contrasto e un’eccellente riproduzione dei colori, accompagnata dalla capacità di riprendere le caratteristiche della luce così come sono nella realtà. L’obiettivo permette infine di riprendere non solo in modalità grandangolo, ma anche di avvalersi di uno zoom ottico 12x, completo di stabilizzatore ottico, a garanzia della piena rispondenza alle aspettative dei professionisti.
Compatibilità tra HDV e DV
1) Il formato HDV può essere registrato e riprodotto su nastri DV. Un ulteriore importante vantaggio della videocamera risiede nella possibilità di impiegare lo stesso nastro delle videocamere DV e disporre della medesima autonomia di registrazione. Inoltre, il formato MPEG2 impiegato nel sistema HDV si caratterizza per un elevato livello di compressione che non penalizza la qualità d’immagine e permette quindi di raggiungere i migliori risultati.
2) Possibilità di selezionare il formato HDV e DV. La FX1E può registrare e riprodurre non solo in HDV (1080i), ma anche in formato DV (576i) ed entrambi i formati possono essere selezionati mentre si riprende, a seconda delle diverse necessità e circostanze.
3) Conversione HD/SD. Quando si desidera riprodurre il materiale registrato in HDV, la FX1E può convertirlo in formato DV (576i), in modo da poterlo visualizzare anche su un normale televisore con un’elevata qualità. Tale funzione permette inoltre di scaricare le immagini su PC per procedere alla fase di editing, tramite l’impiego di software dedicati al formato DV. Perciò anche chi non dispone di un programma di editing HDV può scegliere di registrare in un formato oppure nell’altro. A questo riguardo, i produttori di software di editing non-lineare supportano il formato HDV e presto introdurranno sul mercato prodotti compatibili con questo formato. Per ulteriori dettagli, consultare il sito www.hdv-info.org.
Funzioni di alto livello e praticità d’uso
1) Monitor LCD wide da 3,5". La FX1E dispone del primo monitor LCD wide da 3,5", posizionato proprio sopra l’impugnatura della videocamera. Perfettamente compatibile con il sensore HD e in grado di fungere anche da mirino nell’utilizzo a spalla, si trova nella posizione più adatta per inquadrare la scena. Il monitor è stato inoltre progettato per le inquadrature ravvicinate e per autoriprendersi.
2) STAMINA. La nuova videocamera può essere alimentata con una batteria in grado di assicurare ben 6 ore e 25 minuti di riprese continue, con un consumo di soli 7,4 W (NP-F970 opzionale). Grazie poi alla tecnologia InfoLITHIUM e alla funzione Battery Info, è sempre possibile conoscere con esattezza l’autonomia residua, sia in ripresa che in playback.
3) Funzioni manuali e personalizzazione. La FX1E può operare sia in manuale sia con funzioni personalizzabili dall’utente in modo da adattarsi sempre perfettamente alle diverse necessità. Tra le funzioni manuali, si ricordano il Fuoco manuale, il controllo del Guadagno e quello dell’Iride, mentre quelle personalizzabili sono: Shot Transition, Picture Profile, Cinematone Gamma e Cinemaframe.
Il supporto di registrazione
Sony sta per introdurre sul mercato un nuovo nastro DV, espressamente dedicato a supportare le superiori specifiche dell’HDV. Tale nastro si caratterizza per specifiche più elevate, prestazioni migliori, minor rumore e inferiore margine d’errore, così da garantire prestazioni costanti in un’ampia varietà di situazioni.
Sintesi delle CARATTERISTICHE:
Dimensioni
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Peso
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Durata media delle batterie
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Mirino
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Monitor LCD
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Touch Screen
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Numero CCD
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Tipo CCD
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Pixel CCD
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Funzione foto
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Tipo obiettivo
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Focale min (effettiva)
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Focale max (effettiva)
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Focale min (Wide, equiv. nel formato 35mm)
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Focale max (Tele, equiv. nel formato 35mm)
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Zoom ottico
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Stabilizzatore di immagine
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Apertura max diaframma
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Apertura min diaframma
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Diametro ottiche aggiuntive
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Velocità otturatore
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Illuminazione minima per la ripresa
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Ripresa notturna
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Messa a fuoco
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Sistema di registrazione dell'audio
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Registrazione del video
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Modalità di ripresa
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Flash o faretto incorporato
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Attacco per flash esterno
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Bilanciamento dei bianchi
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Uscita DV abilitata
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Entrata DV abilitata
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Uscita video analogica
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Entrata video analogica
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Altre interfacce
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Altre caratteristiche
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Non volete fare solo riprese come un utente domenicale? Allora eccovi qualche consiglio.
La ripresa è il punto di partenza per avere un buon filmato finale.
Perchè dobbiamo complicarci la vita in fase di montaggio se possiamo evitare molti problemi già in fase di ripresa?
Anche se il nostro video finirà su internet, non dobbiamo pensare che la visione in un piccolo formato elimina i nostri problemi ed errori fatti in fase di ripresa.
Eccovi alcuni basilari consigli da seguire sempre, per avere un buon risultato.
TELECAMERE AMATORIALI
Quelle che oggi vengono chiamate amatoriali, diffuse con prezzi a tutti i livelli, possono dare molte soddisfazioni se usate con il cervello.
LA STABILITA' DELLE RIPRESE
Di partenza, tutte le videocamere hanno uno stabilizzatore, ma lo stabilizzatore può correggere solo le microvibrazioni... La nostra mano deve stare ben ferma quando effettuiamo le riprese. Quando teniamo con una mano la videocamera e con l'altra azioniamo lo zoom, molto probabilmente facciamo traballare la ripresa, idem quando ci spostiamo per riprendere un ampio campo... Si possono risolvere questi problemi semplicemente usando un appoggio, che può andare dalla spalla di un amico, all'appoggio su di un muretto, od un albero od un palo, per finire all'uso di un buon treppiedi. Tenere una piccola videocamera con la nostra mano creerà quasi sempre un tremolio, in fase di ripresa difficilmente visibile, visibilissimo invece durante la visione sullo schermo.
Mai fare movimenti bruschi con la videocamera; i movimenti devono sempre essere dolci, e non importa se state camminando su un terreno accidentato: o state fermi ed usate lo zoom (sempre dolcemnte) oppure non fate la ripresa.
COSA RIPRENDERE
Prima di effettuare una ripresa, pensate a cosa volete riprendere, tutto vi sembra bello, ma poi la realtà è diversa. Una cosa che bisogna fare è effettuare una prova, guardando nel mirino l'effetto che fa; poi potete decidere se spingere il tasto di ripresa. Chiedetevi se l'inquadratura vale la ripresa.
UN INIZIO ED UNA FINE
Ogni ripresa deve avere un buon inizio ed un altretanto buon finale. Spesso il finale viene così come capita, traballante oppure con una immagine casuale che fa perdere il significato alla ripresa. Non dovete mai pensare che poi, in fase di montaggio potete tagliare... Se non è veramente interessante, non effettuate la ripresa. Dovete lavorare avendo in mente già il risultato finale del montaggio...
LA DURATA
Altra cosa importante è determinare la durata della ripresa: è troppo breve? Troppo lunga? Se osservate i filmati televisivi, dei documentari professionali, ad esempio, noterete che non esiste un tempo di durata ben definita, ma a seconda dell'importanza della scena questa può essere più lunga della media. Lo spettatore che guarderà il montato finale non dovrà mai stancarsi di ciò che vede. Quindi non conviene dilungarsi troppo, in modo ripetitivo...
Molte videocamere hanno un orologio interno che vi segnala, ad esempio, i primi 10 secondi di ripresa. Tenetene conto. Non ha senso, come vi consigliano alcuni, di contare mentalmente un certo numeri di secondi... La vostra testa deve essere impegnata a controllare ciò che state riprendendo.
Un suggerimento: meno di 5 secondi forse non ha senso, come pure più di 20 o 30 secondi. Naturalmente stiamo parlando dei casi più normali.
INQUADRATURE
Non muovetevi mai troppo con la videocamera, e non fate troppe zoommate, soprattutto se veloci: l'occhio dello spettatore si stanca e poi non è più in grado di seguire con attenzione il resto del video.
Spostatevi, avvicinatevi agli oggetti, alle persone, riprendeteli da vari punti di vista (per questo il soggetto va prima visto con i nostri occhi, bisogna girargli intorno per capire quali sono i punti migliori da inquadrare).
Provate con delle inquadrature inusuali, posizionando la videocamera in terra, od alzandola sopra la testa (attenzione alle vibrazioni che, anche se stabilizzata, la camera non potrà eliminare!). Al posto di usare lo zoom, provate a tenerla con le mani stabile ed a camminare lentamente, anche ruotando il vostro corpo.
In oni caso le varie inquadrature devono sempre avere un filo logico di ripresa. E ovviamente di collegamento l'una con l'altra (ecco che ritorna sempre il discorso che in fase di montagggio non bisognerebbe creare nulla di nuovo, ma solo collegare tra loro le varie riprese effettuate ad arte).
COMPOSIZIONE
Per incominciare subito bene, utilizzate la tecnica dei terzi. Le vostre riprese avranno fin da subito un qualcosa in più, si faranno notare per la loro compostezza, ed è già molto!
Dovete solo far coincidere i punti più importanti dell'immagine con le intersezioni delle due ideali linee che dividono l'immagine in tre parti (sia orizzontalmente che verticalmente), ovvero lungo le linee stesse. Ad esempio la linea dell'orizzonte (sia al mare che in campagna o montagna) mettetela all'incirca sulla linea in alto oppure su quella in basso: a seconda dell'importanza che volete dare alle due zone, di cielo e di terra (o di mare). Provate e vedrete la differenza.
POSIZIONAMENTO PERSONAGGI
Se riprendete due persone che parlano, esempio la donna sta a sinistra e l'uomo a destra dell'inquadratura a mezzo busto, non fate l'errore poi di riprendere solo la donna posizionandola nella parte destra della nuova inquadratura... Lo spettatore capirebbe subito che c'è qualcosa di incongruente, di sbagliato, perdendo l'orientamento della composizione spaziale.
LA MESSA A FUOCO
La messa a fuoco è molto importante, normalmente viene fatta automaticamente, ma talvolta il congegno automatico mette a fuoco ciò che voi non volete. Ad esempio, con due persone che parlano, una di fronte all'altra, una a destra e l'altra a sinistra dello schermo, l'automatismo mette a fuoco ciò che c'è in fondo, tra i due personaggi.
Cercate allora di capire come si usa la messa a fuoco manuale, che vi creerà dei problemi se il soggetto messo a fuoco manualmente si sposta, andando quindi, come si dice, fuori fuoco. La soluzione migliore è quella di combinare assieme le due tecniche, quella automatica e quella manuale.
La messa a fuoco è più semplice, ovvero il soggetto risulterà sempre più a fuoco, se si usa un grandangolo; nel caso della focale teleobiettivo, si avranno i problemi più difficili da risolvere.
GLI ULTIMI IMPORTANTI CONSIGLI
E forse i più importanti:
- Non usare mai lo zoom elettronico, ma solo quello ottico (diffidate, meglio non considerate come optional positivo per l'acquisto gli zoom 300x, 500x od addirittura 1.000x... Peggiorano solo le vostre riprese);
- Il cavalletto per la macchina fotografica ha una testa che non è fluida, cioè fa i movimenti a scatto: dovete acquistarne una idonea all'uso con la videocamera;
- Non usate mai gli optional di montaggio come dissolvenze o tendine varie od altre diavolerie che trovate nella vostra videocamera. Vi creeranno solo problemi: tutte quelle cose si fanno molto meglio con un qualsiasi semplice, anche gratuito, programma di montaggio sul vostro PC (e con windows il programma di montaggio è già incluso gratuitamente).
Riceviamo spesso email come queste:
1) Salve a tutti! Mi complimento con voi per il sito e i consigli. Ho provato a cercare nel vostro sito delucidazioni riguardo l'inserimento di musica commerciale all'interno dei cortometraggi. Vi spiego. Ho da montare un mio corto e vorrei mandarlo a qualche concorso, il mio problema sta nell'utilizzo della musica. Vorrei sapere se posso utilizzare musica commerciale e non originale: se no, perchè e poi vorre sapere i regolamenti per l'utilizzo e gli eventuali rischi. Si lavora in low budget agli inizi e si cerca di fare del meglio: aiutatemi per favore! Grazie mille.
2) Ho visto numerosi cortometraggi che usavano canzoni e musiche di film o autori famosi e quindi protette dal diritto di autore! Ora io sto girando un cortometraggio, ma mi è sorto il dubbio se sia possibile usare le musiche copyrighted senza pagare i diritti, pur inserendo i dovuti credits per la colonna sonora nei titoli di coda! Voi certamente siete le persone migliori a cui chiedere: è vietato usare le musiche non originali o si possono usare liberamente, mettendo i dovuti credits al termine? Grazie per la risposta!!!
3) ....ho scoperto da poco il vostro fantastico sito, Volevo avere un informazione riguardo ad un cortometraggio che sto girando. E' il mio primo lavoro in assoluto e sto utilizzando una colonna sonora non originale, ovvero presa da altri film, per quanto riguarda i diritti d'autore che problemi ci sono in un opera completamente amatoriale? ovvero il mio film non avrà scopi di lucro e sarà destinato solo alla visione su siti che si occupano di queste cose, vorrei sapere se il vostro sito accetta solo opere con musiche originali oppure non essendo un opera a scopi di lucro posso utilizzare musiche esistenti?
Spero di ricevere presto una risposta...
4) Abbiamo letto, con molto interesse e piacere, della rassegna de "il corto.it".
Una volta spulciato il regolamento ci siamo accorti di essere perfettamente in lina con le regole da voi decise ed elencate e vorremmo qualche informazione in più riguardo uno dei punti specificati (punto 12. Ogni Autore è responsabile dei contenuti dell'opera presentata e della diffusione di musica protetta da copyright).
Ci domandavamo se questa regola fosse per il semplice possesso di autorizzazione da parte delle case editrici di musiche protette da copyright, oppure se si trattasse della spesa che la messa in onda di queste musiche richiede.
Se si dovesse trattare della prima delle due ipotesi, ovvero le autorizzazioni, non ci sarebbero problemi perchè, pur avendo utilizzato musiche edite, siamo in possesso di tutte le carte in regola per la proiezione.
Se si dovesse trattare della seconda, ci farebbe piacere sapere a quanto ammonta la spesa, perkè, da voci di corridoio, costicchia il pagare la siae per musiche coperte da copyright... soprattuto da un privato. Proponendo noi un'opera di produzione indipendente, capirete che non ci sono chissà quanti soldi a sorreggerla e già tutto quel che abbiamo speso lo abbiamo inserito per ottenere un buon prodotto sotto il punto di vista visuale.
Noi vi diciamo che:
* Se il cortometraggio che realizzate lo fate vedere solo agli amici a casa vostra, potete usare tutta la musica commerciale (cioè per la quale sono dovuti i diritti alla SIAE) che volete... Basta che il corto venga proiettato entro mura domestiche o in luoghi non aperti al pubblico... In ogni caso per uso strettamente personale.
* Potete, invece, usare liberamente solo la musica composta da autori morti da oltre 70 anni: per esempio tutti i classici come Bach, Beethoven, ecc.
* Potete anche usare liberamente (come consiglia il nostro amico Mauro Cuchetti) musica rilasciata sotto copyright meno restrittivi che consentono l'impiego in cortometraggi e la riproduzione in pubblico senza ledere nessun diritto... Ovvero opere rilasciate sotto licenza "Creative Commons". Infatti nel sito perela.it egli scrive:
"Esistono invece autori che vogliono liberare da alcuni vincoli le opere che creano, ed utilizzano licenze meno restrittive per le loro canzoni, venendo così incontro a chi le acquista o le scarica liberamente da internet. Una di queste licenze meno restrittive che sta prendendo piede in questi ultimi anni è la Creative Commons. Molti artisti che rilasciano brani sotto questo tipo di licenza consentono la copia e il riutilizzo del brano mediante poche semplici e precise regole.
Esistono anche motori di ricerca su internet per il download di brani audio rilasciati sotto licenza Creative Commons, sui quali possono essere scaricati, ascoltati ed inseriti nei filmati che distribuirete senza infrangere nessuna legge..."
* Il problema sorge se volete far partecipare il vostro Corto che contiene musica commerciale (cioè per la quale sono dovuti i diritti) ad un concorso... Dovete leggere bene il bando: c'è (quasi) sempre scritto se dovete avere i diritti della musica, oltre che delle immagini (ma di questo parleremo in un'altro articolo). Il perché è presto detto: come già riportato nel capoverso precedente, se viene effettuata una proiezione pubblica, bisogna pagare (giustamente) i diritti all'autore della musica pubblicata tramite la SIAE. E normalmente questo costo non viene affrontato dall'organizzazione del concorso.
* Per poter utilizzare con tutti i permessi legali brani di musica commerciale, cioè già edita, ovvero pubblicata da qualche casa discografica, bisogna: scrivere all'autore ed all'editore musicale chiedendo loro la possibilità di utilizzare la musica prescelta nel vostro corto, pagare la cifra che viene richiesta, e successivamente pagare i diritti alla SIAE per ogni proiezione pubblica effettuata (queste sono le informazioni che vengono date dalla SIAE stessa).
* Attenzione, non pensate che se un Autore iscritto alla SIAE vi regala la sua musica la potete usare liberamente senza alcun pagamento... Forse lui non lo sa, ma i diritti alla SIAE sono anche in questo sempre dovuti...
* Quanto detto sopra è semplice a dirsi ma molto difficile a farsi, soprattutto per la quotazione da pagare all'autore ed alla casa editrice, quando il nostro è un cortometragio lowbudget...
* Il nostro Concorso accetta cortometraggi anche con musica commerciale, ma ripetiamo solo per il singolo concorso... Avremmo invece problemi se volessimo inserire il vostro corto ad esempio in una trasmissione televisiva... Ma nell'eventualità di questa situazione, vi contatteremo direttamente...
* Quale può essere il nostro consiglio? E' possibile che non avete amici che possano scrivervi 4 note musicali? Forse non sono belle come quelle che avete in mente... Potete allora provarci voi stessi con un programma low budget come il Music Maker della Magix... Con meno di 50 euro potete crearvi una musica libera da ogni diritto, e provarci tutte le volte che volete e per tutti i vostri corti. Non siete ancora soddisfatti? Oppure volete qualcosa di veramente bello? Allora dovete affidarvi a persone che con poche decine di euro vi compongono della bella musica creata appositamente per il vostro corto... Noi possiamo consigliarvi Stefano & Marco della musicfeel.it perchè li abbiamo testati personalmente... E per gli amici del sito www.ilcorto.it fanno anche dei prezzi speciali (basta dire che avete letto la loro offerta sulle nostre pagine).
* Ma credete proprio che il vostro cortometraggio diventi più bello se come colonna sonora ha quella certa musica commerciale che sentiamo spesso anche alla radio o che è nella hit parade? Ricordatevi che l'opera finale è fatta dall'unione omogenea di musica, immagini e parole... Avere una bella musica con riprese non troppo curate, senza una sceneggiatura ben studiata e naturalmente ben recitata, non serve a nulla. Secondo noi usare della musica commerciale è del tutto inutile!! Provate invece ad inserire una colonna sonora più omogenea alla qualità del vostro cortometraggio... Il risultato complessivo sarà vostro e solo vostro !!!!
E vi riportiamo integralmente anche quanto sta scritto sul sito della SIAE:
Domanda: Vorrei realizzare un film / documentario/ filmato, inserendo nella colonna sonora alcune musiche di repertorio. Quali sono gli adempimenti necessari?
Risposta: Per poter sincronizzare un'opera musicale preesistente nella colonna sonora di un film, filmato, audiovisivo, corto o lungo metraggio, ecc., è necessario acquisire preventivamente il permesso cosiddetto di “sincronizzazione”, per la prima fissazione della musica in abbinamento alle immagini e sequenze del filmato.
Il permesso deve essere richiesto direttamente agli editori musicali proprietari delle opere oppure, nel caso di opere di proprietà degli autori, al compositore. Le condizioni economiche vengono fissate di volta in volta dagli aventi diritto (cioè gli Autori ed Editori).
Nel caso di opere di dominio pubblico, naturalmente, non sono necessari permessi.
Inoltre, è necessario assolvere anche i diritti del produttore discografico, nel caso si faccia uso di una registrazione specifica. Si rammenta che le registrazioni fonografiche sono protette fino a 50 anni dalla data di fabbricazione.
Una volta legittimamente realizzato il prodotto audiovisivo, la SIAE provvederà alla riscossione del “compenso separato” spettante agli autori della musica (art. 46 legge 633/1941), per la proiezione pubblica del film o filmato nelle sale. Analogamente la SIAE interverrà a riscuotere il compenso spettante agli aventi diritto della musica per la diffusione televisiva e per la riproduzione su supporti destinati all' uso privato o al noleggio. Questi diritti vengono riscossi dalla SIAE rispettivamente presso la sala cinematografica, l'emittente televisiva, il produttore dei supporti.
Pensate che abbiamo scritto troppo? Le cose da sapere sono tante... Eccone un'altra (sempre tratta dalla SIAE):
Qualunque utilizzazione di un'opera cinematografica o assimilata su rete telematica deve essere autorizzata dal titolare del diritto, che in genere è il produttore o chi ha acquisito da lui i diritti in base ad un contratto. La stessa regolamentazione vale anche per le opere su supporti off-line (videocassette, DVD, CD-ROM, ecc.) e per l'utilizzo di frammenti in opere multimediali (CD-I). In tutti questi casi, l'autorizzazione del titolare del diritto non esonera l'utilizzatore dal pagamento dei compensi a favore degli autori di opere cinematografiche ed assimilate (regista, soggettista e sceneggiatore), da negoziare fra la SIAE e i singoli utilizzatori ( artt. 46bis e 18bis della L.d.A. n. 633/1941 e successive modificazioni ).
Il video digitale mette a disposizione di tutti noi una grande varietà di prodotti tra scu scegliere... e proprio il gran numero delle videocamere a disposizione, le diversità dei prezzi, marche più o meno conosciute ci mette a disagio.
Ci sono sul mercato apparecchi non troppo voluminosi e con zoom da 100x a 800x. Ci solleticano certamente. E poi costano poco. Poco più di una macchinetta fotografica digitale, e poi fanno pure le fotografie...
In linea di massima, sono tutte adatte a fare dei filmati durante le nostre vacanze estive o per la festa dei nostri figli o per girare un piccolo filmino con gli amici, per divertimento. E poco d'altro. Ma per iniziare vanno più che bene.
Ricordati che ci sono pure quelle usate, cioè comprate usate o imprestate dagli amici che non le usano più.
Cerchiamo di dare qui, come nelle altre pagine del sito, delle informazioni per iniziare con il piede giusto e continuare, senza dover buttare via ciò che abbiamo appena acquistato, se si desidera effettuare qualcosa di diverso, se vogliamo usare le nostre riprese, non sporadiche, per fare qualcosa di meglio.
Dobbiamo quindi sapere che con delle videocamere digitali di basso costo (tipo 200, 300 euro), possiamo sì fare delle belle riprese, ma non possiamo credere di poterci fare di tutto. Se vogliamo, se abbiamo altre finalità, dobbiamo cercare di avere più di un apparecchio che costa dai 500 ai 600 od 800 euro... La qualità si paga, sempre. Altrimenti ci dobbiamo accontentare... ma questa non è una cosa negativa: infatti rispetto a qualche anno addietro, quando c'erano le telecamere analogiche od ancora prima con le pellicole super8, siamo arrivati oggi ad un punto tale di evoluzione che con poca spesa possiamo ottenere un risultato sicuramente migliore!
Il minimo per incominciare è composo da una videocamera digitale (come, tanto per fare degli esempi: Canon MV930, Canon MV900, Canon MV860, Sony DCR-HC35, Sony DCR-HC23E, JVC GR-D340E, JVC GR-D320E, JVC GR-D240E, Panasonic NV-GS37, Samsung VP-D651, Samsung VP-D351, e così via) ed un computer con cui eseguire dei semplici montaggi delle scene che abbiamo ripreso. Basta un computer, meglio se con sistema operativo Windows, perchè al suo interno già troviamo un software che ci permette di fare i montaggi gratuitamente. Teniamo pure presente che molte volte insieme alla videocamera troviamo pure un semplice ma valido prodotto per il montaggio, spesso semplificato e di vari anni passati, come Pinnacle versione 9 o 10, Ulead Video studio 9, o simili.
Tutto il nostro sito è costruito apposta per te, che vuoi diventare un REGISTA che vuole anche conoscere nozioni approfondite di REGIA, di MONTAGGIO, di VIDEOCAMERE, di SCENEGGIATURE,…. di FILM in generale, diventare quindi un FILMAKER a 360 gradi.
Hai solo l'imbarazzo della scelta da dove cominciare. Da parte nostra ti possiamo dire che hai trovato e sei sul sito giusto.
Leggi le pagine IL CORTO per sapere come si scrive una sceneggiatura (importante anche per il tuo breve cortometraggio), passa poi a conoscere i componenti del CAST e della TROUPE. Importante è avere anche conoscenze di TECNICA, se vuoi partecipare a qualche Concorso, per provare a farti le ossa... Ricordati che puoi guardare in streaming altri cortometraggi. Imparare dagli altri, vedere cosa fanno gli altri registi come te è importante e necessario per imparare.
Nel sito trovi anche informazioni su alcuni film classici che hanno fatto la storia del cinema, informazioni varie e di tutti i tipi sul mondo dei cortometraggi, notizie sugli eventi più importanti in Italia e nel mondo. Hai oltre molte pagine a tua disposiione.
E buona lettura !
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Si ispira a registi del calibro di George Lucas e Ridley Scott, ha presentato in anteprima al Festival del fumetto di Piacenza il trailer del primo cortometraggio della sua carriera – in mezzo a gente del mestiere da anni – nel quale ha riadattato la saga di Star Wars a una storia da lui ideata, e ha già in mente un supereroe tutto nuovo per la prossima pellicola. Fin qui sembra il profilo di uno dei molti giovani che cercano di farsi strada nel mondo del cinema. Il dettaglio che spiazza, però, è contenuto nella sua carta d’identità: Gioele Callegari è nato il 20 settembre del 2006. Ma a soli 10 anni e qualche mese il “ragazzo” sembra avere le idee chiare: “Non ho fatto questo film per soldi ma per imparare. Un giorno vorrei diventare un regista e arrivare a Hollywood”. Il percorso è ancora lungo. Certo è che i margini di miglioramento per chi si dimostra così precoce sembrano davvero molto ampi. Il lavoro in questione si intitola “The young Jedi” e parla di un bambino disabile che si ritrova nel bel mezzo di ingegnose peripezie in pieno stile Guerre Stellari. La trama è nata da una immagine ben precisa: “Un giorno, mentre ero in campeggio, ho visto un piccolo al quale mancava una parte del corpo e ho deciso di renderlo il protagonista. Questo bambino, mentre si trova a casa, ascolta la storia raccontata dal padre e immagina come lui stesso potrebbe vivere un’avventura da Jedi”.
In ogni modo, il baby videomaker piacentino non è solamente l’ideatore del cortometraggio ma anche lo sceneggiatore, il regista, il montatore e l’attore principale. “Ha fatto tutto lui – conferma il papà Alberto Callegari -, noi adulti ci siamo messi a disposizione per dargli una mano”. Qualche consiglio gli è arrivato dalla mamma, Elisabetta Astorri, grande appassionata di cinema. Il resto è frutto della sua fantasia e dell’aspirazione a diventare un giorno come i grandi maestri della macchina da presa. La prima telecamera gli è stata regalata per il sesto compleanno dai genitori. Da quel momento Gioele ha dedicato ogni momento disponibile a formarsi utilizzando semplici programmi di grafica e a presentare i suoi lavori attraverso il web. “Ha preso questa attività molto sul serio. Quando ha cominciato a girare brevi video e a pubblicarli su YouTube, in casa non si poteva parlare per non disturbarlo. E’ concentrato sull’obiettivo e lo ha dimostrato con questo cortometraggio, decisamente più elaborato, per il quale ha aperto una pagina Facebook che si chiama, appunto, The young Jedi” ha aggiunto il padre.
Si tratta di 12 minuti, che saranno proiettati integralmente a fine maggio al cinema Jolly di San Nicolò, nei quali si sono prestati come attori Michael Fortunati nei panni di Dart Fener e Laura Barbieri in quelli della Principessa Leila, con operatore di macchina Yuston Austoni e le musiche originali del fratello maggiore Elia Callegari. “Non aspettatevi chissà cosa” tiene a premettere Gioele con modestia, però subito dopo non riesce a nascondere il suo sogno nel cassetto: “Cerco di fare del mio meglio, ispirandomi a registi come Rydley Scott e George Lucas. Se potessi incontrarli vorrei stringergli la mano e chiedergli come fanno a realizzare delle scene così belle. Poi li inviterei a cena per fargli vedere il mio film”.
articolo di Gianmarco Aimi per ilfattoquotidiano.it
«Raccontare ai ragazzi un tema attuale come quello delle challenge online parlando il loro stesso linguaggio». Emanuele Malloru, Emalloru per gli oltre 311 mila follower su Instagram e 238 mila su Youtube, lo spiega così, l’obiettivo del social movie tratto dal corto mostrato a Venezia nel pomeriggio del 2 settembre. Emalloru, cui è stato chiesto di fare propria una «modalità che appartenesse per intero alla Generazione Z», ha saputo trasformare La Regina di Cuori in un viaggio breve quanto efficace. Il corto di Thomas Turolo, pensato per avere diverse declinazioni mediatiche, ha sposato così il linguaggio di Emalloru, che «attraverso interviste ai protagonisti e contenuti video», ha portato lo spettatore nel backstage del breve film, diciassette minuti dedicati per intero al tema complesso delle challenge online.
La Regina di Cuori, come il social movie che, in apertura, potete vedere in anteprima esclusiva, è la storia di Alice, di un bisogno di approvazione e appartenenza sfociato nella ricerca ossessiva del successo social. Alice ha cominciato per caso, nel tentativo di sfogare il protagonismo nel quale ogni adolescente, crescendo, finisce per imbattersi. Ma quel protagonismo venato di insicurezza ha finito per catapultarla al centro di un incubo, in un sottosopra governato dalle leggi assurde della comunità web. «Tagliati, Alice. Stringiti una cintura attorno al collo e sali sul parabrezza di un ponte. Salta, filmati, condividi online le tue sfide matte». A sussurrarle all’orecchio cosa avrebbe dovuto fare, è stata la voce di una fantomatica Regina di Cuori, versione ancor più cattiva della sovrana dalla testa enorme che si è vista in Alice nel paese delle meraviglie. La Regina ha comandato ed Alice eseguito, obbediente come il 15% degli italiani fra i 15 e i 19 anni che, secondo uno studio della European School Survey Project on Alcohol and other Drugs, ha sentito parlare di challenge durante il lockdown.
«Nel social movie, ho cercato di porre l’attenzione sugli inevitabili rischi, ma anche sulle infinite opportunità che i social network offrono, lasciando davvero un impatto nella vita – online e offline – dei ragazzi», ha spiegato Emalloru, parte di un progetto che a Venezia ha saputo accendere un faro su un argomento attuale e urgente. Le challenge online non sono (solo) la pagina di cronaca che, di tanto in tanto, si è costretti a leggere. Sono una realtà diffusa al punto da aver indotto un ragazzo su cinque a provare la Blackout Challenge, sfida demenziale in cui è chiesto di stringersi una cintura al collo e resistere senz’aria quanto più possibile. «Questa storia induce molteplici riflessioni: la fase del ciclo di vita dei preadolescenti e adolescenti contraddistinta dalla voglia di misurarsi con le sfide, e le challenge sono un modo di iniziare a sentirsi più grandi, autonomi e accettati dai coetanei. Un’ età in cui però non si ha cognizione e percezione dei rischi che si corrono. Il punto cruciale risiede nella capacità educativa, nel saper fornire regole e limiti. Nessuna demonizzazione degli strumenti o dei social in assoluto ma il loro utilizzo dovrebbe essere assolutamente regolato a seconda dell'età e comunque sempre sotto il controllo degli adulti», ha spiegato la psicologa e psicoterapeuta Maddalena Cialdella, consulente de La Regina di Cuori, un film corto nel quale hanno recitato Giuseppe Battiston, Cristiano Caccamo, Beatrice Vendramin e Mariasole Pollio.
CLAUDIA CASIRAGHI per https://www.vanityfair.it/
Con la premiazione degli Oscar 2022 alle porte, la cerimonia si terrà nella notte tra domenica 27 e lunedì 28, Will Packer produttore della 94a edizione degli Academy Awards, spiega la decisione controversa di tagliare otto categorie dalla trasmissione in diretta degli Oscar.
La cerimonia di tre ore si svolgerà al Dolby Theatre di Los Angeles, in California, e per la prima volta dal 2018 la serata avrà un conduttore sul palco, anzi tre: Regina Hall, Amy Schumer e Wanda Sykes. Lo scorso febbraio è stato annunciato che otto categorie non sarebbero state trasmesse durante gli Oscar; corto documentario, montaggio, trucco e acconciatura, scenografia, corto animato, corto live action, sonoro e colonna sonora, con i premi presentati, consegnati e registrati al Dolby Theatre un’ora prima dell’inizio della trasmissione e poi rimaneggiati grazie al montaggio.
Questa forzatura voluta dalla ABC e frutto di un compromesso raggiunto con l’Academy non è stata indolore, con diversi professionisti del settore che hanno boicottato la cerimonia o si sono dimessi dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences.
Il produttore Will Packer in una conferenza stampa ha cercato di spiegare la decisione di non includere le otto categorie nella trasmissione in diretta.
Sono nostri colleghi. Queste sono le persone con cui lavoriamo e le persone che amiamo. E vogliamo assicurarci che tutti abbiano il loro momento in questo show, e che sia gestito con la stessa riverenza ed eleganza che ci si aspetta dagli Oscar. E quindi uno dei malintesi è che le cose vengono tolte dallo show e non è così. Non lo è. Quando ho ottenuto il lavoro per la prima volta, ho detto: “Lo spettacolo in genere dura circa più di tre ore. Facciamo quattro ore quest’anno”, e la gente mi ha guardato e ha detto: “Oh dio, sapevamo che avremmo dovuto assumere questo tipo”. Ho detto, “troppo tardi”. Ma parte del pensiero era puntavamo ad avere uno spettacolo di quattro ore e lo avremo davvero e lo spettacolo inizierà al Dolby e vogliamo che tutti siano lì con i loro colleghi a fare il tifo per loro e lo spettacolo televisivo inizia un’ora dopo. E questo è come qualsiasi altro spettacolo dal vivo che prende decisioni su cosa andrà in onda e cosa sarà tagliato. Ma non commetteremo errori, senza dubbio, faremo in modo che tutti abbiano il loro momento perché alla fine della giornata è uno spettacolo divertente. Vogliamo essere celebrativi e divertenti, ma si tratta di celebrare le persone più talentuose del mondo e quello che fanno, e siamo determinati a farlo e a farlo nel modo giusto… Vogliamo che tutti siano celebrati e si divertano notte. E penso che una volta che tutti vedranno il modo in cui stiamo mettendo insieme lo spettacolo, vedranno che c’è una reale intenzionalità dietro tutte le decisioni che vengono prese. E questo è unire le persone per amore del cinema e celebrare queste persone.
Anche Glenn Weiss, il regista della notte degli Oscar è intervenuto al riguardo: “Oltre a quello che ha detto Will, voglio sottolineare questo punto, che le istruzioni che il team ha ricevuto su quei premi… è l’avere il massimo rispetto. Siamo qui solo per rispettare e onorare e so che tutti hanno la loro idea nella testa di ciò che pensano sia questo momento. Lo stiamo facendo per onorare le persone e rispettarle. Questo è quello che stiamo facendo qui”.
Questo intervento è stato imposto per abbreviare la cerimonia, che durante la messa in onda spesso toccava le quattro ore; purtroppo la scelta di determinate categorie da “sforbiciare” rispetto ad altre ha inevitabilmente creato malumore tra gli addetti ai lavori, a cui si potrà propinare qualsiasi giustificazione al riguardo, ma la sensazione di aver voluto creare, scientemente o meno, categorie di serie A e altre di serie B. è oltremodo evidente.
di Pietro Ferraro per https://www.cineblog.it/
Un film sulla pandemia realizzato da adolescenti
"Qualcosa che ancora non c'è.." è un film appena realizzato grazie ad un bando del Ministero dell'Istruzione, dal laboratorio cinematografico creato da Alveare Cinema e da alcuni studenti del Liceo Bramante di Roma. Un film girato durante il primo lockdown, scritto da adolescenti e realizzato interamente da adolescenti. I giovani autori con l'aiuto del regista Paolo Bianchini, mettono a nudo le proprie sensazioni, i propri tormenti ed emozioni vissute durante il terribile periodo passato in casa. Ne viene fuori la necessità, espressa anche dalla pedagogista Maria Rita Mancaniello, che si prenda spunto dal periodo della pandemia, di ripensare alle traiettorie dello sviluppo e ai modelli sociali a cui aspirarci.
Il progetto “SaRà un Musical” ha previsto un percorso durato circa due anni, lungo e complesso, prima, durante e dopo la pandemia. Un percorso realizzato in presenza, a distanza e nuovamente in presenza nel rispetto di tutte le normative anti-covid. Un grande sforzo da parte della scuola, dell’Alveare Cinema e degli studenti, che ha portato i suoi risultati permettendo agli studenti di proseguire il proprio percorso, di avere un punto di riferimento e di non vedere traditi gli obiettivi del progetto.
E’ stato realizzato un film di 100’ che ha coinvolto oltre 50 ragazze e ragazzi nell’ambito del programma PCTO ex “Alternanza Scuola Lavoro”. Si chiama “Qualcos’altro… che ancora non c’è“.
Le riprese sono iniziate il 16 novembre 2020 dopo mesi di lavoro dedicati alla sceneggiatura insieme agli sceneggiatori di Anac. I laboratori non si sono fermati durante il lockdown, ma sono proseguiti online. L’idea era diversa. Poi la quarantena ha fatto emergere la necessità di raccontare quello che stava accadendo. Così i personaggi si sono presentati agli autori in un’alternarsi continuo tra finzione e realtà. La storia ha preso una nuova direzione dando vita a più vicende parallele, unite dal filo rosso della prima trama e cucite insieme grazie alla super visione oltre che di Bianchini anche di Alessandro Rossetti e Alessandro Trigona di Anac Autori. I provini per il cast sono stati fatti online, poi i callback dal vivo, a scuola, con mascherine e distanziamento.
Il progetto abbraccia il mondo del cinema a trecentosessanta gradi. Per questo ha previsto laboratori legati a tutti i mestieri che ruotano intorno alla realizzazione di un lungometraggio: costumista, scenografo, fonico, fotografo, montatore ecc. Con la guida di esperti dei diversi settori, gli studenti hanno avuto l’occasione di sperimentare sul campo, nel rispetto di tutte le norme anti Covid.
Il film è stato presentato il 5 settembre 2021 all’interno di Isola di Edipo/ Giornate degli Autori sezione parallela del Festival del Cinema di Venezia.
Il progetto è stato oggetto di valutazione da parte della Prof.ssa Maria Rita Mancaniello, Pedagogista dell’Adolescenza – Università degli Studi di Firenze, che nella sua relazione ha dichiarato “Un Qualcosa che ancora non c’è, ma che si sente esplodere dentro di sé, una percezione, una brezza gelata che sfiora sottopelle, tanto silente, quanto dirompente. Un Qualcosa che ancora non c’è ma che ha la forma di un passato tutto da elaborare, patrimonio immateriale del proprio mondo interno, che attraversa l’adolescente senza possibilità di eluderne le sensazioni che suscita e senza possibilità di saltarlo “a piè pari”, come si desidererebbe tanto”.
Il progetto ha coinvolto complessivamente 50 studenti.
Il Tufello si trasforma in un set cinematografico, sotto l'attento sguardo del grande murale di Gigi Proietti. Con mascherine su naso e bocca, ben distanziati, gli studenti raccontano la pandemia e il lockdown: si chiama "Qualcos'altro... che ancora non c'è" ed è il lungometraggio scritto da 7 ragazze e ragazzi tra i 12 e i 23 anni.
Un progetto di Alveare Cinema con il supporto di Miur e Mibact e la collaborazione di Anac Autori e Roma Best Practices Award che coinvolgerà circa 50 studenti dell'istituto D. Bramante al Tufello nell'ambito del programma di "alternanza scuola lavoro" e i ragazzi del Liceo Ninni Cassarà di Palermo che realizzeranno i sottotitoli. Le riprese partiranno lunedì 16 novembre dopo mesi dedicati alla sceneggiatura. I laboratori non si sono fermati durante il lockdown, ma sono proseguiti online. "L'idea iniziale - racconta il regista Paolo Bianchini - era diversa. Poi la quarantena è entrata nelle nostre vite e ci siamo resi conto che avevamo bisogno di raccontare quello che stava accadendo". Così i personaggi si sono presentati agli autori e, mescolando finzione e realtà, la storia ha preso una nuova direzione. Più vicende parallele, unite dal filo rosso della prima trama, sono state cucite insieme grazie alla supervisione oltre che di Bianchini anche di Alessandro Rossetti e Alessandro Trigona di Anac Autori. Si parla di violenza, isolamento, diversità, paura di essere tagliati fuori, relazioni. Tutti temi sollevati e approfonditi dai giovani autori.
I provini per il cast sono stati fatti online, poi i callback dal vivo, a scuola, con mascherine e distanziamento. Il progetto abbraccia il mondo del cinema a trecentosessanta gradi. Per questo prevede laboratori legati a tutti i mestieri che ruotano intorno alla realizzazione di un lungometraggio: costumista, scenografo, fonico, fotografo, montatore ecc. Con la guida di esperti dei diversi settori, gli studenti avranno l'occasione di sperimentare sul campo il lavoro che sognano di fare. “Il progetto - commenta la dirigente della scuola D. Bramante Daniela Crestini - è un’occasione di grande rilievo sul piano esperienziale e professionale per i nostri studenti”.
"Qualcos'altro... che ancora non c'è" è il secondo film interamente realizzato con una scuola. Nel 2019 Alveare Cinema ha girato "Frammenti", presentato alla Mostra internazionale di Venezia e proiettato alla Festa del Cinema di Roma.“
Articolo da RomaToday.it
“See you in Texas” nasce da un'idea del Direttore della Fotografia Michele D'Attanasio (VELOCE COME IL VENTO, LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT), amico e collaboratore del regista Vito Palmieri “Michele girava un film in Trentino, LA FORESTA DI GHIACCIO, dove ha conosciuto un giorno una coppia di giovani trentini che avevano voglia di svagarsi perché spesso impegnati a lavorare con le bestie, mestiere che ha dei ritmi particolari e comporta una grossa fatica fisica e mentale.”
L'idea colpisce Palmieri per il contrasto che la storia ha e decide di proporre il soggetto a Matteo Rovere, regista e produttore con cui è in contatto da anni. “Io e Matteo ci conosciamo da tempo: siamo della stessa generazione ed è capitato spesso di partecipare agli stessi festival con lavori propri. Matteo ha accettato subito e mi ha convinto a sviluppare il progetto come un film di finzione piuttosto che un documentario.”
Infatti il limite tra finzione e realtà in “See you in Texas” si percepisce appena grazie al lavoro del regista che in primis ha deciso di coinvolgere direttamente i due giovani allevatori senza prendere alcun attore che interpretasse le loro vite. Inoltre Palmieri decide di abbattere quello che è solitamente lo stereotipo delle stalle che in molti film vediamo sempre nella stagione primaverile o estiva, mentre in “See you in Texas” le riprese sono state fatte a febbraio con -10°, per di più con una troupe molto ristretta, proprio perché il regista voleva conservare un certo grado di intimità e spontaneità dei due principali protagonisti.
La bravura di Palmieri si percepisce e non è una casualità visti i suoi precedenti: una decina di lavori riconosciuti a festival nazionali e internazionali. A tal proposito il regista conferma che “il cortometraggio, così come il documentario, è un'ottima palestra per imparare cos'è il set, come raccontare una storia, anche se poi la vera sfida è il lungometraggio.”
E probabilmente questa sfida la sta vincendo visto che nel giro di pochi mesi “See you in Texas” è stato presente al Biografilm Festival, all'East Film Festival e al Mantova Film Festival, oltre che aver vinto il Gran Prix al Shanghai International Film Festival.
- Biografia
Vito Palmieri, nato a Bitonto il 1º ottobre 1978, è un regista cinematografico italiano.
Si laurea nel 2004 in Filmologia al Dams di Bologna, città dove attualmente vive. Nello stesso anno inizia la sua carriera come regista con il cortometraggio "Al mare", che vince all'EcoVision Festival e al Laura Film Festival nel 2005.
Nel 2006 Palmieri gira "Tana libera tutti". Finanziato dal MiBACT, il corto, oltre a essere candidato ai David di Donatello viene selezionato al Festival Arcipelago, al Genova Film Festival, al Visionaria International Video Festival, al Festival Within the family a Novosibirsk in Russia, al NICE Festival, al San Paolo Film Festival in Brasile e all'International Children's Film Festival India a Hyderabad. In molti di questi si aggiudica un premio.
Tre anni dopo dirige "Se ci dobbiamo andare, andiamoci" che viene presentato al festival Human Rights di Bologna e vince un premio al Festival del cinema europeo. Il 2010 è l'anno di "Eclissi di fine stagione" selezionato in numerosi festival cinematografici italiani tra cui il Giffoni Film Festival, nella sezione Diritti umani, e vincitore del premio della giuria, presieduta dal regista Alessandro D'Alatri, al festival Cortoacquario. Il corto inoltre fa parte dei trenta titoli preselezionati per i Corti d'argento 2012, festival che si svolge a Cortina d'Ampezzo.
Nel 2010 Vito Palmieri approda al documentario con "Il valzer dello Zecchino - Viaggio in Italia a tre tempi" ultimato l'anno seguente. Il film vince nel 2011 il primo premio come miglior documentario all'Annecy cinéma italien, il premio speciale della giuria al Festival Internazionale Arcipelago e il primo premio nella sezione Frontiere (Premio Giuseppe Folchi) al Molise Cinema Film Festival. Nello stesso anno il documentario partecipa al Bif&st, alla Rassegna Italia vera al Palazzo delle Esposizioni di Roma e al Winter Film Festival a Montevideo in Uruguay. Il film è stato in concorso anche a Les rencontres du Cinéma italien di Grenoble in Francia e al Festival del cinema italiano di Madrid.
Nel 2012 dirige il cortometraggio "Anna bello sguardo", un omaggio a Lucio Dalla, che viene proiettato in anteprima assoluta il 4 marzo 2013 (a circa un anno dalla scomparsa del cantautore bolognese) al Festival “Visioni italiane 2013” di Bologna.
Sempre il 2012 è l'anno di "Matilde" che partecipa nel 2013 alla 63ª edizione della Berlinale nella sezione Generation e al Giffoni Film Festival. Nel 2013 il corto vince il Riff-Rome independent film festival, il premio NociCortinfestival all'HollyShorts Film Festival di Los Angeles e la sezione Kids del Tiff-Toronto International Film Festival.
Articoli tratti da Manifesto0
In Gran Bretagna è stato visto da 29 milioni e 700 mila persone, la metà circa della popolazione: si chiama «Planet Earth II», è il seguito della leggendaria serie tv prodotta dieci anni fa dalla Bbc e firmata da sir David Attenborough ed è arrivato su Retequattro. Sei ore circa di televisione divise in tre serate speciali, e dentro c’è un pezzo prezioso d’Italia: nella puntata dedicata alle città, l’esempio visionario del Bosco Verticale di Milano progettato da Stefano Boeri, un ecosistema che comprende 800 alberi, 5.000 arbusti di grandi dimensioni e 15.000 piante perenni e ricadenti, oltre a 20 specie diverse di volatili e agli umani che abitano nelle due torri, fa da simbolo alla possibile, auspicabile commistione fra natura selvaggia e ambiente urbano.
Una troupe della Natural History Unit della BBC guidata dal produttore Fredi Devas lo ha ripreso per due anni interi, usando il meglio della tecnologia oggi a disposizione e raccontandolo in ogni particolare: «Sono un esperto di deserti e il mio primo interesse sono stati i babbuini», racconta Devas, a Milano per presentare il programma. «Ma questo ambiente urbano mi ha conquistato per le prospettive fresche e inedite che ci offre, e per la speranza che apre verso il futuro. Oggi, attorno alla Torre Pelli che si trova poco lontano del Bosco, ho visto volare due falchi pellegrini, gli stessi che nidificano in massa a New York e che raccontiamo nel programma».
Ma non di sole città è fatto «Planet Earth II», che ci conduce dalle Galapagos al Botswana, dalle Alpi francesi al Madagascar, dall’Antartide a Mumbai. Grazie ai progressi degli strumenti di ripresa, all’uso di droni, telecamere a sensore e stabilizzatori d’immagine a giroscopio, oggi l’invisibile è stato reso visibile e il punto di vista non è solo quello tradizionale. Strumenti sempre più piccoli e sensibili colgono ogni dettaglio degli animali e ci gettano nel cuore dell’azione: esemplare una sequenza di caccia incentrata su un’iguana marina inseguita dai serpenti che è subito diventata virale, registrando quattro milioni di visualizzazioni in Rete.
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dall'articolo di Egle Santolini per lastampa.it
Un linguaggio è un complesso sistema di segni visivi e/o auditivi, ognuno dei quali si riferisce in maniera tendenzialmente univoca ad altrettanti significati. La parola “tavolo” non ha alcuna relazione fisica con l’oggetto cui si riferisce, eppure chi conosce quell’insieme di lettere o il loro suono, le associa immediatamente all’oggetto reale. I segni devono relazionarsi tra loro attraverso un codice, cioé un insieme di regole e caratteristiche comuni che ne assicurino il riconoscimento e il riferimento ai significati. I linguaggi verbali sono quelli più diffusi, e sono fondati su codici grammaticali, ma ve ne sono molti altri. Tra questi vi è il linguaggio cinetelevisivo.
Al pari di qualsiasi altro linguaggio esso è costituito da un insieme di segni che, relazionati tra loro attraverso un sistema di regole, è utilizzato per comunicare qualcosa a qualcuno.
Il linguaggio cinetelevisivo è una sorta di macrolinguaggio, risultante della fusione di più linguaggi costitutivi. Ognuno di essi è a sua volta una versione particolare di linguaggi più generali, preesistenti a quello cinetelevisivo. Si tratta di linguaggi con proprie autonome tradizioni, evoluzioni e "regole" e che, integrati nel più complesso linguaggio cinetelevisivo, si adattano e si trasformano dando vita a “varianti linguistiche”. La musica per film, ad esempio, è parte costitutiva del linguaggio cinetelevisivo, ma allo stesso tempo è una variante del vasto mondo del linguaggio musicale. Molti degli autori delle colonne sonore cinematografiche posseggono una formazione legata alla musica classica: anche loro scrivono sul pentagramma, cercano accordi, inventano melodie. Questi compositori devono conoscere i fondamenti del linguaggio della musica, ma, allo stesso tempo, sono tenuti ad adattarsi alle particolari caratteristiche del linguaggio cinetelevisivo. Per questo un direttore d’orchestra o un compositore di musica classica non necessariamente dispongono dell’inventiva o delle competenze necessarie ad eseguire o creare un accompagnamento per film.
Le opere realizzate con il linguaggio cinetelevisivo hanno bisogno dell'apporto separato e convergente delle specifiche varianti di altri linguaggi. Per scattare una fotografia basta un fotografo, per scrivere un romanzo è sufficiente uno scrittore o al massimo l'intervento di un consulente o di un editor, ma per realizzare un film o un programma tv occorrono molte e diverse professionalità, spesso corrispondenti a diversi particolari linguaggi.
Il concorso e l'equilibrio di questi contributi linguistici è ciò che rende la creazione dell'opera cinetelevisiva un’operazione straordinariamente complessa: spesso la qualità o il successo di un'opera cinetelevisiva sono conseguenza della minore o maggiore capacità di amalgamare i diversi linguaggi che concorrono alla sua sintesi finale. Una volta fusi nella scena, i vari linguaggi perdono la propria autonomia. Il linguaggio cinetelevisivo si presenta come unitario solo nella sua forma condensata e concreta: l'opera cinetelevisiva. Per giungervi ha bisogno però dell'intervento simultaneo e concertato di vari linguaggi. Con un'attenta analisi è possibile, a partire dall'opera, risalire ai diversi contributi linguistici ed anche a come essi hanno influito nell'equilibrio generale.
di Michele Corsi per cinescuola.it
Il Comune di Ascoli Piceno ospiterà la proiezione del cortometraggio "Helena" di Nicola Sorcinelli. Saranno presenti il regista, l'attrice Sandra Ceccarelli e dirigenti della produzione. L'appuntamento è domenica 13 Marzo 2016 alle ore 17:00 presso la Sala dei Savi di Palazzo dei Capitani.
Sinossi
Helena è un ufficiale delle SS cui è affidato il compito di smistare i prigionieri ebrei tra i campi di concentramento. I prigionieri che accompagna sono bambini. Svolge questo compito con assoluta fedeltà e adesione ai folli ideali del Reich, convinta che la vita sia dominata da un ordine rigorosissimo e infallibile. Ma, a causa di un agguato, il treno su cui viaggiano Helena e i bambini deraglia: sopravvive un solo bambino. Helena vuole portare a compimento la missione che le è stata affidata: il campo di concentramento è distante alcuni giorni di marcia, ma Helena persegue convinta nella sua totale adesione ai piani del regime, per consegnare quel bambino al suo ultimo destino. La Storia tuttavia, a volte, deve fare i conti con l'imprevisto, con un fattore che non si può pianificare in anticipo. Helena, sempre durissima e severa, a contatto con quell'umanità più fragile e delicata che il bambino personifica, progressivamente, muterà la sua disposizione d'animo. Helena e il bambino sono ormai vicinissimi al campo di concentramento, simbolo del male e di quell'atroce follia perpetrata da alcuni uomini contro altri uomini. La coscienza di Helena si risveglia e comprende appieno l'assurdità della missione cui si è votata. Ma un soldato nazista si para di fronte al loro cammino. È questo il momento decisivo della vita di Helena, quel momento in cui ogni uomo e ogni donna sono chiamati a schierarsi e a fare una scelta. La vicenda è rievocata tra le pareti di una cantina sotterranea in cui Helena disegna al carboncino alcune scene che, mano a mano, capiremo essere istanti di vita vissuta, la rievocazione di quella storia personale, così tragica ma altrettanto commovente e ricca di speranza. Perché una speranza è sempre possibile, anche di fronte ai mali più atroci.
Note
Le riprese del cortometraggio, durate cinque giorni, sono partite da Ascoli Piceno, in Piazza del Popolo e al Teatro Ventidio Basso, che ha ospitato la ricostruzione dell'incidente al vagone ferroviario da cui la storia ha inizio. Le successive quattro giornate di riprese hanno interessato la provincia di Pesaro e Urbino, con gli esterni ed i paesaggi della Riserva Naturale della Gola del Furlo, toccando inoltre le città di Cagli e San Costanzo.
Il regista Nicola Sorcinelli
Nicola Sorcinelli nasce a Cattolica e vive la sua infanzia nel paesino di San Costanzo (PU). Regista, inizia il suo percorso artistico durante l'infanzia tra i banchi di scuola organizzando assieme ad amici i primi esperimenti/corti, che lo porteranno a realizzare le prime opere e a vincere i primi premi all'età di 13 anni. Qualche anno dopo inizia una vera e propria collaborazione con gente tecnicamente molto più esperta nel settore, gente appassionata della stessa arte, grazie alla quale realizza diverse opere vincendo numerosi premi nazionali ed internazionali (Ricordiamo Los Angeles Movie Awards, Cannes Courtmetrage, Premio Francesco Passinetti a Venezia, Fano International Film Festival, Florida Film Festival, Premio Agis). Lavora anche su vari set italiani come assistente alla regia e aiuto regia. Il Resto del Carlino lo inserisce nella classifica dei 100 orgogli della Regione Marche. I suoi ultimi lavori: La Neve non fa Rumore del 2009, Il Viaggio del Piccolo Principe del 2011, Prima della Pioggia del 2012, L'Attimo di Vento del 2013, la serie I 7 giorni della fine del mondo del 2014/2015 e ancora in lavorazione ed Helena del 2015.
L'attrice - Sandra Ceccarelli
Sandra Ceccarelli è un capolavoro imperdibile della recitazione per tutti gli amanti dell'arte della sottrazione in questo difficile, ma fantastico, mestiere. Non la si poteva di certo ignorare quando si è lanciata con passione nell'avventura di Giovanni De' Medici scritta da Ermanno Olmi ne Il mestiere delle armi e di certo è stata una scoperta di grande bravura nelle pellicole drammatiche di Giuseppe Piccioni e Cristina Comencini. Rigida, semplice, marmorea. Figlia di Franco Ceccarelli, chitarrista degli Equipe 84, è ancora un'adolescente quando Giuseppe Bertolucci la sceglie per impersonare la figlia di Stefania Sandrelli nella pellicola Segreti segreti (1984). Dopo qualche anno dedicato al teatro, entra in contatto con registi come Piergiorgio Gay e Giuseppe Piccioni che la impiegheranno nelle loro pellicole. Piccioni in particolare sarà funzionale al successo della sua carriera. È proprio grazie alla sua pellicola Luce dei miei occhi, dove la Ceccarelli ha il ruolo della protagonista, che l'attrice si guadagna la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile alla Mostra Internazionale d'arte cinematografica di Venezia (premio che, in passato prima di Sandra, aveva visto trionfare un'attrice italiana solo con Anna Magnani, Sofia Loren, Laura Betti, Valeria Golino) ed il Premio Pasinetti, senza contare la nomination ai David di Donatello nella stessa categoria, poi replicata con La vita che vorrei che le porterà anche una candidatura all'European Film Award. Schiva e riservata, nel 2003, sarà la protagonista di un documentario a lei dedicato da Piccioni: Sandra, ritratto confidenziale. Con Il più bel giorno della mia vita, diretta da Cristina Comencini, condivide il Nastro d'Argento come miglior attrice non protagonista con Virna Lisi e Margherita Buy. Stimata notevolmente anche all'estero, lavora con John Malkovich in Klimt.
La produzione - Hundred Dreams Production
La Hundred Dreams Production, casa di produzione cinematografica, nasce a Roma nel 2014, fondata da Alberto De Angelis e Marco Trabucchi, entrambi ascolani. Nei propri progetti si impegna nella valorizzazione cinematografica del territorio e delle eccellenze marchigiane.
Trailer
https://www.youtube.com/watch?v=3zL5hK2Imow
In descrizione, sotto la schermata del trailer, sono riportati i titoli di coda.
Il cortometraggio è stato patrocinato da:
Provincia di Pesaro e Urbino
Riserva Naturale Statale della Gola del Furlo
Comune di Ascoli Piceno
ANPI - Comitato Provinciale di Ascoli Piceno
Il cortometraggio è stato inoltre sostenuto da:
Fainplast Compounds SRL
Sabelli SPA
Opera Light SRL
Officina Meccanica Sorcinelli Carlo
Bisogna osservare, cioè guardare ed analizzare con attenzione tutto quello che ci passa davanti agli occhi. Non è facile. Non siamo abituati a farlo. E se lo facciamo adoperiamo spesso superficialità. Invece dovremmo utilizzare la sensibilità che è in noi per osservare le forme, la luce, i colori, captare ed immagazzinare tutte le sensazioni che l'ambiente circostante genera in noi. Spesso ci fermiamo agli stereotipi, e non approfondiamo le nostre osservazioni. Spesso utilizziamo solo la parola “bello” per esprimere tutto ciò che sentiamo. Non siamo educati a farlo.
"Il Serpente", un inseguimento nella notte dove niente è come sembra. “Quante volte ci siamo trovati a immaginare che qualcuno ci stia pedinando o spiando? In una piazza vuota nella notte, nel parcheggio sotterraneo di un centro commerciale, in casa, all’alba, un rumore anomalo in salotto. Oppure per strada, una macchina sembra seguirci, a debita distanza, ma sempre più vicina… Ed proprio da questa ultima suggestione che prende spunto Il Serpente, corto tutto italiano interamente girato nel comune di Sutri, nel viterbese, che mette in scena, con qualche variazione, quella che pare essere – dicono gli autori – una “urban legend” che circola da qualche anno negli USA. Il canovaccio del film: dopo una lunga chiacchierata con un cliente abituale, Marta, la protagonista del corto, finalmente stacca dal suo turno e si avvia verso casa. Il suo tragitto viene però interrotto da un albero caduto nel mezzo della strada, che la costringe a scendere dalla macchina per spostarlo. Mentre sta per ripartire, una macchina appare alle sue spalle e sembra inseguirla. Marta non sa cosa pensare, e via via si fa prendere dal panico. Inizierà così una lunga corsa piena di tensione.', '
L’intero corto ruota intorno all’idea che niente è mai come sembra. Questa massima viene suggerita all’inizio dal cliente del bar che racconta la storia di una sua conoscente ignara del pericolo in cui si trovava quando non era in grado di ‘leggere’ gli strani comportamenti del serpente lasciatole dall’ex marito. Ovviamente non vi riveliamo oltre per non rovinarvi la sorpresa…
Il corto, una produzione “low budget” ma ben girato (notevole la fotografia), ha il suo punto forte nella sceneggiatura, e applica alla perfezione la regola della suspense hitchcockiana: quando lo spettatore viene informato del vero pericolo che incombe sull’ignaro protagonista, la tensione è mantenuta ai massimi livelli per tutta la durata del film, in questa storia notturna di incomprensioni e paura. I due livelli della narrazione funzionano benissimo, grazie ad una regia e un montaggio dinamici, e un cast brillante capace di rendere credibili e naturali tutti i personaggi. Il risultato è una storia avvincente e abbastanza anomala nel panorama corti italiano, che raramente si cimenta nel genere thriller.
Il Serpente è il primo cortometraggio diretto dal napoletano Nicola Prosatore, sceneggiato da Carlo Salsa, Roberto de Paolis e Prosatore, e prodotto da Briciola.tv, società di produzione con base a Roma che realizza pubblicità e contenuti per la televisione e il web con particolare attenzione ai più recenti linguaggi (branded-content). Vincitore di premi e nelle selezioni di molti festival del circuito Italiano e internazionale, il corto si avvale di un cast importante, tra cui Cesare Bocci (Montalbano) e Francesco di Leva, nominato al David di Donatello per “Una vita tranquilla”, Giovanni Ludeno e Antonia Truppo, attrice teatrale che lavora anche per il cinema e la TV (La Squadra). La colonna sonora è stata realizzata dalla band romana Thegiornalisti.
da huffingtonpost.it
La giuria del 1° Calitri Sponz Film Fest, composta dal regista Luigi Di Gianni, dagli attori Neri Marcorè e Sabrina Impacciatore, dal giornalista Alberto Nerazzini, da don Vinicio Albanesi e dal produttore cinematografico Alessandro Contessa ha assegnato i seguenti premi per il concorso internazionale di cortometraggi dedicati al tema del matrimonio e dell’unione. La giuria ha espresso grande apprezzamento per l’elevata qualità dei corti selezionati, segno di vitalità delle produzioni italiane ed internazionali.
Ad ogni premiato sarà consegnata anche una fede appositamente creata dall’orafo calitrano Luciano Capossela, celebre in tutto il mondo per le sue creazioni che hanno ricevuto numerosi premi.
I premi vanno ai seguenti titoli:
1° PREMIO A NO KISSING di Manuel Arija (Spagna) – consistente in 1.500 € e una fede d’oro
Con la seguente motivazione:
Realizzato in un unico ambiente senza orpelli cinematografici, intensamente drammatico e coinvolgente, il film è interpretato in modo straordinario dai due attori che restituiscono i personaggi in tutta la loro umanità e fragilità.
In una condizione estrema di solitudine e disperazione prevale il bisogno di comunicare e di incontrarsi. Da sottolineare la scelta appropriata della macchina a mano, che scivola con pudica sensibilità sui corpi nudi e imperfetti dei due protagonisti.
2° PREMIO A QUAL QUEJO VOCE’ QUER di Cintia Domit Bittar (Brasile) – consistente in una fede d’argento
Con la seguente motivazione:
Percorso da un sottile filo d’ironia, ambientato in pochi scorci domestici, nel giro di pochi minuti, il film, grazie a un testo estremamente intenso e all’interpretazione di due grandi attori, restituisce il senso più profondo della vita e delle angosce dei due anziani protagonisti, i tentativi di ribellione da parte della donna, la passiva e dolente presenza del marito, il naufragare conclusivo nella quotidiana piccola e rassegnata accettazione della vita.
3° PREMIO A METROS UTILES di David Cervera (Spagna) – consistente in una fede di bronzo
Con la seguente motivazione:
Il film si distingue per la sua originalità. Lo sguardo del regista non è mai didascalico e si rivela drammaticamente ironico. Un piccolo film cinematograficamente solido, sobrio e sorprendente.
La giuria del 1° Calitri Sponz Film Fest, composta dal regista Luigi Di Gianni, dagli attori Neri Marcorè e Sabrina Impacciatore, dal giornalista Alberto Nerazzini, da don Vinicio Albanesi e dal produttore cinematografico Alessandro Contessa ha assegnato i seguenti premi per il concorso internazionale di cortometraggi dedicati al tema del matrimonio e dell’unione. La giuria ha espresso grande apprezzamento per l’elevata qualità dei corti selezionati, segno di vitalità delle produzioni italiane ed internazionali.
Ad ogni premiato sarà consegnata anche una fede appositamente creata dall’orafo calitrano Luciano Capossela, celebre in tutto il mondo per le sue creazioni che hanno ricevuto numerosi premi.
I premi vanno ai seguenti titoli:
1° PREMIO A NO KISSING di Manuel Arija (Spagna) – consistente in 1.500 € e una fede d’oro
Con la seguente motivazione:
Realizzato in un unico ambiente senza orpelli cinematografici, intensamente drammatico e coinvolgente, il film è interpretato in modo straordinario dai due attori che restituiscono i personaggi in tutta la loro umanità e fragilità.
In una condizione estrema di solitudine e disperazione prevale il bisogno di comunicare e di incontrarsi. Da sottolineare la scelta appropriata della macchina a mano, che scivola con pudica sensibilità sui corpi nudi e imperfetti dei due protagonisti.
2° PREMIO A QUAL QUEJO VOCE’ QUER di Cintia Domit Bittar (Brasile) – consistente in una fede d’argento
Con la seguente motivazione:
Percorso da un sottile filo d’ironia, ambientato in pochi scorci domestici, nel giro di pochi minuti, il film, grazie a un testo estremamente intenso e all’interpretazione di due grandi attori, restituisce il senso più profondo della vita e delle angosce dei due anziani protagonisti, i tentativi di ribellione da parte della donna, la passiva e dolente presenza del marito, il naufragare conclusivo nella quotidiana piccola e rassegnata accettazione della vita.
3° PREMIO A METROS UTILES di David Cervera (Spagna) – consistente in una fede di bronzo
Con la seguente motivazione:
Il film si distingue per la sua originalità. Lo sguardo del regista non è mai didascalico e si rivela drammaticamente ironico. Un piccolo film cinematograficamente solido, sobrio e sorprendente.
I video maker devono soffermarsi su tutte quelle opere che raccontano qualcosa, qualunque sia il linguaggio utilizzato, quindi opere di scrittori, poeti, registi che hanno filmato storie loro, fotografi, pittori e scultori e architetti, tutti insomma quegli artisti che “ hanno cose da dire “. Gli aspiranti registi dovrebbero imparare a risalire dalle storie alle idee che ne sono alla base, discutere sulle idee, discutere sulle storie. Formarsi una cultura delle idee e delle storie che possono esprimerle. Se questa fase di autoformazione è carente, il rischio è grave. I registi continueranno ad andare alla ricerca di idee e di storie altrui. E c’è un rischio ancora più grave. Un regista non abituato a risalire dalla storia all’idea, abituato invece a soffermarsi alle vicende, alla trama, può non comprendere e travisare per esempio un romanzo. Una cosa del genere è accaduta, ne sono stato osservatore impossibilitato a intervenire. E’ accaduto che non venisse colto il senso di un racconto proprio di un autore noto per essere un indagatore dell’animo umano. Una buona cultura di base avrebbe potuto mettere in guardia il regista che si apprestava a realizzare un film da quel racconto e gli avrebbe evitato di ridurre una storia di profonda introspezione psicologica a una vicenda senza spessore.
Andare alla ricerca di film che hanno un’idea forte. Mi riferisco al grande cinema. Il contatto con questo cinema è più facile, i film delle case produttrici sono a portata di sguardo. Conviene frequentare le sale, si impara dal bene e dal male.
Avevo sentito parlare di un film “da vedere” e l’altra sera l’ho visto. Gli Acchiappafilm ( Be Kind Rewind, 2008 ) scritto e diretto da Michel Gondry. Fa al caso mio perché in sostanza parla di video maker. Sposta l’attenzione dal cinema al fare cinema. A chi piace raccontare c’è qualcosa che può piacergli di più del semplice narrare una storia? Sì. Il narrare una storia interpretandola. Inventare i personaggi e realizzarli con la propria persona. Vivere insomma la storia che si è fantasticata. E che succede se si coinvolge un intero quartiere?
Michel Gondry ci racconta la storia di due giovani sconclusionati che si improvvisano video maker per rimediare a un danno. Uno dei due è commesso in una videoteca, il cui proprietario, al momento assente, ha perso l’entusiasmo per il lavoro perché le videocassette non vanno più e perché è imminente uno sfratto per demolizione del palazzo che lo ospita. L’altro giovane, che per un incidente è rimasto “magnetizzato” e non lo sa, involontariamente smagnetizza tutte le videocassette. Se ne accorgono perché la gente riporta indietro le cassette senza più film e rivuole i soldi. Una ragazza, a cui tengono, vuole il film Gli acchiappafantasmi. Ma anche questo è smagnetizzato. E così hanno un’idea brillante! Rifare un corto in quattro e quattr’otto copiando alla meglio questo film… E il giorno dopo glielo consegnano. Il film è esilarante, assurdo, pazzo e hanno successo. Sono costretti a rifare tutti i film della videoteca, classici, celebri, di successo. E coinvolgono altre persone. Più i film sono demenziali, più hanno successo. Perché sono girati lì, tra quelle case, quella gente. E perché sono tutti comunque divertenti.
La videoteca rivive affittando semplicemente a un dollaro questi film, pazzi remake di capolavori. Il proprietario, al ritorno, può riprendersi dallo scoramento. Ma un tale successo disturba chi detiene il potere culturale ed economico. Sono accusati di plagio e tutte le video cassette finiscono sotto una macchina schiacciasassi.
La gente del quartiere non ci sta, rivuole i film. O meglio vuole che il gruppo si rimetta a fare film. E c’è una storia, completamente inventata dal proprietario della videoteca per incantare il commesso quando era bambino. La storia di un cantante che era vissuto in quel quartiere e che era diventato famoso, una leggenda! Il proprietario deve avvisare che è completamente inventata. Meglio! Si urla da più parti. Ognuno di noi inventerà un personaggio della propria storia familiare. Sarà una nostra storia!
Il film si gira, tutto il quartiere partecipa. E quando è terminato, si proietta in piazza e c’è tanta altra gente, persino coloro che devono demolire il palazzo, i quali con le lacrime agli occhi per le risate non possono che prendere atto della situazione e fare marcia indietro sulle loro decisioni.
La formazione del regista deve partire dallo stimolare e sviluppare la capacità di pensare e scrivere soggetti. Fare da soli è possibile solo se c’è consapevolezza di ciò che ci occorre. Faccio un esempio e prendo me stesso. Io so che non sono un video maker completamente autonomo. Per fare i miei film ho bisogno del fotografo del cinema ( cinematographer ), il direttore della fotografia per intenderci. Non sono nelle condizioni per poter apprendere un uso abile della videocamera. E dunque a me i film costano di più. E l’eventuale merito lo condivido con il fotografo. Ora se non avessi questa consapevolezza e fossi presuntuoso e convinto che per fare un film basta un’idea e una storia valida…farei da me e da solo il film ma… con che risultato?
Così molti giovani pensano che per diventare registi basta imparare a usare la videocamera. Imparano, anche ad usarla bene, fanno un film, ma… con che risultato?
Consapevolezza dei limiti, soluzione per superarli. E la crescita come registi può essere autogestita.
Qualcuno mi ha chiesto: secondo te quali sono, al di là dell’ovvio, le differenze tra il grande cinema e il cinema povero, quello tuo, insomma dei videomaker? Ho risposto più o meno così.
Considerando i film che popolano le sale (che ovviamente piacciono ai produttori ), si può dire che il grande cinema mira allo spettacolo, agli effetti visivi e sonori, mentre il cinema povero, che non può permettersi rifacimenti storici, ricostruzioni scenografiche, imprese stupefacenti, avventure mirabolanti, si dà da fare con le idee, le immagini, la ricerca stilistica. Fatte salve le eccezioni dell’uno e dell’altro cinema, e considerando non tanto i risultati quanto soprattutto le intenzioni degli autori, la prima differenza sta nelle idee, nella storia. Dunque nel soggetto. Di più non posso e non voglio dire, perché io sono nelle condizioni di fare il cinema povero, e non di scegliere quale dei due cinema fare. Potrei essere di parte. Mi interessa invece parlare del cinema povero, di come arricchirlo. E comincio dalla…pagina bianca, cioè per l’appunto dalle idee, dalla storia da raccontare.
Le idee nascono dalla realtà. Guardiamoci intorno, osserviamo, ascoltiamo. Leggiamo. La lettura è una modalità di osservazione della realtà. Si legge per comprendere gli altri. Il germe dell’idea viene posto sia dalla realtà concreta offerta dalla vita e dall’ambiente che ci circonda, sia dalla realtà rarefatta e mediata proposta dalla lettura. Scegliamo le idee che ci toccano e coltiviamole. Lasciamo che queste idee percorrano in lungo e in largo il cervello alla ricerca di altre idee con cui creare associazioni illuminanti. Senza accorgercene ci ritroveremo il nucleo di una storia. A questo punto indirizziamo il pensiero a creare un’idea più complessa, ossia la storia, fino a quando saremo pronti a sviluppare e a precisare scrivendo.
E’ importante che il nucleo sia emotivo. Deve toccarci. Ci sarà più facile veicolare un’emozione se questa stessa emozione è prima di tutto nostra. L’arte esprime idee su onde di emozioni.
Il mio primo film, che in seguito ho tradotto in romanzo perché la storia narrata era stata molto apprezzata, è nato da un fatto, che mi toccava da vicino: il progetto di costruzione di un’autostrada che avrebbe stracciato una piana di vigneti, avrebbe sfiorato o tagliato in due la campagna dove da bambino, ragazzo e adulto mi sono sempre rifugiato per fantasticare prima e fare l’amore poi. La possibilità che un tale evento si realizzasse mi sconvolgeva. E non c’era nulla da fare! Quando ho cominciato a rassegnarmi, l’idea di questi immensi vigneti sventrati ha cominciato ad andarsene in giro per la testa finché non si è imbattuta in un’altra idea forte, preesistente. Una fantasia ricorrente. Ho sempre immaginato la presenza nei vigneti di esseri particolari, che chiamavo gli uomini delle vigne. Questi esseri rappresentavano i bisogni autentici dell’umanità. L’esigenza di comunicare, di contatto intenso, soprattutto fisico, quindi anche erotico… Cosa sarebbe successo a questi esseri se il loro territorio, e quindi la loro esistenza fosse stata compromessa da un’autostrada? A poco a poco ho elaborato una trama e poi mi sono messo a scrivere la sceneggiatura.
La pagina bianca ci blocca perché è lì a giudicare qualunque cosa noi stiamo per scrivere. Si rifiuta, non la vuole. Scriviamo due parole e accartocciamo il foglio, via!
Dobbiamo invece pensare l’opposto. La pagina non ci giudica, anzi ci invita a non avere paura, tanto possiamo riscrivere, non ci impegniamo con nessuno, non fa nella se sbagliamo, se dobbiamo riscrivere venti volte. Chi ci insegue? Ecco una differenza tra il grande cinema e il cinema povero.
Quanta tensione, ansia, disturbante per il soggettista, al quale un produttore ha dato il compito di scrivere una storia su una certa idea o ( peggio ) per una star! Lo paga bene, ma gli ha dato pure delle scadenze. Invece chi scrive per se stesso, per una sua idea, senza essere pagato…( ahimè! ) e senza scadenze, non deve preoccuparsi.
Dico questo perché ho conosciuto tanti giovani scrittori che avevano l’angoscia della pagina bianca e del come riempirla. Certo dobbiamo metterci al computer solo dopo aver elaborato in qualche modo l’ idea. Quando comincio a scrivere un soggetto, io ho già in testa la storia. E di fronte alla pagina nuda, “rompo il bianco” ( simile a “rompere il ghiaccio” ) scrivendo, senza preoccuparmi di come sto scrivendo né di cosa. Se non mi piace ricomincio.
Qualcuno pigro potrebbe dire, ma se bisogna scrivere quando la storia è già in testa che bisogno c’è di scrivere? E’ sufficiente prendere appunti. Chi fa una domanda del genere e conclude che basta prendere appunti, è persona che non ha mai scritto una storia in vita sua. Perché scrivere una storia è la migliore occasione per precisarla, svilupparla, aggiustarla, migliorarla…cambiarla.
Chi vuole sperimentare, e pure esercitarsi, faccia questa prova. Ottimo allenamento per la fantasia. Mettetevi al computer SENZA IL TIMORE DELLA PAGINA BIANCA. Cominciate a scrivere cose strampalate e andate avanti. Se va male - e le prime volte andrà male - non salvate il file, se va bene scoprirete il piacere nella testa. Il piacere di andare a ruota libera e di far vivere la pagina con personaggi e vicende nati sulle righe.
Fare cinema
di Maurizio Mazzotta
www.essereuomo.it
Un giovane venditore di aspirapolvere capita la vigilia di Natale nelle mani di tre annoiate signore di mezza età che passano il loro tempo a prendersi gioco dei rappresentanti. Ma questa volta le cose andranno diversamente perchè il venditore ha in serbo per loro un modello di aspirapolvere davvero stupefacente…
INTERPRETI: Paola: Paola Tiziana Cruciani - Lunetta: Lunetta Savino - Carla: Carla Signoris - Venditore: Edoardo Leo
Dichiarazione del regista
Penso che se si vuole far arrivare un messaggio, non lo si debba circoscrivere al solo momento della visione, ma fare in modo che gli spettatori se lo portino dietro, a casa, a scuola, con gli amici, in famiglia. Solo così il tema può essere razionalizzato, discusso e “digerito”. Secondo quest’ottica la commedia diventa allora uno strumento di riflessione indispensabile per affrontare qualsiasi tipo di problema e, in particolare, questo che si radica su un terreno così infido e scivoloso come il rapporto tra i ragazzi e la tossicodipendenza.
Io e Federica Pontremoli abbiamo voluto ribaltare il problema, cioè non considerare il classico caso di genitori alle prese con i figli che si drogano, bensì provare a vedere cosa accade quando sono gli adulti ad avere un approccio, per quanto drammaticamente comico, con la droga. Questo ribaltamento dei punti di vista, mi ha offerto lo spunto per affrontare in un’ottica inedita situazioni un po’ logore e abusate.
Massimo Cappelli
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