♥ Cortometraggi
Questo è quanto scriveva Leo Longanesi, nel 1933.
Cannes 2009, gli abbracci spezzati di Pedro Almodovar. Il regista spagnolo partecipa in concorso al Festival di Cannes con Los abrazos rotos, film drammatico in cui non può mancare la sua musa Penelope Cruz.
Le inquadrature forse più utilizzate nelle riprese dai principianti sono il paesaggio ed il ritratto, inteso come riprese di persone in movimento (familiari, amici, ecc). Soprattutto il paesaggio è il soggetto considerato più semplice da riprendere poichè, ai nostri occhi, quando stiamo per riprenderlo, è sempre bellissimo. Ma quando lo rivediamo a casa, ci accorgiamo che tutta la sua bellezza è svanita. Perché?
Spesso ci vien voglia di scrivere, di trascrivere le nostre idee, vogliamo realizzare qualcosa che è la nostra creatività. E talvolta, vogliamo creare qualcosa anche visivamente, non fotografie, ma una storia viva, che si muova, che parli.... Allora prendiamo la nostra telecamera ed inizimo a girare.... dopo cerchiamo di dare un filo logico a quello che abbiamo ripreso... ci uniamo la musica che sentiamo tanto alla radio.... un bel titolo, un veloce monaggio al computer... ed il gioco è fatto! Siamo registi anche noi. Ecco come non bisogna agire.
E’ spontaneo, per chi come me agli inizi e ha la passione di realizzare video, chiedersi cosa ci vuole per realizzare un film. La domanda che mi sono posto inizialmente è stata: Come fare un film? Pensandoci e ripensandoci mi son elencato mentalmente tutte quelle persone e cose che ci vogliono per mettere in piedi una piccola produzione cinematografica. Senza parlare della scenografia e delle locations necessarie e come si sarebbe dovuto fare per distribuirlo.
In tempi di quarantena dovuta alla pandemia da Coronavirus Martin Scorsese non si è preso una pausa e ha girato un cortometraggio per la BBC. Il nuovo corto di Martin Scorsese verrà presentato durante l'episodio di finale di Lockdown Culture with Mary Beard, talk show dell'emittente televisiva britannica che analizza il ruolo della cultura durante l'isolamento forzato causato dalla pandemia. Nelle intenzioni di Martin Scorsese il corto - per il quale si è ispirato a classici della Storia del Cinema - vuole essere una riflessione sul significato che il lockdown ha avuto per lui.
Leggi tutto: MARTIN SCORSESE ha girato un cortometraggio in quarantena
Un film è un lavoro collettivo di grande complessità, che richiede un’enorme quantità di tempo, di fatica e di denaro, e che può coinvolgere intere unità produttive per diversi mesi. L’industria cinematografica, per questo motivo, è considerata essere uno dei settori con più alte barriere all’entrata, termine utilizzato nel management per indicare le difficoltà per un nuovo competitor di entrare nel mercato e superare una serie di ostacoli per affermarsi.
Leggi tutto: Lo sviluppo di un film: dall'idea fino allo SCRIPT
Se vogliamo affrontare il mondo del cinema, sia esso lungo che breve, dobbiamo inizialmente porci una semplice domanda. Cos'è il Cinema? Semplice domanda ma con una risposta variamente articolata, che comprende anche i Cortometraggi, naturalmente. Stabilire quale sia la natura specifica del cinema è stato un problema affrontato pressochè da tutti, prima o poi. Ed ogni volta si sono avute risposte diverse che spesso non ci hanno dato in forma univoca la natura specifica di questa arte. Noi cerchiamo oggi di dare un risposta, invece, affrontando la domanda in senso contrario: Cosa non è il cinema?
I primi cortometraggi realizzati non dovrebbero avere una durata superiore ai 10/20 minuti. Girare un film è estremamente difficile, di qualunque lunghezza sia. Fai in modo che il corto sia il più breve possibile, soprattutto se sei agli inizi. Girare un cortometraggio di alta qualità, carico di tensione, drammatico e avvincente dalla durata di 3 minuti è una vera e propria impresa. Prima di poter produrre un capolavoro di genere gangster dalla durata di 45 minuti con una sparatoria al rallentatore, impara a girare buoni cortometraggi.
Leggi tutto: Come Farsi Venire delle Buone Idee per un Corto (4)
Avete realizzato un film (od un corto) e nessuno vi ha filati di striscio? Avete proiettato la vostra pellicola in qualche festival e tutto ciò che avete avuto è stato solo qualche sbadiglio? Ecco alcuni errori che potreste aver fatto secondo il grande produttore Dean Silvers: LA VOSTRA STORIA NON È INTERESSANTE!
Leggi tutto: Gli errori che un aspirante regista non dovrebbe mai fare
Trova una buona ambientazione. In un cortometraggio, questo passaggio costituisce in parte una preoccupazione pratica e in parte una preoccupazione collegata alla trama. Le buone ambientazioni creano tensione e conflitto da sole, ma difficilmente avrai la possibilità di volare fino alle Bermuda per girare una scena in spiaggia. Trova un posto in cui ambientare la storia che si adatti bene a quello che vuoi raccontare, ma che sia anche disponibile.
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“Hanno detto che ‘La grande bellezza’ è un capolavoro, mentre io la definisco ‘La grande bruttezza’ “. E’ emblematica la presa di posizione di un noto regista parmigiano che in una frase, andando oltre la sua incisività, richiama una tematica sempre attuale nel mondo del cinema: il confronto tra il giudizio della critica e quello del pubblico, spesso opposti tra loro. Capita non di rado che grandi capolavori osannati dagli ‘addetti ai lavori’ non rispondano poi alle aspettative della platea delle sale cinematografiche e viceversa.
Prova a filmare la vita vera. Chi ha mai detto che un cortometraggio debba trattare solo di argomenti fittizi? Se vuoi girare un corto, potresti ispirarti al mondo che ti circonda e creare un documentario. Cerca un festival di musica in zona e chiedi al responsabile se puoi riprendere delle interviste con le band. In alternativa, prova a riprendere i tuoi amici sportivi mentre si allenano per una partita.
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Forse il cinema è la tua più grande passione e sogni di stare un giorno dietro la cinepresa? Se vuoi prendere in mano una telecamera ed iniziare a girare un cortometraggio, prima ti serve trovare, immaginare e scrivere una storia fantastica da raccontare. Devi liberare il tuo lato creativo ed iniziare a scrivere a scrivere qualche appunto. Provando e riprovando, arrivi a scegliere una bella storia e poi a trasformarla in una sceneggiatura che ti permetterà di girare un bel corto. Come fare? è molto difficile?
Leggi tutto: Come Farsi Venire delle Buone Idee per un Corto (1)
Leggiamo sulla homepage di http://www.repubblica.it/ la seguente notizia:
TROVACINEMA
Il primo cortometraggio con immagini da Street View
e nelle pagine interne leggiamo testualmente:
realizzare cortometraggi usando le immagini del servizio stradale di Google
GUARDA I CORTI:
- Golden Gate Bridge
- Mary montaña
Ci risiamo !!! ... ma sono dei semplici filmatini, riprese senza alcuna pretesa, senza storia!!!
Filmatini spacciati per cortometraggi.
... sono solamente delle semplici curiosità, che certo non meritano di essere riportate sui quotidiani tipo Repubblica, che invece non reputa importante segnalare un concorso come il nostro, a cui partecipano migliaia di veri registi di cortometraggi !!
Fare un Cortometraggio è tutt'altra cosa che fare un filmatino del genere!! Noi lo andiamo dicendo da molti anni.
Se continuiamo a dare ai nostri giovani informazioni false, non facciamo certo buona cultura !!
Filmati come quelli li possono fare tutti, in 3 minuti. Non si diventa Registi facendo certe cose.....
Un giovane regista dal nome John Carpenter che ama realizzare cortometraggi ed ha già realizzato "Terror from Space", nel 1969 ne realizza uno della durata di 8 minuti intitolandolo: "Captain Voyeur". Di questa opera se ne erano perse tutte le tracce, fino a che ora un archivista della University of Southern California l’ha ritrovato tra vecchie pellicole conservate dall’università.
Il cortometraggio, che è stato girato in bianco e nero, sarebbe la base del lungometraggio "Halloween - La notte delle streghe" di Carpenter che nel frattempo aveva girato altri 4 cortometraggi ed era approdato successivamente al cinema
Captain Voyeur è la storia di un uomo che, nauseato dal suo lavoro d’ufficio monotono e ripetitivo, si mette a seguire in modo morboso una sua collega nel tragitto dall’ufficio al suo appartamento, e per non farsi riconoscere indossa una maschera nera, ma quando cerca di ucciderla è fermato da un collega. Il corto è girato per la maggior parte del tempo con la soggettiva del maniaco, cosa che rifarà nel suo più conosciuto Halloween.
ALFRED HITCHCOCK appassionato di fotografia, da giovane fu assunto da una società di produzioni in cui, per ben 3 anni, lavorò nell'ombra per numerosi films ed i suoi compiti erano moltissimi: sceneggiatore, disegnatore di titoli e scenografie, scrittore, montatore ed aiuto regista. Iil suo primo filmato resta incompiuto. Prima dell'avvento del sonoro, girò nove corti muti, tra cui: Blackmail; The Farmer's Wife (del 1928); Downhill e The Manxman. Poi nel 1944 diresse il corto Bon voyage e nel 1949 Adventure malgaghe.
ALAIN RESNAIS iscritto alla scuola di cinematografia, tra il 1947 ed il 1958 diresse vari corti tra cui un documentario su Van Gogh e uno su Gauguin, tre documentari-inchieste su atroci episodi del passato(il massacro di Guernica, la distruzione delle tradizioni culturali delle colonie, i campi di sterminio nazisti).
BERNARDO BERTOLUCCI iniziò a 16 anni con una 16 mm regalatagli dallo zio, girando Morte di un maiale e La teleferica.
BRIAN DE PALMA autodidatta, realizzò molti film a costo zero con una Bolex 16mm di seconda mano. Ricordiamo: Icarus (1960), The story of an IBM card (1961), Wotan's Wake (1962) con cui vince tutti i maggior premi dell'anno, e Jennifer (1964). Dal 1964 gira quattro documentari: Mod, Bridge that gap(1965) e poi nel 1966 Show me a strong town and i'll show you a strong bank e The responsive eye.
CARLO VERDONE a 20 anni, comprò una super8 e realizzò "Allergia di primavera", "Elegia notturna" e "Poesia solare". I suoi tre corti furono persi da Rai3.
DAVID LYNCH girò inizialmente diversi cortometraggi, ricordiamo: Six Figures , The Alphabet (1968 di 4 min) e The Grandmother (1970, 30'). Sono del tutto particolari, perchè riprese ed unì varie tecniche stilistiche anche pittoriche come il collage, sperimentazioni che usò anche nei suoi film successivi. I suoi corti sono molto ben montati e curati nel complesso. Fino aa arrivare al medio lungo della maturità The cowboy and the frenchman (1988 di 26 min.).
DINO RISI dapprima fu assistente di Mario Soldati, poi girò diversi documentari, il più famoso fu "Buio in sala" del 1948.
DON SIEGEL durante la guerra diresse alcuni documentari.
ERMANNO OLMI iniziò girando una trentina di documentari industriali.Tra i suoi corti ricordiamo: Dialogo tra un venditore di almanacchi e un passeggiere (1954, 10'); La diga del ghiacciaio (1954, 10'); La pattuglia del passo San Giacomo (1954, 11'); Buongiorno natura (1955, 10'); Cantiere d'inverno (1955, 10'); La mia valle (1955, 8'); Manon finestra 2 (1956, 13'); Grigio (1958, 10'), Il pensionato (1958, 10'), Regista in vacanza (1967, 8') e Ritorno al paese (1967, 10')
FRANCESCO MASELLI detto Citto, prima di iscriversi al Centro sperimentale di Cinematografia, realizza un paio di cortometraggi interpretati dalla sorella. Il primo girato in 8 mm nel 1945 "Sinfonia della città" è di gusto surrealista. Realizza anche una trentina di documentari col suo acuto spirito di osservazione della realtà ialiana. Il primo di questi "Bagnaia paese italiano" ('49) fu premiato alla Mostra di Venezia.
FRANCIS FORD COPPOLA nel 1961 ha girato “Questa notte di sicuro”, un cortometraggio pornografico; nel 1963 esordisce con “Terrore alla tredicesima ora”, gotico e inquietante scenario ambientato in un castello irlandese.
FRANCO GIRALDI nel 1960 ha girato 2 documentari: La trieste di Svevo e Il Carso.
FRANCOIS TRUFFAUT nel 1954 realizza “Une visite” il suo primo cortometraggio; nel 1957 gira altri due corti: Les mistons e Une historie d'eau.
FRANK CAPRA ha iniziato con il corto: Fultah Fisher's Boarding House del 1922 e nella sua vita ne ha diretti una quindicina, tra cui The strong man (1926) e Long pants (1927), e successivamente sia durante la 2° guerra mondiale, che dopo.
FRED ZINNEMANN ha iniziato con Redes (1936), sullo sciopero di pescatori messicani. Dopo altri cortometraggi minori, diresse in Svizzera The Search (1948), un documentario, ambientato fra le macerie della Germania che fu un successo.
GEORGE LUCAS nei primi anni sessanta, iniziò a girare vari corti, nel '67 vinse il primo premio ad un concorso universitario con "THX-1138:4eb" girato 16 mm, influenzato dalla body-art e che in seguito sarebbe diventato il suo primo lungometraggio.
GILLO PONTECORVO ha girato vari documentari, nel 1953 gira il primo Missione Timiriazev, poi nel 1954 Porta Portese (12 minuti) e Cani dietro le sbarre, nel '55 Festa a Castelluccio, nel '65 La magia, nel 1984 L'addio a Enrico Berlinguer e nel 1992 Ritorno ad Algeri. Nel 1997 gira Nostalgia di protezione di 8 minuti.
GIUSEPPE DE SANTIS nel 1942 gira il suo primo cortometraggio La gatta.
GIUSEPPE TORNATORE ha iniziato girando 8 cortometraggi emolti documentari, il principale è stato Il carretto. Con "Le minoranze etniche in Sicilia" ottiene il premio per il miglior documentario al Festival di Salerno (1982). Ha girato anche spot pubblicitari.
HENRI CARTIER-BRESSON (il grande fotografo) il suo primo filmato risale al 1937, anno in cui girò Return to Life, un documentario sulla guerra civile in Spagna; nel 1945 gira il documentario Le retour (il ritorno dei soldat americani) per conto del Ministero della guerra americano. (vedi anche qui).
JACQUES TATI girò il corto umoristico L'ecole des facteurs nel 1947.
JEAN-LUC GODARD iniziò con Opération béton (documentario sulla costuzione di una diga, del 1955), Une femme coquette (1955), Charlotte et Véronique, Charlotte et son Jules (1958, interprete un giovane Jean-Paul Belmondo), Une histoire d’eau (1958), e La paresse (1962). Continuò successivamente, nel 1967 con Anticipation ou l’amour en l’an 2000 e Camera oeil, nel1982 con Lettre à Freddy Buache, e Meeting Woody Allen dell' '86, L’enfance de l’art del '91, ed altri fino al Dans le noir du temps del 2002.
JOHN CARPENTER realizzò il suo primo cortometraggio (di circa 8 minuti) dal titolo Captain Voyeur (1969) film girato in bianco e nero, che sembrava del tutto perso.
LARS VON TRIER si iscrive alla scuola cinematografica Danese e realizza i primi cortometraggi: The orchids gardener nel 1976, Menthe la bienheureuse nel 1979, Nocturne nel 1980 (opera presentata alla biennale dei giovani cineasti a Parigi) e The last detail nel 1981.
LUIGI COMENCINI nel 1946 ebbe il premio Nastro d'Argento per il miglior cortometraggio del'anno: Bambini in città, e nel 1949 girò un documentario: Il museo dei sogni, sui maceri delle pellicole.
LUIS BUNUEL nel 1929, arrivato da poco a Parigi, dirige, insieme all'amico Salvator Dalì il cortometraggio "Un chien andalou". Ne girerà degli altri, come in Messico il cortometraggio "Intolleranza: Simon del Desierto" (1965).
LEONARDO PIERACCIONI iniziò a girare i suoi primi corti nel 1993. Con un suo amico scriveva e girava tre "films" a settimana (!).
MAN RAY il grande fotografo, fu anche regista. Iniziò nel 1923 con "Retourn a la raison" di tre minuti, nel 1926 girò Emak Bakia e nel 1929 L'etoile de mer un film poetico-surrealista. Con Le misteres du chateau du dè sempre del 1929 prosegue la sua sperimentazione cinematografica.
MARCO BELLOCCHIO nel 1962 girò 2 cortometraggi dopo aver frequentato il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.
MARTIN SCORSESE nel 1967 girò un corto di 5 minuti The big shave.
MASSIMO TROISI ha girato almeno un paio di corti: il suo secondo corto è stato: "Scusate il ritardo"
MICHELANGELO ANTONIONI ha esordito nel 1943 con il documentario Gente del Po, poi nel '49 un cortometraggio dal titolo: L'amorosa menzogna che servì come soggetto per Lo sceicco bianco di Fellini. In totale ha realizzato ben 16 cortometraggi...
MARIO MONICELLI gira nel 1934, assieme ad Alberto Mondadori, il corto Cuore rivelatore.
MAURIZIO NICHETTI iniziò girando 2 corti comici: "Oppio per oppio" e "La cabina".
NANNI MORETTI studente del DAMS di Bologna, nel '73 si comprò una cinepresa super 8 e realizzò "La sconfitta" (a colori di 26') di un militante sessantottino vista in chiave comica e "Patè de Bourgeois" storia di una coppia in crisi ( colori di 26'). Anche successivamente girerà altri corti, come nel 2002 "The last customer" storia di una famiglia di New York
PAUL STRAND realizza il suo primo cortometraggio nel lontano 1921: Mannahatta o New York the magnificent. Nel 1934 realizza il documentario I ribelli diAlvorado (sullo scipero dei pescatori messicani) in collaborazione con Fred Zinneman. Native land invece è del 1941 sulla discriminazione razziale che gli procurò gravi problemi col maccartismo, dedicandosi poi solo alla fotografia.
PEDRO ALMODOVAR a 16 anni iniziò le sue prime riprese di corti con una Super 8, fondando anche una società con degli amici. Il suo primo filmato più professionale fu girato in 16mm (Pepi, Luci, Bom del 1979, e Other girls on the heap nel 1980). Nel 2023 ha girato Strange Way of Life della durata di 31 minuti dove racconta la relazione di due cowboy nell’America di inizio Novencento.
PETER WEIR (L'attimo fuggente -1989; The Truman Show - 1998) iniziò realizzando per la televisione vari documentari e cortometraggi.
PIERPAOLO PASOLINI Alcuni biografi autorevoli riportano la notizia che avrebbe girato un cortometraggio intitolato La forma di Orte, anche se non risulta inserito in nessuna filmografia. Altri pensano che sia il filmato prodotto dalla Rai nel 1974.
PIETRO FRANCISCI iniziò con i documentari Dissolvenze e L'orafo (del '31), con Rapsodie di Roma (del '34) ed ebbe grande notorietà con Montagna di fuoco in technicolor, del '38, girato in cima al Vesuvio. Girò altri documentari, tra cui Cinecittà del '39. Dal 1946 al 1948 girò 5 cortometraggi musicali, 3 di questi (Oh sole mio; 'na sera e Maggio; Stornellata romana) interpretati da Diana Lori, aspirante attrice, che dopo questo debutto si chiamerà Gina Lollobrigida.
RENATO DE CARMINE Diplomatosi presso l'Accademia d'Arte Drammatica di Roma, ha iniziato girando 2 cortometraggi, il primo si intotolava Nero e Bianco.
RENE' CLAIR iniziò nel '24 con il cortometraggio Entr'acte e con il surrealista Le voyage immaginaire.
RIDLEY SCOTT iniziò come regista di spot televisivi e poi ha continuato anche quando era famoso. Boy on a Bicycle (di 25 minuti, del 1965) in bianconero fu il suo corto di diploma; Duellanti invece vide la luce dopo una decina d'anni. Ultimamente è stato il regista di uno dei sette corti che hanno composto Tutti i bambini invisibili che trattano delle gravi condizioni economiche dei bambini nel mondo.
ROBERT BRESSON appena laureato realizzò il cortometraggio Les affaires publiques (1934).
ROBERT ZEMECKIS (serie Ritorno al futuro-1985 e seg.; Forrest Gump oscar come miglio regia ) gira i suoi primi corti da studente e con "Field of honor" ottiene il premio Oscar come "miglior film studentesco".
ROBERTO ROSSELLINI si accosta al cinema, dapprima grazie ad alcuni amici, poi spinto dalla curiosità. Realizza una serie di cortometraggi sulla natura e l'ambiente. Ricordiamo: Daphne (1936), Prélude à l'aprés-midi d'un faune (1938), Fantasia sottomarina (1939), Il tacchino prepotente (1939), La vispa Teresa (1939), Il ruscello di ripasottile (1941). Successivamente “Storia del pesciolino coraggioso” (Fantasia Sottomarina, 1940 10’24”) “Storia degli insetti e della vispa Teresa” (La vispa Teresa, 1940 7’05”) “Storia del tacchino prepotente” (Il tacchino prepotente, 1940 6’ 01”).
ROMAN POLANSKI iniziò nel 1957 con Omicidio, con Rovineremo la festa e Sogghigno; nel '58 girò il corto: Due uomini ed un armadio (15'), mentre nel '59 La lampada e La caduta degli angeli mentre nel '62 girò I mammiferi. E' del 1967 The big shave di 6 min.
SPIKE LEE iniziò con una decina di corti e documentari sportivi; i primi furono in bianconero: ricordiamo: Iron Mike Tyson (1991, 8 minuti, bn), Lumiere et compagnie (1995, 1 min, b/n e colore) e John Thomson coach (1995, 10 min, colore).
STEVEN SPIELBERG realizzò i suoi primi corti in 8mm con alcuni amici. Fu molto lodato dopo aver vinto un concorso con il cortometraggio Escape to Nowhere, quando aveva solo 13 anni. Amblin fu il suo corto che uscì nelle sale nel 1968.
STANLEY KUBRICK grande fotografo, nel 1950 girò il suo primo cortometraggio autoprodotto di 16 minuti: Day of the fight. Seguirono poi altri 2 documentari: Flyng padre e The seafarers. I genitori investirono del denaro su di lui: fu forse il primo filmaker produttore indipendente.
TIM BURTON ha girato nel 1971 a soli 13 anni The Island of Doctor Agor un cartone animato, poi: Houdini: The Untold Story, Doctor of Doom sempre di animazione, Stalk of the Celery, Luau, e nel 1982 a 24 anni Vincent di 5 minuti con la tecnica dello stop motion, nel 1984 gira il corto Frankenweenie prodotto dalla Disney.
UGO PIRRO ha girato, assieme a Mario Monicelli, Luigi Magni, Cesare Zavattini e Tinto Brass, un documentario politico a più mani intitolato "12 dicembre".
VALERIO ZURLINI inizia a 24 anni con "Racconto del quartiere" 11 minuti del 1950 e poi: "Sorrida.. prego", "La favola del cappello" di 10 min, e "Miniature" di 10 min (tutti del '51); nel 1952: "Pugilatori" di 11 min che fu abbinato al film "Diario di un curato di campagna" di Robert Bresson, "I gioielli degli Estensi" di 13 min, "I blues della domenica" di 13 min, "Il mercato delle facce" di 15 minuti. Nel 1953: "Serenata da un soldo" di 13 min, "La stazione" di 11 min, "Soldati in città" di 10 min, "Ventotto tonnellate" di 14 min. Nel 1955 "Medioevo minore" di 10 minuti.
WILLIAM KLEIN grande fotografo, realizza anche dei cortometraggi, ricordiamo: Broadway by Light, del 1958, forse il primo film Pop. nel 1968 realizza un documentario sul festival panafricano. Il suo primo lavoro fu del 1967 quando gira uno degli undici episodi di Lontano dal Vietnam, insieme a Jean-Luc Godard e Alain Resnais, ed altri.
WONG KAR-WAI (presente alla 61° Mostra di Venezia con "Eros" realizzato con Michelangelo Antonioni e Steven Soderbergh) iniziò scrivendo sceneggiature di vario genere; nel 2001 ha girato il corto "The Hire" per la BMW.
Hanno diretto Spot pubblicitari quando erano già famosi, registi come:
FEDERICO FELLINI per la Pasta Barilla, il bitter Campari, la Banca di Roma
MARTIN SCORSESE per Armani
LUC BESSON per Internet Club
SPIKE LEE per Telecom Italia
FRANCIS FORD COPPOLA per Illy caffè
e poi DARIO ARGENTO, GIUSEPPE TORNATORE, GABRIELE SALVATORES, PAOLO e VITTORIO TAVIANI, e tanti altri.....
Vogliamo ricordare anche gli inizi dei nuovi, ultimi registi? ecco i loro Corti.
SOFIA COPPOLA Nata in una famiglia di registi ed attori, ha fatto la regia di due corti Bed, Bath and Beyond (1996) e Lick the Star (1998) anche dopo aver recitato in vari film importanti.
FRANCESCA ARCHIBUGI Ha fequentato il centro Sperimentale di Cinematografia, ricordiamo Riflesso condizionato dell'82, La guerra appena finita dell'83, Il Vestito più bello e La piccola avventura dell'85.
GIANNI AMELIO (Le chiavi di casa, 2004; Il ladro di bambini, 1992) scrive soggetti e sceneggiature anche sotto altro nome, ma gira vari corti, ricordiamo Non è finita la pace, cioè la guerra (Betacam, 31'), che raccoglie interviste fatte a bambini durante la guerra di Sarajevo.
MARCO TULLIO GIORDANA (I cento passi; La meglio gioventù) di lui ricordiamo: Scarpette bianche
ROBERTA TORRE Ha fequentato la Scuola di Cinema. il suo primo corto fu Tempo da buttare, girato in 16 mm. Ha continuato girando corti anche in Super8 e 35 mm.
MARIO MARTONE (Morte di un matematico napoletano, L'amore molesto e il recente Teatro di guerra) si confronta con realtà diversissime come quella del popolo africano Sahrawi su cui ha girato alcuni cortometraggi per sostenerne la lotta per l'indipendenza come I bambini di Saharawi; ed Un posto al mondo del 2000 girato in Betacam.
MARCO RISI (Soldati 365 all'alba, 1998; Muro di gomma, 991; Caro Vittorio, 2004) gira: Eyup, Eyup, il bambino dell'Anatolia.
ACHERO MANAS (El bola, 2000 - premiato anche a Pesaro) ha inizito con tre cortometraggi: Metro del '97, Cazadores, premiato con un Goya, e Paraìsos Artificiales del 1998.
LILIANA GINANNESCHI Ha fequentato il centro Sperimentale di Cinematografia, nel '78 gira in 16 mm il cortometraggio Sotto il muro, segnalato a Venezia.
GIUSEPPE GAGLIARDI Autore di numerosi cortometraggi e videoclp musicali, ricordiamo il suo Peperoni che ha vinto nel 2001 il Sacher d'Argento nel Festival di Nanni Moretti
AMOS GITAI Autore di numerosi cortometraggi e documentari. Tra i primi cortometraggi: (tutti del 1972) Souvenirs d'un camarade de seconde Aliya, Windows in David Pinsky no.5, Souk / Dialogues de femmes, Géographie selon l'homme moderne et le contrôle de l'environnement , Textures , Black Is White , Details of Architecture , Arts and Crafts and Technology. In totale ne ha girati 36 (fino al 2001), mentre di documentari (dal 1979 al 2005) ne ha girati 25.
I giovani che vogliono avvicinarsi al Cinema, nelle prospettive cinematografiche attuali, non hanno altra strada che scrivere una sceneggiatura e portarla al Ministero dello Spettacolo nella speranza di ottenere la sovvenzione prevista dall’Art. 8 per le opere Prime e Seconde. Delle centinaia di progetti di film presentati, la Commissione ne fa’ passare solo pochi, bocciandone moltissimi. Tra i film bocciati noi ne scegliamo i migliori e li pubblichiamo insieme alle motivazioni della bocciatura affinché piccoli capolavori non muoiano e non rimangano seppelliti nei cassetti per la cecità della burocrazia ministeriale.
Sono convinto che le idee non debbano mai essere seppellite.
Sono sicuro che se molti dei progetti di film di mio padre, Roberto Rossellini, che oggi fanno parte della Storia della Cinematografia Mondiale, fossero dovuti passare attraverso le maglie di una commissione Ministeriale burocratizzata ed ottusa, oggi non esisterebbero.
Perciò sono sicuro che pubblicare i progetti di Film bocciati all’Art. 8 sia un’azione utile e intelligente.
Nel resto del mondo succede lo stesso? No!
Dove le cinematografie sono piu’ vitali vige un sistema diverso che io chiamo “La catena di seduzione”.
Gli anelli di questa catena nell’ordine sono: un soggettista ha l’idea e cerca di convincere (sedurre) un regista, regista e soggettista cercano di convincere (sedurre) un produttore, Il produttore deve convincere (sedurre) un distributore ed un’Ente televisivo, Il distributore ed l’Ente televisivo devono, attraverso il marketing del film, convincere (sedurre ) il pubblico. Il pubblico sedotto dalla grande spinta deduttiva del film fruisce del film in massa.
Nel nostro sistema Ministeriale burocratico manca la spinta seduttiva ed anche se il film viene realizzato, arriva al pubblico con una spinta seduttiva fiacchissima.
Con questa iniziativa editoriale della Arduino Sacco Editore per la collana “Abbiamo deciso che… cinema” ripercorriamo la “catena di seduzione” all’inverso andiamo con l’idea direttamente al pubblico e da qui’ chissà forse sedurremo e convinceremo TV distributori e registi.
Renzo Rossellini
Al nostro cortometraggio, o filmato, dobbiamo dare un titolo. Deve essere possibilmente breve, conciso, idoneo al filmato stesso. E' semplice ma non facile. Oggi con poca fatica, davanti al nostro computer possiamo provare e riprovare fino ad avere un ottimo risultato.
I titoli di testa devono evidenziare l'argomento del filmato, scegliere il font adeguato e con dei caratteri grandi, ben leggibile, con una animazione sobria (esempio, con una zoomata da piccolo a grande), deve apparire il titolo, il nome degli attori principali (per un matrimonio i nomi dei 2 sposini) e del regista (cioè voi), ma con un carattere più piccolo.
I titoli di coda devono essere dello stesso stile di quelli di testa, ma con caratteri molto più piccoli, sempre leggibili. Normalmente scorrono dal basso verso l'alto. Devono esserci i nomi di tutti quelli che hannno partecipato in qualche modo alla realizzazione del filmato (meglio metterne di più che di meno!).
I sottotitoli sono invece le scritte che traducono i dialoghi che avvengono sullo schermo. Oppure delle note per la comprensione del film, ad esempio l'ora, la data ed il luogo dove avviene la vicenda (è molto usata in alcune serie televisive d'azione).
I titoli di testa, indicando così ciò che c'è oltre il titolo del film, fu adottato nel 1906 circa, ed erano le foto degli attori con nome e ruolo.
Quando finisce un film le luci si accendono, ci alziamo dalle poltrone e non leggiamo quasi mai i titoli di coda. Facciamo male perché in qualche caso il film non è davvero finito. Ci sono ancora immagini che ci attendono e che così perdiamo. Nel film “Cenerentola” di Kenneth Branagh, ad esempio, al termine dello scorrere dei titoli di coda è proprio la sua voce, quella di Cenerentola, che dice: “Ma dove sono andati tutti?” sottolineando così che la sala si è nel frattempo svuotata.
Perché invece bisognerebbe soffermarsi a guardarli (se non a leggerli)? Perché cosi ci si renderebbe conto direttamente che il cinema è composto da due termini che fanno rima: passione e professione.
L'assistere allo scorrere di, a volte apparentemente interminabili, liste di nomi può sembrare un’inutile perdita di tempo. Non è cosi.
L’attore Charlton Heston (protagonista del primo ”Ben Hur”) una volta ha detto: "Il problema del cinema come industria è che i film sono un'espressione d’arte e il problema dei film come espressione d'arte è che il cinema è un’industria".
Compito di chi fa cinema è il coniugare questi due elementi e non dimenticare mai né I'uno né l’altro. Gli autori dei corti che avete visto potrebbero già dirvi quanto lavoro stia dietro pochi minuti di proiezione, quante competenze, quanto tempo impiegato.
Tutto questo però richiede sempre e comunque (se si vuole toccare il cuore dello spettatore) il rispetto di un ammonimento che I'anziano Alfredo in “Nuovo Cinema Paradiso” dava al piccolo Salvatore: “Qualsiasi cosa farai amala, come amavi la cabina del Paradiso, picciriddu”.
Intervento di Francesca Garavante, giurata alla Rassegna "I corti del Gattopardo" a Sciacca (12-9-2017)
Molte le redazioni ed emittenti tv intervenute alla serata inaugurale della 17° settimana della lingua e della cultura italiana, che ha visto spettatori entusiasti dei 4 cortometraggi, scelti dal presidente Renato Francisci della nostra associazione culturale "ILCORTO.IT", anche personalità politiche come l'Ambasciatore d'Italia nel Principato di Monaco S.E. Cristiano Gallo, il Segretario di Stato, Jacques Boisson, l’Ambasciatore Henri Fissore, Chargé de Mission auprès du Ministre d’Etat, Andrea Stratta Amministratore delegato UCI Cinemas. “Abbiamo tenuto alto il ritmo, proiettando quattro cortometraggi molto apprezzati che danno il senso dell’italianità, - ha dichiarato l’Ambasciatore - il tutto alla presenza di straordinari artisti che siamo stati onorati di celebrare”.
La Settimana della Lingua e della Cultura Italiana a Monaco è stata presentata dall’Ambasciata d’Italia con l'alto patrocinio di S.A.S. Principe Alberto II e del Presidente della Repubblica Italiana. “La diffusione e l’insegnamento della lingua italiana nel mondo occupa un posto di rilievo nell’azione svolta quotidianamente dalla diplomazia culturale una cifra identitaria che costituisce uno strumento importante per la proiezione internazionale del nostro paese” ha ricordato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella nel messaggio inviato in occasione della presentazione della XVII Settimana della Lingua, sottolineando come “l’italiano è ed è percepito come lingua di cultura”.
La manifestazione si é svolta al centralissimo ed elegante Salon Bellevue al Café de Paris a Monte Carlo. Tra gli ospiti presenti alla serata Fabio Testi, Barbara Bouchet e Flavio Bucci che hanno ricevuto dall'Ambasciatore Gallo un riconoscimento per la loro lunga e professionale carriera cinematografica; mentre il giovane regista Francesco Felli ha ricevuto un riconoscimento per la sua opera ed in rappresentanza dei giovani registi speranza del nuovo cinema italiano
Il programma della serata, presentata in modo brillante dall'attore Vincenzo Bocciarelli, ha visto la proiezione dei cortometraggi: "Un filo intorno al mondo" di Sophie Chiarello con Aldo, Giovanni e Giacomo; "Ogni giorno" di Francesco Felli con Stefania Sandrelli e Carlo Delle Piane; "Neanche i cani" di Alfio D’Agata con Nino Frassica; "L'amore è un giogo" di Andrea Rovetta con Neri Marcoré. Tutti e quattro le opere dei giovani e promettenti autori sono state apprezzate sia per le loro caratteristiche costruttive e tecniche, sia per la pregevole recitazione degli attori, che per il messaggio che hanno trasmesso al pubblico.
“Un evento che non poteva iniziare sotto gli auspici migliori e che ha incontrato un grande favore del pubblico" ha dichiarato alla fine con grande soddisfazione l'Ambasciatore Gallo. La serata ideata dall'Ambasciatore d'Italia nel Principato di Monaco Cristiano Gallo, é stata organizzata dalla società inglese Movie On Pictures Ltd con la fattiva collaborazione dell'associazione romana "ILCORTO.IT" che ha scelto i cortometraggi proiettati.
'"Il cinema Altro: il cortometraggio"
XVIII Convegno Internazionale
di Studi sul Cinema
e gli Audiovisivi
PESARO 22-24 ottobre 1999
a cura di Luca Malavasi
Che cos’è corto, ciò che non è lungo? Detto così, sembrerebbe che l'esistenza del corto sia data soltanto in funzione (differenziale) del lungo o questa, almeno, a una prima occhiata, sembra essere la regola all'interno della produzione audiovisiva.
Ha tentato di fare il punto sulla situazione del cortometraggio in Italia la Fondazione Pesaro Nuovo Cinema all'interno della XVIII Rassegna Internazionale Retrospettiva tenutasi a Pesaro fra il 19 e 24 ottobre 1999 e dedicata, appunto, agli "Autori in breve. 10 anni di corti in Italia e in Inghilterra".
ESTETICA E TEORIA
Una tre giorni di studi, conclusasi con una tavola rotonda, presieduta da Bruno Torri e destinata a illuminare un po' tutte le zone d'ombra del corto (e sono molte) da punti di vista analitici via via diversi. E si è dunque cominciato (Torri) col caratterizzare il perimetro d'analisi: il corto è una MISURA e non un GENERE, vive una condizione di marginalità perché, soprattutto in Italia, è privo di mercato; tuttavia, ha svolto e svolge una funzione culturale fondamentale, spesso qualificandosi come luogo deputato di sperimentazione o, più banalmente, servendo da "palestra" per il lungo (e qui il corto sembrerebbe davvero perdere un po' della sua specificità per diventare non solo il non-lungo ma addirittura il pre-lungo). Proprio parlando di differenze, Torri ha sfiorato un tema poi non più ripreso nel corso del convegno (se non forse dagli autori chiamati a commentare i loro corti), e cioè quello dell'autonomia non solo "temporale" (corto-corto) del cortometraggio, ma anche, diciamo, narrativa e stilistica, determinata da specifici livelli di formalizzazione e da una diversa operatività nel montaggio e nello sviluppo dell'intreccio che deriva proprio dalla "compressione" dei tempi rispetto al lungo. Diamo subito un esempio: è una caratteristica piuttosto diffusa fra i corti il cosiddetto "stile francese" che consiste nel risolvere la trama con un colpo di scena finale dopo pochi minuti descrittivi. Il lungo, semmai, può presentare al suo interno singole sequenze con inizi pigri e finali scioccanti, ma è chiaro che la misura dei 120 minuti standard quasi mai consente una unità ininterrotta di tensione come si dà invece, e proprio per i tempi, al corto. Da questo punto di vista, la relazione spesso invocata fra novella (short story) e corto sembrerebbe funzionare. In verità, la distanza e differenza dei codici espressivi coinvolti mantiene la relazione a livelli superficiali.
Ciò detto, è proprio un approccio di tipo COMPARATISICO-LETTERARIO ad aver goduto di maggior successo all'interno delle teorie del cortometraggio. Se ne è occupato Gianni Volpi nel suo intervento, dedicato, appunto, alle tendenze analitiche nello studio del corto.
Un corpus di studi, quello dedicato alla "forma breve", nuovo e recente, e cioè, tutto sommato, povero di sistematizzazioni e ricco di energie e suggestioni. E lo stesso intervento di Volpi, in certi passaggi "impressionistici" e in certe rigidità normative, ha scontato tutta la difficoltà di tenere a freno una materia che ha da poco superato la maggiore età (di solito, almeno in Italia, la storia delle produzioni corte si fa risalire ai primi anni Ottanta).
Dice Volpi: poca teoria, poca coscienza di sé. In tutto questo, si possono forse individuare tre tendenze: quella, già citata, di tipo comparatistico-letterario, quella APOCALITTICA e quella UTILITARISTICA.
La prima categorizza e istituzionalizza in modo scarsamente problematico (e qui, dunque in partenza, sta forse l'errore) il doppio parallelo corto=racconto e lungo=romanzo, e cioè, a livello profondo, cinema=letteratura (magari, soltanto, la relazione tempo cinema=tempo letteratura o, meglio, spazio-tempo cinema=spazio-tempo letteratura). Le somiglianze, dice Volpi, sono estrinseche e vanno cercate nella esistenza delle FORME BREVI, già categoria d'interesse calviniano. Si può insomma tentare di vedere il corto come parte di un sistema narrativo che attraversa e supera tutte le singole forme e i codici specifici (cfr. Chatman). Questa posizione sembra assecondare tanto l'estrema, costituzionale "libertà" del corto che pare addirittura fondato sul nulla, quanto l'ipotesi relativistica di una fuga dalla teoria verso l'accettazione della continua metamorfosi di questa non-forma o forma-riformante se stessa a ogni nuovo uso. E qui siamo già scivolati nella tendenza Apocalittica, per cui Volpi chiama in causa le posizioni di Alberto Abruzzese e Gianni Canova.
Il primo rappresenterebbe il "punto estremo", là dove si brucia non solo il già pallido residuo aurorale dell'arte novecentesca per eccellenza, ma la stessa definizione d'arte, persa e degradata nella struttura spiraliforme e triturante del consumo. In questo corteo funebre, il corto dovrebbe scegliere: o seguire il feretro del cinema e finire sotterrato lui pure o "liberarsi e uscire da se stesso" e produrre ipertesti da affidare alla libertà dell'operatore (tornare a un'alba del cinema?). Non ha senso, insomma, pensare il corto come sistema alternativo, come modello comunicativo parallelo e altro rispetto al lungo. Si tratta di vedere piuttosto nel corto, e in tutte le forme brevi che gli si possono affiancare (sigle, trailer, spot, intervalli etc) dei formati che svolgono un preciso ruolo all'interno della comunicazione della "surmodernità" (cfr. Augé), luogo sociologico di non-luoghi che mette anzitutto in crisi la posizione e la funzione della sala come spazio privilegiato del consumo cinematografico. Al contrario, le forme brevi sembrano assecondare e ipostatizzare la frantumazione della temporalità sur o postmoderna, spezzando la rigidità elefantiaca del consumo del lungometraggio, con la sua durata standardizzata sempre più lontana dai desideri percettivi del pubblico. Nella relazione fra durata, ritmo e trattamento del tempo, il corto rivendica e manifesta proprio la flessibilità del consumo (e, dunque, del consumatore), favorendo la disgregazione di definizioni monolitiche come tempo e durata e l'apertura verso nuovi orizzonti di a) libertà, b) caos o c), salutare dissennatezza (mi pare che qui, in tutti e tre i casi, la freccia del tempo cinematografico arrivi in modo molto affascinante e gravido di conseguenze quasi a coincidere con la freccia del tempo termodinamico della fisica post-einsteiniana, indicante la direzione del tempo in cui aumenta il disordine e l'entropia anziché l'ordine e l'energia).
Infine, richiamandosi a Gianni Canova, Volpi ha accennato all'ipotesi di una "complessità temporale" anche all'interno della sala o, meglio, dentro i corpi degli spettatori (una densità ed entropia del microscopico che bilancia la fuga dalla sala e la sublima), verso una instabilità strutturale (affascinante ossimoro) che forse permetterà di riguadagnare al cinema anche una nuova moralità (ma qui il punto di domanda si impone come in ogni piano fantascientifico). Di certo, per intanto, si è seppellito il senso del sacro dell'arte cinematografica, già pallido in principio. Oggi, infine, svanito. Magari a favore di una nuova ritualità, folle e pagana e allucinata.
DEFINIZIONI, TECNICHE, STORIA ED ECONOMIA
Quanti corti e quanto corti? Ci ha provato Vito Zagarrio a dare una "tassonomia" della misura. Anzitutto, rispetto al "quanto", 30 minuti può assumersi come parametro standard (e poi può cominciare il gioco all'individuazione del più corto del corto e del più lungo del corto e del più corto del lungo ma più lungo del corto etc… e si dimostra per altra via - linguistica - la inadeguatezza del tempo-durata come parametro definitorio di un prodotto d'arte: e così, pure, si torna al punto di prima, alle rigidità del sistema e delle durate che sono anche espressioni economiche e alla sala e ai suoi spettacoli. Problema, insomma, al momento insolubile. Accettiamo i termini e compromettiamoci con coscienza).
In merito al "quanti" Zagarrio distingue:
• CORTO NARRATIVO (tradizionale):
- plot forte
- stile riconoscibile
- cura del "filmico"
• CORTO D'AUTORE (ex Soldini)
• CORTO SCOLASTICO (ex saggi di fine d'anno delle scuole di cinema)
• CORTO COME WORK IN PROGRESS, in attesa di essere espanso (Il caricatore, 1997, con i tre autori presenti a Pesaro)
• CORTO IN FILM COLLETTIVO (Intolerance)
• FILM A EPISODI (New York Stories)
• CORTO CHE DIVENTA STRISCIA (Cinico Tv)
• VIDEOCLIP
• SPOT PUBBLICITARIO
• FILM D'ANIMAZIONE
• DOCUMENTARIO (Daniele Segre, presente a Pesaro con A proposito di sentimenti)
• VIDEO D'ARTE (mèlange ibrido)
• VIDEO SPERIMENTALE
L'elenco è naturalmente perfettibile.
Un altro problema sollevato da Vito Zagarrio è quello del formato: talvolta, infatti, i corti sono realizzati in 35 millimetri. Con il 35 si ottiene, è ovvio, un'alta qualità ma, per contro, si perde buona parte della "leggerezza" tecnica che caratterizza proprio il corto (ma, è giusto ricordarlo, anche una significativa percentuale delle produzioni "lunghe", interessate, per esempio, dall'ingresso sempre più capillare del digitale: oltre a Dogma 95, andrà ricordato, per restare in Italia, Questo è il giardino di Giovanni Maderna, premiato come miglior opera prima a Venezia '99. Certo la fotografia di Luca Bigazzi rendeva tutto molto più "cinematografico"…) In effetti, la differenza maggiore fra corti video e pellicola sta proprio nella FOTOGRAFIA. in secondo ordine, nella RECITAZIONE. Ma anche nella maggiore libertà rispetto ai GENERI. Libertà, insomma, è ancora una volta la parola più ricorrente all'interno di una descrizione generale del cortometraggio.
Una storia delle produzioni corte di grande lucidità è infine venuta da Vincenzo Succimarra. In principio furono alcuni coraggiosi produttori pubblicitari (ex Arcopinto) a scoprire questo formato già piuttosto praticato in altri paesi in Europa. E poi c'era, e c'è ancora, accanto a questo fenomeno produttivo, la possibilità, normalmente praticata, dell'autofinanziamento. Si può andare dai 2 milioni (tanto à costata la versione corta de Il Caricatore) alle decine di milioni. E non ci sarebbe stato alcun inizio se questi produttori non avessero riscoperta anche la loro funzione di talent-scuot, al di fuori di certe logiche rigide e burocratiche che abitano l'industria del cinema (come qualsiasi altra industria). Intanto, negli stessi anni, e proprio per la moltiplicazione dei prodotti corti, nascevano i primi festival e concorsi (oggi 300 nella sola Italia). In questo caso, il principio è rappresentato dall'AIACE che porta i corti a Venezia e comincia anche a progettare una via di sfruttamento commerciale e di circuitazione.
In un secondo tempo, arriva lo Stato e, in modo più incisivo (almeno in Italia), il mercato privato (le pay-Tv soprattutto, come Studio Universal, Rai Sat, Tele+). Le televisioni sono anche i canali fondamentali di diffusione dei corti. Al proposito, Succimarra esibisce i bilanci '97, '98 e '99 di un noleggiatore di cortometraggi, Marco Gallo. Se il fatturato è cresciuto esponenzialmente dal '97 al '99, le voci di bilancio riguardo agli introiti (comunque, generalmente, molto bassi), contano un 15-20% di incassi derivanti da rassegne che noleggiano i corti; una percentuale che oscilla dal 60% del '97 al 45% del '98 per attestarsi sul 50% nel '99 di noleggio della Tv italiana e una restante quota di introiti derivanti dalla vendita all'estero (il boom risale al '97, quando si passa dal 25% al 40%).
Il problema essenziale è insomma costituire una rete di efficace diffusione prima ancora che di produzione (a quale scopo finanziare progetti, infatti, se questi non si possono poi distribuire?). In Francia e Inghilterra la situazione appare migliore: in Francia, dove lo stato arriva a stanziare fino a 45 miliardi di lire annui per progetti audiovisivi, esiste una Agenzia del Cortometraggio con una rete di diffusione e catalogo dei titoli. Di qui le sale scelgono i prodotti che intendono proiettare dopo aver sottoscritto un abbonamento all'Agenzia per cui pagano una quota annua che consente loro libertà di noleggio. Un'analoga Agenzia del Corto esiste in Inghilterra dal 1992 (la testimonianza è di Kevin Franklin, coinvolto in prima persona nell'attività di finanziamento dei corti in Inghilterra). Dal 1998 è attiva in Uk anche una Agenzia Italia destinata a promuovere il nostro lavoro all'estero. Proprio l'Inghilterra, di cui si sono viste a Pesaro opere del passato (la retrospettiva sul "Free Cinema") e del presente (le produzioni Channel 4, per esempio, con i loro 11' di tempo obbligatorio) risulta il paese europeo più attivo e solidamente organizzato. Grazie anzitutto alle televisioni (Channel 4, la BBC, TNT), istituzioni come il BFI, produttori indipendenti, finanziamenti statali etc. Anche la rete distributiva appare meglio organizzata e, nelle voci di bilancio dei noleggiatori, una buona parte è assorbita (a differenza dell'Italia) dalle sale, soprattutto londinesi. Un fenomeno "all England" è poi quello dei Film Club (nulla che vedere coi nostri "cineforum"), ovvero serate di proiezioni, musica e poesia che permettono di proiettare su grande schermo lavori di giovani autori in 16 e 35 millimetri. Infine, il dato della formazione: in Italia esiste una sola scuola nazionale circondata da una rete più o meno qualificata di istituti regionali, provinciali e comunali. Molto più ricche e qualificate le situazioni europee di Francia e Inghilterra.
Altri contributi si possono leggere all'interno del bel catalogo realizzato dal Festival per i tipi della casa editrice "Il Castoro".
Questo l'indice:
SAGGI
- Uno, cento, mille corti di Angela Prudenzi (curatrice)
- Sul corto italiano di Stefano Della Casa
- La carica dei corti di Vincenzo Succimarra
- Lunghi per caso di Cristina Paternò
- Shortware di Stefano Martina
- Lex, dura ma breve di Dario Formisano
- L'esperienza inglese di Kevin Franklin
- La legge sul corto
INTERVISTE
AUTORI
- Bruno Bigoni
- Daniele Ciprì e Franco Maresco
- Pappi Corsicato
- Antonietta de Lillo
- Daniele Segre
- Roberta Torre
- Eugenio Cappuccio, Massimo Gaudioso, Fabio Nunziata
- Matteo Garrone
- Gianni Zanasi
- Carlotta Cerquetti
- Eros Puggelli
PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE
- Gianluca Arcopinto
- Paolo Cavalcanti
- Marco Gallo
- Roberto Gambacorta
FILMOGRAFIA
Inghilterra
Italia
Luca Malavasi
Lunedì 16 ottobre 2017, alle ore 19.30, presso il Salon Bellevue, nel centralissimo Cafè de Paris di Monte-Carlo, l'Ambasciatore d'Italia nel Principato di Monaco, S.E. Cristiano Gallo, inaugurerà la XVII edizione della Settimana della Lingua e della Cultura italiana a Monaco, che gode dell’alto patronato di S.A.S il Principe Alberto II e del Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella. La serata inaugurale, intitolata “Una finestra sul Cinema italiano“, è organizzata dall’Ambasciata d’Italia nel Principato di Monaco in collaborazione con la Movie On Pictures. Il programma della serata, che sarà presentata da Vincenzo Bocciarelli, prevede la proiezione di quattro cortometraggi (grazie alla fattiva collaborazione con la nostra associazione ILCORTO.IT): Un filo intorno al mondo, regia di Sophie Chiarello con Aldo, Giovanni e Giacomo; Ogni giorno, regia di Francesco Felli con Stefania Sandrelli e Carlo Delle Piane; Neanche i cani, regia di Alfio D’Agata con Nino Frassica; L'amore è un giogo, regia di Andrea Rovetta con Neri Marcoré. Verranno inoltre assegnati riconoscimenti alla carriera cinematografica agli attori Barbara Bouchet, Flavio Bucci e Fabio Testi. Una targa per l'attività nel campo cinematografico sarà consegnata ad Andrea Stratta Amministratore delegato dell'UCI Cinemas.
Un film è fatto da fotogrammi, da immagini, suoni, musica, da parole dette, non dette, dette con gli occhi, con atteggiamenti e sguardi. E' un fenomeno comunicativo che ha molteplici sfaccettature: nella visione di un film e quindi nella sua realizzazione, niente deve e può essere lasciato al caso. Insieme cerchiamo di individuarne le componenti principali che dobbiamo analizzare quando guardiamo un film (un videoclip, uno spot,.... ed in modo particolare un cortometraggio).
Sabato 24 novembre 2012 al cinema Modernissimo di Napoli, il noto critico cinematografico Valerio Caprara ha presentato il nuovo cortometraggio cinematografico del regista teatrale, drammaturgo e cineasta napoletano Giovanni Meola (Photo©Michela Iaccarino), Una breve vacanza, che segna il ritorno al cinema, dopo una lunga pausa televisiva (soprattutto con Un medico in famiglia) e teatrale, di un bravo attore come Giulio Scarpati (presente in sala), in una storia che nella nota di regia, lo stesso Meola così descrive: «un uomo porta la sua fidanzata, di molto più giovane di lui e alquanto uterina, a fare un weekend fuori. Ma il loro rapporto, venato di gelosie e insofferenze, farà andare le cose diversamente da come previsto. Coinvolto suo malgrado in questo rapporto malato, lo stralunato barista delle terme, luogo della “breve vacanza” della coppia». Oltre a Scarpati, protagonisti Martina Liberti nel ruolo della donna e uno degli attori feticcio di Meola, Luigi Credendino, nel ruolo del barista.
A conclusione della pomeridiana, la proiezione del penultimo, pluripremiato corto di Meola, Il sospetto, protagonista un altro navigato attore di cinema e teatro, finito un po’ fuori dai circuiti: Massimo Dapporto, nel ruolo di un prete problematico molto diverso dal parroco televisivo di Un prete tra noi.
Anche se il nome dirà poco ai non addetti ai lavori, Giovanni Meola ha alle spalle una solidissima carriera teatrale, fatta di testi originali (Frat’’e sanghe, L’infame, Lo sgarro) e rivisitazioni “alte” (Molière), oltre che un cospicuo numero di cortometraggi (Il pinocchio carognone, In apnea, Bando di concorso), tutti prodotti con la sua “Virus Teatrali”, i suoi fedeli attori e la sua precisa idea di teatro della legalità.
Ingresso libero fino ad esaurimento posti.
Virus Film
“UNA BREVE VACANZA”
sceneggiatura | regia GIOVANNI MEOLA
con | GIULIO SCARPATI
e | LUIGI CREDENDINO | MARTINA LIBERTI
e con | CHIARA VITIELLO | MASSIMILIANO FOÀ | MELANIA BALSAMO
dir.fotografia | ROBERTO LUCARELLI
musiche originali | ENRICA SCIANDRONE
scenografia | VIVIANA PANFILI
sound design | IGNAZIO VELLUCCI
costumi | ANNALISA CIARAMELLA
trucco | ANTONELLA NASTRO
aiuto regia | SERGIO PANARIELLO
ass.te alla regia | ANDREA VALENTINO
durata | 22’00″
Gli attori protagonisti sono Totò Onnis, interprete di numerosi film diretti da maestri del grande schermo come Fellini e Benigni, e Nadia Kibout, attrice francese di origini algerine con alle spalle molte esperienze internazionali in ambito cinematografico, teatrale e televisivo.
Sepalone, come è nata questa storia? Parliamo della sua genesi.
Desideravo girare un cortometraggio riguardante la notte e i suoi mille volti. La notte può essere dolce ma allo stesso tempo fredda, può essere materna ed anche estranea. Con il passare del tempo sono nati Raul e Laura, i due protagonisti del film. Alla fine ho girato un film che racconta l’incontro notturno di due solitudini.
Calarsi poi sul set, nel personaggio, nella storia, a 360° gradi: come avete vissuto questa nuova esperienza di lavoro e passione, e cosa, in questo nuovo film, vi ha presi coinvolti in maggior modo?
LORENZO SEPALONE: Il set è un luogo magico, una dimensione difficile da raccontare e meravigliosa da vivere. Ci sono i sogni del regista (e non solo) che si animano davanti alla macchina da presa. Il set è poesia in movimento. Essendo anche il produttore sono stato coinvolto in ogni fase del progetto.
NADIA KIBOUT: Il set è la mia passione maggiore. Cuore, anima e corpo vengono coinvolti pienamente. È sempre una nuova esperienza arrivare su un set. Per questo film è stata una bella sorpresa vedere un gruppo di lavoratori così compatti. Tutte le iniziali preoccupazioni, i primi timori sono scomparsi subito. Dal primo momento mi sono sentita “a casa”.
TOTÒ ONNIS: Sicuramente il personaggio arriva in un momento in cui qualunque uomo della mia età fa dei bilanci. Non ho dovuto interpretare nulla di diverso da quello che sono io in questo momento. Mi incuriosiva invece che un regista giovane come Lorenzo Sepalone volesse affrontare anzitempo questo aspetto della vita che prima o poi coglierà tutti. Perché tanta fretta…
La nascita di un film è sempre una grande emozione, a lavoro terminato si ha come la nostalgia dei giorni trascorsi sul set. Vorrei domandarvi: dai vostri esordi a oggi, come vi percepite?
LORENZO SEPALONE: I giorni che seguono la fine del set sono malinconici. È come se all’improvviso terminasse un incantesimo. Durante le riprese riesco ad esprimere completamente la mia personalità, ossessioni comprese.In questo progetto molti membri del cast mi hanno detto di aver vissuto un’esperienza magica. C’è stato un clima di festa e allo stesso tempo di intenso lavoro. Abbiamo lavorato, quasi sempre di notte, con gli occhi gonfi per il sonno e lucidi per l’emozione.
NADIA KIBOUT: Per me arrivare sul set di un nuovo film è come se fosse sempre la prima volta in assoluto: quindi agitazione, paura, timori, tremori in fondo sono quasi il mio motore. Cerco sempre di entrare nel mondo del regista. Mi incuriosisce l’universo che il regista si porta dentro ed il viaggio che mi porterà a fare. Oggi ogni volta che sono su un set mi ritengo, per prima cosa, fortunata e poi onorata per essere stata scelta. Amo osservare da lontano il regista, come si muove, come si relaziona con gli altri. In questo film in particolare c’è stata da subito una gran sintonia tra tutti noi. Tutti insieme avevamo voglia di fare un bel lavoro, che ci toccasse e ci facesse fare un bel viaggio. Ed in più ci siamo pure divertiti, malgrado le lunghe ore notturne! Tutto questo ha fatto sì che alla fine delle riprese sia stato difficile il distacco.
TOTÒ ONNIS: Ai miei esordi ero molto preoccupato della mia interpretazione, di fare al meglio possibile, con l’unico risultato spesso di fare peggio. Faccio sempre tutto con la stessa passione ma con molto più distacco di prima. Sono quasi spettatore di me stesso e di quello che succede. Non ho più nessuna ambizione (e in questo senso sono come il protagonista del corto ) e questo paradossalmente mi fa stare molto più tranquillo sul set e in qualunque altra situazione. (le foto sono di Mimmo Brunetti)
Ogni film è un microcosmo a sé stante. Come affrontate, ogni volta, una nuova storia, un nuovo personaggio?
LORENZO SEPALONE: Con felicità e dolore. Sono, a dir poco, lunatico e paranoico nei confronti dei miei progetti. Provo felicità quando trovo collaboratori straordinari e quando mi riconosco completamente nell’opera che sto realizzando. Provo dolore quando non riesco a trovare un equilibro tra i miei desideri e le cose realizzabili, quando cresce in me un fastidioso bovarismo.
NADIA KIBOUT: Prima di tutto la curiosità di capire il più possibile il copione che ho davanti, tante letture dell’insieme, poi preparo le mie domande al regista, chiedo di parlarmi del personaggio, di dirmi tutto quello che si aspetta. Infine faccio delle mie proposte e comincio a lavorare sulla vita del personaggio in questione per trovare il modo migliore per renderlo mio.
TOTÒ ONNIS: Prima di tutto vedo se ed in cosa assomiglia a me, se poi il personaggio è particolarmente distante da me parto da come si muove nello spazio , qual è la sua postura, come vestirebbe. Capito tutto questo, il resto viene da sé.
Il cinema italiano attuale. La vostra opinione.
LORENZO SEPALONE: Una parte del cinema italiano è distrutta da alcune regole produttive ed è ancorata a convenzionali scelte narrative e stilistiche.Le produzioni non rischiano, non realizzano un cinema diverso perché non vogliono allontanarsi dalle abitudini dello spettatore medio e così la qualità viene accantonata. Alcuni registi girano subendo questi problemi e realizzano pellicole anonime dove la poetica e lo stile diventano invisibili. Non voglio generalizzare. Da sempre amo e difendo il nostro cinema. Esistono anche produttori intelligenti e spettatori curiosi.
Nel mondo dei cortometraggi, ad esempio, risiede molta libertà creativa. Non essendoci un mercato dei corti in Italia gli autori dei film brevi non sono vittime di determinate logiche commerciali.
NADIA KIBOUT: Oggi tutto è reso più difficile. A parte la crisi che stiamo vivendo, bisogna ammettere che sono anni che il cinema italiano soffre. Soffre per un mercato che non c’è, per una politica della cultura che non esiste e per voler emulare altri paesi, altri mercati difficilmente raggiungibili. Io mi auguro solo che tutto ciò non uccida la creatività dei giovani talenti che malgrado tutto portano avanti i loro sogni.
TOTÒ ONNIS: A questa domanda non so rispondere, perché onestamente è come parlare di una festa alla quale non si è invitati. A 50 anni posso dire che non ho capito come funziona. Noi attori siamo gli ultimi a sapere della produzione di un film ed anche gli ultimi a dover dare un’opinione. Una volta gli attori incontravano i registi senza il filtro dei casting o delle agenzie. In questo modo ho avuto la fortuna di lavorare con Fellini, con Giuseppe Bertolucci, con lo stesso Roberto Benigni, ma ricordo con molto, e se possibile, più affetto gli incontri nei quali non sono stato poi preso, incontri che sono stati per me esaltanti: Marco Ferreri, Dino Risi, Luciano Salce. Era un’esperienza solo poterli incontrare. Ora ti trovi un ragazzino con una videocamera, quando ti va bene, pure un po’ rotto di palle. Il regista quando lo vedi mai!!!
Il rapporto fra regista e attore.
LORENZO SEPALONE: Un attore può migliorare o peggiorare il personaggio presente in sceneggiatura. Totò e Nadia sono stati bravissimi ed hanno regalato a Raul e Laura volti, voci, corpi, silenzi che mi hanno emozionato. Solitamente, prima delle riprese scrivo agli attori una serie di appunti sui personaggi e poi, ovviamente, sul set fornisco le indicazioni necessarie. Ogni interprete ha il suo modo di approcciarsi al lavoro.
NADIA KIBOUT: È la cosa che preferisco in assoluto. Mi piace l’idea di fare un tutt’uno con il regista, mettermi a sua disposizione e farmi guidare. Noi siamo lo strumento che lui suonerà. Lorenzo Sepalone in questo è stato una bella scoperta, avendo le idee chiarissime su ciò che voleva. Penso di poter dire che abbiamo suonato insieme una bella musica. Ha una sensibilità che non ti aspetti da un ragazzo cosi giovane. È stato bello vedere come il suo entusiasmo contagia la troupe.
TOTÒ ONNIS: Gli appunti? E chi li ha letti? Confesso che vedere Sepalone spiegarmi i problemi della “mia” senilità incipiente, lui che è questo giovane di “60 anni”, mi faceva molto ridere. Ho amato il suo set, la sua troupe e tutta la festa mobile intorno a lui di familiari, amici, nonni, compagni di scuola. Fantastico! È nato per girare e vedevo nei suoi occhi il terrore di quando tutto questo sarebbe finito. Ho un unico rimpianto: avrei voluto girare con lui almeno per un altro mese. Lo aspetto al suo lungometraggio che gli auguro al più presto.
Progetti in campo?
LORENZO SEPALONE: Attualmente il mio unico progetto reale è finire “La Luna è sveglia” e presentarlo nei vari festival. Poi, probabilmente, il prossimo anno mi dedicherò alla lavorazione di un nuovo cortometraggio. È ancora prematuro parlarne soprattutto per questioni economiche. È davvero arduo in questo paese reperire fondi per la cultura.
NADIA KIBOUT: Attualmente va in onda sulla Rai una fiction alla quale ho lavorato, “Sposami”. Poi il 21-22 novembre sarò a Berlino per l’uscita di un film lungometraggio tedesco girato qualche mese fa. Il prossimo set sarà di un film in Francia del quale non posso dire nulla al momento. Un mio desiderio è quello di tornare a recitare in teatro ed un sogno grande è lavorare di più in Italia.
TOTÒ ONNIS: Sono impegnato in teatro con il regista Mario Martone nel testo di Elsa Morante “Serata a Colono” al fianco di Carlo Cecchi ed altri attori fantastici. Tutto questo sino ad Aprile. Cosa potrei desiderare di più?
di Marco Mazzanti per periodicodaily.com
“La Luna è sveglia” è il cortometraggio scritto e diretto da Lorenzo Sepalone, regista foggiano di soli 22 anni con alle spalle già diversi progetti e molti premi nazionali. La pellicola è prodotta dal Movimento ArteLuna, casa di produzione fondata dallo stesso Sepalone, con il sostegno dell’Apulia Film Commission e con il patrocinio della Provincia di Foggia.“La Luna è sveglia” racconta l’incontro notturno di due solitudini. I protagonisti intraprendono un viaggio esistenziale sospeso tra passato e presente. Personaggi principali della vicenda sono Raul, cantautore cinquantenne entrato nel dimenticatoio, e Laura, giovane prostituta di origini africane.
La domanda è classica: Quanti soldi servono per realizzare un buon cortometraggio? Iniziamo a dire che essendo già in possesso di una piccola videocamera, sia con schedina di memoria che con un vecchio nastro, i costi possono essere quasi azzerati. Non metto in elenco le videocamere dei cellulari, essendo, normalmente il loro risultato di qualità talvolta inferiore o di manegevolezza minima. Costi azzerati, dicevamo, Sembra strano, ma è così.
L'idea di realizzare un corto in auto ci balenava nella testa da parecchio, ma le molte difficoltà tecniche si potevano riassumere con: come fissiamo la camera (una reflex, nel nostro caso)? Le abbiamo pensate tutte: dal usare un green-screen, tenere l'auto ferma e fissare la camera sul suo solito trepiede (come fanno nelle sitcom, per intenderci), dal costringere un amico a fare da cameraman contorsionista (ma sarebbe stato illegale), al realizzare una moltitudine di supporti in compensato per fissare la camera nelle varie inquadrature, etc, etc...
Poi l'illuminazione: un giorno, nel reparto "auto" di un negozio i miei occhi cadono per caso su uno di quei supporti snodabili per smartphone/navigatore-satellitare (vedi foto) da applicare con una ventosa al cristallo della macchina ed il gioco (con meno di 10€) è stato fatto.
Il corto è stato girato con uno smartphone Asus Zenfone 2 Deluxe, montato con Adobe Premiere CS6, stabilizzato (alcune inquadrature vibravano parecchio) con uno strumento interno al software e il tutto sfumato con un filtro video in post produzione.
Spero che questo consiglio e trucchetto possa essere utile a qualcuno di voi e che il corto girato vi diverta.
di Simone Wolfgang Brunelli
Come fare un film, od un cortometraggio? Ecco alcuni validi consigli per aspiranti cineasti, non tanto per riuscire a fare un capolavoro (quello, ahinoi, dipende solo da voi), ma perlomeno un lavoro presentabile ai concorsi di qualità ed ai professionisti. Sono consigli per i giovani cineasti in erba, e non solo.: Ecco alcune cose da tenere a mente prima ancora di girare la prima inquadratura.
RIFLETTETE BENE SULLA VOSTRA STORIA. Le cose sono 2: o siete così geniali da riuscire a tirare fuori la meraviglia dai soggetti più elementari e banali (sotto questo punto di vista, molti horror hanno insegnato che basta poco a scatenare l'inferno), oppure dovrete veramente lavorare tantissimo sulla storia. Studiate gli sceneggiatori più schizzati, non accontentatevi della banalità, di cose già viste altre milioni di volte altrove. Una cosa difficilissima, ce ne rendiamo conto, ma se dovete solo cavalcare i cliché, forse avete sbagliato mestiere.
NON FATE TROPPO L'ARTY. Dentro di voi potete anche ritenervi degli artisti, ma per il mondo là fuori siete solo – per ora – uno dei tanti che vogliono entrare nell'industria. Non potete permettervi delle elucubrazioni troppo dilungate, troppo meditate ed elaborate ma che non approdano a nulla. Se c'è un regista che ha un suo pubblico che lo seguirebbe anche se si mettesse a inquadrare una foglia per 3 ore non-stop, quello non siete voi: se lo fate voi, vi mandano a quel paese dopo 10 minuti.
CASTIGATE IL MONTATORE. Magari avete radunato il materiale più evocativo e super del mondo, ma se il vostro montatore toppa l'editing, tutto il vostro lavoro è automaticamente cestinato. Punto 1) sceglietevi un montatore di cui vi fidate anima e corpo. Punto 2) nonostante la fiducia, non lasciatelo un secondo da solo durante il suo lavoro. Punto 3) assicuratevi che il film sia asciugato da inserti inutili, scene non necessarie e intermezzi privi di senso.
CURATE IL SONORO NON BENE, MA BENISSIMO. La gioventù pensa che bastino delle immagini super per concepire qualcosa di geniale, dimenticandosi, spesso, l'importanza del sonoro. Il problema è questo: se avete delle immagini imperfette, potete trovare 50 mila giustificazioni o addirittura definirlo uno stile; un sonoro fatto male, invece, è solo segno di dilettantismo lontano dalla professionalità. Se volete iniziare a farvi prendere sul serio, curate alla perfezione questo lato.
CONOSCETE AL MEGLIO LE VOSTRE STRUMENTAZIONI. E qua è veramente l'abc. Se non conoscete la videocamera che avete in mano, come potete pretendere di cavarci fuori qualcosa di guardabile? Attenzione soprattutto ai setting cromatici, alle opzioni fotografiche e alle funzionalità automatiche. Abbiate, insomma, una conoscenza tecnica totale del vostro strumento. E se studiarlo è troppo faticoso, allora datevi ai telefonini cellulari.
ASSICURATEVI CHE FINIRETE IL LAVORO – Ovvero, mai e poi mai iniziare a girare qualcosa se non siete convinti al 100% di poterlo finire. Non iniziate nemmeno i preparativi se non avete il budget completo. Non ci sarebbe nulla di più frustrante, per i tuoi collaboratori, di un film iniziato ma non finito.
ABBIATE UN PIANO B – Qualcuno della vostra crew potrebbe abbandonare la nave in mezzo al lavoro. Non fatevi ritrovare senza una risorsa alternativa!
INIZIATE A MONTARE IMMEDIATAMENTE – Portate il vostro montatore sul set già durante la prima scena. Non limitatevi a dargli il girato una volta che avrete finito. In questa maniera, potrà iniziare immediatamente a mappare il successivo lavoro di editing, facendo un lavoro migliore ed evitando perdite di tempo.
APPREZZATE LA VOSTRA CREW... E DIMOSTRATELO – Insomma, trattate i vostri collaboratori come fossero le persone più preziose del mondo. Assicuratevi che abbiano sempre del cibo commestibile e caldo, che si sentano a loro agio, che si trovino bene. E ringraziateli ogni volta che potete.
DIFFIDATE DELLE ILLUSIONI - Sognare è una cosa bella, ma l'importante è non illudersi. Non c'è nulla di più deprimente di un'illusione, e se credete che con il vostro primo film andrete al Sundance, troverete un accordo con la Warner Bros, e farete un sacco di soldi, allora avete già perso in partenza, perchè al 99,99% non succederà.
di Pierre Hombrebueno per farefilm.it
La Fotografia è morta, proprio mentre stiamo vivendo nell'epoca dell' immagine compulsiva che ci accompagna 24 ore su 24 come mai era accaduto prima. È questa la tesi, davvero interessante, espressa da Michele Neri nel saggio Photo Generation pubblicato da Gallucci. Figlio di Grazia Neri, fondatrice della più importante agenzia fotografica italiana, si è dovuto arrendere all' evidenza dei fatti, alla rivoluzione cominciata poco più di dieci anni fa con il lancio sul mercato degli Smartphone che ha sovvertito il nostro rapporto con le immagini. E dunque ha deciso di chiudere i battenti perché le fotografie hanno trovato un modo diverso per diffondersi e vivere.
Leggi tutto: La Fotografia? è morta tra selfie, social e smartphone
Certo, con una fotocamera digitale le foto vengono meglio. Ma non sempre ne abbiamo una a disposizione. Si possono ottenere foto accettabili anche con il cellulare-fotocamera? Certo che si, a patto di osservare alcune semplici regole. Se il foto cellulare è uno di quelli potenti, dell’ultima generazione, con una fotocamera integrata da 2 o più megapixel potremo ottenere stampe in formato più grande. Altrimenti ci accontenteremo del piccolo formato. Quel che conta è scattare belle foto.
1 – Distanza dal Soggetto Un errore classico dei fotografi principianti è quello di includere nell’inquadratura tanto "ambiente", penalizzando il soggetto. "Guarda come è venuta bene la Giulia", oppure "Osserva l’espressione di Fuffi". Poi se Giulia è piccolissima e Fuffi un puntino, poco importa. Con i cellulari, che dispongono di obiettivi con una focale corta, l’errore è ancora più comune. Che fare? Basta avvicinarsi al soggetto e abituarsi a controllare sul display le proporzioni nell’inquadratura. Non troppo vicino però, per evitare la distorsione degli obiettivi grandangolari (detta "a barilotto"). Attenzione anche all’inclinazione del cellulare rispetto al soggetto che provoca orrende deformazioni.
2 – Luce Ambiente – Illuminazione Artificiale "Più luce c’è, meglio è": non è sempre così, ma quasi. Meglio, se è possibile, scattare in luce ambiente, all’aperto. Non occorre che ci sia il sole a picco, vanno bene anche e nuvole. Il cielo diventa una sorta di bank naturale, con louce diffusa e ombre poco marcate. Quando si è costretti a fotografare in interni meglio accendere le luci. Attenzione però al tipo di luce. Per controbilanciare le dominanti di colore basta sperimentare con il Bilanciamento del Bianco. Se poi si ha la fortuna di possedere uno dei più recenti camera phone, dotato di flash, beh, basta utilizzarlo. Il flash torna utile anche in esterni, ad esempio per illuminare un volto in controluce.
3 – Zoom Digitale E’ una funzione da evitare accuratamente sia sulle fotocamere digitali sia sui cellulari con fotocamera. Quel che si guadagna in termini di ingrandimento del soggetto lo si perde, con gli interessi, in termini di qualità della foto. Se lo zoom è ottico (sempre su uno dei telefonini di ultima generazione di cui sopra) il discorso si ribalta. Spazio allo zoom.
4 – Risoluzione Impostare sempre la massima risoluzione consentita dal cellulare. Tutte le informazioni che non vengono registrate al momento dello scatto… non ci sono. Saranno ricostruite dal software, ma in modo approssimativo, quando pasiamo alla stampa. A paritò di formato di stampa, la qualità dell’immagine scade progressivamente con l’abbassarsi della risoluzione.
5 – Foto Mosse Il mosso è comune fotografando con i cellulari. E’ del resto comune anche con le piccole fotocamere compatte. E’ certamente più facile impugnare saldamente una reflex o una compatta con un certo peso e con un abbozzo di impugnatura che un piccolo foto cellulare. Per ridurre il rischio di mosso ci vuole attenzione. Corpo stabile e impugnatura salda. Se c’è poca luce il rischio di mosso diventa quasi una certezza.
6 – Ritardo allo scatto Anche di questo fattore dobbiamo tener conto: il tempo che ci mette la fotocamera a registrare l’immagine dopo che abbiamo premuto lo scatto. Il ritardo è minimo, quasi innavertibile sulle reflex digitali, è breve ma avvertibile su buona parte delle fotocamere compatte e avvertibilissimo su molti cellulari. Anche in questo caso mano ferma e un soggetto… disposto a non muoversi fino al nostro OK.
7 – Scatti a profusione I fotografi professionisti possiedono spesso buona tecnica , esperienza e eccellenti attrezzature. Ma il loro principale vantaggio su un dilettante è sapere che solo da un gran numero di scatti è più probabile ricavarne di buoni. Ora che fotografiamo in digitale non dobbiamo neppure più preoccuparci della spesa per la pellicola. Perché allora lesinare gli scatti? Meglio esagerare e scegliere poi con calma gli scatti super.
8 – Pulizia Può sembrare un discorso banale, ma la pulizia della lente della fotocamera integrata ha la sua importanza. Il cellulare è un oggetto che ci portiami sempre appresso, che maneggiamo in continuazione e che perciò si sporca facilmente. Polvere, ditate, umidità: tutto finisce nella foto.
9 – Fotoritocco Alcuni cellulari consentono di ritoccare le immagini direttamente, senza passare da un computer. La cosa può essere divertente per ridere con gli amici, ma non produce grandi risultati. Meglio conservare la foto così comìè per elaborarla con calma a casa e con l’ausilio di un computer.
10 – Bilanciamento del Bianco Diversi cellulari con fotocamera includono la funzione del bilanciamento del bianco. Saperla usare può migliorare di molto le foto. Conviene spendere un po’ di tempo a leggere il capitolo dedicato sul manuale d’istruzioni e poi sperimentare con diversi tipi di luce.
E in più: Un pizzico di Fantasia
Il brutto delle foto con il cellulare riguarda la qualità delle immagini, specie in condizioni di luce difficile, la bassa qualità delle ottiche (non tutte, naturalmente), la difficoltà di inquadrare con mano ferma con un oggetto così piccolo e leggero. Ma c’è anche il bello delle foto con il cellulare. Prima di tutto l’immediatezza, poi la discrezione, poi… Insomma, un nuovo modo di fotografare, dove e quando si vuole, senza doversi portare appresso "arnesi" pesanti. Valgono le regole della fotografia classica ma se ne possono anche inventare di nuove. Perciò: sotto con gli esperimenti e la fantasia.
da dphoto.it
“CHI BEN COMINCIA È GIÀ A METÀ DELL'OPERA”, dice il buon vecchio detto, e la cosa, chiaramente, vale anche col cinema. Un film che parte con una coinvolgente scena iniziale non serve solo a mettere dei punti nelle proprie tasche, ma anche per far capire immediatamente all'audience che non siete un pivello qualunque, e che farebbero bene a tenere gli occhi aperti per tutta la durata della proiezione. Qui alcuni consigli da parte del sempre ottimo Premium Beat.
L'EVOCAZIONE PITTORICA – Aprire con un'immagine in cui i soggetti – magari due corpi – sono posizionati, illuminati, e inquadrati in maniera studiata e assolutamente evocativa, quasi come fosse un dipinto. Un esempio? Date un'occhiata all'opening di Jauja, film diretto da Lisandro Alonso.
IL MISTERO – In alternativa, perché non catturare gli occhi degli spettatori presentando qualcosa di misterioso e meno definito? Di certo ne sa qualcosa Christopher Nolan, che ha deciso d'iniziare Interstellar con l'inquadratura di una libreria impolverata: "Che diavolo ci fa una libreria? Perché è così maledettamente sporca? Dove sono i buchi neri che mi erano stati promessi?".
ESTABLISHING SHOT – Se siete abbastanza fortunati da riuscire a girare in un luogo particolarmente suggestivo, non è male iniziare con degli estabilishing shot per immergere l'audience nei luoghi e iniziare un po' a fargli annusare il mood. Chiaramente, il western ne ha fatto un vero e proprio topos per rassicurare i propri fan: “Sì, non abbiate paura, siete entrati nella sala giusta, non vedete il Grand Canyon e i saloon?”.
FOCUS SUL PERSONAGGIO PRINCIPALE – Uno dei metodi più efficienti per mettere immediatamente lo spettatore al centro della narrazione è aprire il film con un primo piano del protagonista principale, che sia per una scena muta (Malcolm McDowell in Arancia Meccanica) o un diretto monologo (Oscar Isaac in A proposito di Davis)
METODI ALTERNATIVI – Il bello del cinema, però sta chiaramente nello scovare sempre soluzioni alternative e meno bazzicate.In questo senso, non c'è miglior scuola della propria dvdteca sotto casa. Studiatevi i classici e lasciatevi ispirare dai maestri. Riguardatevi gli indelebili prologhi non solo di consolidati capolavori quali 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick o Blade Runner di Ridley Scott, ma anche di pellicole più recenti come potrebbero essere Lost in Translation di Sofia Coppola o The Master di P.T. Anderson. L'illuminazione potrebbe essere proprio sotto il vostro naso!
da farefilm
Ben Woodiwiss, critico, sceneggiatore e regista statunitense, ci invita a trarre insegnamento dal capolavoro di Scorsese "Taxi Driver" per imparare come si gira un film. Spesso quando i registi guardano un film c’è la tendenza a “prendere in prestito” o “rendere omaggio”, per essere gentili. Questo ragionamento, però, è controproducente. Se guardiamo i film per cercare qualcosa da mettere nel nostro lavoro, quello che stiamo facendo è solo campionare e riciclare. Tutti amano Tarantino, e anche Kurosawa è stato influenzato da John Ford quando faceva i suoi film di samurai (che alla fine influenzarono i western di Sergio Leone, che di recente sono tornati attraverso Tarantino), quindi non c’è niente di cui vergognarsi.
Leggi tutto: Le 10 lezioni di regia che si possono imparare da "Taxi Driver"
«Il segreto per intraprendere questo mestiere? Ascoltarsi, non raccontarsi mai bugie e soprattutto affrontare le proprie paure». Anna Galiena rivolge questi consigli ai giovani registi del Montefeltro Film School Festival, l’unica manifestazione in Italia dedicata alle scuole di cinema di tutto il mondo che si conclude oggi a Pennabilli (dopo cinque giorni di proiezioni, incontri e retrospettive) con la premiazione della Miglior regia e il Miglior film innovativo scelti tra le trentatré opere provenienti da diciotto Paesi diversi.
Nei mesi scorsi l'abbiamo vista al cinema nella pellicola francese «Un’estate in Provenza» e ne «La pazza gioia» di Paolo Virzì, mentre in autunno sarà protagonista della fiction di Canale 5 «Il bello delle donneà alcuni anni dopo». Quando raggiungiamo telefonicamente una delle attrici-simbolo italiane nella cittadina in provincia di Rimini, ha appena terminato una masterclass con i ragazzi del Festival di cui è anche presidente di giuria. «Questa manifestazione è di grande ispirazione - ci racconta con emozione - Ed è importante perché dà fiducia ai giovani».
Una lunga carriera a teatro, oltre sessanta film alle spalle e importanti ruoli in televisione. Galiena, vista la sua grande esperienza cosa ha consigliato ai giovani che vogliono intraprendere la strada del cinema?
«Di conoscersi e ascoltarsi. Bisogna sempre essere fedeli a noi stessi, non raccontarsi mai delle bugie e andare anche contro le nostre paure».
Ancora oggi c’è qualcosa che le incute timore?
«Tutto, ma allo stesso modo ho affrontato sempre ciò che temo. Andare sul palcoscenico, posare di fronte alla macchina da presa, anche questo incontro con i ragazzi mi spaventava. Ma le paure vanno affrontate per essere più preparati la volta successiva».
Si trova a valutare dei lavori di giovani registi per la prima volta in qualità di presidente di giuria. Come la fa sentire questo ruolo?
«Ho la fortuna di fare questa esperienza con persone colte e preparate (in giuria ci sono anche il regista e drammaturgo serbo Darko Lungulov, il critico cinematografico Mario Serenellini, l’attrice Lavinia Guglielman e il regista Fabrizio Cattani, ndr). E poi questi giovani sono pazzeschi. Mi sento veramente ispirata da questo Festival».
Cosa pensa del cinema italiano di oggi?
«Credo che ci siano grandi talenti. Mi piacerebbe da spettatrice vedere più film, ma con il mio lavoro è spesso complicato. Vivo a Parigi da 25 anni e purtroppo non tutte le pellicole italiane arrivano in Francia».
Nel corso della sua carriera ha lavorato al cinema con registi diversi: Mario Bolognini, Bigas Luna, Alessandro D'Alatri, Tinto Bras. Si è mai pentita di qualche ruolo?
«Nessuno mi ha mai obbligato a fare qualcosa e ho sempre difeso le mie scelte artistiche».
Cosa preferisce fra teatro, cinema o televisione?
«Il palcoscenico è il luogo dell’attore. A teatro sei tu, sei un artigiano e hai un rapporto diretto con il pubblico».
In che modo costruisce i suoi personaggi?
«Il mondo che ci circonda è la nostra scuola e un attore deve essere un grande osservatore. Naturalmente bisogna anche essere consapevoli di intraprendere un viaggio con il regista».
Nei suoi ultimi due film al cinema l'abbiamo vista cimentarsi in una nonna sprint al fianco di Jean Reno in «Un’estate in Provenza» e nella mamma sui generis di Micaela Ramazzotti ne «La pazza gioia". Chi sarà ne «Il bello delle donneà alcuni anni dopo»?
«Una donna romantica imbrigliata in un tipo di vita dalla quale troverà il coraggio di ribellarsi».
Quando si iniziano a scrivere le prime sceneggiature, soprattutto senza aver frequentato una scuola, si parte con tanto entusiasmo... ma presto ci si blocca. Perchè? Non è semplice scrivere le proprie idee, ma non è nemmeno difficile, se si sa come fare (avete letto l'argomento di base?).
Dapprima bisogna avere delle idee, e questo è già il primo passo importante. Vediamo uno sceneggiato in tv, od un film, leggiamo un libro, ... ci può arrivare all'improvviso una bella idea, all'inizio è confusa, poi ci sembra crescere, si sviluppa con immagini interessanti e coinvolgenti.... dobbiamo solo metterla su carta.... e questo è il secondo passo importante....
Si può scrivere per vari motivi: può essere un momento liberatorio (ad esempio se siamo stati lasciati dalla fidanzata), oppure possiamo aver deciso che mostrare agli altri le nostre idee, sensazioni, le nostre emozioni è una forte esigenza ed iniziamo a scrivere un racconto e poi un libro. Tutto questo non centra niente con la sceneggiatura, nel senso che una sceneggiatura deve raccontare per immagini, non per idee.... un film è fatto di fotogrammi.... e le parole servono solo a rafforzare quello che vediamo.
Allora, vediamo come si arriva alla sceneggiatura.
Il soggetto è lo scheletro della nostra storia, da uan mezza pagina (per un corto) a 2 pagine al massimo (per un film).
Il trattamento è il soggetto arricchito, ci sono tutte le descrizioni ed implicazioni della storia, è questo forse l'unico punto che si avvicina ad una storia raccontata.... anche se molti ci inseriscono le prime battute, per rendere bene la storia, aggiungendo aggettivi e tutto quello che può riguardare il pathos della storia.... E' un momento di libertà, ci si può scrivere di tutto. Per chiarire bene cosa vogliamo fare e dire nella nostra storia .
Poi, però, si passa alla sceneggiatura vera e propria, e bisogna seguire le regole! (che potete trovare negli altri argomenti del sito). Segue la sceneggiatura tecnica, effettuata dal regista con i suoi stretti collaboratori e col direttore della fotografia. E' fatta per individuare tutte le inquadrature. Alcuni registi disegnano anche le inquadrature, fanno lo storyboard.
A livello tecnico, servono gli elenchi degli ambienti, degli interpreti principali, per i piccoli ruoli, le comparse, tuti i costumi da usare (moderni od antichi), le auto di scena, ... e tutto quello che si evince dalla sceneggiatura (compito degli assistenti alla regia, dell'ispettore di produzione e della segretaria di edizione).
Non abbiamo finito: per girare serve un piano di lavorazione che stabilisce i giorni delle riprese, le locations e chi deve intervenire. E naturalmente una segretaria si deve preoccupare dei mezzi per arrivare sui luoghi delle riprese per tutti, dei panini e bevande.... e di ogni eventuale imprevisto!
Entriamo nei dettagli.
Definiamo il tema e la trama della nostra storia. E' piena di azioni? o tratta delle nostre emozioni? oppure è un racconto prettamente visivo? Che messaggio vogliamo inviare? Eppoi è importante decidere quali sono i nostri personaggi, sia quelli principali che quelli secondari, di contorno.... abbiamo già in mente qualcuno? non l'attore famoso visto in tv, ma una persona che sta facendo un corso di recitazione....
Iniziamo con una storia semplice, non ho detto facile, ma semplice, fattibile: spesso scriviamo cose complesse da realizzare, ovvero costose, ed una volta scritte ed accettate è poi difficile se non impossibile toglierle... si disgretolerebbe tutta la nostra storia...
E man mano che scriviamo, immaginiamo la nostra storia, guardiamola, sta lì, davanti ai nostri occhi, tutta la storia, scena dopo scena... non la dobbiamo immaginare, la dobbiamo vedere, così come la vogliamo girare... i movimenti degli attori, gli spostamenti della macchina da presa, le parole dette, gli sguardi, l'ambientazione....
E' questo che dobbiamo vedere, leggendo la nostra sceneggiatura.... la dobbiamo interpretare, mentre la rileggiamo per l'ennesima volta. Le azioni sono necessarie o no? se le togliamo, cambia qualcosa? e se le variamo...? Le parole dette, sono quelle giuste per il personaggio che abbiamo creato?
Ci dobbiamo far coinvolgere in ogni singolo elemento.... lo dobbiamo far vivere nella nostra mente, davati ai nostri occhi, ma sempre criticamente... Ci dobbiamo immedesimare. E' questo che fa la differenza!
Spesso quando scriviamo una sceneggiatura, non pensiamo troppo ai personaggi... nel senso che ci pensiamo, ma non abbastanza. Diamo maggiore importanza alla storia nella sua globalità. Cosa bisogna fare per delineare bene un personaggio? La risposta è semplice: ci dobbiamo IMMEDESIMARE nel personaggio di cui vogliamo scrivere. Completamente. Anche con cose che potrebbero sembrare superflue. Ad incominciare dal nome, il nome è parte integrante del personaggio. Dobbiamo sapere tutto di lui, da chi è nato, che studi ha fatto, quali sono i suoi hobby, i suoi tic nervosi, le sua abitudini. I suoi amori, le sue donne/uomini... le sue idee politiche,...
Non è mai troppo: solo così potremo scrivere di un personaggio vero, valido, plausibile. Non superficiale (come sono invece la maggior parte dei personaggi di un cortometraggio amatoriale, ed anche talvolta di alcuni film).
Ha detto Orson Welles: "SOGNATE I VOSTRI FILM"
"Non ho mai messo piede in una scuola di cinema. E non avevo mai messo piede su un set prima di girare 'Quarto potere'. Senza dubbio sono stato toccato dalla grazia di una totale ignoranza. Ho imparato tutto quel c´era da sapere in tre ore, non perché sia particolarmente intelligente, ma perché il cinema è semplice. Voi di certo avrete passato troppo tempo a guardare film. Non chiudetevi troppo nell´universo cinematografico, come fosse una scatola d´aringhe. Sognate i vostri film, piuttosto. E prestate attenzione all´incanto delle muse più perverse... la decadenza del cinema è il risultato della glorificazione del regista. Ma l´attore è più importante. Oggi il regista è l´artista più sopravvalutato del mondo. Pensate ai grandi momenti del cinema: sono tutti in bianco e nero. Più avanza il progresso tecnico, più lo spirito creativo va in declino. E io temo che l'elettronica finirà per aiutare solo i film di terza scelta."
Aiuto Regista: si occupa di coordinare il regista con la troupe e il cast artistico (attori).
Angolazione della ripresa: è la posizione che occupa la macchina da ripresa rispetto al soggetto ripreso, in funzione anche della focale dell'obiettivo usato.
Animazione: un film di animazioneè quello basato sulla tecnica della ripresa statica effettuata fotogramma per fotogramma, sia sui disegni su carta -bidimensionali- che tramite pupazzi o figure tridimensionali
Assistente Operatore: è il tuttofare dell'operatore, occupandosi della manutenzione della macchina da presa
Art Director: Architetto e scenografo, lavora in sintonia con il regista; è il responsabile della progettazione e della realizzazione delle scenografie; dirige e controlla le maestranze addette alle costruzioni.
Campo: è la porzione di spazio ripreso dalla macchina da ripresa, varia secondo la distanza, l'angolazione e la focale dell'obiettivo usato.
Campo-controcampo: è la tecnica di montaggio che utilizza le riprese effettuate da due punti di vista opposti: è mormalmente utilizzato durente i dialoghi: si alternano le immagini del primo personaggio che parla con la risposta del secondo e così via...
Carrellata: è il movimento della ripresa che si ottiene facendo muovere la macchina da ripresa su un cavalletto che scorre su un binario: il movimento è fluido. Il movimento è avanti / indietro, oppure orizzontale da destra a sinistra o viceversa. E' una cosa diversa dalla zoommata (o carrellata ottica).
Cast: E' l'insieme di tutti quelli che prendono parte alla realizzazione del film. C'è quello "artistico" (regista, sceneggiatore, attori) e quello "tecnico" (montatore, direttore della fotografia, fonico, ecc.).
Casting: è la selezione degli attori e delle comparse. Il/la casting sceglie dapprima sulla base di fotografie e poi con i cosiddetti provini su parte (ovvero la recitazione di una piccola parte del ruolo).
Ciak: è la tavoletta sulla quale vengono scritti tutti i dati dell'inquadratura; ha un elemento mobile che produce il tipico rumore che fa ciak. Serve al montatore per conoscere i dati della scena e per la sincronizzazione audio e video nel montaggio.
Cinemascope: è il formato panoramico introdotto negli anni '50. In fase di ripresa viene utilizzato un obiettivo anamorfico che comprime le immagini nella pellicola formato 35mm, in fase di proiezione l'immagine viene riportata nel formato panoramico tramite un'altra lente anamorfica posta nel proiettore della sala.
Cinema indipendente: il termine è usato per indicare tutte le produzioni di filmati a basso costo.
Colonna internazionale: è la parte della colonna sonora che contiene la musica ed i vari suoni, non il parlato. Serve per il doppiaggio nella nuova lingua.
Colonna sonora: è la registrazione sonora di dialoghi, delle musiche e di tutti gli altri effetti sonori.
Controfigura: sostituisce l'attore durante le varie prove e nelle riprese meno importanti in cui non si vede il viso dell'attore..
Copione: è la copia cartacea della sceneggiatura.
Cortometraggio: filmato della durata inferiore a 30 minuti.
Credits: è l'elenco completo di tutti coloro che concorrono alla realizzazione dl film, dal soggettista, allo scenografo, dal musicista al montatore...
Dècoupage: è un'espressione francese per indicare il tipo di montaggio effettuato, soprattutto dal punto di vista estetico-stilistico.
Dettaglio: è l'inquadratura che riprende un particolare dell'oggetto o dell'attore
Dialoghista: nel doppiaggio è chi adatta il testo, ricopre il ruolo di controllore del rispetto del testo originale adattandolo ai movimenti della bocca dell'attore in video.
Didascalia: è la scritta che compare in una inquadratura. Può essere una descrizione temporale, di luogo o la traduzione di una battuta in lingua straniera.
Direttore del doppiaggio: è il garante dell'interpretazione effettuata dai doppiatori.
Direttore del Cast: si occupa di trovare gli attori più adatti ai vari ruoli che successivamente verranno presentati al regista che fa la scelta definitiva.
Direttore della Fotografia: responsabile tecnico artistico della fotografia di un film. Si occupa di tutto quello che riguarda le inquadrature e le luci; sceglie e dirige le maestranze tecniche.
Direttore di produzione: è il responsabile dell'aspetto amministrativo e produttivo del film, tutto ciò che attiene all'organizzazione passa sotto il suo diretto controllo.
Dissolvenza: è il progressivo schiarirsi o scurirsi di un inquadratura (dette rispettivamente in apertura ed in chiusura), nel passaggio alla successiva inquadratura.
Dissolvenza incrociata: tecnica per la quale due inquadrature in sequenza si mischiano tra di loro in modo graduale: la prima in chiusura si dissolve, la nuova in apertura prende forma.
Dolly: è la macchina da ripresa montata su un braccio meccanico molleggiato che permette di effettuare movimenti anche complessi.
Doppia esposizione : la pellicola viene esposta 2 volte (naturalmente ogni volta è sottoesposta) per avere due tipi diversi di immagine sulla stessa pellicola.
Doppiaggio: è la tecnica che permette di aggiungere, alla colonna sonora internazionale, nuove voci in una lingua diversa dall'originale.
Doppiatore: è chi da la sua voce ad un attore straniero che recita in lingua straniera. Deve cercare di adattare le parole al movimento labbiale dell'attore che sta doppiando.
Effetti speciali: sono i procedimenti che permettono di avere delle riprese irrealizzabili perchè costose, pericolose od impossibili da filmare nella realtà. L'uso del digitale aiuta a creare gli effetti ed i trucchi (vedi Kromakey).
Filmico: è l'insieme degli elementi peculiari dell'arte cinematografica, come montaggio e ripresa con la macchina da presa.
Flashback: è il ritorno all'indietro nel tempo dei personaggi o del racconto: si interrompe una azione corrente per rievocare un'azione precedente.
Flou: è l'effetto che fa apparire un viso od un paesaggio poco inciso, velato. Si ottiene applicando un filtro diffusore all'obiettivo.
Fonico: tecnico addetto alla registrazione del suono durante le riprese.
Fonico di presa diretta: si occupa della sistemazione dell'attrezzatura audio sul set ed è il responsabile della registrazione e del controllo effettuate durante la ripresa in diretta.
Fotogenia: è l'idoneità della persona ad avere un ottimo risultato sulla pellicola fotografica e cinematografica. E' diverso dalla bellezza.
Fotografo di scena: con le fotografie documenta tutto quello che accade sul set.
Fotogramma: è l'elemento base del movimento: lo scorrere delli fotogrammi della pellicola ci danno l'impressione del movimento. 24 fotogrammi al secondo è la velocità di scorrimento della pellicola.
Fuori campo: ogni azione o suono che ha luogo fuori dal campo di ripresa (ciò che non si vede in video). Si individua con sguardi degli attori che si indirizzano là dove non vediamo cosa accade.
Grandangolare: obiettivo capace di riprendere un campo visivo maggiore di quello dell'occhio umano.
Illuminazione: è l'insieme di tutte le apparecchiature che permettono di riprendere una scena creata con effetti di luce (giorno, notte, luce frontale, controluce, di taglio, ecc). E' curata dal Direttore della Fotografia.
Inquadratura: significa sia la parte di filmato tra uno stacco e l'altro, sia la parte inquadrata dalla macchina da presa (che cambia a secondo dell'ottica usaata).
Inserto: è l'inquadratura, come il flashback o la ripresa di un dettaglio, che va ad interrompere una certa azione filmica.
Ispettore di produzione: collaboratore sul set del direttore di produzione.
Lungometraggio: è il film vero e proprio, così detto perchè ha una durata superiore ai 60 minuti.
Macchinista: tecnico addetto al trasporto ed al montaggio delle macchine e degli accessori di ripresa.
Mediometraggio: quando il filmato dura tra i 30 ed i 60 minuti.
Microfonista: tecnico alle dipendenze del fonico; si occupa della sistemazione dei microfoni per nasconderli alla vista nelle riprese..
Missaggio o mixaggio: è il montaggio audio della colonna sonora (musiche + dialoghi + rumori).
Montaggio: è non solo il semplice attacco di una scena all'altra, ma soprattutto un'operazione concettuale ed artistica che va a concludere tutta la costruzione del film.
Movimento di macchina: l'insieme dei movimenti che loperatorecompie con la sua telecamera / macchina da presa.
Moviola: è l'apparecchio che serve a visionare velocemente la pellicola girata, per poter determinare le scene da tagliare ed utilizzare. Con le nuobve tecniche informatiche il suo uso è inglobato nei più moderni software di montaggio.
Obiettivo: è il sistema ottico composto da lenti che permettono di riprendere l'immagine inquadrata. si diversificano per focale e luminosità.
Operatore: tecnico addetto al funzionamento della macchina da presa e che esegue la ripresa.
Panoramica: quando la macchina da presa ruota intorno al proprio asse, sia se tenuta in mano che fissata ad un cavalletto.
Partecipazione straordinaria: breve parte recitata da un attore famoso.
Piano americano: inquadratura della figura dalle ginocchia alla testa.
Piano medio: inquadratura della figura dell'attore dalla vita in su.
Piano sequenza: unica sequenza dove la lunga inquadratura è priva di stacchi.
Pilota o pilot: è il filmato di prova realizzato per mostrare al cliente/produttore come il film, telefilm o sceneggiato verrebbe nella serie definitiva.
Play back: è la tecnica con cui l'attore, segue la colonna sonora in modo che sembri la sua voce (si usa molto per le canzoni).
Post-produzione: è l'insieme di operazioni effettuate su una pellicola, dopo la fine delle riprese, dal montaggio al missaggio alla stampa delle copie finali da riprodurre .
Post-sincronizzazione: viene effettuata nella fase di doppiaggio e quando nel film, per vari motivi, le voci ed i suoni non sono registrati contemporaneamente alle immagini.
Presa diretta : quando il parlato ed i suoni vengono registrati contemporaneamente alle immagini.
Primo piano: inquadratura, nel caso della figura umana, dalle spalle in su.
Primissimo piano: inquadratura, nel caso di una figura umana, solo del viso.
Produttore: è colui che investe i soldi e mette in cantiere il filmato.
Produzione: è l'insieme della parte economica ed industriale della realizzazione del film.
Profondità di campo: spazio nitido davanti e dietro il punto di messa a fuoco.
Provino: è la breve ripresa fatta a scopo di valutare l'idoneità di un attore per una parte (se deve recitare delle battute del copione, si chiama: Provino su parte), oppure per controllare il risultato finale delle luci o dei costumi.
Regista: responsabile artistico del film, l'unico che ha in mente tutto quello che si deve fare. E' il punto di raccordo di tutti quelli che lavorano per produrre il filmato.
Remake: è il rifacimento di un film già prodotto. Normalmente viene rifatto un film campione di incassi o perchè perfetto per un attore-attrice.
Scena: è l'insieme di inquadrature (e quindi riprese) che si svolgono nella stessa unità di tempo e di luogo.
Sceneggiatore: scrittore di un soggetto cinematografico: la sceneggiatura è la descrizione nei minimi particolari di tutto ciò che accade nelle sequenze che vengono girate.
Sceneggiatura: è il testo scritto che riporta in modo più completo possibile, le scene ed i dialoghi del film. Talvolta la sceneggiatura deve essere tratta da quanto girato, perchè esistono grandi attori (come Totò) che non seguono la sceneggiatura ma che sviluppano la recitazione sul momento. La sceneggiatura può essere originale, o tratta da un avvenimento od un romanzo.
Scenografia: l'insieme di tutti gli elementi decorativi, pittorici ed architettonici per definire l'ambiente in cui si gira.
Seconda unità: è una seconda troupe di regia che realizza sequenze di ausilio alla prima troupe.Es. riprese subacquee o riprese dei particolari della folla.
Segretaria di edizione: cura la stesura del diario di lavorazione nel quale viene annotato tutto ciò che accade sul set, dalle spese fino ai motivi di perdita di tempo. Inoltre riporta tutte le varianti effettuate alla sceneggiatura durante le riprese.
Set: è il luogo dove si svolge la ripresa.
Sequenza: unità narrativa del film composta da una o più scene compiute.
Sguardo in macchina: se l'attore si rivolge allo spettatore, guardando dentro l'obiettivo della macchina da presa.
Sincronizzazione: è il sincronismo tra la voce del doppiatore con i movimenti labiali dell'attore che recita nel film.
Sinossi: è una breve trama della sceneggiatura del film.
Soggettiva: ripresa nella quale lo spettatore vede ciò che vede l'attore.
Sottotitoli: se un film deve essere visto in un paese straniero, la forma più veloce di farlo capire, è tradurre le parole dette in frasi scritte nella parte inferiore dell'immagine proiettata.
Stacco: è il passaggio netto tra due inquadrature.
Steadicam: un sistema di contrappesi che permette alla telecamera tenuta a spalla una ripresa perfetta e senza tremolii.
Stunt-man: è un cascatore molto somigliante all'attore (anche per il molto trucco) che lo sostituisce durante le scene pericolose.
Story-board: è la sceneggiatura disegnata nei minimi particolari, il fumetto del film.
Teatro di posa: il luogo, al coperto, completamente attrezzato per le riprese di un film. Nel teatro vengono costruite le scenografie.
Titoli di coda: elenco dei collaboratori secondari che non compaiono nei titoli di testa.
Titoli di testa: comprende il titolo del film, il nome del produttore, il cast artistico e quello tecnico principale.
Trailer: è un breve filmato di presentazione del film.
Troupe: è lo staff tecnico completo della produzione del film.
Zoommata: avvicinamento od allontanamento dal soggetto ripreso, fittizio perchè la telecamera resta alla stessa distanza ma varia la lunghezza focale dell'obiettivo che rende possibile l'effetto. E' detta anche carrellata ottica.
Domande & Risposte
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Cos’è il diritto d’autore?
La legge speciale 22 aprile 1941, n. 633 istituisce la tutela delle opere dell’ingegno di carattere creativo, che appartengano alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro, al cinema. La tutela consiste in una serie di diritti esclusivi di utilizzazione economica dell'opera (diritti patrimoniali dell'autore) e di diritti morali a tutela della personalità dell'autore, che nel loro complesso costituiscono il "diritto d'autore".
- Quali sono i diritti morali?
I diritti morali sono assicurati dalla legge a difesa della personalità dell’autore e si conservano anche dopo la cessione dei diritti di utilizzazione economica. Essi non sono soggetti a termini legali di tutela.
I principali diritti morali sono:
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il diritto alla paternità dell’opera (cioè il diritto di rivendicare la propria qualità di autore dell’opera);
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il diritto all’integrità dell’opera (cioè il diritto di opporsi a qualsiasi deformazione o modifica dell’opera che possa danneggiare la reputazione dell’autore);
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il diritto di pubblicazione (cioè il diritto di decidere se pubblicare o meno l’opera).
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Quali sono i diritti di utilizzazione economica?
I principali diritti di utilizzazione economica dell'opera sono:
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diritto di riproduzione: cioè il diritto di effettuare la moltiplicazione in copie dell’opera con qualsiasi mezzo;
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diritto di esecuzione, rappresentazione, recitazione o lettura pubblica dell'opera: cioè il diritto di presentare l’ opera al pubblico nelle varie forme di comunicazione sopra specificate;
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diritto di diffusione: cioè il diritto di effettuare la diffusione dell’opera a distanza (mediante radio, televisione, via satellite o via cavo, su reti telematiche, ecc.);
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diritto di distribuzione, cioè il diritto di porre in commercio l’opera;
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diritto di elaborazione, cioè il diritto di apportare modifiche all’opera originale , di trasformarla, adattarla, ridurla ecc..
Tutti questi diritti permettono all’autore di autorizzare o meno l’utilizzo della sua opera e trarne i benefici economici.
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Quando nasce il diritto d’autore? Ci sono delle formalità da seguire?
Non c’è nessuna formalità amministrativa da seguire per ottenere il riconoscimento dei diritti d’ autore sull’ opera. Il diritto d’autore nasce automaticamente con la creazione dell’opera.
- Chi è il titolare dei diritti?
Il titolare dei diritti d’autore è, in via originaria, l’autore in quanto creatore dell’opera (oppure, nel caso di opere in collaborazione, i coautori).
I diritti patrimoniali possono poi essere acquistati, alienati o trasmessi in tutte le forme e modi consentiti dalla legge.
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Quanto dura la tutela economica dell’opera?
I diritti di utilizzazione economica durano per tutta la vita dell’autore e fino a 70 anni dopo la sua morte. Trascorso tale periodo l’opera cade in pubblico dominio. Nel caso di opere in collaborazione il termine si calcola con riferimento al coautore che muore per ultimo.
- E’ libera l’utilizzazione di un’opera caduta in pubblico dominio?
L’opera caduta in pubblico dominio è liberamente utilizzabile senza autorizzazione e senza dover corrispondere compensi per diritto d’autore. Ciò purché si tratti dell’opera originale e non di una sua elaborazione protetta.
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In che consiste l’attività della SIAE nell’ambito del diritto d’autore?
La funzione istituzionale della SIAE consiste nell’attività di intermediazione per la gestione dei diritti d’autore. La SIAE concede, quindi, le autorizzazioni per l’utilizzazione delle opere protette, riscuote i compensi per diritto d’autore e ripartisce i proventi che ne derivano. Svolge la propria attività in Italia, servendosi dei propri uffici e, all’estero, attraverso le Società d’autori straniere con le quali ha stipulato accordi di rappresentanza.
- E’ obbligatorio aderire alla SIAE?
Non è obbligatorio aderire alla SIAE. L’adesione alla SIAE è libera e volontaria. L’autore può teoricamente decidere di curare direttamente i rapporti con gli utilizzatori per tutelare i propri diritti, ma di fatto l’intermediazione di una organizzazione specializzata e capillare è indispensabile.
In Italia, l’attività di intermediazione è riservata dalla legge alla SIAE in via esclusiva. L’ autore può comunque scegliere di aderire ad altre Società di autori di Paesi stranieri.
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L’autore che aderisca alla SIAE, deve sempre avvalersi della sua intermediazione?
Dal momento in cui l’autore aderisce alla SIAE, si avvale della sua intermediazione per le utilizzazioni affidate alla sua tutela. Se interpellato direttamente, dovrà indirizzare alla SIAE gli utilizzatori per il rilascio delle autorizzazioni. L’autore non può concedere direttamente le autorizzazioni, non può rinunciare ai diritti e non può accordare riduzioni. Tutto ciò nell’interesse diretto dell’autore che, attraverso la gestione collettiva dei diritti, è garantito nei confronti degli utilizzatori, ai quali è assicurata la trasparenza di trattamento e la univocità di condizioni.
- Cosa sono i “diritti connessi” al diritto d’ autore ?
I “diritti connessi” al diritto d’ autore sono quei diritti che la legge riconosce non all’ autore di un ‘opera, ma ad altri soggetti comunque collegati o affini (si veda al riguardo il Titolo II della legge speciale 633/1941). I diritti connessi più importanti sono quelli riconosciuti agli artisti interpreti ed esecutori, quelli che spettano ai produttori di dischi fonografici o supporti analoghi, quelli dei produttori di opere cinematografiche o audiovisive e quelli riconosciuti alle emittenti radiofoniche e televisive
Altri diritti connessi, con forme di tutela più debole rispetto al diritto d’ autore, sono poi riconosciuti agli autori (o agli editori) in relazione a creazioni che non costituiscono vere e proprie “opere dell’ ingegno”: è il caso dei diritti sulle fotografie, sui bozzetti di scene teatrali, sulle edizioni critiche di opere di dominio pubblico, sugli inediti pubblicati dopo la scadenza del termine di tutela del diritto d’ autore ecc.
(dal sito della S.I.A.E.)
Corto – metraggio. È una parola composta, di facile intuizione, direte voi. Lo dice il termine stesso: “estensione in lunghezza (metraggio) corta (corto)”.
Sì, è vero. Grammaticalmente è tutto corretto, in certi casi lo si trova anche scritto staccato infatti. E a livello lessicale? Nulla da dire. Il cortometraggio generalmente dura meno di 30 minuti e, nell’ultimo decennio, si può arrivare a parlare di cortometraggi di 40 minuti perché si è ormai abbandonato l’utilizzo del termine mediometraggio, che definiva quella via di mezzo tra il corto e il lungo.
“Un piccolo film” dunque è esattamente il significato della parola.
Eppure non ha alcuna attinenza con il suo senso.
Il cortometraggio infatti non è soltanto un film corto. È un’arte, una scelta narrativa, una incredibile prova creativa. D’altronde, deve esserci un motivo se Roman Polanski non ha mai smesso di girarne tanti, e ancora si adopera nell’ideazione di nuovi corti appena è libero da un set cinematografico!
Eppure si pensa spesso che il cortometraggio sia solo “il modo in cui iniziare a fare cinema”. Questo perché nelle Accademie e nelle piccole produzioni, spesso si ricorre al cortometraggio per favorire una distribuzione più ridotta, a volte circoscritta a pochi festival; inoltre è spesso confuso con le scene di lancio che vengono prodotte e realizzate per rendere l’idea del genere, della fotografia e dello stile di un lungometraggio in fase di preparazione (come una sorta di trailer o di puntata pilota destinata ad un potenziale produttore interessato.)
Limiti di tempo e limiti di budget: le fake news di un cortometraggio
Si sono sedimentate nell’immaginario collettivo diverse convinzioni limitanti e riduttive sul perché scegliere di realizzare un cortometraggio. Non sempre le motivazioni alla scelta del cortometraggio sono reali, se pur verosimili.
Le più note le chiamerei le “fake news” relative alla definizione di questo termine. Proviamo a sfatarne qualcuna insieme!
- è corto, quindi più veloce da scrivere e da realizzare.
Falso. La capacità di sintesi è dote di pochi. Soprattutto nello storytelling. Ci vuole una grande abilità per scrivere un racconto efficace e autoconclusivo con pochi dialoghi, con poche scene, in un tempo ridotto e con poco spazio per descrivere personaggi, luoghi, rapporti, vicende e obiettivi. Come vi sentireste se qualcuno cronometrasse qualsiasi vostra frase o se vi contasse le parole? Limitati. Ecco come. Rischiereste di non essere chiari, di non riuscire a spiegare per intero la vostra idea, la vostra opinione, la vostra storia. Ecco perché un buon cortometraggio è tutt’altro che facile da scrivere. - è soltanto l’incipit di un film, una storia che, se se ne avesse la possibilità, sarebbe un lungometraggio
Falso. Tante, troppe storie sono rovinate proprio dalla ridondanza, dalla sensazione di inutilità della maggior parte dei nuclei narrativi aperti. Se una scena è inutile è sempre meglio tagliarla piuttosto che lasciare che annoi. Avete presente quando vostra zia comincia a raccontarvi del film che le piaceva tanto da bambina perché in realtà deve arrivare a parlarvi di quell’episodio familiare molto divertente che alla fine non ascoltate più perché si è perso tra le mille parole? Ecco. Quello è uno storytelling inutilmente lungo, privo di ritmo, che priva la vera narrazione del suo interesse originale. Se vostra zia fosse un regista, quel film sarebbe un terribile flop. - è corto, quindi ci vuole meno budget
Falso. Andatelo a raccontare a Tim Burton, il papà dei cortometraggi costosi, in stop motion e non. Da “The Island of Doctor Agor” a “Vincent” il regista (e produttore) non ha mai badato a spese. “Vincent” è addirittura prodotto dalla Disney e basato su “il Corvo” di Edgar Allan Poe. Vi assicuro che sì, tutto questo ha un costo.
Oppure ditelo parlando di “The Audition”, del Premio Oscar Martin Scorsese, costato 70 milioni di dollari. tantino, eh? Insomma, “corto” non vuol dire “economico”. Ci sono progetti che durano tre minuti ma che necessitano di krane, carrello, drone, luci, steadycam e macchina d’epoca; e poi ci sono lungometraggi one location only che hanno costi di realizzazione infimi. Tutto ha un suo costo, non solo il tempo.
Cosa vuol dire allora la parola “cortometraggio”?
Se avete ancora dubbi su quello che la parola cortometraggio realmente voglia dire, allora non fidatevi di me, ma dei cortometraggi capolavoro che sono stati prodotti da grandi registi, come quello di Christopher Nolan, “Quay”, realizzato quasi vent’anni dopo il suo primo film (quindi sì, è stata una scelta stilistica ben precisa e no, vi assicuro che non aveva limiti di budget, di idee o di qualsiasi altro genere), volutamente corto per poter raccontare i fratelli Quay senza annoiare o essere prolissi.
Certo, ci sono casi di cortometraggi che vengono apprezzati tanto da ispirare poi lungometraggi con ambientazioni simili o con protagonisti somiglianti, come “I’m here”, corto di Spike Jonze che fu apprezzato al Sundance Film Festival e anticipò l’uscita del film capolavoro “Her”.
Ma non esiste solo questa realtà.
Insomma, dire che un cortometraggio è soltanto un film corto è riduttivo. Un errore madornale che non tiene conto di grandi opere cinematografiche e di grandi doti comunicative. Un buon cortometraggio è, spesso, più difficile da realizzare di un lungometraggio qualsiasi.
Proprio come un buon testo scritto da un copywriter, che deve essere efficace con un messaggio di lancio breve ma chiaro; o come un talk radiofonico: contenuto interessante, interazione con gli ascoltatori, lancio del brano e battuta sagace in pochi minuti. Meraviglioso proprio per questo, vero?
Quindi, ricordate: saper fare ordine nel proprio racconto senza svilirlo o svilirsi è una tra le più grandi e nobili capacità di un artista, che si rivela capace di non avere limiti anche tra le restrizioni.
di Giovanna Delvino per il sito raduni.org
"Ho visto e dissezionato i suoi film parecchie volte in tutti questi anni. Eppure, ogni volta che ho rivisto '2001, Oddissea nello spazio', 'Barry Lindon' o 'Lolita', ci ho scoperto invariabilmente un livello di rappresentazione che non mi era ancora apparso".
Intervento di Franco Prono Ricercatore presso il DAMS dell’Università di Torino, docente di Storia del cinema italiano e Organizzazione ed economia dello spettacolo cinematografico.
Gli studenti iscritti al DAMS i quali scelgono l’Indirizzo Cinema e Televisione in genere temono di incontrare grandi difficoltà, dopo la Laurea, a trovare un’occupazione nel settore. La loro preoccupazione è certamente motivata, dal momento che la cinematografia nazionale sta attraversando una grave crisi economica ad ogni livello, ma non mancano motivi per nutrire fiducia.
È evidente che non è in alcun modo possibile quantificare il livello occupazionale di questi laureati, in quanto il mercato del lavoro in tale settore è estremamente frammentato, incontrollabile, privo di stabilità e continuità. Da un lato, vari festival, rassegne e iniziative culturali di ogni genere offrono spesso possibilità di collaborazione ai giovani competenti per un periodo limitato di tempo, in funzione di un evento da realizzare. Dall’altro lato non esistono, né il Piemonte, né altrove, grandi Case di produzione cinematografica che assicurino possibilità di lavoro a lungo termine, e lo stesso discorso – tranne pochi casi isolati – vale anche per le produzioni televisive: il lavoro temporaneo, a termine, costituisce la normale formula contrattuale in questo comparto. La formazione di una troupe tecnica e artistica è infatti finalizzata alla realizzazione di un prodotto audiovisivo (film, telefilm, documentario, soap opera, programma televisivo) ed è quindi destinata a sciogliersi non appena il lavoro viene ultimato.
Pertanto, se anche fosse possibile monitorare oggi il livello occupazionale dei Laureati DAMS Cinema nel mercato della produzione, non avremmo nessuna garanzia che esso possa mantenersi costante per un tempo più o meno lungo: persino RaiSat, infatti, offre un numero variabile di contratti a termine, secondo gli impegni produttivi della sede torinese.
Pure, mi capita molto spesso, recandomi sui set di film o di programmi televisivi, di incontrare studenti o ex studenti del DAMS che lavorano a vario titolo nelle troupe. Allo stesso modo, noto che in tutti i festival cinematografici regionali, nei gruppi di ricerca, nelle iniziative culturali del settore, la loro presenza è costante e apprezzata, non solo nell’ambito dell’esperienza di Tirocinio. Oggi infatti, a differenza di pochi anni fa, Torino e il Piemonte sono luoghi in cui chi vuole lavorare nel campo dell’industria culturale cinetelevisiva, può trovare un impiego: grazie all’opera della Film Commission Torino Piemonte ogni anno vengono realizzate nel territorio quasi trenta produzioni per il cinema e la tv; inoltre la nostra Regione è tra tutte quella più ricca di eventi culturali in questo settore.
È noto peraltro che il DAMS non fornisce agli studenti una preparazione squisitamente tecnica e pratica, se non limitatamente ad alcune esperienze laboratoriali ed ai tirocini. La preparazione dei nostri laureati è soprattutto a livello storico-critico, e quindi volta a formare professionisti che svolgano incarichi soprattutto a livello editoriale, giornalistico, archivistico. Ma indubbiamente gli studi universitari forniscono un bagaglio culturale di grande importanza anche per chi voglia intraprendere un lavoro nel campo tecnico-organizzativo.
Purtroppo in Italia esistono soltanto una Scuola Nazionale di Cinema (a Roma) che offre una preparazione tecnica e pratica ad alto livello, non mancano però esempi di molti cineasti affermati i quali non hanno frequentato questa scuola, ma hanno imparato i fondamenti della tecnologia e del linguaggio cinematografico realizzando cortometraggi video da soli, o insieme ad amici, o con l’aiuto di piccole produzioni indipendenti. Il DAMS non insegna a fare il regista, l’attore, il produttore, il distributore, lo scenografo, il costumista, ecc. ma offre gli strumenti culturali affinché queste professioni non si configurino semplicemente come ruoli tecnici nell’industria dello spettacolo, ma come capacità di operare con piena coscienza dei contenuti culturali e dei problemi estetici e stilistici che questo lavoro impone.
Noti registi torinesi emersi negli ultimi anni, come ad esempio Mimmo Calopresti, Marco Ponti, Daniele Gaglianone hanno conseguito presso l’Università torinese quella preparazione culturale in campo cinematografico che li ha aiutati ad imporsi nella professione.
Lo studente che si iscrive ad DAMS deve innanzitutto capire che non serve a nulla passare gli anni degli studi universitari pensando soltanto a superare gli esami più in fretta possibile per conseguire la Laurea, senza occuparsi di altro fuori dall’Università. Il cinema può diventare una professione soltanto per coloro che hanno grande interesse, hanno passione vera per il cinema. Costoro studieranno le discipline cinematografiche con entusiasmo, considerandole un mezzo per acquisire competenza, e contemporaneamente – fuori dal l’Università – cercheranno con ogni mezzo di acquisire competenze nel campo del lavoro a vari livelli (critico, organizzativo, tecnico, arti stico, ecc.). Molto difficilmente troverà lavoro nel mercato cinematografico il neolaureato con 110 e lode il quale non abbia alcuna conoscenza concreta dell’industria cinetelevisiva del territorio regionale. Al contrario, mi risulta che tutti gli studenti che hanno studiato con interesse le materie del settore ed hanno compiuto esperienze di vario tipo facendosi conoscere nell’ambito del comparto professionale dell’audiovisivo, hanno trovato qui un’occupazione.
Occorre insomma riflettere su un fatto fondamentale: si possono intraprendere alcune professioni soltanto in base ad una scelta di tipo economico, per assicurarsi un certo tenore di vita, per garantirsi un futuro; ma chi vuole intraprendere una professione nel cinema o comunque in un campo in cui sia presente una componente artistica (teatro, musica, arte figurativa, ecc.), deve necessariamente avere già in partenza uno spiccato interesse, una “passione”, una determinazione assoluta a trovare nel cinema non soltanto un “mestiere”, ma un elemento importante della propria vita.
Ci scrive Giulia: "Salve, sono iscritta al vostro concorso, vorrei sapere: le nostre sceneggiature che state pubblicando sono protette dalla Siae? oppure il primo arrivato ce le può rubare ed andarle a depositare? io ho depositato il mio corto ma non la sceneggiatura."
Leggi tutto: Protezione delle Sceneggiature e dei Cortometraggi
“METEORA” di MARIO PRATESI
Scena 1
Musica , interno giorno , la camera vaga per la casa e anche fuori , passa dava nti alla radio da cui
proviene la musica ( cucina ) ,una mano la spegne.
La stessa mano prende un vassoio (particolari ) vediamo la sorella di Anna che percorre
l’appartamento con la colazione .
Arriva in camera dove c’e’ Anna sul letto ; e’ sveglia e sorride.
S: buongiorno ... come stai ?
A: bene grazie ( fa molta fatica ma almeno parla)
S: mangia qualcosa che ti devi rimettere ...(sorride e l’accarezza ) ...mi prometti che non lo farai
piu’ ?
A: (sguardo che lascia dei sospesi )...ti voglio bene sorellina
S: anche io te ne voglio ( va ad aprire le tende e spegne la luce)
S: oggi cosa facciamo ? (come se volesse cambiare discorso e portare allegria) ...ti va di camminare
un po’? ( la vede perplessa ) ...guarda il lato positivo (ironica ) magari tra un po’ torni a lavorare ...
(pp su Anna pensierosa ma sorridente )
Scena 2
Sul profilo di Anna , velato da un po’ di malinconia, la vediamo mentre , sorretta dalla sorella ,
tenta di camminare ( la scena si svolge in di versi punti e diversi momenti ...ma il filo conduttore
rimane quello della pieta’ verso di lei )
Scena 3
Interno , proscenio teatrale , un fascio di luce tipo occhio di bue illumina la performance di un attore
Piano piano scopriamo che Anna e la sorella sono alle prove di uno spettacolo.
Al termine dell’esibizione la sorella va a complimentarsi con i teatranti lasciando Anna seduta , che
sorride : s’e’ divertita.
Durante l’esibizione Anna intravede e forse s’innamora di un giovane attore , il quale ricambia i
suoi sguardi.
Scena 4
Esterno giorno , Campagna
Il giovane teatrante e Anna sono seduti in un pr ato ( campo di grano, oliveto ?) , non parlano ma
sono in atteggiamento molto romantico , sul fi nire della scena capiamo che qualcosa sta per
succedere.
Scena 5
Esterno giorno , spiaggia
Anna ,la sorella e l’amica della sorella sono sedute sulla spiagga , la bella stagione ormai è passata.
Le vediamo passeggiare , la sorella e l’amica davanti e Anna dietro; ad un certo punto la sorella di
Anna si gira ed Anna non c’e’ piu’ , e’ sparita .
Inizia una v.f.c. maschile
“ ed infine Anna si decise a seguire il proprio destino. Divenne pura energia amorosa , intellettuale.
Penso’ che l’enorme cattiveria del mondo non potesse essere sconfitta e inizio’ a librarsi nel cosmo
, libera e ribelle come una meteora che passa ogni duecento anni , ed ogni volta gli uomini
s’inchinano devoti a tanta potenza “
FINE