♥ dalle Idee alle Sceneggiature
Il film può essere scritto a vari livelli di precisazione. E si può partire da un’idea abbozzata in poche righe o da un racconto letterario. Si può scrivere una semplice scaletta o una sceneggiatura precisata in ogni parte. E si può arrivare a disegnare la singola inquadratura, come una vignetta, modalità preferita spesso da Fellini.
Naturalmente condiziona se il film è un corto ( misura variabile dai 10 ai 20 minuti ) o un medio-lungometraggio (dai 20 ai 90 minuti e oltre). Per un cortissimo (cinque minuti) l’idea, pure solo abbozzata, è in genere sviluppata e tradotta direttamente in una scaletta, cioè una sequenza di azioni descritte ( chi sono e cosa fanno i personaggi e dove agiscono ) con un dialogo accennato. Ma se si considera un corto che abbia uno sviluppo di eventi o a maggior ragione un lungometraggio e se si parte da un soggetto scritto da altri, allora bisogna sedersi a tavolino e pensarlo per immagini e a questo punto più il film scritto è definito meno problemi si affronteranno in seguito sul set e in fase di montaggio. Ciò non significa che in queste fasi non si possa intervenire con modifiche. La sceneggiatura serve per avere tutto chiaro il film nella testa, poi in ogni momento se sorgono idee si può cambiare. Dunque sceneggiatura precisata ma flessibile.
La sceneggiatura parte da un’analisi approfondita della storia e dei personaggi e questi ultimi sono costruiti rivelando tutto ciò che può essere utile: dai gesti ai modi di dire ai difetti ai modi di muoversi, di acconciarsi, di vestire. In questo senso lo sceneggiatore dà suggerimenti ai truccatori e ai costumisti che in seguito saranno coinvolti. Così pure gli ambienti sono descritti per facilitare il compito dello scenografo. Ci sono sceneggiatori che suggeriscono a chi dirigerà il set i tempi di durata delle inquadrature. Se non sempre almeno quando una inquadratura è significativa. Comunque è necessario stabilire il tempo delle scene per un’ipotesi di durata totale del film.
Ecco un esempio di descrizione di ambienti e personaggi.
Il tribunale della Sacra Rota ( dal sito www.essereuomo.it )
Vicariato. Tarda mattina di primavera. Personaggi principali: Giò il Rosso, il Monaco Dottore, il monaco segretario.
Per le Inquadrature alternare Campi Lunghi ( CL ) e Totali ( CT ) con Figure Intere ( FI), Primi Piani (PP) e Dettagli ( DET). Evitare i Campi e i Piani Medi ( PM,CM).
Per il sonoro solo dialoghi e rumori d’ambiente.
Scena I. - Interno-esterno. Durata 1 minuto.
Corridoi che si affacciano in un chiostro. Netto contrasto di luci e ombre. Distorsione percettiva delle profondità e delle altezze. I corridoi sono larghissimi e si restringono a cuneo allo stesso modo delle autostrade quando si procede ad altissima velocità. Questa percezione contrasta con il procedere al rallentatore dei personaggi.
Giò, il Rosso, indossa un paio di jeans estivi celesti, mocassini di cuoio chiaro, giacca avana di cotone, camicia a fiorellini celesti su fondo nocciola, cravatta azzurra con petali di fiori colorati delicatamente di giallo e di marrone, i ray-ban per via della luce bianca e violenta. Ha in mano un libro.
CL - Il Rosso segue un monaco tutto nero: il saio e anche la testa, rallegrata da riccioli scuri.
Vanno lungo corridoi con svolte ad angolo retto, per scale interminabili.
Corridoi e scale sempre più stretti.
PP – del monaco accompagnatore che bussa con eccessiva discrezione. Viene da pensare se chi sta dentro può aver udito quel tocco leggero.
FI - La porta viene aperta da qualcuno che sembra sia stato là dietro appostato con una rapidità che contrasta con il movimento lento dei personaggi. E’ un monaco bianco e marrone. La sua figura è attraversata dalla luce.
PIANO SEQUENZA – di Giò. Il monaco accompagnatore si fa da parte per lasciar passare Giò, e diventa un affresco sulla parete della scala, mentre Giò va incontro al viso radioso e dolcissimo del monaco bianco e marrone.
Scena II. - Interno. Molta luce. Durata 10 minuti
Macchina da ripresa ( MdR ) a terra in angolo. C L. Si tratta di uno studio, pareti di legno massiccio foderato di libri. Lungo, rettangolare, volta bassa, archi gotici alle finestre. In fondo una grande scrivania. Di spalle, seduto, Giò il Rosso.
CARRELLO IN AVANTI. La MdR si alza lentamente e si scopre a poco a poco un altro personaggio, seduto dall'altra parte della scrivania, di fronte a Giò: è il Monaco Dottore. Giò è inquadrato sempre di spalle, ma viene decentrato dal movimento della MdR che avanza fino a inquadrare parte della scrivania (carte e libri giganteschi ), il busto e il volto del Monaco Dottore.
La MdR avanza fino a PP del Monaco Dottore.
La sua figura è assimilabile a una raffigurazione pittorica, senza profondità, dalle linee essenziali, ricca di colori sfumati. Un volto tondo con una cornice di capelli castano-chiari ben ordinati, occhi nocciola che esprimono severità con dolcezza. Incarnato molto chiaro. La testa potrebbe essere un cerchio poggiato sulla sommità di un triangolo. Il triangolo è il saio marrone con sfumature di luce che in certi punti lo sbiancano. Il saio parte direttamente dal collo come un tetto spiovente a formare le maniche sicché il monaco pare senza spalle: una figura ieratica ritagliata da una pala d'altare. La sedia ha una spalliera assai più alta della figura del monaco che risulta come fosse un dipinto su legno…..
Maurizio Mazzotta www.essereuomo.it
Un colpo di scena è diverso da una sorpresa. Ecco la differenza.
Una sorpresa nella trama
Succede qualcosa che è in linea con quello che è successo prima. Potrebbe esserci stata anche una sorta di prefigurazione. Ma la sorpresa non sconvolge l’aspettativa del lettore, perché il lettore non aveva formato alcuna aspettativa particolare in relazione a questo particolare problema.
Poniamo il caso che un personaggio passi molto tempo a cercare oro in un canyon noioso Il lettore non ha idea di che cosa troverà. Quando trova l’ingresso di una grotta, il lettore è sorpreso, ma non turbato. Semplicemente non aveva idea a cosa stesse portando l’intera faccenda della ricerca dell’oro.
Il lettore è attanagliato perché vuole sapere quale significato ha la grotta. Ma non è confuso o spaventato, perché non aveva alcuna aspettativa precedente su ciò che sarebbe potuto accadere.
Un colpo di scena
Perché qualcosa possa essere considerato un colpo di scena, il movimento della trama deve sorprendere, ovviamente. Deve anche essere perfettamente coerente con ciò che è successo prima. Potrebbe esserci stata qualche prefigurazione piuttosto sottile che per il lettore ha senso solo in retrospettiva.
In aggiunta – ed è questo l’elemento nuovo – lo sviluppo della trama deve ribaltare, e ribaltare violentemente, un presupposto che il lettore aveva precedentemente sostenuto con totale fiducia. In Psyco di Hitchcock si suppone che Janet Leigh, la star al centro del film – sopravviva almeno fino agli ultimi dieci minuti del film, visto che la prima parte è incentrata quasi completamente su di lei, d’altronde valeva oro al botteghino.
Non è che lo spettatore si chieda consapevolmente se la Leigh sopravvivrà o meno. Presume semplicemente di sapere come funzionano i film e quindi sa che il regista non ucciderà il personaggio principale a metà film. Ma Hitchcock ha fatto esattamente questo e il film ha deviato in una direzione assolutamente imprevedibile.
Perché i lettori amano i colpi di scena
Una scena che ha la forza di confondere il lettore sembra sia più sorprendente e coinvolgente. C’è qualcosa in essa, come un trucco da circo, una manovra tecnica difficile da eseguire che abbaglia il lettore. Questa qualità narrativa è il motivo per cui i lettori amano i colpi di scena e tendono a commentarli.
Se pensi di inserire un colpo di scena nel tuo libro, il punto di partenza è l’aspettativa del lettore che devi provare a ribaltare:
1. Crea un’aspettativa
2. Rafforza la convinzione creata
3. Prefigura e suggerisci una possibile verità
4. Ribalta l’aspettativa
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Quando ho iniziato a scrivere Vietato leggere all’inferno non mi ero mai cimentato con la struttura del romanzo, anzi, a dire la verità non sapevo nemmeno cosa fosse. Ho iniziato a scrivere, ho seguito la strada tracciata dai miei personaggi. Sembrava facile, nessuna differenza con i racconti che ero abituato a scrivere. Poi però Amleto, Eleonora e Caterina hanno perso l’orientamento, hanno cominciato a cazzegiare, e io ho capito l’importanza dell’ultimo parametro dedicato alle variabili di narrazione. La struttura serve a trasformare una semplice sequenza di fatti (il soggetto) in una storia.
Scegliere il modo in cui gli eventi vengono svelati al lettore/spettatore è una delle abilità più importanti nel campo dell’ingegneria delle storie. La variazione dei parametri strutturali del tuo progetto può alterare sensibilmente il risultato finale, con un’incidenza pari solo a quella della scelta del POV.
Immagina una storia con più personaggi: puoi narrare i fatti in maniera cronologica, oppure partire dal mezzo e alternare gli avvenimenti del presente con dei flashback. Oltre a questo, puoi decidere di portare avanti contemporaneamente tutte le storie dei protagonisti, oppure di separarle alternando la narrazione, o addirittura di creare episodi (collegati tra loro) da raccontare senza rispettare la sequenza temporale (come avviene in Pulp Fiction). Ogni ipotesi sopra elencata cambia la tensione narrativa e sposta la concentrazione del lettore/spettatore, modificando di conseguenza il tono e la complessità della tua storia.
Le opzioni possibili nella scelta della struttura sono molteplici, quasi infinite, ma ognuna di esse è creata a partire dal modello in tre atti, basato sul concetto (di origine aristotelica) che ogni storia è formata da tre parti, proporzionate tra loro, attraverso le quali le vicende vengono presentate al lettore/spettatore, hanno un loro svolgimento, e infine trovano una conclusione.
Primo atto — Presentazione
Il primo atto è un’unità drammatica di grandezza pari a un quarto della lunghezza totale della storia. Inizia con l’incipit e si conclude con il primo colpo di scena. Ha il compito di attirare l’attenzione del lettore/spettatore e quello di impostare la storia, cioè di presentare tutti gli elementi utili a preparare le future svolte narrative della trama.
I primi a dover essere introdotti sono i protagonisti. Durante il primo atto, il lettore/spettatore deve capire quali sono i personaggi principali, quali sono le loro esigenze drammatiche, e quali sono gli iniziali contesti emotivi e sociali. Sono i punti di partenza per il processo di trasformazione che subiranno nel corso della storia.
La presentazione, tuttavia, deve estendersi anche a tutte le situazioni, gli oggetti o i luoghi che saranno fondamentali per la costruzione e la spiegazione dell’intreccio. Per farti un esempio (molto stupido): se prevedi che il tuo protagonista avrà dei problemi per un’allergia alle arachidi, tale intolleranza non può saltar fuori all’improvviso, ma deve essere descritta nella prima parte della tua storia. Allo stesso modo, se decidi che il Voldemort di turno può essere ucciso solo dalla Sacra Spada Sterminatrice dei Malvagi, l’esistenza di tale arma deve essere anticipata all’inizio e non comparire solo al momento dell’utilità.
A conclusione di questa unità drammatica c’è il primo colpo di scena, cioè il circuito d’innesco che amplifica il segnale d’uscita del primo atto e lo indirizza verso il secondo. Questo colpo di scena aggancia l’azione e la spinge verso una direzione nuova: è quell’evento che cambia la routine dei protagonisti e li convince (o costringe) a intraprendere il metaforico viaggio.
Secondo atto — Svolgimento
Il secondo atto è la parte centrale della struttura e ha una lunghezza pari alla metà del intero racconto (quindi doppia rispetto quella del primo e del terzo atto). È compreso tra i due colpi di scena principali della trama — quello dell’innesco e quello in cui si ottiene il climax della tensione narrativa — e contiene tutte le difficoltà, gli ostacoli e le sfide che i protagonisti devono affrontare e superare (o non superare) per realizzare le loro esigenze drammatiche.
Data la lunghezza e la complessità del contenuto del secondo atto, per aiutarti nella stesura puoi ricorrere a una struttura più rigida introducendo i tre elementi che Syd Field (autore de La sceneggiatura. Il film sulla carta) chiama pinza 1, pinza 2 e punto centrale.
Il punto centrale è un evento collocato a metà del secondo atto che costituisce il punto di non ritorno nel processo di trasformazione dei personaggi: potrebbe essere una situazione da affrontare, oppure una scelta da prendere, ma in ogni caso deve rappresentare un momento dal quale loro non potranno più tornare indietro.
Il punto centrale divide il secondo atto in due parti che possono essere a loro volta suddivise a metà da due scene chiave (spesso collegate tra loro da una sorta di collegamento narrativo) che tengono in linea la storia e che impediscono all’azione di perdere ritmo e efficacia: tali scene vengono dette pinze.
Troppa teoria, dico bene? Noi ingegneri dello storytelling non amiamo le definizione, meglio un esempio concreto. Lo prendo in prestito proprio dal manuale scritto dall’autore americano:
Ne Il ritorno dello Jedi il primo atto mostra la liberazione di Han Solo dalle grinfie di Jabba the Hutt. Tutto l’atto parla della fuga di Solo. Il colpo di scena avviene quando lui e i suoi amici lasciano finalmente Totooine. Quando tornano a casa, Luke Skywalker ritrova l’antico e venerabile Jedi, Yoda. In una scena molto commovente, il vecchio sapiente avverte Luke che prima di poter diventare un autentico cavaliere Jedi ‘deve scoprire e affrontare il lato oscuro della Forza’ — suo padre, Darth Vader. In seguito il vecchio Jedi muore. È la pinza 1 […]. Il punto centrale è quando inizia la missione per distruggere la nuova Morte Nera, la pinza 2 quando Luke si arrende e può quindi affrontare il padre. Il secondo colpo di scena si ha all’inizio del loro duello, Quando Solo e la principessa Leia attraversano le gallerie per disattivare lo schermo protettivo.
Terzo atto — Conclusione
Il terzo atto è un’unità drammatica di grandezza pari a quella del primo. Inizia subito dopo il secondo colpo di scena e si conclude con lo scioglimento di tutti i nodi narrativi rimasti in sospeso. Non solo il finale, quindi, ma la vera e propria risoluzione della tua storia.
Il terzo atto deve mostrare il cambiamento dei protagonisti, evidenziare le conseguenze del loro processo di trasformazione, ma, soprattutto, deve essere coerente e rispettare le aspettative create. Gran parte del giudizio che il lettore/spettatore darà alla tua storia dipenderà dalla soddisfazione ricevuta dal finale. È l’ultima cosa che legge/vede, l’ultima che gli rimarrà impressa, e se non sarà all’altezza vanificherà tutto quanto scritto in precedenza.
Non forzare la storia per inserire il finale che preferisci, sarebbe come barare, una violazione del patto firmato con il lettore/spettatore. Il terzo atto è la diretta conseguenza dei primi due, per cui limitati a osservare e trascrivere il naturale corso della trama che hai creato. Se non sei soddisfatto da quello che vedi, puoi tornare indietro e riprogettare le prime parti. È un lavoro faticoso, specialmente quando pensi di essere in prossimità del traguardo, ma è l’unico modo a disposizione per non rovinare il tuo progetto. Nel complesso circuito del grande pulsante rosso gli elementi rabberciati fanno perdere potenza a tutto il sistema, con conseguente degenerazione del segnale d’uscita.
Appunti finali
La struttura in tre atti può sembrare rigida, limitante e poco originale, ma può allo stesso tempo diventare un sostegno essenziale durante la scrittura. Non sei costretto a seguirla, puoi tentare di dare libero sfogo alla tua creatività senza ricorrere a schemi preconfezionati, e se in questo modo riesci a concludere il lavoro il tuo progetto sarà probabilmente migliore di quello dei tuoi colleghi. Il processo creativo, tuttavia, non è sempre fluido e omogeneo, l’ispirazione può attraversare dei momenti di appannamento, e quando capita rischi di ritrovarti a zoppicare nel labirinto della tua fantasia. Una struttura ben progettata potrebbe diventare la tua stampella, con tanto di navigatore GPS incorporato. Difficile farne a meno, soprattutto all’inizio della tua carriera.
Ho cercato di spiegarti tutto quello che so sulla struttura e spero che possa esserti utile, ma se vuoi approfondire l’argomento ti suggerisco di leggere il già citato La sceneggiatura. Il film sulla carta, scritto da Syd Field: il volume è un po’ datato ed è dedicato solo alle sceneggiature cinematografiche, ma i consigli che offre e gli esercizi che propone sono sia attuali che applicabili a ogni forma di storia.
Come di consueto ti invito a darmi una tua opinione sull’argomento di questo capitolo, puoi scriverlo tra i commenti qui sotto o raggiungermi su Facebook. In attesa di sapere la tua opinione…
HopEnjoY
Bibliografia
La sceneggiatura. Il film sulla carta, di Syd Field — Editori di comunicazione, 1999
Un sentito grazie a Cristiana Melis per la correzione e la consulenza.
di Roberto Gerilli lettore anconetano di trentasei anni.
Nella puntata precedente di Come scrivere una sceneggiatura, abbiamo visto come dividere un racconto filmico in tre atti, quindi adesso abbiamo un'idea più precisa di come impostare la storia, di quale conflitto crearee di come proseguire per raggiungere la risoluzione al conflitto.
La divisione in tre atti di origine aristotelica è quasi totalmente adottata dai saggisti che si occupano di scrittura filmica.
Il primo ad usarla con successo è stato Syd Field nel suo The Foundations of Screenwriting dove viene studiata la struttura con il relativo paradigma. Se la struttura è lo scheletro di una storia, il paradigma è il suo modello, uno strumento che permette di lavorare e di verificare.
Se guardiamo con attenzione i primi trenta minuti di un film ci accorgiamo che avviene sempre qualcosa d'importate dopo una dozzina di minuti dall'inizio e non si tratta di una pinza, cioè di un piccolo evento legato al primo colpo di scena, è invece un evento autonomo e importante che inciderà nella vita del protagonista anche dopo il primo colpo di scena.
In alcuni saggi questo momento viene confuso o chiamato erroneamente incidente scatenante, invece David Trottier nel suo Screenwriter's Bible lo chiama più propriamente Evento Catalizzatore.
David Trottier mantiene la divisione in tre atti e inserisce sette grandi eventi nel suo paradigma. Sostiene che una storia, comunque venga divisa, resterà sempre formata da tre momenti, un inizio, un centro e una fine.
All'interno di quei tre momenti si nascondono dei Punti di svolta (Turning points), tutti quegli eventi importanti che complicano o addirittura capovolgono l'azione del protagonista e che possono essere dati da momenti di suspense, rivelazioni e crisi.
Nel concreto, una storia può avere dozzine di punti di svolta ma solo due sono quelli che permettono il passaggio da un atto all'altro.
Il primo di questi due grandi punti di svolta, che Field chiamava Primo Colpo di Scena, chiude il primo atto e trasporta il lettore nel secondo atto. Trottier li chiama Grandi Eventi perché è solo un grande evento che drammaticamente colpisce la vita del personaggio principale.
Il secondo grande punto di svolta porta il lettore all'interno del terzo atto e quindi al regolamento dei conti passando per una Crisi che spinge con forza il protagonista verso l'azione finale o una serie di azioni risolutive.
Riassumo in una lista la teoria degli Eventi di David Trottier:
- un antefatto che tormenta il protagonista.
- un catalizzatore che troviamo tra pagina 10 e pagina 15. Per fare un esempio pratico, l'evento catalizzatore del primo film di Guerre Stellari si ha quando Luke, armeggiando con R2-D2, fa partire un'immagine olografica della Principessa Leila che dice: «Aiutami Obi-Wan, sei la mia unica speranza». Da quel momento in poi Luke avrà il desiderio di aiutare la bella principessa.
- un Grande Evento che cambia la vita del personaggio. Sempre citando il primo Guerre Stellari, il Grande Evento si verifica quando Luke, tornando a casa, scopre che gli zii sono stati trucidati. In quel momento il protagonista si unisce a Obi-Wan per combattere l'impero.
- il Punto Medio, che è all'incirca a pagina 60, è un punto di non ritorno e anche un momento di profonda motivazione. Dal Punto medio in poi, il protagonista porta avanti con maggiore forza le azioni, il conflitto s'intensifica e il ritmo narrativo si accelera fino a quando non viene raggiunta la Crisi.
- la Crisi è il punto più basso, un evento che impone una decisione chiave che porta alla conclusione della storia. La crisi, il momento in cui tutto sembra perduto, è il punto in cui il protagonista si trova di fronte a una decisione cruciale.
- il Climax è la prova di forza, è il faccia a faccia finale tra protagonista e antagonista.
- la Realizzazione si verifica quando il lettore o il pubblico vede che il protagonista è cambiato o ha realizzato qualcosa.
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A differenza di Field e di Trottier, Cristopher Vogler, nel suo Il viaggio dell'eroe, permette un vero approfondimento del personaggio.
La teoria di Vogler proviene da lontano, da studi psicologici e antropologici come quelli di Carl G. Jung, Mircea Eliade, Theodore Gaster, Heinrich Zimmer e Joseph Campbell.
Ne Il viaggio dell'eroe, Cristopher Vogler definisce la funzione psicologica e drammatica dell'eroe e spiega la diversa tipologia di ogni archetipo.
Il viaggio dell'eroe è la metafora di un viaggio interiore di profonda trasformazione che eroi in ogni tempo e luogo hanno avuto in comune. Le tappe che l'eroe segue durante il suo percorso sono dodici:
- il mondo ordinario;
- il richiamo verso l'avventura;
- il rifiuto dell'avventura;
- l'incontro con il mentore;
- l'attraversamento della prima soglia;
- le prove, gli alleati e i nemici;
- l'avvicinamento alla grotta più recondita;
- la prova suprema;
- la ricompensa o l'impadronirsi della spada;
- la strada del ritorno;
- la rinascita;
- il ritorno con l'elisir.
Il percorso disegnato da Vogler è ciclico
ma può essere disposto sull'asse del tempo dei tre atti:
Chiudo questa puntata di Come scrivere una sceneggiatura con la frase scherzosa di William Somerset Maugham: «Vi sono tre regole fondamentali per scrivere un romanzo. Per sfortuna nessuno sa quali siano».
Con questa battuta di certo non voglio sottovalutare gli studi da me citati sopra, ma piuttosto desidero osservare che talvolta un metodo che funziona per uno scrittore può non funzionare per un altro, quindi ciascuno di noi deve imparare a riconoscere qual è il metodo più congeniale a sé stesso.
Nella prossima puntata di Come scrivere una sceneggiatura applicherò queste regole e sceneggerò, facendo degli esempi, la novella di Émile Zola, Angeline o la casa infestata.
di Paola Paoletti per sulromanzo.it
TV, LA BUONA MAESTRA! - SCRITTORI (E REGISTI) ITALIANI: IMPARATE DA "LOST", RACCHIUDE IN SE IL MEGLIO DELLA NARRATIVA OCCIDENTALE - NASCE DaLL’ISOLA DEI FAMOSI AMERICANA MA DIMOSTRA la supremazia dell'ingegno vero sulla furbizia AMORALE dei reality…
Tutto è perduto, tutto è ritrovato. Come il tempo, che smarrito e recuperato ritorna ad avere senso. Lost è la più grande opera narrativa di questo nuovo millennio. Aveva buon gioco Aldo Grasso a schiantare contro Lost le velleità narrative dei letterati puri che, come Aldo Nove e Giorgio Montefoschi, denunciavano le cattive influenze della tv sulla narrativa italiana.
Sarà pure una cattiva maestra, ma come insegnante di ricreazione può essere fenomenale. Con Lost, storia avvincente di un gruppo di sopravvissuti a un disastro aereo su di un'isola misteriosa, torniamo infatti nell'Eden, nel Paradiso perduto della narrazione occidentale.
Schemi, stilemi, tecniche, personaggi, e valori, sedimentati in secoli di storie, sembrano darsi appuntamento nell'isola sperduta più appassionante e famosa al mondo. Con buona pace di quella honduregna di Simona Ventura del reality L'isola dei famosi.
Lost è nato, come idea, dalla versione americana dell'Isola dei famosi. Ma con la sua finzione perfetta dimostra la supremazia dell'ingegno vero, cine-televisivo, sulla furbizia dei reality. Che è una realtà posticcia, che non è né vera né falsa, che non ha morale ma è una favola raccontata in forma di barzelletta grottesca.
Lost ha elementi dell'epica teologica medioevale, regolata dal contrappasso dantesco - ognuno sull'isola sembra scontare i suoi peccati complementari -, e di quella moderna cavalleresca.
Dell'epica classica ha l'inizio in medias res, reiterato in molte puntate con la scena dei primi sopravvissuti; la catàbasi, il viaggio nell'Ade, e in generale il rapporto con i morti, è molto forte; il tempo è vissuto sfericamente, come flashback, cioè la digressione nel passato, o come flashforward, ossia l'anticipazione del futuro, che nell'epica era attuata attraverso le profezie.
Dell'epica moderna, Lost ha il meccanismo perfetto dell'entrelacement che permette una narrazione policentrica e sincronica, lasciando un personaggio sul più bello per seguirne un altro. Creando, ovvio, una suspense continua che dà corso all'alternanza di forze centrifughe e centripete.
Epico, in senso moderno, è anche il sistema dei valori: l'erranza dei buoni, che non sono cattivi, ma fanno errori, si perdono nella selva o in altri luoghi esoticamente rinascimentali, cui conducano cavalli bianchi e altre apparizioni, rimorsi in forma di fantasmi, ombre di donne amate o padri perduti.
I valori in gioco e il sistema dei personaggi, i loro rapporti di forza, sono schiettamente epici: ognuno ha una sua ricerca da svolgere, una vendetta, un nodo irrisolto: il rapporto col padre, il bandito dalla legge, una madre che cerca la figlia, un giovane che decide di non sfuggire più alla morte. La partita è quella delle armi e degli amori delle muse dell'epica. Tra Dante, Ariosto e Tasso, Lost ha più tratti epici italici della Nuova epica italiana.
Nel Dna di Lost, ovviamente, ci sono i robinsonade, alla Defoe, e gli altri romanzi d'appendice e d'avventura, a sfondo scientifico, in particolare di Jules Verne; ci sono le distopie, ovvero i racconti di utopie sociali finite male, come Il signore delle mosche, che è pure citato nella serie, dove il delinquente Sawyer, soprattutto, e la dottoressa Juliet sono avidi lettori.
Se la matrice può sembrare letteraria, il motore narrativo d'altissimo livello, la carrozzeria non è da meno. Lost è una serie televisiva girata con la qualità del cinema - anzi, del grande cinema americano, perché quello italiano ha una produzione media da fiction storico-politica - e chiari rimandi i disaster movie: primi piani e controcampi, lunghi piani-sequenza, ritmo incalzante, colpi di scena cinetici, non statici.
I siti Internet dedicati alla serie, numerosissimi, suggeriscono svolte e trame che gli sceneggiatori prendono in considerazione al punto da avere una interazione autore-lettore degna di Rayuela di Cortàzar.
Lost è un'opera mondo dopo la fine della mondo cioè dopo il disastro. Per Franco Moretti - italianista fratello di Nanni - «un'opera mondo» è la moderna versione dell'epica antica. Opere come il Faust, Moby Dick, L'anello del Nibelungo, Buvard e Pecuchet, Ulisse, i Cantos, La terra desolata, Gli ultimi giorni dell'umanità, L'uomo senza qualità, Cent'anni di solitudine. Sono romanzi, ma non solo. Quasi libri sacri, libri sapienziali, fondatori di civiltà, cattedrali.
Sono opere aperte e universali, scritte non per un individuo, ma per un'intera società, totalitarie, ma non reazionarie: «culturalmente impure», «transnazionali», indulgenti verso il consumo, innamorate delle bizzarrie e degli esperimenti. Lost è un'opera mondo perduto e ritrovato. Forma vivissima d'epica postmoderna. Il tempo è quello del dopostoria di Pasolini, gli stili si mescolano, le finzioni e le digressioni regnano sovrane.
Siamo giunti alla quinta serie di Lost (in onda su Fox). L'anno prossimo dovrebbe esserci l'ultima. Il finale, assicurano gli sceneggiatori, c'è già. Doveva durare meno, ma il successo planetario ha spinto i produttori ad allungare il brodo, primordiale, di questa serie. Ogni stagione presenta un tratto particolare: dalla sopravvivenza pura, alla scoperta degli Altri come Noi, la preistoria dell'isola, il futuro fuori dall'isola. Il tempo collassa, il senso si moltiplica.
Come viaggiatori del tempo, gli spettatori, così come il personaggio Desmond, imprigionato tra ricordi e profezie, rischiano di fondersi il cervello. Lost non è consolatorio, è piuttosto una divagazione, una erranza tra la vita e la morte. Una partita a scacchi con la morte, come nel Settimo sigillo.
Ma la scacchiera di Lost non è quadrata, non è regolare, complanare, ma si espande, supera le 8 caselle per lato. In questo gioco degli scacchi, ogni pezzo fabbrica la sua casella, inventa le sue mosse. Dietro, infatti, ci sono decine di sceneggiatori falegnami. Un plotone di inventori di storie che lanciano la serie televisiva nell'orbita delle grandi narrazioni occidentali.
La serie televisiva americana che sta spopolando in mezzo mondo è nata tra mille traversie di produzione. Lanciata in grande stile perché si era già investito troppo con la puntata pilota. Sulle spiagge americane arrivarono migliaia di bottiglie con dentro i messaggi dei naufraghi dell'aria, i sopravvissuti, forse, al disastro del volo 815 dell'Oceanis.
I loro nomi sono Jack, John Locke, Sawyer, Benjamin e così via. Nomi che parlano, nomi di filosofi che, però, si danno immediatamente anche per sviare. Per significare altro. I nomi ingannano o fanno finta di ingannare. Si fanno scoprire per celarsi meglio. Il medico non sa curare se stesso, il pragmatico col nome del filosofo inglese diventa mistico, Sawyer è un delinquente in cui si cela un bambino dall'infanzia assai difficile.
Sayd Jarrah è un torturatore iracheno, ma non è un personaggio negativo. Pronunciato come Said, ricorda, anche di viso, l'autore di Orientalismi, mentre il cognome è lo stesso di uno degli attentatori dell'11 settembre, Ryad Jarrah. Vale la lezione della lettera rubata di Poe, che nessuno trova perché sotto gli occhi di tutti. Il miglior modo per nascondere è ostentare, dissimulando.
Tra i complimenti più belli che possa ricevere un autore/autrice, c’è proprio questo: sapere che il proprio lavoro cattura chi legge, e spinge a proseguire con un livello di coinvolgimento e curiosità costante. Perché ciò accada dobbiamo adottare una serie di strategie e tecniche che trasformino il romanzo in un “page-turner”, “gira-pagine”, come dicono gli anglosassoni: locuzione che rende bene l’idea!
Leggi tutto: Colpi di scena: cinque tecniche per catturare il lettore (e lo spettatore)
L'idea nel cinema non è un dettaglio. Lo spunto per la sceneggiatura è tutto. Come progettare un film che cambierà per sempre la storia del cinema? Non è facile, ma ecco alcuni consigli. Lampadine che non si accendono, fogli accartocciati per terra, caverne (platonicamente parlando) senza nemmeno le ombre proiettate sulle pareti. Ecco il desolante panorama di un cineasta alle prime armi che, di fronte ai capolavori di Kubrick, Hitchcock, Lynch, Fellini, aveva pensato "Ce la farò anch'io, un giorno". E invece, al momento di mettersi sul campo, si rende conto che trovare un'idea geniale è molto più difficile che reperire il famoso ago nel pagliaio.
Leggi tutto: Come fare un film: trovare l'idea originale e vincente per un film
Un impiegato amministrativo di una grossa catena di bed and breakfast viene improvvisamente incaricato di recarsi in regione per risanare il deficitario bilancio di una filiale. Le cose sembrano andare abbastanza bene. Tuttavia si troverà in grosse difficoltà poiché dalla sede centrale cominceranno a giungere pressioni troppo gravose. Pur non riuscendo a sanare la situazione si guadagnerà la stima e l’affetto di tutti.
SINOSSI:
Un impiegato amministrativo di una grossa catena di bed and breakfast viene improvvisamente incaricato di recarsi in (regione) per risanare il deficitario bilancio di una filiale. Nonostante il suo iniziale distacco da tutti pian piano comincerà ad affezionarsi al personale. La situazione economica è piuttosto grave, ed egli tenterà strade innovative per risanare i bilanci (pubblicità internet, convenzioni, ecc.). Le cose sembrano andare abbastanza bene. Tuttavia si troverà in grosse difficoltà poiché dalla sede centrale cominceranno a giungere pressioni troppo gravose. Il nuovo sistema sembra funzionare e dare risultati migliori del previsto. Avrà un piccolo flirt (solo un bacio) con una ragazza francese moglie di uno dei dipendenti. Tornato a (città) presenterà il progetto di risanamento alla commissione delegata, ed è li che scoprirà l’amara verità. La società lo aveva mandato a compiere l’impresa disperata in quella filiale per giustificarne la chiusura. 10 siti della catena infatti andranno chiusi entro il prossimo anno per ordini dall’altro, e nonostante il sistema ideato funzioni la commissione minimizza e cerca di insabbiare il tutto. A quel punto si scopre il vero ruolo di “tagliatore di teste” che gli era stato subdolamente e inconsapevolmente assegnato, certi del passivo insanabile dei bilanci. Tornerà sul posto e confesserà il tutto ai dipendenti che organizzeranno anche un incontro con la stampa. Nulla da fare quando arriverà il vero tagliatore di teste, che licenzierà tutti. Anch’egli allora si licenzierà. Avrà la stima e l’affetto di tutti. Si congederà e tornerà a casa senza aver però salvato gli amici e senza aver più un lavoro.
TITOLO: Sistemo tutto io!
GENERE: Commedia
AUTORE/I SOGGETTO: Mauro Corsaro
SCENEGGIATURA: In fase di scrittura
AUTORI DELLA SCENEGGIATURA: Mauro Corsaro
VARIE: Colonna sonora di Mauro Corsaro
Tema principale (apertura e chiusura): https://www.youtube.com/watch?v=kGC9uMlPI10&feature=youtu.be
Tema principale versione per archi: https://www.youtube.com/watch?v=uYeACG2qDj4&feature=youtu.be
Tema n.5 Orchestra francese: https://www.youtube.com/watch?v=kTHh9tpyZho&feature=youtu.be
Tema "francese" (prima conversazione): https://www.youtube.com/watch?v=mCnhSx9C40U&feature=youtu.be
Tema n.5 Commovente/drammatico: https://www.youtube.com/watch?v=hU-Q34_s7CA&feature=youtu.be
La prima parte del film è seriosa divertente. Particolarmente ironiche saranno le situazioni di distacco autoimposto dal protagonista.
Nella parte centrale del film c’è la soddisfazione che si raccoglie con il lavoro di squadra e si svolge la storia sentimentale clandestina.
La parte finale è lievemente drammatica, si chiude la storia extraconiugale, ma si lasciano senza rancori. Tutti i dipendenti gli saranno grati per ciò che ha tentato di fare per loro. Fallita l’impresa salvifica se ne ritornerà da dove è venuto.
di Mauro Corsaro da maurocorsaromusica.blogspot.it
Costruire e presentare una soluzione di continuità, in una buona sceneggiatura, significa introdurre un colpo di scena in grado di segnare la fine di qualcosa e l’inizio di qualcosa d’altro. Sì, d’accordo, ma la fine di cosa esattamente? Se il colpo di scena del primo atto si trova, più o meno, venti minuti dopo l’inizio del film, come può segnare la fine di qualcosa? Niente è ancora realmente iniziato, e dunque, come può esserci già una fine?
Ogni fine racconta un nuovo inizio
Costruire e presentare una soluzione di continuità, in una buona sceneggiatura, significa introdurre un colpo di scena in grado di segnare la fine di qualcosa e l’inizio di qualcosa d’altro.
Sì, d’accordo, ma la fine di cosa esattamente?
Se il colpo di scena del primo atto si trova, più o meno, venti minuti dopo l’inizio del film, come può segnare la fine di qualcosa? Niente è ancora realmente iniziato, e dunque, come può esserci già una fine?
L'indiscussa importanza del personaggio
Eppure, il primo atto sta per concludersi e il colpo di scena ci vuole, va piazzato proprio lì, perché la vicenda deve esplodere.
In più, il colpo di scena non deve solo esserci ma deve anche emozionare.
Eventi inaspettati come la caduta di un muro, un incidente, un incontro, l’atterraggio di un’astronave sono solo fatti, sono contorni, sono, certamente, l’involucro del colpo di scena del primo atto ma non provocano emozione.
Per diventare emozioni, è necessario che quei fatti accadano a qualcuno.
Ecco, di nuovo in primo piano la nostra risorsa più grande: i personaggi. Ancora una volta, sono i personaggi la nostra materia prima. Sempre loro ci permettono di emozionare (o non emozionare) il pubblico.
L'importanza di un giudizio affrettato
Qualunque sia il fatto che abbiamo deciso di inserire per scombussolare l’equilibrio che abbiamo mostrato nei primi venti minuti circa, esso dovrà accadere al nostro personaggio. E’ a lui che accade. Il muro che crolla, distrugge la sua casa. La rapina in banca, ferisce i suoi risparmi, i suoi sentimenti o direttamente la sua carne.
Non è la storia che viene interrotta, distrutta e cambiata, ma è il personaggio che dovrà fare i conti, improvvisamente, con qualcosa di nuovo, di inaspettato.
Il pubblico, a questo punto, dovrebbe già conoscere quel personaggio. Lo avrà sentito parlare, avrà compreso le sue priorità, la sua etica, qualunque essa sia, gli avrà già dato ragione oppure torto. In ogni caso, il pubblico, durante il primo atto, avrà interagito con il personaggio/protagonista della storia, criticandolo per le sue prime mosse, ridendo per le sue strambe battute, accusandolo per il comportamento tenuto in famiglia, amandolo per il coraggio del suo impegno sociale. Soprattutto (e questa è la cosa fondamentale), il pubblico avrà già iniziato a esprimere un giudizio sul personaggio, si sarà fatto un’idea circa i suoi valori forti.
Se questo è avvenuto, allora il pubblico potrà davvero sorprendersi, non per ciò che sta per accadere al personaggio, ma per il giudizio affrettato espresso su di lui.
Sì, perché quel giudizio iniziale va ribaltato.
Il ribaltamento di ogni certezza
E invece no.
Ecco che il colpo di scena arriva e spazza via ogni certezza.
L’astronave atterra e il pavido personaggio che credevamo di conoscere, tira fuori gli artigli per difendere i suoi cari. Oppure il coraggioso padre di famiglia, premuroso e amabile, fugge via all’arrivo di una valanga, lasciando moglie e figli in pericolo. O ancora, il mite impiegato assicurativo, incontra casualmente un killer professionista e si rivela assetato di sangue e ripicche.
Ecco, questi sono colpi di scena riusciti.
E’ un gioco tra autore e spettatore.
Prima mostriamo un personaggio, conduciamo il pubblico a formulare un giudizio e poi gli diciamo: guarda che ti sbagli.
E’ questo l’unico tipo di sorpresa in grado di suscitare un’emozione vera.
Presentare, suggerire, capovolgere
Per farlo, è sufficiente rispettare alcune semplici regole entro i minuti che abbiamo a disposizione nel primo atto:
- Presentare un buon personaggio, credibile, forte e reale (presentazione);
- Suggerire apertamente l’etica di quel personaggio (approfondimento);
- Capovolgere completamente quella prima versione (colpo di scena).
In definitiva, il vero colpo di scena consiste in un occhiolino che il personaggio fa al pubblico, dicendo: mettimi alla prova.
di Sabrina Gioda
Sceneggiatrice cinematografica e televisiva, autrice di romanzi e insegnante di sceneggiatura e scrittura creativa
Dal suo blog http://scriverecinema.weebly.com
Quanto spazio occorre per capire se il patto potrà essere soddisfatto? Generalmente pochi minuti, sicuramente non più di trenta: il tempo del primo atto. E’ in quella prima parentesi che incontriamo veramente il film. Sono quei primi preziosi minuti quelli che ammorbidiscono o irrigidiscono il nostro giudizio. E' la voce che esce dal buio, sono le parole che riempiono lo spazio, le immagini, le azioni calibrate, convincenti, studiate, ecco, queste sono le sole cose in grado di catturare o meno la nostra attenzione di spettatori, di suscitare amore o diffidenza. In quel lasso di tempo, il personaggio principale deve diventare reale. In lui dobbiamo rivedere noi, capire le sue ragioni, appoggiarle, sostenerle. Il suo antagonista deve diventare il nostro peggiore nemico, i suoi affetti devono sembrarci totali, irrinunciabili, tanto forti da spingerlo giustificatamente oltre ogni limite, come faremmo noi se fossimo al suo posto.
Spettatori prima che autori
Il locale è decentemente riscaldato e il nostro posto è sufficientemente comodo.
Nell'aria c'è quell'odore tipico, risultato di un miscuglio di aromi diversi che si staccano da pop corn ancora caldi, tessuti imbottiti, gomma, legno e giacche e cappotti di almeno una cinquantina di altre persone.
Le luci, finalmente, si spengono.
Ci appoggiamo meglio, accavalliamo le gambe e lasciamo che il nostro senso critico lustri gli artigli.
Ci lasciamo avvolgere da un audio amplificato che concede alla finzione un maggior senso di realtà e afferriamo incuriositi le prime parole, i chiaroscuri, la fotografia di un paesaggio che pare non avere confini.
Vogliamo e dobbiamo essere risucchiati in quel panorama: abbiamo un’urgenza catartica da soddisfare. O siamo dentro o siamo fuori. Non può esistere via di mezzo.
Cerchiamo di escludere i nostri problemi, la nostra vita personale, dimentichiamo gli impegni e concediamo alla finzione la nostra totale attenzione. Questo è il nostro patto: tempo e attenzione da parte nostra, magia da parte della favola.
Trenta minuti
Generalmente pochi minuti, sicuramente non più di trenta: il tempo del primo atto.
E’ in quella prima parentesi che incontriamo veramente il film. Sono quei primi preziosi minuti quelli che ammorbidiscono o irrigidiscono il nostro giudizio. E' la voce che esce dal buio, sono le parole che riempiono lo spazio, le immagini, le azioni calibrate, convincenti, studiate, ecco, queste sono le sole cose in grado di catturare o meno la nostra attenzione di spettatori, di suscitare amore o diffidenza.
In quel lasso di tempo, il personaggio principale deve diventare reale. In lui dobbiamo rivedere noi, capire le sue ragioni, appoggiarle, sostenerle. Il suo antagonista deve diventare il nostro peggiore nemico, i suoi affetti devono sembrarci totali, irrinunciabili, tanto forti da spingerlo giustificatamente oltre ogni limite, come faremmo noi se fossimo al suo posto.
Il primo atto, i primi trenta minuti di un film servono a questo: a introdurre protagonista, co-protagonisti e antagonisti. Sono loro gli interpreti della storia e sempre e solo loro sapranno renderla efficace o noiosa, avventurosa o ridicola, spassosa o pesante. Cosa fanno? Chi sono? Cosa dicono? Come dicono ciò che dicono? Qual è il loro movimento? Perché fanno quello che fanno?
Durante il primo atto noi, spettatori, dobbiamo arrivare a conoscere ambientazione, pelle, ossa, sentimenti, cuore e anima di buoni e cattivi, vincenti e perdenti, dobbiamo arrivare ad approfondirli quel tanto che basta per capire se abbiamo voglia di continuare a seguirli.
Scrivere
Un bravo autore, lo abbiamo già ribadito, è anzitutto un ottimo osservatore.
Prima di scrivere le azioni, i dialoghi, le ambientazioni, un autore deve vedere quel film dentro la propria mente. E’ importante per lui sentirlo scorrere, inseguirlo, crederci come fosse seduto in quel cinema, in mezzo a uno dei tanti spettatori.
La storia che sta per essere messa in scena attraverso la tastiera del pc, deve anzitutto affascinare il suo autore.
A poco serve parlare di conflitto, di equilibrio, di viaggio se prima l’autore non è capace di emozionarsi. E’ il suo film, la sua magia e porterà la sua firma, ne sarà responsabile.
Primo atto, dunque. Elaboriamo il nostro incantesimo.
La formula è semplice: il nostro eroe muove i primi passi dentro la storia. Muovendosi egli si mostra. E mostrandosi, nasce.
Il limite è altrettanto chiaro: niente dovrà essere riferito. Ogni passaggio, ogni emozione, ogni pensiero, al cinema non potrà essere riferito, raccontato, riassunto, ma dovrà essere mostrato.
Quale azione corrisponde a quella emozione? Quale azione mi svela la natura di quel personaggio? E’ un buono? Vediamola questa bontà. E’ un cattivo? Mettiamo in scena la sua cattiveria attraverso un’azione precisa. Usiamo ogni conoscenza acquisita sul personaggio per renderlo tondo, credibile, pronto ad attraversare l’intera vicenda con la sua aura di realtà.
Trenta minuti per introdurre una vicenda, senza annoiare, senza appesantire ma portando sempre avanti la linea d’attenzione del nostro pubblico.
Niente immagini scontate, nessuna ridondante rilettura di capolavori trascorsi. Dobbiamo trovare un linguaggio nuovo, originale: il nostro. Dobbiamo sorprendere ma senza eccedere per non cadere nella trappola dell’esasperazione.
Prima di chiudere il primo atto, dopo aver impostato e presentato la nostra storia, i nostri personaggi ecco che si presenta la prima grande difficoltà: trovare il giusto colpo di scena che catalizzi l’attenzione del pubblico e lo spinga direttamente nel secondo atto.
Ma di questo ci occuperemo la prossima volta.
di Sabrina Gioda
Sceneggiatrice cinematografica e televisiva, autrice di romanzi e insegnante di sceneggiatura e scrittura creativa
Dal suo blog http://scriverecinema.weebly.com
Per non perdersi
Questa linea deve essere robusta e deve avere un capo e una coda, ovvero un inizio e una fine. Potremmo immaginarla come una di quelle grosse corde nautiche, affidabili e sicure che reggono le boe e delimitano gli spazi nel mare.
La storia, o anche solo l'idea iniziale di essa, dovrebbe afferrare un capo di questa corda e piano piano scivolare avanti, aggrappandosi con tenacia. Ne va della sua sopravvivenza. Se mollasse la presa, la corrente potrebbe sospingerla lontano e affogherebbe. Se si fermasse, il gelo delle acque la ucciderebbe in poche ore.
Sempre avanti, quindi, ma verso una direzione precisa: la fine della corda, il molo, l'approdo certo.
Ogni sceneggiatura ha bisogno di quella corda, più comunemente chiamata struttura.
La struttura è la linea guida della storia, è la sua ossatura e ne determina la statura e la credibilità.
Potremmo anche dire che la struttura rappresenti l'interprete nascosto tra quel fantasioso agglomerato di personaggi, colpi di scena, azioni, dialoghi, pensieri che si trovano nella testa dell'autore e il mondo esterno, quel mondo che osserva davanti allo schermo il prodotto finito.
I tre atti di Syd Field
Dapprima l'idea, poi la creazione dei personaggi, e ancora la prima bozza di un soggetto sulla carta.
Passaggi che, giunti a questo punto, dovremmo aver già compiuto. Si tratta ora di spingersi oltre, dentro la storia, anzitutto per completare quelle quattro o cinque pagine di soggetto e successivamente, per affrontare il lungo lavoro necessario per la stesura della sceneggiatura.
Questo è un momento molto delicato, perché nella testa dell'autore cominciano ad affollarsi immagini, idee, situazioni: quella piccola iniziale bolla che conteneva la scintilla di un'idea è ormai esplosa, pressata da contenuti in crescita esponenziale. Bisogna mettere ordine per proseguire. Dobbiamo, adesso, aggrapparci a quella corda.
Abbracciando la tesi di Syd Field, espressa nel suo utilissimo manuale di sceneggiatura "Il film sulla carta" (vedi scelti per voi) cerchiamo di capire in cosa consista esattamente questa corda/struttura, meglio conosciuta con il termine "paradigma".
Syd Field definisce il suo paradigma "una mappa lungo il processo della sceneggiatura". Ed è esattamente questo: uno strumento indispensabile per non perdersi né ora né nelle successive e più complesse fasi creative.
Per giungere a realizzare il suo modello, la domanda da cui parte Syd Field è: "cos'hanno in comune tutte le storie?"
La risposta è abbastanza semplice: ogni storia possiede un inizio, una parte centrale e una fine, tre punti imprescindibili. Che siano contratti o meno, posti in questo oridne o meno, questi tre elementi devono essere presenti in ogni processo creativo.
Secondo lo sceneggiatore americano, l'inizio corrisponde al primo atto, la parte centrale al secondo atto e il finale al terzo atto.
Blocchi di azione drammatica
Dovremmo provare a immaginare la nostra corda iniziale divisa in tre parti, ciascuna introdotta da un colpo di scena (che potremmo visualizzare come le piccole boe galleggianti ancorate alla nostra fune).
Syd Field pone dei termini di tempo precisi per la risoluzione di ciascun atto, che mi limito a riportare fedelmente. Non condivido appieno uno schema tanto rigido, essendo più propensa alle "varianti sul tema", ma penso che prima di poter "sfondare" le regole, occorra conoscerle perfettamente e molto a fondo. Quindi, procediamo con lo schema.
Ipotizzando una sceneggiatura di centoventi minuti (pari a centoventi pagine scritte, dato che una pagina di sceneggiatura equivale circa a un minuto di film), possiamo suddividere così i singoli atti:
- Il primo atto che, come si è detto, corrisponde all'inizio, è un "blocco di azione drammatica" di trenta minuti. Viene anche chiamato "impostazione" e termina con il colpo di scena della fine del primo atto. In esso vengono presentati i personaggi principali e, attraverso determinati movimenti, viene messo a fuoco il presupposto drammatico;
- Il secondo atto, detto "confronto" è un blocco di azione drammatica di sessanta minuti. In queste sessanta pagine c'è ampio spazio per lo sviluppo della storia. Avremo personaggi alle prese con un conflitto da risolvere, in un modo o nell'altro, e vedremo la loro anima messa a nudo dalle contingenze della vita che abbiamo stabilito per loro;
- Il terzo atto viene chiamato "risoluzione" ed è lungo trenta pagine. In questi ultimi minuti, la storia trova la sua soluzione, aperta o chiusa che sia, definita o indefinita.
Questo è uno schema semplificato, nudo e crudo di quel complesso modello chiamato paradigma, ideato da Syd Field. Presto affronteremo e approfondiremo, punto per punto, ogni singolo atto qui introdotto.
N.B.: Le 120 pagine si riferiscono alla durata di un Lungometraggio
di Sabrina Gioda
Sceneggiatrice cinematografica e televisiva, autrice di romanzi e insegnante di sceneggiatura e scrittura creativa
Dal suo blog http://scriverecinema.weebly.com
Idee e azioni
Questi gli ingredienti.
Padre e figlio cercano il loro posto a sedere. La partita non è ancora iniziata ma gli spalti sono già strapieni. Il padre stringe la mano del bambino. Sono nella fila sbagliata. Devono tornare indietro e riprendere a salire. C’è aria di festa. Il bambino ride. Il padre è fiero di sé: sente il figlio al proprio fianco, sente la felicità del piccolo e si sente bene. E’ una bella giornata: sole, caldo e tutto il resto.
Chissà da quanto tempo quei due non stavano insieme. Per ora non lo sappiamo. Non sappiamo ancora niente di loro. Vediamo solo quella mano grande che stringe e quasi inghiotte la piccola mano.
Come in ogni buona storia, succede qualcosa. Un boato. Qualcuno urla. La folla si mette in azione.
Il padre riceve una spallata. La mano del piccolo si sfila. La calca spinge via il padre che non può opporsi, costretto ad assecondare la fiumana.
Quando finalmente l’uomo si ferma, fuori dal branco, il bambino non c’è più.
E adesso?
Dopo quel movimento d’apertura, tutto può accadere.
Si aprirà una storia di ricerca? Il bambino è perduto e si parlerà di questo?
Oppure vedremo una storia costruita sui sensi di colpa, fatta di atti d’accusa tra marito e moglie?
O magari avremo a che fare con un thriller agghiacciante con un investigatore e un assassino di bambini? Potrebbe anche trattarsi di un film su un’invasione aliena, oppure potrebbe essere la storia di un bambino cresciuto senza genitori, adottato da un barbone rintanato tra le fogne della città.
Indubbiamente, questa sarà la storia di un distacco.
Il risultato rimarrebbe inalterato anche se ambientassimo la scena d’apertura in un distributore di benzina, al supermercato o al parco giochi o semplicemente in casa: due mani che si lasciano traducono l’idea in azione.
Un'alchimia fondamentale
Un bambino che mangia un gelato non significa niente. E’ una cartolina, magari bella perché inserita in un parco o sulla riva di un lago. Ma rimane una cartolina, non è cinema.
Un bambino che offre il suo gelato a un cane, invece, è già una storia. Meglio ancora, un bambino che nega il proprio gelato a un cane inizia a essere un film.
Stiamo parlando per immagini ma non mostriamo solo ciò che appare: proponendo un bambino che strappa via il gelato dal muso del cane, invitiamo lo spettatore ad andare oltre l’immagine, immergendosi in un'azione, in un mondo di sentimenti, ostilità e capricci, forse di collera e di ingiustizia: lo trasciniamo in una storia.
Il compito più difficile per uno sceneggiatore è trovare l’azione giusta che traduca l'idea in un linguaggio condiviso.
L'elefante
La mia idea, l’idea di un qualsiasi autore, è massiccia, forte, stabile. Si tratta di un pensiero al quale l’autore crede fermamente.
Deve necessariamente trattarsi di un pensiero onesto, di un’ispirazione, cioè di un’idea vera, originale, per la quale l’autore sia disposto a metterci la faccia, a tirar fuori sentimenti personali, a esporsi senza pelle per mostrarsi come è, vulnerabile e vero.
Potremmo paragonare questa idea a un elefante: un meraviglioso esemplare di quasi cinquemila chili. Uno di quegli elefanti africani che si muovono tranquillamente su terreni instabili. Animali in grado di attraversare foreste, laghi, savane, capaci di procreare, lottare e dignitosamente soccombere. Ma anche di correre, inaspettatamente leggeri per fuggire a pericoli e insidie.
L’elefante è un animale che non può nascondersi. Deve mostrarsi in tutta la sua interezza. Quello è il suo destino: essere ciò che è.
In pratica
Il percorso che conduce l’autore a delineare l’azione perfetta è uno solo: la conoscenza profonda della propria idea.
Per capire fino a che livello di conoscenza si sia arrivati, occorre iniziare a mettere su carta il pensiero.
Potremmo definire questo movimento come il primo passo per la stesura di un soggetto.
Una sola riga. Niente di più, niente di meno.
Di cosa parla questo film?
Nessun travestimento, niente colori inutili, nomi o vestiti d’epoca.
Non interessa nemmeno quanto costi questo film o dove dovrebbe essere girato o quali attori e comparse serviranno.
La domanda è una sola: di cosa stiamo parlando? Di un distacco? Da chi o da che cosa? Parliamo invece di una rinascita? Perché? Si racconta di una conquista? Chi conquista cosa e, sempre, perché?
Quella prima essenziale riga di partenza, costituisce il fulcro di ogni lunghissimo futuro discorso. Si tratta di un segno stabile, forte, ben marcato che aiuterà l’autore a non perdersi.
Dopo averla scritta, occorre osservarla, rigirarla nella mente, uscire di casa, passeggiare e dimenticarla. Bisogna tornare e riafferrarla, confrontarla con la propria vita, con i propri ideali, le paure e le credenze. Possiamo correggerla ma non allungarla: deve rimanere leggera, libera, senza schemi.
Quell’unica riga deve tenerci compagnia per diversi giorni: non bisogna avere fretta.
Stiamo edificando una base che dovrà reggere un enorme peso. Una base robusta ma allo stesso tempo in grado di staccarsi da terra.
di Sabrina Gioda
Sceneggiatrice cinematografica e televisiva, autrice di romanzi e insegnante di sceneggiatura e scrittura creativa
Dal suo blog http://scriverecinema.weebly.com
L'aeroporto
La forma
Poniamo trattarsi di un uomo anziano. E’ vestito di grigio. Ha un completo elegante ma consunto: una cravatta vivace, una camicia chiara e una giacca un po’ stretta.
Quest'uomo si trova in un aeroporto.
E’ all’ingresso, dove ci sono i bar e i negozi.
I banchi dei chek in sono lontani.
Se ne sta lì, fermo, davanti a una grande vetrata che dà sulla pista e osserva gli aerei pronti al decollo o appena atterrati. Non ha bagaglio. E’ solo, ed è lì che osserva. Osserva e basta. Appare incredibilmente piccolo in quello spazio. Sembra, dopotutto, un uomo tranquillo.
L’uomo ha qualcosa in mano.
Potrebbe essere una lettera, un fazzoletto, il portafogli. No, meglio una pistola. Una di quelle piccole pistole che facilmente si possono tenere in tasca. Trovandosi all’ingresso ed essendo anziano ed elegante, nessuno ha pensato di fermarlo né di controllarlo.
Attorno a lui non c’è molta gente. Un paio di ragazzini seduti a terra, una donna, alcuni uomini, qualche hostess.
L'uomo anziano fa un passo indietro, si volta verso destra e spara.
Non gli serve prendere la mira perché è un tiratore scelto.
Spara diverse volte prima che qualcuno lo fermi e manda a segno tutti i colpi.
Uccide due persone e ne ferisce quattro.
Ecco, questa è un’immagine. Una forma. Un contenitore. Niente altro.
Non è ancora un’idea. E non la si può definire scena.
Per definirla scena, ovvero parte di un film, parte di un racconto, serve molto di più. Non bastano azioni, non bastano spostamenti esteriori di braccia, gambe, mani, occhi. Occorre un movimento interiore. E’ necessario un senso.
Il senso
La risposta a questa domande non sarà necessariamente sempre narrata, ma sicuramente sarà sempre visibile al pubblico.
Cosa intendo?
Non serve raccontare tutto, lo spettatore non ha bisogno di sapere dov’è nato l’uomo, come ha trascorso la sua infanzia, quando si è innamorato per la prima volta. Ma l’autore sì, lui deve sapere tutto.
Il movimento interiore che genera la sparatoria, determina il modo in cui l’uomo stringe la pistola, il modo in cui osserva la gente, determina la sua scelta circa chi colpire. Il senso che dà vita all’uomo, genera anche le sue azioni successive: si arrenderà o continuerà fino alla morte? Piangerà, racconterà di sé oppure si chiuderà in un silenzio ostile?
Per sapere esattamente come si muoverà l’uomo armato, dobbiamo conoscere il suo passato, il suo presente e il suo futuro. Dobbiamo sapere tutto di lui.
Costruire “forme” sembra un gioco da ragazzi: in fondo, che ci vuole a mettere qualcuno in una piazza e dargli in mano una pistola? Oppure, perché non prendere una bella ragazza e farla cantare a squarciagola in giro per le strade? O scegliere un padre violento che prende a schiaffi un figlio adolescente, o perché non ripiegare invece su un adolescente che schiaffeggia un padre?
Esistono infinite varietà di forme. Ma quello non è cinema.
E’ solo concatenazione di gesti: ginnastica visiva.
Il personaggio
E’ il personaggio l’epicentro di ogni scossa emotiva.
Senza emozione non c’è coinvolgimento, non c’è rapimento, non c’è attenzione da parte del pubblico.
Chi è, dunque, l’uomo vecchio dell’aeroporto? Cosa sappiamo di lui? Come osserva? Cosa pensa? Cosa leggono i suoi occhi?
Seguiamolo, ispezioniamo la sua vita, scaviamo nel suo passato finché non ci avrà detto tutto di sé. Decideremo poi cosa usare di quanto scopriremo. In ogni caso, tutto di lui servirà a noi. Ci permetterà di capire come parla, cosa dice, quando lo dice e perché lo dice.
Questo è il senso. Senza di esso ogni forma è vuota.
Entrambi gli elementi, senso e forma, sono indispensabili per scrivere una buona storia. Devono combaciare, consumarsi a vicenda, fino a diventare una cosa sola.
Quindi il senso è il movimento interiore che anima i personaggi nella storia. La forma è il modo in cui quella storia viene raccontata.
Forma, ad esempio, è l’attenta selezione dei fatti da esporre, è la difficile scelta dei fatti da scartare.
Della forma fanno parte il montaggio, la tecnica, lo stile narrativo, la struttura restaurativa o meno che sia, l’intreccio, il tempo, ecc.
Del senso fanno parte i personaggi.
di Sabrina Gioda
Sceneggiatrice cinematografica e televisiva, autrice di romanzi e insegnante di sceneggiatura e scrittura creativa
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Nascita di un'idea
Ciascun atto creativo inizia con un battito di ciglia. Ogni nuova illuminazione (più o meno geniale che sia) nella mente di un artista, consiste in un lampo che potremmo collocare all'interno di uno spazio cronologico infinitamente piccolo e non misurabile.
Il concepimento di un'idea è un movimento, forse il solo, capace di vincere il tempo, uscendo dalle sue rigide griglie.
Avviene tanto rapidamente da sorprendere anzitutto il suo creatore e primo fruitore. E, purtroppo, il più delle volte, essendo tanto rapido, questo movimento diventa sfuggente e inafferrabile, ricadendo nel nulla (o nel tutto) da cui proviene.
Fulminea, spesso inaccessibile, stravagante e confusa, l'idea è sempre un dono prezioso.
Di tanto in tanto, accade che quel lampo creativo permanga lì, chiaro e pulsante davanti ai nostri occhi, trattenendosi fino a un secondo battito di ciglia: tempo sufficiente per riuscire a identificarlo e renderlo intelligibile. E' allora che l'istinto si deve mettere in moto.
Occorre anzitutto sbarazzarsi di schemi e senso logico per accogliere e preservare quell'embrione ancora insensato in un mondo pronto a soffocarlo con una energica risata.
Silenzio e massima attenzione sono le prime armi dell'autore che decida di nutrire e far crescere la scintilla base di una storia.
Bisogna essere rapidi e reattivi per scattare una buona fotografia che intrappoli nella mente, per il tempo necessario, quella prima splendida bozza di un'idea su cui, forse, passeremo mesi interi.
Genesi di una storia
Ogni storia, quindi, nasce da un'idea: uno scarabocchio della mente capace, fin da subito, di farsi amare oppure odiare.
Può trattarsi di un pensiero improvviso che accompagna la lettura di un libro, la visione di un film, la rievocazione di un fatto di cronaca. Oppure l'idea può scaturire da uno stato d'animo, magari durante una passeggiata, un viaggio, una lite, un'arrampicata in montagna o un'immersione nell'oceano. E' lì, spunta improvvisa, infilandosi nel quotidiano.
Ma, in qualunque circostanza si manifesti, si tratta sempre di una chiave di lettura del mondo: l'idea, a base di ogni storia, è la nostra personale interpretazione della vita.
Il principale e più difficile lavoro di un autore, sta nel trasformare quel bozzolo creativo in un primo paragrafo scritto di senso compiuto. Un lavoro che va fatto senza alcuna fretta, proprio perché si tratta del passaggio più importante.
Individuata l'idea, bisogna osservarla, leggerla con attenzione, capirla intimamente. Perché ci scuote nel profondo? Cosa sta facendo risuonare in noi? Perché ne siamo immediatamente gelosi? E, soprattutto, cosa ci sta dicendo?
Affinché nasca una buona storia, occorre dimenticare per un momento la penna o la tastiera del computer, occorre dimenticarsi di noi, per dedicarsi completamente all'ascolto rapito e oggettivo di quella eco bizzarra, affiorata da chissà dove.
Così, se è vero che ogni storia nasce da un'idea, è anche altrettanto vero che ogni storia inizia nel silenzio. E' un transito necessario che deve anticipare ogni confronto esterno, che precorre qualsiasi dialogo produttivo o qualunque legame collaborativo.
Non esistono cattive idee ma solo cattivi sviluppi
Il pericolo maggiore che si corre nell'inseguire quel primo pensiero creativo è perderlo.
L'ansia di scrivere, trasformando una buona idea in una presunta miniera di gloria, conduce sempre alla distruzione dell'idea stessa.
Quando la mente trabocca di altri pensieri, richiamando prima del dovuto volti adatti a trasformare il pensiero in azione cinematografica o immaginando difficoltà produttive, limitazione di costi, contratti, pubblico, attori, critica, fama e successo, semplicemente accade che l'idea originale scompaia, soffocata da un mare di concretezza. Rimpiazzarla è impossibile.
Per non rischiare di estinguere quel bozzolo creativo, è indispensabile accettarlo così come è, almeno per le prime ore, liberi da ogni vincolo: ci sarà sempre tempo, in futuro per capire se il progetto sarà fattibile o meno e in quale misura o con quale compromesso.
Quando ci si trova alle prime battute, bisogna assecondare la follia e bloccare l'idea originaria con meno parole possibili.
Per farlo nel modo giusto, bisogna sbarazzarsi di ogni paura:
quel film costerà troppo?
Non è un problema presente e scrivere qualche pagina anche a vuoto non ha mai mandato in rovina nessuno.
E' un'idea già sentita?
Ogni storia si basa su idee già sentite che però prendono direzioni diverse in base a dialoghi e personaggi.
Non interesserà a nessuno?
All'inizio conta solo che interessi al suo autore.
Non esistono obiezioni che tengano, nemmeno la paura di non riuscire, perché stiamo parlando solo di poche righe per bloccare sulla carta un'idea che forse non tornerà più.
C'è davvero tantissimo tempo per capire come sviluppare un soggetto e come scrivere una sceneggiatura.
Come si cattura un'idea?
Compresa l'importanza di ogni nuova idea, vediamo allora come catturarla definitivamente.
Abbiamo già detto che, anzitutto, occorre osservarla e ascoltarla in totale silenzio. Come spiegato, non si tratta di un silenzio esteriore ma di un silenzio tutto interiore, nel quale calarsi per qualche istante, prima che la scintilla fugga via e si spenga.
Quando l'idea non sarà più solo una forma nebbiosa, quando avrà parlato, raccontando tutto ciò che aveva da dire, solo allora potrà essere richiamata la giusta dose di concretezza su cui si fonda il lavoro dello sceneggiatore.
A quel punto, inizieremo a scrivere.
Carta e penna andranno bene, un file su computer andrà meglio.
Nessun freno alle parole, nessun tentennamento, non inseguite inutili artifici stilistici o schieramenti di concetti astrusi. Siate semplicemente voi perché quelle frasi che andate a bloccare sulla carta in quel momento, le leggerete soltanto voi, non sono nulla, non ancora. Serviranno unicamente per ricordare a voi nel modo più completo possibile, la forma della vostra idea. Il loro unico scopo sarà quello di stuzzicare in voi, a distanza di giorni, la stessa emozione fornita dall'improvvisa scintilla che vi ha colto in un qualsiasi giorno della vostra vita.
Perciò, scrivete. Scrivete frasi, parole corrette o sgrammaticate, non aggiungete nomi o inutili descrizioni. Scrivete e basta. Fatto questo, abbandonate tutto e fatevi una passeggiata all'aria aperta. Respirate, riflettete, rilassatevi.
Il lavoro è iniziato.
di Sabrina Gioda
Sceneggiatrice cinematografica e televisiva, autrice di romanzi e insegnante di sceneggiatura e scrittura creativa
Dal suo blog http://scriverecinema.weebly.com
Sinossi: Un barbone viene aiutato da una sconosciuta accompagnata da un infante. Poco dopo la donna muore in un incidente. Il barbone si prende cura della piccola cambiando completamente vita.
Un barbone molto sporco, vestito in maniera del tutto casuale con pesanti abiti, ma visibilmente ancora giovane, con una voglia viola sulla guancia, sta rovistando tra dei bidoni della spazzatura in un vicolo nascosto e semi buio, sembra un topo. Una giovane donna, Veronica, 30 anni, con in braccio una bambina, sta passando per il vicolo e vedendo il pover’uomo si ferma, estrae dei soldi dalla borsa e gli e li dona, scambiando poche veloci parole, riprendendo poi la strada. Poco dopo il rumore improvviso della frenata di una macchina.
Il barbone, risale il vicolo, trovandosi davanti alla scena di un incidente: un crocchio di persone è intorno ad un’automobile, l’autista dell’auto ha investito Veronica; la giovane donna giace a terra immobile, un lago di sangue si sta allargando sotto la sua testa; il mendicante, con una decisione improvvisa, senza porsi domande, cerca e trova la bambina, la prende con sé sparendo poi nel vicolo.
Sette anni dopo, stesso vicolo – Un signore distinto, con una voglia viola sulla guancia, accompagnato da una ragazza ridente e spensierata stanno passeggiando per la strada, improvvisamente si fermano all’imbocco del vicolo; l’uomo ha visto un barbone che sta rovistando tra i bidoni della spazzatura; da dei soldi alla bimba e l’incarica di portarli al pover’uomo, come la bambina ritorna i due riprendono silenziosi il cammino.
La vicenda si svolge in Genova, in due vicoli e due strade - al giorno d’oggi - in pieno inverno e con uno scarto temporale di 7 anni.
Un barbone, età 30 anni, due occhi neri e vivi sospesi nel mare di fango del suo volto, una voglia viola sul viso (o altro segno facilmente riconoscibile), sporco e lacero, vestito di stracci e con un lungo cappotto addosso, macchiato e bisunto, sta rovistando tra dei bidoni della spazzatura in un vicolo molto buio e squallido, in salita. E’ schivo, si muove furtivamente, con continua paura che qualcuno lo scacci, lo mandi via anche da quella misera grigia vita da topo che gli resta. Estrae del cibo dal bidone, lo annusa, lo butta via continuando immediatamente la ricerca di qualcosa che possa soddisfare la sua fame.
Veronica, età 25 anni, vestita modestamente, con una grossa borsa che le pende da una spalla, un corpo fresco, giovane e un viso marcato dalle prove della vita, ma sorretto da uno sguardo fiero e deciso, imbocca il vicolo con decisione portando tra le braccia un fardello con fare protettivo e nello stesso tempo orgoglioso: è una bambina di pochi mesi avuta dal marito, morto prima che la figlia nascesse. Veronica ha la necessità di vivere-decisa per la figlia, sa che la sua vita è ormai indissolubilmente legata al mondo tramite quel fagotto che tiene tra le braccia, ma sa che il mondo che gli sta di fronte sarà anche frutto del suo amore. Sale per il vicolo in salita e vede il barbone. Dapprima si spaventa poi, ritornata sui suoi passi dà dei soldi al barbone con il quale scambia brevi frasi. Riprende il suo cammino in salita.
Il barbone è rimasto attonito, sta tenendo ancora con una mano il coperchio del bidone, con l’atra i soldi. Ha sentito che non era la solita carità che gli veniva donata, non era il solito scaricarsi-la-coscienza che gli veniva donato, era …. AMORE. Immobile guarda la donna svanire lentamente nella luce in cima al vicolo. Il rumore di una forte frenata provocata da un’automobile lo fa trasalire dal suo stato di dolce meraviglia e precipitare in una nuova condizione: apprensione, curiosità, sensazioni che non provava più da molto, molto tempo. Si incammina verso la luce, in alto.
Quando sbuca dal vicolo, in una strada inondata dalla luce, trova un gruppo (3) di persone che si è raccolto intorno ad una macchina. Avanza e vede Veronica: è distesa a terra, ai piedi della macchina, una grossa pozza di sangue si sta espandendo sotto la sua testa. La donna è morta e subito il barbone, senza cercare altre domande, sapendo esattamente cosa fare, si guarda intorno alla ricerca della bambina. La vede adagiata sul sedile posteriore dell’auto, le va incontro e la prende tra le sue braccia sporche svanendo subito dopo nel buio del vicolo dal quale era spuntato.
Sette anni dopo, stessa strada, stesso vicolo. Un signore 45enne, una voglia viola sul viso, ben vestito, giacca e pantaloni eleganti, dai modi sobri e composti, sta passeggiando per la strada tenendo per mano una ragazza di otto anni allegra, felice, dolce. Passando davanti ad un vicolo buio l’uomo si volta come rispondendo ad un richiamo, osservando vede un barbone, che sta rovistando tra dei bidoni della spazzatura. Estrae il portafoglio dalla giacca e dà una banconota alla bambina che la porta poi al pover’uomo.
Il barbone è rimasto attonito, sta tenendo ancora in mano la banconota. Ha sentito che non era la solita carità che gli veniva donata, non era il solito scaricarsi-la-coscienza che gli veniva donato, era …. AMORE. Immobile guarda l’uomo e la bambina svanire lentamente e silenziosamente in cima al vicolo, nella luce.
2 |
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ESTERNO – GIORNO – STRADA - 7 ANNI DOPO |
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Un signore ben vestito sta passeggiando per la strada, giacca, pantaloni e cravatta eleganti, tiene per mano una ragazzina di 8 anni, anche lei elegantemente vestita, indossa un abito multicolore, è allegra, ridente e dolce. Passando davanti al vicolo buio lui si ferma improvvisamente, ha visto un movimento. Scruta con attenzione nella stradina oscura posta in discesa, socchiudendo gli occhi, vede un barbone che sta rovistando tra due bidoni della spazzatura. Prende la bambina per mano e si avvicina al barbone, estrae il portafoglio dalla giacca e dà una banconota alla bambina sussurrandole poche parole a bassa voce e indicandole poi il pover’uomo. La bambina con la banconota in mano si avvia tranquilla verso il barbone. L’uomo rimane ad osservare con attenzione mentre con un gesto distratto si sistema i capelli con una mano scoprendo una voglia viola sulla fronte. Il barbone è rimasto attonito, ma un sorriso gli illumina il volto mentre guarda la bambina e il signore che tenendosi per mano stanno risalendo il vicolo. Li vede scomparire lentamente tra la luce. Ha la banconota ancora in mano e la guarda attentamente. Una scritta è scarabocchiata su un lato. L’avvicina molto agli occhi, socchiusi nello sforzo di decifrazione, farfuglia |
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BARBONE 2 |
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Fab…er ………… est …est suae …. q u i s q u e fortunae … |
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rialzando la testa |
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Fortuna ……… vuol dire fortuna. |
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Rivolge lo sguardo sulla cima del vicolo dove ormai c’è solo luce. |
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DISSOLVENZA |
Musica: Mario Stendardi
Formato: miniDV
Durata: 8'52"
Il Salotto una sceneggiatura di Fulvio Spagnoli
liberamente tratta da "Alessia",
un breve racconto di Roberto Vannozzi
1 EST / BAR / GIORNO 1
le scarpe di Lei guardano quelle di Lui
LEI
sai...
Lei sospira ed allunga i piedi in diagonale verso
l’ambiente
LEI (SEGUE)
(riflessiva; FC)
stavo pensando che... in questo
bar... mi sento proprio a mio
agio
un attimo di riflessione, poi, girando le gambe verso il
tavolino
LEI (SEGUE)
(quasi stupita; FC)
e poi... questo tavolino!
Lei volta le gambe verso il suo lato posteriore destro;
dopo un attimo di pausa relativa all’osservazione
LEI (SEGUE)
(FC)
però!... quelle piante io lo
cambierei!
LUI
(lento ed ironico; FC)
e perchè no?!
attimo di pausa in cui Lei porta le gambe in avanti verso
Lui
LUI (SEGUE)
(ironico e riflessivo; FC)
che aspetti a spostare, qui, la
tua residenza?
Lui si alza si avvicina a Lei entrando in campo video e,
con la sua, accarezza teneramente il dorso della mano di
Lei
LUI
(FC)
scusami... ma, ora devo proprio
andare
(CONTINUA)
SEGUE: (2) 2.
LUI (SEGUE)
(riflessivo ma ironico; FC)
...mi raccomando: la prossima
volta vieni con il tuo
architetto!
Lui fa un mezzo passo e si volta nuovamente verso Lei
LUI (SEGUE)
(riflessivo e lapidario)
in fondo, è questo ...il salotto
di casa tua!
Lei arretra velocemente i suoi piedi sotto la sedia
le scarpe di Lui iniziano ad allontanarsi camminando
all’indietro e per un attimo, quasi si fermano
le scarpe di Lei tornano immediatamente in avanti
inquadrando Lui
le scarpe di Lui si voltano e riprendono a camminare
(posizione normale) uscendo fuori campo video
la punta delle scarpe di Lei seguono quelle di Lui che si
allontana
dopo qualche attimo
LEI
(quasi a se stessa)
spiritoso!
TITOLI DI TESTA (sopra le immagini)
2 INT / PIANEROTTOLO / NOTTE 2
rumore delle porte dell’ascensore che si chiudono
le sue scarpe si avvicinano alla porta di casa
rumore di "operazioni sulla serratura": la porta di casa
si apre e le predette scarpe entrano in casa
3 INT / INGRESSO / GIORNO 3
la porta di casa che si chiude: le scarpe di Lei si
muovono verso il mobile
Lei posa le sue cose
le sue scarpe si muovono sicure verso la sua destra per
entrare in un’altra stanza: la scarpa destra, che è in
avanti, si blocca
sentiamo il cuore di Lei pulsare oltre il normale
(CONTINUA)
SEGUE: (2) 3.
la scarpa destra indietreggia e, dopo l’appoggio, la
scarpa sinistra si muove e con la punta inquadra il
salotto
entrambe le scarpe, lentamente, si incamminano verso il
salone
la scarpa destra di Lei si ferma a metà porta (chiusa)
perpendicolarmente; l’altra scarpa è quasi all’angolo
sinistro della porta, vicina
la porta del salotto, lentamente si apre di un piccolo
spicchio; timorosamente, la scarpa sinistra avanza
appoggiandosi a terra e si blocca appena oltre la soglia
la scarpa sinistra torna indietro appoggiandosi a terra e
si ferma La porta si apre ancora un po’
dopo un attimo, la scarpa sinistra di Lei, timorosamente,
si muove in avanti, varcando appena la soglia della porta
la scarpa destra va in avanti, si appoggia in terra
inquadrando, con la punta, il centro del salotto e si
ferma
dopo un attimo, con uno scatto (tipo retromarcia), prima
la scarpa destra , poi la sinistra, escono dal salotto
4 INT / INGRESSO / GIORNO 4
mdp: demiplomgé
il viso di Lei, sguardo nel vuoto, occhi lucidi, ha alle
spalle la porta del salotto, chiusa
5 EST / BAR / GIORNO 5
il solito tavolino, le solite sedie; il viso di Lui
LUI
(sorridendo)
sì, sì è vero! ... hai ragione!
...a proposito: ricordi la
"mitica rossa"?
viso di Lei, ripreso dal basso; mentre annuisce, i suoi
occhi diventano lucidi di gioia;
dopo alcuni attimi
LEI
(evocativa)
la nostra compagna di liceo? Il
viso di Lui, sorridendo, fa un
cenno d’assenso
(CONTINUA)
SEGUE: (2) 4.
LEI (SEGUE)
...non dimenticherò mai quando,
in piedi sui banchi, urlò al
preside: "il matrimonio?! ...per
noi donne è una stoltezza! non si
baratta la libertà per un marito
coglione e marmocchi urlanti!"
un attimo di pausa
LEI (SEGUE)
....eeeeh, sì !...le mogli, le
corna che portano, se le meritano
proprio! Il viso di Lui esterna
un freddo sorriso, poi fa un
sospiro
LUI
(rammaricato)
sì!...avevate teorizzato il
nubilato
Lui abbassa un po’ la testa; Lei è con la mente assorta
nei ricordi
LEI
(luminosa)
sono molti anni che non la
vedo...
LUI
l’ho incontrata ieri... portava a
spasso un grazioso bebè
LEI
(stupita)
come?
(preoccupata)
mi avevano detto che è un alto
funzionario...
(riflessiva)
ora fa la baby-sitter?!
LUI
(sorridendo)
il "suo" bebè...
LEI
(scioccata)
nooo!
Lui, sorridente, conferma con movimenti verticali della
testa
LUI
il suo!
breve pausa
(CONTINUA)
SEGUE: (3) 5.
Lei fa una smorfia di sorriso
LEI
poverina!
Lei fa smorfie come per trovare una giustificazione
poi, con un freddo sorriso
LEI
si... non è mai stata Eistein...
però contare almeno fino a
ventotto!
LUI
(ironico)
è sposata da più di tre anni!
marcata pausa di silenzio in cui Lei si rattrista
progressivamente
LEI
(incredula)
no, noo!... lo vedi?!... ti sei
confuso con un’altra!
LUI
(serio ma sorridente)
era proprio lei!
Lei si tira indietro appoggiando le spalle alla sedia,
abbassa la testa
LEI
perché?...
Lei, pensierosa, si guarda intorno, poi verso di Lui
LEI (SEGUE)
che manca alla nostra
libertà?!... abbiamo i nostri
incontri!
Lui sguardo verso il basso
LUI
(ironico)
già!... è vero!... che vuoi che
manchi a due corpi che si
incontrano soltanto...
Lui guarda Lei negli occhi
LUI
per unirsi!
DISSOLVENZA
6.
6 INT / CASA / SERA 6
la porta di casa si chiude dietro il viso di Lei mentre
Lei posa le sue cose sul mobile
LEI
(triste: voce pensiero)
anche la "mitica rossa" ha
ceduto!...
LEI (SEGUE)
(ironica)
chissà se le corna le donano
il suo sguardo va al salone: Lei, cautamente si muove
verso il salone
7 INT / SALONE / GIORNO 7
sentiamo forte i battiti, accelerati, del cuore di Lei La
porta si apre di un terzo
il viso di Lei varca "appena" la soglia: lo sguardo si
sposta lentamente, parallelo a terra, altezza occhi, per
guardare in diagonale
la porta si apre fino a metà: il suo viso si muove verso
il centro del salone
nella sua mente affiora il ricordo della frase di Lui
LUI
(ironico, riflessivo; FC)
come se fosse il salotto di casa
tua!
contemporaneamente il suo sguardo dice "ho paura! ...in
questa stanza, ho paura!": il suo viso continua a
guardarsi intorno nervosamente
ora il cuore di Lei pulsa a mille
all’improvviso, velocemente, Lei torna, di spalle,
nell’ingresso, chiudendo la porta
8 INT / INGRESSO / GIORNO 8
rumore di maniglia della porta che chiude il salone
Lei si appoggia con le spalle alla porta ed inizia a
scivolare lentamente fino a sedersi in terra
Lei con le braccia raccoglie e stringe a sé le gambe
(CONTINUA)
SEGUE: (2) 7.
LEI
(pensieri: voce FC)
ho paura!..."IO"", ho paura di
aver paura!
Lei appoggia la testa alle ginocchia; le spalle scivolano
appoggiate anche allo stipite; la testa anche, verso
destra
DISSOLVENZA
9 INT/ INGRESSO/ GIORNO 9
ASSOLVENZA
(mattino)
Lei, appoggiata con le spalle alla porta del salone ed
allo stipite, si sveglia Lei, spalle alla porta,
lentamente, si alza
volta soltanto la testa verso la porta, poi torna nella
posizione originaria Dopo un attimo, con uno scatto, volta
tutto il suo corpo verso la porta Lentamente abbassa la
testa
nella sua mente affiora il ricordo della frase di Lui
LUI
(ironico-riflessivo; FC)
come se fosse il salotto di casa
tua!
10 EST / BAR / GIORNO 10
Lei è seduta al solito tavolino Lui entra nel bar e si
siede al tavolino accanto a Lei, con lo sguardo rivolto
all’infinito; è chiaramente soprappensiero.
il mezzobusto di Lei segue divertita la scena
LEI
(stupita: voce FC)
iuuuh?! ...sono qui, eh?
Lui si gira verso di Lei Lui, mentre con un gesto della
mano chiede scusa, si alza e si dirige verso di Lei
mentre Lui si sta sedendo
LUI
(stupito: voce FC)
scusami... ero sovrappensiero
Lei scrutandolo in viso
(CONTINUA)
SEGUE: (2) 8.
LEI
mmm... soltanto?
Lei avvicinandosi con il busto a Lui
LEI (SEGUE)
vogliamo parlarne?
Lui dondolando verticalmente la testa
LUI
(sereno)
sì!... ho una cosa da dirti!...
Lui con leggero sorriso ed altro dondolamento,
orizzontale, veloce della testa
LUI
ma non so proprio come
Lei, prima di parlare, muove il viso in più espressioni;
durante il dialogo si aiuta con la gestualità delle mani
LEI
(allegra)
non so... vuoi provare a testa in
giù!
pausa di silenzio
LEI
(allegra)
allora?... io sono qui, eh!
Lui la guarda fugacemente negli occhi e poi abbassa lo
sguardo L’espressione del viso di Lei è giocoso ed
incuriosito
Lui alzando gli occhi
LUI
mi sposo!
l’espressione del viso di Lei si allontana appoggiandosi
sullo schienale della sedia; oscura, dopo alcuni attimi
LEI
(sorpresa)
e contro chi?...
(ironica)
deve averti contagiato "la
Rossa"!
Lei gesticola con le mani
(CONTINUA)
SEGUE: (3) 9.
LEI
(nervosamente)
un terribile virus!...
con il dito indice sottolinea di aver avuto un’intuizione,
mentre il suo viso si illumina
LEI
(ironica e rabbiosa)
dei polli!
silenzio in cui Lei lo fissa negli occhi
LEI (SEGUE)
(provocatoria)
eppure, le tue attenzioni per me,
sono sulla bocca di tutti!
Lui rialza lo sguardo e fissa Lei negli occhi
LUI
(profondo)
vedi... le tue idee... le tue
convinzioni... sono talmente
radicate che... su chi ti sta
vicino, pesano come un macigno
LEI
(nervosa)
avresti, potuto, perlomeno,
provare a parlarmene!
(acida e provocatoria)
se non altro, fai finta di farlo
ora!
Lui abbassa nuovamente il suo sguardo
LUI
(emozionato)
ieri sera... lei... lei me lo ha
chiesto...
(dolce)
c’era molta luce nei suoi
occhi...
LEI
(sadica)
vedi?!...
Lei abbassa la testa
LEI (SEGUE)
(cupa)
vedi che ho ragione io!...
Lei ha un attimo di pausa con sguardo nel vuoto
(CONTINUA)
SEGUE: (4) 10.
LEI (SEGUE)
(triste)
hai sviato tutti... sei solo
fumo... fumo per gli occhi !
11 INT / SALONE / GIORNO 11
Il cuore di Lei pulsa molto oltre il normale: Lei è nel
salone e si sta muovendo nervosamente
mdp : da scarpe a viso
LEI
(riflessiva)
questa è casa tua!....
Lei si ferma e si abbraccia
LEI (SEGUE)
(preoccupata; voce pensiero)
perché non sei tranquilla come al
bar?
il campanello della porta suona
Lei ha uno scatto di paura: mantenendo le braccia
incrociate; il suo sguardo va verso la porta di casa e
sembra dire "....chi sei!"
12 INT / INGRESSO / GIORNO 12
le scarpe di Lei, in punta di piedi, toccano il pavimento
Lei si volta poi scioglie le braccia conserte
Lei fa un profondo sospiro di sollievo: dal suo viso la
vediamo rassicurata
Lei, accostandosi alla porta, incrocia le braccia, da le
spalle alla porta e mostra un ghigno di ironia
il campanello della porta suona nuovamente;
Lei, rimanendo di spalle, allunga la mano ed apre la porta
Lui, sorridente, la guarda rimanendo immobile dopo qualche
attimo Lei si gira dando a Lui un mezzo profilo
LEI
(abbozza un freddo sorriso)
ti vuoi decidere ad entrare?
Lui entra e chiude la porta
(CONTINUA)
SEGUE: (2) 11.
LEI (SEGUE)
(acida)
come mai qui?... e non tra le
braccia della tua bella?
Lui, da dietro le spalle, fa spuntare una bottiglia di
spumante
LUI
(allegro ed ironico)
si festeggia con gli amici....o
no?
LEI
(maliziosamente crudele)
aaah!... sei qui per la tua notte
di addio al celibato!
Lui si incammina verso il salone
LEI (SEGUE)
ormai... non pensavo di meritare
questa tua estrema dedizione!
Lei, vedendo Lui entrare nel salone, rimane impietrita,
ma, come vede sparire la sua figura dietro la porta, è
costretta a seguirlo
13 INT / SALOTTO / GIORNO 13
Lui sta appoggiando la bottiglia sul tavolino
Lei, meravigliata, si guarda intorno e da le spalle a Lui
LEI
(meravigliata, molto lenta;
voce pensiero)
ora... ora, non ho paura!
Lei, seduta, guarda prima la bottiglia poi il viso di lui;
poi, abbassa la testa e si intristisce Lui la fissa ed
aiutandosi con la gesticolazione delle mani
LUI
grandi performance oggi! ...è
forse il seguito della
"ripudiata" di questa mattina?
Lei, di spalle, volta il viso, abbozza un forzato,
ironico, gelido sorriso, muove il viso in oscillazioni
verticali e
LEI
(voce profonda e lenta)
ooh, grazie!... erano anni che
ogni sera la provavo
(CONTINUA)
SEGUE: (2) 12.
Lei torna col suo viso "di spalle" a Lui
Lui con la bottiglia di spumante in mano
LUI
servono due bicchieri
Lei, con sguardo fisso negli occhi di Lui, tamburella
nervosamente le dita sul tavolino, poi lentamente si alza
per andare in cucina
Lui mentre armeggia per stappare la bottiglia dello
spumante
LUI
(dolce)
per la prima volta hai mostrato
di desiderare una presenza
accanto a te... qualcuno che ti
parli, dicendoti qualunque
cosa... anche scemenze
Lei si ferma, gira la testa verso di lui: è arrossita;
accenna un sorriso
LEI
(voce profonda)
se cercavo qualcuno da cui
ascoltare scemenze...
LEI (SEGUE)
(voce profonda)
saresti un grande rimpianto: lo
hai appena fatto in modo sublime,
ineguagliabile
Lei posa il bicchiere e batte lentamente le mani, con
ironica lentezza
LEI (SEGUE)
sublime direi!...
La mano di Lei riprende il bicchiere; per scaricare
l’ansia inizia a strusciarlo nervosamente fa un profondo
respiro
LEI (SEGUE)
anche scemenze
Lei continua a pensare; sposta lo sguardo da "nel vuoto" a
"viso di Lui"
LEI
(voce pensiero))
ma è con te, che non ho paura!
(CONTINUA)
SEGUE: (3) 13.
LEI
sì è vero, anche scemenze!... ora
soltanto capisco... ed ora
soltanto ti sento
irresistibilmente troppo dolce e
decisamente desiderabile ...
(ironica)
ora... ora che appartieni a lei!
LUI
(sorridente)
e se ...la mia lei
attimo di pausa
LUI
(serio)
fosse stata soltanto una mia
provocazione?
Attimo di silenzio: Lei abbassa la testa poi la rialza
guardando Lui negli occhi
LEI
(sognante)
così sei anche maledettamente
carino
Lui si illumina
LUI
non sto giocando!
LEI
(sconfitta)
dai, smettila!
Lei, in piedi, asciugandosi una lacrima, lo prende
sottobraccio e inizia a camminare
LEI
(seria)
...ora torna da lei
14 INT / INGRESSO / GIORNO 14
ultimo passo di fronte alla porta di casa; sulla soglia
della porta
LEI
(sconsolata)
ti starà aspettando...
Lei a testa bassissima in modo forzato
(CONTINUA)
SEGUE: (2) 14.
LEI (SEGUE)
e falla felice!
Lui è fuori la porta, si volta per guardarla, ma Lei è di
spalle
LEI
a proposito! ...non me l’hai
ancora presentata!
Lui velocemente si abbassa per poi rialzarsi: da terra ha
raccolto un qualcosa che aveva lasciato al lato della
porta
Lui, nonostante la porta aperta, suona nuovamente il
campanello
Lei rimanendo di spalle con gli occhi lucidi
LEI (SEGUE)
sei ancora li? ...non farmi
soffrire oltre!
Lui suona nuovamente il campanello Lei si volta: il viso
di Lui è radioso
Le sue mani sostengono un mazzo di rose rosse; dal
fiocchetto pende un "astuccio"...
DISSOLVENZA IN NERO
15 TITOLI DI CODA 15
soltanto i attori
16 INT / SALONE / GIORNO 16
ASSOLVENZA
Le mani di Lei accarezzano il suo pancione Lei è seduta
accoccolata sul divano con la testa appoggiata ad una
spalla maschile Le mani di Lui accarezzano il viso ed i
capelli di Lei LEI (tenera) ...chissà ora, al bar, chi è
seduto al nostro tavolino? Lui, jeans e maglietta LUI
(ironico) ...forse un’altra finta impenitente ...oppure
semplicemente "una" che ha paura di stare sola nel suo
salotto di casa!
17 TITOLI DI CODA
SCENEGGIATTURA
CORTOMETRAGGIO
Titolo: BENVENUTO MATTEO.
di Luigi Spernanz
AATTO I
SC.1.
INT.NOTTE/ SALOTTO BUIO
La luce tonda di una torcia elettrica illumina cassetti e oggetti della stanza.
Il totale del salotto fino al festone appeso “benvenuto Matteo”
(sotto il dialogo VFC)
DONNA1
Come succhia… è affamato!
DONNA2
Glielo avevo detto… aveva fame… lo tenga più in alto con la testa.
UOMO
E’ proprio bello… un torello! Guarda che piedini!
DONNA1
Si… senti come stringe con la manina…
UOMO
Fammelo sentire…
INIZIANO I TITOLI DI TESTA
DONNA1
Ha finito… guarda come si è calmato adesso… ha gli occhi chiusi, ma dorme?
DONNA2
Ha visto signora? Già dorme… Ora si deve riposare però e Matteo lo portiamo di là… il papà va a casa e lascia riposare la mamma, eh?
UOMO
Allora domani escono? Possiamo andare a casa?
DONNA2
Domani sarete in tre a casa… è tutto pronto?
DONNA1
Chissà che disordine in casa cinque giorni da solo è?
UOMO
Ho fatto le pulizie, vedrai che sorpresa… domani verranno mamma e papà ci porteranno il pranzo… alle 8 vengo a prendervi però una cosa…
DONNA1
Dio sono sfinita… cosa amore?
UOMO
Prometti che mi telefoni mentre fa la prossima poppata….
DONNA1
Tesoro… hai visto non so ancora nemmeno tenerlo bene…
UOMO
Dai, per favore.. ti fai aiutare dall’infermiera dai… non vado a dormire finché non mi chiami prometti.
DONNA1
Va bene promesso ma ora vai..
(schiocco di un bacio)
Buonanotte!
(musica)
(lo schermo diventa nero - appare la scritta Buonanotte)
SC.2.
ESTERNO.NOTTE. ENTRATA CLINICA
1- L’uomo esce dalla clinica.
Ha in mano diversi mazzi di fiori e pacchetti regalo.
SC.3.
ESTERNO. NOTTE.PARCHEGGIO. NELL’AUTO.
1 -L’uomo poggia i fiori sul sedile a fianco. Proprio sopra una rivista di armi lì poggiata. Scarta un pacchetto regalo. E’ un cd che mette subito nel lettore e un biglietto augurale:
4 – pp UOMO
(infilando il cd nello stereo)
5 – sul lettore cd la scritta “play”
6 - L’auto si sposta – (parte la musica “buonanotte fiorellino”)
SC.4. (solo auto)
ESTERNO. NOTTE. STRADA.
(sulla musica)
1 - L’auto sfreccia sulla strada illuminata di notte.
Dissolvenza nero.
SC.5. (solo auto)
ESTERNO. NOTTE. FUORI IL CANCELLO DI UNA VILLA.
1 - L’auto arriva. PPP faro si spegne.
( i grilli vfc.)
SC.6. (claudio)
ESTERNO. NOTTE. FUORI LA PORTA.
1 - L’uomo ha in mano fiori e pacchetti, fischietta sommessamente il brano che ascoltava mentre apre la porta.
1 min. e mezzo/2
sc. 7. (claudio)
APPARTAMENTO-salotto / NOTTE.
1 – PA - La porta si apre l’uomo entra e accende le luci.
1 a – panoramica salotto.
2 – PP - I fiori buttati su una sedia coi pacchetti.
3 – TOT - La sala illuminata. l’uomo va verso lo stereo.
3/a – PP il cd nel lettore e “play” sul display.
(parte il pezzo)
4 - PP viso dell’uomo con gli occhi socchiusi che canticchia il pezzo.
5 – TOT. - Si gira ballando, raggiunge lo spazio dei liquori prende bottiglia e raggiunge il centro del salotto. Si versa da bere. Apre il portasigarette e vede che è vuoto.
5/a – Dett. Portasigarette vuoto.
(VFC.un rumore sordo da un’altra stanza sulla musica)
6 – TOT. Mov. a seguire da PP mano/portasigarette a FI mentre va verso le scale e le sale.
SC.8. (claudio)
CAMERA DA LETTO / NOTTE
VFC - il latrare di un cane in lontananza.
1 – PA L’uomo entra in camera da letto va verso un cassetto. Vi prende una manciata di sigarette e riempie il portasigarette.
2 – dettaglio riempimento portasigarette.
3 – Sbuffando apre la finestra e intima al cane di fare silenzio.
4 – FI. Il breve tratto di ritorno corridoio/scale a carrello.
SC.9. ( claudio e Klaus)
– SALOTTO / NOTTE -
(VFC la musica del cd)
1 – TOT. Mov.a seguire - L’uomo, la sigaretta spenta in bocca, scende le scale entra in salotto e va verso il tavolinetto dove preleva un accendino. Poggia il portasigarette fa per accendere.
2 – PP mano/sigaretta/accendino
(la musica si arresta di colpo alla fiammata dell’accendino)
il suo sguardo si sposta verso lo stereo.
3 - stacco su PPP led stereo “stop”
4 – TOT.- SOGG. malvivente. – l’uomo con ancora nell’atto di accendere la sigaretta, guarda di fronte a lui.(PROVARE UNO SGUARDO IN CAMERA)
5 – MF (e PP)- un uomo ha la pistola spianata verso di lui.
ha ancora il dito sul tasto dello stereo.
Malv.
- NON TI MUOVERE. LASCIA GIU’ QUELLE BOTTIGLIA. SE TI MUOVI TI SPARO. -
(-I°COLPO DI SCENA - 4° minuto)
II ATTO----
SC 11 (claudio e klaus)
- SALOTTO / NOTTE.-
MF - Padrone di casa.
- VA BENE… NON SPARARE… NON MI MUOVO…
MF e PP - Malv.
- SE STAI BUONO FINISCE TUTTO PRESTO E NON SUCCEDE NIENTE.
METTI IL PORTAFOGLIO SUL TAVOLO… E L’OROLOGIO… ANCHE LA CATENINA… METTI TUTTO Qui DENTRO DAI…DAI…
Poggia la borsa sul tavolinetto.
2 – PA -Il padrone poggia la bottiglia e prende la borsa. Ci guarda dentro.
Padrone.
VA BENE… MA NON CI FAI MOLTO CON QUESTA ROBA… RISCHI COSì GROSSO PER QUESTE QUATTRO COSE…
malvivente.
3 PP - … GUARDA CHE CHI RISCHIA GROSSO SEI TU… CHE FAI I GIOCHETTI?… METTI DENTRO ANCHE QUEL CANDELABRO… SBRIGATI! –
VFC - Squillo del telefono.
4 - DETT.- il telefono.
5 - PP Padrone si volta verso il telefono.
- malvivente.
MF - FERMO!… -
Tende di più la pistola a minacciarlo.
Padrone.
- MF E PP -… QUESTA È MIA MOGLIE… MI CHIAMA DALL’OSPEDALE… ABBIAMO APPENA AVUTO UN BAMBINO…
…ERAVAMO D’ACCORDO CHE MI AVREBBE CHIAMATO DURANTE L’ALLATTAMENTO… PER FAVORE PRENDI TUTTO E VATTENE… NON MI INTERESSA… LORO HANNO BISOGNO DI ME… -
malvivente.
- PPP - … HO DETTO FERMO!-
La voce del malvivente è tesa e nervosa, il respiro corto.
6 - DETT. Il telefono. L’ultimo squillo si tronca a metà.
Padrone.
Guarda il telefono. Poi torna sul malvivente.
MF - OK COS’ALTRO VUOI? CALMATI… SENTI, TI INDICO QUELLO CHE È PIÙ DI VALORE IN QUESTA CASA… QUESTI QUADRI PER ESEMPIO… E QUEI VASI LAGGIÙ’…
Malvivente.
strillando
PPP - CHE CAZZO DICI!!… SIEDITI E NON PARLARE PORCA TROIA!…
NO! RESTA IN PIEDI!...-
7 –MF - Il padrone è immobile con le mani alzate, lo sguardo teso verso l’altro, la
borsa della refurtiva ancora in mano.
Proseguio scena 11.
8 – MF - Il malvivente è sudato, si asciuga velocemente il sudore delle mani sui pantaloni cercando di mantenere costantemente sotto tiro il padrone di casa ma senza più la convinzione di prima.
Si guarda intorno agitato come a cercare una via di fuga. Abbassa un po’ la pistola.
(VFC Lo squillo violento di un cellulare.)
Lo sguardo teso del malv. dritto sul volto dell’altro, le braccia si rialzano con un sussulto di nervi, tese e tremanti sulla pistola ad altezza della testa.
malvivente.
- …CHE CAZZO FAI…! –
padrone.
MF - CALMO!… È IL TUO CELLULARE!… -
PA - Il malvivente si fruga affannosamente le tasche ed estrae il cellulare con una mano mentre l’altra è sempre tesa a puntare la testa dell’altro.
La voce piena di tensione:
malvivente.
- PP …PRONTO!… ADESSO NON POSSO… HO CAPITO! HO CAPITO! HO DETTO DOPO!… -
Il suo viso si contrae in una smorfia di dolore, gli occhi inumiditi come l’inizio di un pianto, la mano che impugna il cellulare a coprire il viso:
malvivente.
…MI DISPIACE… MI DISPIACE… IO NON SONO UN LADRO… SONO DISPERATO… NON HO PIÙ UN LAVORO… HO DUE FIGLI DA MANTENERE E NON SO PIÙ COSA FARE… -
La pistola ondeggia davanti puntando casualmente di qua e di là..
padrone.
- - PP … DAI CALMATI… UNA SOLUZIONE SI TROVA SEMPRE… ABBASSA LA PISTOLA… -
malvivente.
- …ODDIO… CHE DEVO FARE?... -
-
Padrone.
Il padrone di casa si muove ora in maniera appena percettibile verso di lui.
- SENTI……POSSO VERSARE UN PO’ DI WHISKY? CREDO CHE TU NE ABBIA BISOGNO… MI AVVICINO ALLE BOTTIGLIE ….STAI ATTENTO CON QUELL’ARMA PERÒ’. –
L’uomo singhiozza silenziosamente mentre abbassa l’arma e sembra rilassare tutta la tensione accumulata.
Malvivente.
- …SCUSA… NON TI HO FATTO NEMMENO PARLARE CON TUA MOGLIE… AVETE APPENA AVUTO UN FIGLIO?... … E COME L’AVETE CHIAMATO?... –
Proseguio SC.11
9 – FI- Il padrone di casa, tenendo puntato lo sguardo sulla mano armata si avvicina all’angolo bar.
10 –MF dall’alto - prende un vassoio dove poggia un’altro bicchiere e versa del wisky.
Con l’altra mano afferra la pistola nascosta dietro le bottiglie e la nasconde sotto il vassoio che tiene in mano.
Padrone.
MATTEO. PESA 4 CHILI E 2. E’ UN TORELLO. E MI SOMOGLIA TANTISSIMO.
11 – FI soggettiva malv.- Si gira verso il malvivente e lo guarda. La sua pistola ora è proprio a tiro del suo addome. Nascosta sotto il vassoio che tiene con la stessa mano che impugna l’arma.
Malvivente.
-… I MIEI DUE SI CHIAMANO MARIA E FRANCESCO HANNO DODICI E DIECI ANNI… TI ACCORGERAI DI QUANTO COSTANO I FIGLI… … MA È BELLO AVERLI INTORNO SAI?…E’ STRANO MA… SEMBRA CHE IL MONDO E’ MENO CATTIVO QUANDO CI SONO I BAMBINI… E’ IL VOSTRO PRIMO FIGLIO?
padrone.
- SI…
malv.
AH SI? E… QUESTO E’ PER LUI… E’PROPRIO UN BEL PENSIERO!...
(guardando il festone)
PECCATO CHE NON POTRA’ ACCORGERSENE…
padrone.
Guardando perplesso il festone.
- …E’ VERO… NON CI AVEVO PENSATO… FORSE DEVO FARE DELLE FOTOGRAFIE… -
12 - Il malvivente si avvicina al vassoio, prende il bicchiere.
Malvivente.
CERTO… COSI’ LO APPREZZERA’ QUANDO SARA’ PIU’ GRANDE.
Fa una grossa sorsata ed espelle l’aria come a scaricare la tensione.
13 – Il padrone di casa abbassa lo sguardo dal festone e lo osserva incuriosito
poi guarda il vassoio sulle sue mani e torna a guardare l’altro.
padrone.
LÌ DIETRO DI TE CI SONO DELLE SIGARETTE… PERCHÉ NON LE PRENDI?
14 – Il malvivente si gire verso il tavolinetto indicatogli.
15 – Il padrone di casa si infila di soppiatto la pistola in tasca.
Padrone.
- … SIEDI… PRENDIAMONE UN ALTRO… -
- Il malvivente lo guarda con un sorriso malinconico e timidamente accetta.
Malv.
GRAZIE…
------------------------------ PUNTO CENTRALE 8/9° minuto.-----------------------------
DISSOLVENZA IN NERO./ stasi.
SC.12. ( claudio e Klaus)
- SALOTTO/SEDUTI SUL DIVANO – notte –
-
(serie di dettagli per stasi)
1 - Il display dello stereo lampeggia ancora “pause”. (2 ELIMINATA)
3 - Il telecomando dello stereo.
4 - il posacenere pieno di cicche. Un filo di fumo si alza ancora da una cicca non spenta.
5 - La bottiglia di whisky semivuota.
6 - I due uomini adagiati sul divano, sono rilassati, mezzo ubriachi, fumano ancora e bevono, la voce del malvivente è stanca ma confidenziale:
malvivente.
- E POI L’AZIENDA HA INIZIATO A LICENZIARE… LA CASSA INTEGRAZIONE A “0” ORE… DUE ANNI… POI E’ ARRIVATO IL LICENZIAMENTO…ABBIAMO ANCHE OCCUPATO LA FABBRICA PER CINQUE GIORNI… MA CHE VUOI … LA POLIZIA HA FATTO IRRUZIONE, MANGANELLATE… CI HA DISPERSI… HO FATTO PER UN PO’ IL PARCHEGGIATORE … GIUSTO UN MESE DOPO E’ ARRIVATO LO SFRATTO ESECUTIVO, I CARABINIERI FUORI LA PORTA, CI SIAMO BARRICATI, CI HANNO PRESI DI PESO, IO HO REAGITO E MI HANNO ARRESTATO…
-
- padrone
- E TI SEI FATTO PURE LA GALERA? –
-
- HAI CAPITO? … IL DIRITTO ALLA CASA… CERTO! COME NO? IN GALERA... ORA CON MIA MOGLIE E I DUE BAMBINI VIVIAMO DAI MIEI SUOCERI…CON LA LORO PENSIONE… CHE VERGOGNA… MA COME SI PUÒ DICO IO?… ABBIAMO SCRITTO ANCHE AI GIORNALI… ALLE TELEVISIONI… COME SE NON ESISTESSIMO… MANCO I CLANDESTINI COSI’…
Il viso del padrone di casa sfatto di stanchezza e alcool, la voce roca:
padrone.
- CHE BASTARDI… È PROPRIO UN MONDO DI MERDA… -
-
Malvivente.
…E TU CARLO? DIMMI QUALCOSA DI TE… CHE FAI NELLA VITA?
Padrone.
IO… MI OCCUPO DI… RECUPERO CREDITI… PER UNA GROSSA AZIENDA… MOLTO GROSSA… (sorseggia)
Malvivente.
AH!... ALLORA DEVO STARE ATTENTO CON TE!... SE PARLIAMO DI CAMBIALI SCADUTE…MEGLIO LASCIAR PERDERE…
- (scola il bicchiere)
- CARLO SEI UNA BRAVA PERSONA… IO TI RINGRAZIO… MA È PROPRIO ORA CHE VADA… DEVO ACCOMPAGNARE I FIGLI A SCUOLA… E ANCHE TU HAI DA FARE… TUA MOGLIE E MATTEO IN OSPEDALE… DEVI ANDARE DA LORO NO? –
Si alza faticosamente dal divano si stropiccia la faccia, raccoglie la pistola dal tavolinetto.
CIAO CARLO… BUONA FORTUNA… MA TU NON NE HAI BISOGNO… SEI FORTUNATO TU…
CONGRATULAZIONI PER TUO FIGLIO…
fa per raggiungere l’uscita.
Il padrone di casa rimane seduto sul divano, le membra rilasciate, la testa poggiata gli occhi semichiusi. Si rianima un po’:
padrone.
- …HEI! … PRENDI PURE LA BORSA… VERAMENTE! –
- Prende il portafogli e ne estrae delle banconote
- TO’ PRENDI ANCHE QUESTI…
-
- Stacco – PP banconote sul tavolo
8 - FI - Il malvivente in piedi è di spalle. Vicino l’uscita si ferma.
Si volta verso l’uomo, guarda le banconote sul tavolinetto con un mezzo sorriso, poi guarda a terra. Rialza il viso sull’altro e esplode due colpi di pistola.
PP Malvivente.
- QUESTO PERCHÉ TU NON PENSI CHE IO SIA UN COGLIONE!…-
(-II° COLPO DI SCENA 12° minuto.-)
stacco per stasi: totale dall’alto
ATTO III --------
SC 13 – (claudio e Klaus)
– SALOTTO/PADRONE DI CASA – notte - FERITO SUL DIVANO.
1 – TOT. Una coscia dell’uomo sul divano sanguina a fiotti, il sangue ha intriso già il tessuto del divano.
2 – PP Lo sguardo serio, offeso del malvivente, la pistola ancora fumante puntata.
MF Padrone.
– AAAHRG… MA CHE CAZZO FAI!… AAHH… BRUTTO STRONZO!… -
3 - MF Il padrone di casa con uno scatto del busto afferra la pistola tra le pieghe del divano e fa fuoco sull’altro.
4 – DETT. Estrazione pistola.
5 - FI Il malvivente viene catapultato sotto la scala, cade fragorosamente a terra senza un lamento.
6 – Mov. a seguire zoom out da FI a PP volto padrone dal basso:
Il padrone di casa dolorante e infuriato si alza con fatica dal divano poggiando la gamba sana, barcollando, con la pistola in mano cerca di avvicinarsi al corpo vicino alla porta:
padrone.
- … CHE COGLIONE!… CHE COGLIONE… MA TU LO SAI CON CHI HAI A CHE FARE EH? STRONZO!… LO SAI CHI SONO IO EH?… SONO UN KILLER TESTA DI CAZZO!… HAI CAPITO? UNO CHE AMMAZZA PER SOLDI… IN CANTINA HO DUE FUCILI DI PRECISIONE… SAI QUANTA GENTE HO AMMAZZATO EH? –
SEI UN POVERO COGLIONE UN FALLITO E STAI FACENDO UNA FINE PROPRIO IDIOTA…
7 - Il malvivente ha gli occhi sbarrati, guarda il vuoto.
E’ immobile, sangue dalla bocca e sul pavimento.
Gli occhi strabuzzano come a reggere uno sforzo enorme.
- un’esplosione parte da qualche parte sotto il suo corpo afflosciato.
8 - Il colpo raggiunge l’uomo in piedi in pieno petto che stramazza a terra. La schiena va a cadere pesantemente a terra addosso al divano.
(Stacchi per Stasi)
9 – totale - I due uomini immobili nel sangue.
10 -Il posacenere pieno di cicche fumate, alcuni schizzi di sangue.
11 - La bottiglia di whisky vuota. Schizzi di sangue.
12 - Il telefono squilla vicino la foto del matrimonio.
13 - La pistola dalla mano del padrone di casa scivola lentamente sul pavimento.
VFC squillo del telefono.
SC. 14 (CLAUDIO –
con KLAUS solo
ultima inq.)
1 PP - L’apparecchio telefonico squilla e si sposta lentamente.
2 PP- Lungo il cavo la mano insanguinata faticosamente lo tira a sé. Un tiro. Due.
3 - Il telefono che squilla, è ancora lontano.
4 - Breve spostamento del telefono tirato. Lo squillo si tronca e l’apparecchio si ferma muto.
5 - La mano molla la presa del cavo e cade pesantemente a terra.
6 – PP padrone. Il respiro affannato. Sangue. Gli occhi socchiusi puntano qualcosa a terra.
7 – dettaglio telecomando stereo a terra.
8 - Faticosamente il dito preme il tasto “play”.
9 - Il display dello stereo si stacca da “pause” e va su “play”.
Le note di “Buonanotte fiorellino” riecheggiano nella stanza.
10 SCENA FINALE - Totale della stanza coi due uomini riversi a terra.
Movimento a salire della camera fino al festone appeso “benvenuto Matteo”.
Titoli di coda. FINE - 16°/18° MINUTO
Finale alternativo :
esterno villa – giorno.
una macchina sosta davanti al cancello suoceri moglie efiglioletto scendono dall’auto
e vanno a suonare il campanello.
Liceo Classico / Linguistico G.Carducci di Bolzano
Progetto
EFFETTO NOTTE
Breve presentazione della realizzazione del film “Cecità”
Il progetto di ideazione e di realizzazione di un film a soggetto si è svolto nell’arco di due anni scolastici ed stato interamente autofinanziato (se si esclude un piccolo finanziamento iniziale previsto dalla scuola).
Vi sono state tre fasi fondamentali: l’avvicinamento al linguaggio e alle modalità espressive del cinema, anche attraverso esercitazioni pratiche all’uso della telecamera, la scrittura del soggetto e della sceneggiatura del film e la realizzazione concreta.
Da un numero iniziale di circa 50 studenti che si sono mostrati interessati all’iniziativa è venuto mano a mano selezionandosi un gruppo di 35 studenti di diverse classi che hanno lavorato concretamente e stabilmente – senza alcun tipo di obbligo – una volta alla settimana per tutto l’anno scolastico con il coordinamento del prof. Tarter. L’intento da cui il lavoro è partito era costituito da una sfida, forse ambiziosa per un lavoro scolastico, ma proprio per questo stimolante: costruire un thriller psicologico, qualcosa di insolito che ci consentisse di riflettere sulle paure e sulle tensioni nei rapporti interpersonali.
Per l’ideazione del soggetto, dopo aver selezionato ed esaminato diversi racconti, si è scelto di prendere spunto dal romanzo di J.Saramago: Cecità (ed. Einaudi). Si è trattato solo di uno spunto, poiché l’ideazione e la scrittura della sceneggiatura si sono poi sviluppate in modo completamente autonomo e originale. Del romanzo è stata presa in considerazione l’idea di partenza: l’improvvisa e immotivata cecità dei protagonisti e il loro confinamento, altrettanto immotivato, in un luogo separato dal resto del mondo. Ai ragazzi sembrava interessante la possibilità di progettare una vicenda dove le relazioni umane fossero messe alla prova in un situazione estrema e inaspettata.
L’altro elemento su cui si è incentrata la discussione in fase di progettazione del film è stato il tema del capro espiatorio e la questione della responsabilità individuale e collettiva, nell’elaborazione che ne ha fatto R.Girard. In particolare vi è stata una riflessione sulle dinamiche che possono crearsi nella relazione tra il gruppo e un singolo, il quale, in una circostanza difficile, finisce spesso, in modo irrazionale e ingiusto, per fare da catalizzatore dell’aggressività e delle tensioni. In un passo de La violenza e il sacro (Adelphi), Girard afferma: “Istintivamente, si cerca un rimedio immediato e violento alla violenza insopportabile. Gli uomini vogliono convincersi che i loro mali dipendono da un unico responsabile di cui sarà facile sbarazzarsi”. Questa frase, che nel film compare prima dei titoli di chiusura, rappresenta una felice sintesi dei problemi che abbiamo cercato di affrontare.
Coadiuvati dall’attrice Flora Sarrubbo che ha collaborato al progetto, una parte dei ragazzi, interessati alla recitazione, ha lavorato all’affinamento delle tecniche attorali, misurandosi mano a mano con le parti della sceneggiatura che venivano realizzate in modo da fornire indicazioni utili per la costruzione dei dialoghi. Si è poi proceduto alla realizzazione concreta per la quale sono state utilizzate delle telecamere digitali. Il film è stato in gran parte ambientato nei sotterranei della ex-ricevitrice Resia dell’Azienda Elettrica di Bolzano. Alcuni mesi sono stati infine dedicati al montaggio dell’intero lavoro che consiste ora in un lungometraggio di 84 minuti. Al lavoro ha collaborato anche Giuseppe Schettino della scuola Zelig di Bolzano.
L’attività ha consentito di amalgamare studenti di diverse classi sia del classico che del linguistico, dando loro l’occasione di acquisire abilità collaborative e di sviluppare molteplici forme di creatività nel quadro della realizzazione di un progetto concreto di notevole complessità. Molti dei ragazzi appartengono alle classi del biennio e alla prima classe del triennio, e costituiscono quindi un gruppo stabile che potrà essere in futuro arricchito dal contributo di nuovi studenti. Uno degli obiettivi è infatti quello di giungere alla maturazione di una piena autonomia da parte degli studenti nella ideazione e nella gestione di progetti di questo tipo e, più in generale, nell’utilizzo – anche per finalità didattiche – degli strumenti audiovisivi.
CECITÀ – Sinossi del film
Alcuni ragazzi diventano ciechi, mentre sono riuniti nella biblioteca della loro scuola. Tra loro c’è una ragazza che già è cieca dall’infanzia. Degli uomini con tute bianche isolano la scuola annunciando un’improvvisa e grave emergenza sanitaria. Portano via i ragazzi da quel luogo, dopo averli narcotizzati e li abbandonano in un sotterraneo. Sconvolti e disorientati cercano di sopravvivere. Si rendono conto che qualcuno dall’esterno fa trovare loro del cibo, dentro sacchetti che vengono lasciati cadere attraverso una feritoia.
La ragazza cieca trova nel sotterraneo qualcosa che le dà la certezza di essere già stata in questo luogo in un lontano passato; ricorda, e il ricordo le consente di recuperare la vista. La circostanza però, invece di rivelarsi fortunata, innesca un clima di diffidenza e sospetti verso di lei. I rapporti tra loro si deteriorano progressivamente…
Ispirato liberamente all’omonimo romanzo di J.Saramago. Una vicenda dove le relazioni umane sono messe alla prova in un situazione estrema e inaspettata. Viene affrontato il tema del capro espiatorio e la questione della responsabilità individuale e collettiva.
cecità
– SCENEGGIATURA –
PROLOGO
P-Sq.1 (interno notte: bagno di un locale)
Gaia, una ragazza sui sedici anni, si sta truccando davanti allo specchio.
Il suo volto (Gaia si sta mettendo il mascara) nello specchio.
La pupilla.
P-Sq.2 (interno notte: sotterraneo)
Cunicolo buio e squallido. Muri sgretolati. Tubi, cavi elettrici. Una lampadina pende dal soffitto.
TITOLO
***
I SCENA
I-Sq.1 (esterno notte: ingresso di un locale)
Michele si avvicina all’ingresso del locale sorreggendo una birra.
Michele apre la porta del locale e si infila dentro.
I-Sq.2 (interno notte: scala interna del locale)
Musica ovattata.
Michele (Fronza) scende le scale e arriva in una sala dopo aver attraversato un atrio con qualcuno che chiacchiera guardandolo passare.
Entra in una sala attigua e gli si fa incontro Edoardo.
EDOARDO → Heilà!
Edoardo con un movimento rapido afferra la birra che Michele teneva in mano.
MICHELE (stupefatto) → Ehi..Ehi!!! Dove vai con la mia birra ?!
Edoardo muovendosi si gira verso Camilla e Alessandra che ridono.
EDOARDO → Se non ci fossi io qua sarebbe un mortuorio... Fuggiamo insieme noi tre!
CAMILLA → Mmmm... rabbrividiamo già dall’emozione!
ALESSANDRA → Si, con la tua bicicletta!
EDOARDO → Stronze..
Michele lo raggiunge.
MICHELE → Ridammi la birra!
EDOARDO (divincolandosi) → E dai... falla finita, per una birra..
Edoardo cammina oltre,
Un pò più in là gruppi di ragazzi che si divertono. Alcuni gironzolano per il locale con una bottiglia o un bicchiere in mano. Tutti fanno un gran baccano. Su un palco in un angolo della sala ci sono degli strumenti appoggiati.
Edoardo si avvicina al gruppo di ragazzi che fanno crocchio seduti intorno a Luca che invece rimane in piedi. Esclamazioni del gruppo.
Luca va incontro a Edoardo e lo saluta.
LUCA → Ciao.. mi hai portato una birra...grazie.
La afferra dalle mani di Edoardo.
EDOARDO (a braccia aperte) → Non vale !
LUCA (allontanadosi) → Vale tutto.
Michele (Testini) sta accordando la chitarra seduto su una sedia sopra la pedana in fondo al locale. Luca gli si avvicina.
LUCA (allungando verso Michele la bottiglia) → Ne vuoi?
Michele si accorge della presenza di Luca.
MICHELE → Ciao... si grazie.
LUCA (si siede vicino a lui sulla pedana) → Ti stai rompendo.
MICHELE → No.. è che non conosco quasi nessuno.
LUCA → Con chi sei venuto?
MICHELE → Con Edo.
LUCA (sorride) → L’ho fregata a lui la birra.
MICHELE → Meno male... qui è sparito tutto in cinque minuti. (Si guarda intorno) è un bel posto però...
LUCA → C’eri mai stato?
MICHELE → No.
Michele intravede una ragazza, di spalle, con una maglietta chiara.
MICHELE → La conosci quella?
LUCA → Chi?
MICHELE → Quella con la maglietta chiara.
LUCA → Caterina?
MICHELE → La vorrei conoscere.
LUCA → Ah.. lascia a perdere. È una tipa a scuola da noi.
MICHELE (alzandosi) → Voglio conoscerla.
LUCA → è una che se la tira un sacco... c’è di meglio Michele..
MICHELE → Io vado. (Si allontana)
Michele si dirige verso Caterina che sta parlando con un’amica. La raggiunge e le appoggia una mano sulla spalla.
MICHELE → Ci siamo già visti?
Caterina si volta e fissa lo sguardo nel vuoto
Caterina → Non credo! (spiritosa)
Nero.
***
II SCENA
II-Sq.1 (interno pomeriggio: biblioteca scolastica)
Nella sala ci sono diversi studenti intenti a compiti differenti.
Valeria prende un libro da uno scaffale, poco più in là Alessio, Luca e Camilla sono intenti a lavorare al tavolo dei computer.
Ai tavoli un folto gruppo di ragazzi è chino sui libri. Alcuni chiacchierano tra di loro e si sente un costante brusio di sottofondo.
Caterina è seduta al fianco di Andrea, sta cercando la sua mano. Gli chiede dell’acqua e Andrea gliela passa.
Nel frattempo Bea ha dei problemi agli occhi e se li strofina chiedendo a Laura se ha qualcosa nell’occhio. Quest’ultima risponde negativamente, quindi ritorna alle sue occupazioni e Bea si alza e si dirige verso l’uscita della sala.
II-Sq.2 (interno pomeriggio: bagno scolastico)
Bea è davanti allo specchio. Si guarda allarmata negli occhi, quindi si sciacqua il volto.
II-Sq.3 (interno pomeriggio: biblioteca scolastica)
Bea è rientrata in biblioteca, in piedi davanti al tavolo si rivolge a Laura lamentandosi di non vedere bene. Ora tutti hanno abbandonato le proprie occupazioni e guardano incuriositi verso di lei per un attimo, quindi riprendono le loro faccende.
Bea, vedendo che il suo problema viene ignorato, alza la voce per raccogliere l’attenzione di tutti i presenti. Tutti si zittiscono e riprendono a fissarla, questa volta con sguardi sconcertati. Si alza un coro di voci confuse ed agitate:
→ ...sarà la stanchezza... hai studiato troppo... Cosa vuole dire che non ci vedi più?!?
Bea è troppo agitata per ascoltarli e, mentre gli altri continuano a mormorare, chiede a Laura di accompagnarla fuori.
Le due ragazze si allontanano verso l’uscita della sala.
Valeria in piedi, tenendo un libro aperto tra le mani, le guarda uscire.
II-Sq.4 (esterno pomeriggio: cortile della scuola)
Alcuni ragazzi giocano a calcio. Il sole è tramontato da un pò. Schiamazzando raccolgono il pallone e cominciano ad andarsene uscendo dal cancello.
Passano davanti all’entrata della scuola.
All’interno, attraverso le vetrate dell’ingresso, si vedono Laura e Bea che parlano con un bidello.
II-Sq.5 (interno pomeriggio: biblioteca della scuola)
I ragazzi sono assorti nella lettura, alcuni chiacchierano piano.
Rientra Laura agitata che dice di voler accompagnare Bea all’ospedale perché l’amica sta troppo male. I ragazzi rimangono per un attimo allibiti
→ ...Facci sapere come sta …
ma nel momento in cui Laura esce dalla sala commentano ironici sull’ipocondria della loro compagna. Dopo qualche battuta e diverse risate riprendono a studiare.
II-Sq.6 (esterno sera: area della scuola)
Cielo all’imbrunire. La strada. Automobili. Ingresso della scuola.
II-Sq.7 (interno sera: biblioteca, atrio e corridoi)
Alessio → È tardi. Provo a vedere se si sa qualcosa.
Cerca di chiamare Laura e Bea al cellulare, nessuna delle due risponde, allora decide di andare a cercare qualcuno per chiedere.
Alessio scende le scale e percorre tutti i locali della scuola in cerca di qualcuno a cui chiedere informazioni. Entra in segreteria, in aula professori, percorre i corridoi e torna nell’atrio: tutti i locali sono vuoti. Si ode solo il rumore dei suoi passi nelle stanze vuote.
II-Sq.8 (interno sera: biblioteca)
Alessio ritorna nella biblioteca annunciando che la scuola è deserta.
Alessio → Oh, non c’è più nessuno...
I ragazzi, ormai stanchi, decidono di uscire. A gruppi si alzano, prendono le loro cose e si preparano ad uscire. Durante i preparativi alcuni di loro si mettono d’accordo per incontrarsi la sera al bar.
Alessio → E’ tardi, io vado. Ci si vede più tardi? Io verso le 9 sono al Fantasy.
Si alza, prende il suo zaino e si avvia all’uscita della biblioteca. Sta per aprire la porta quando all’improvviso sul suo volto si disegna un’espressione di spaventato stupore: un gruppo di uomini in tuta anti-contagio irrompono improvvisamente e rumorosamente nella biblioteca. Quando iniziano a parlare le loro voci appaiono distorte dalle maschere che indossano. Affermano che si tratta di una grave emergenza sanitaria. Sui volti dei ragazzi comincia a disegnarsi la paura, c’è molta concitazione. Gli uomini in tuta si dispongono di fronte ai ragazzi con fare autoritario imponendo loro la calma. Voci dei ragazzi che si accavallano tra loro chiedendo spiegazioni. Nel frattempo alcuni degli uomini cominciano a sigillare le finestre. Al termine gli uomini escono dalla sala sigillando la porta da fuori. In sottofondo si odono le grida spaventate dei ragazzi.
I ragazzi cominciano a battere sulla porta gridando per poter uscire. Dopo un primo momento di panico e grida incontrollate, i ragazzi si calmano. Luca vorrebbe provare a forzare la porta e si guarda intorno per vedere di trovare qualcosa di adatto allo scopo ma Alessio e alcuni altri lo convincono a mantenere la calma. Alcune ragazze rimaste in fondo alla sala cominciano a singhiozzare piano, mentre alcuni afferrano i cellulari e cercano di chiamare a casa. Ma all’improvviso affiorano in tutti loro i primi sintomi della cecità: alcuni cercano di afferrare i cellulari facendoli cadere dal tavolo, altri si portano le mani agli occhi gridando di non vedere più. All’improvviso è il buio. A questo punto tra i ragazzi si scatena il panico, si odono pianti e grida di aiuto, mentre alcuni cercano ancora di telefonare.
All’esterno della biblioteca la scuola è deserta. Nessuno accorre alle grida che si sentono in sottofondo.
II-Sq.9 (interno notte: corridoio della scuola)
Piedi degli uomini in tuta che avanzano.
All’interno alcuni ragazzi spingono ancora la porta nel tentativo di aprirla, nel frattempo si odono dei passi pesanti provenire da fuori. All’improvviso gli uomini in tuta irrompono nuovamente nella biblioteca sospingendo all’interno i ragazzi accalcati sulla porta. C’è un’alternanza di buio e immagini frammentate di ciò che sta accadendo: dettagli degli uomini, di strumenti medici nelle loro mani, mani che preparano siringhe. Poi solo il buio e le voci degli uomini. I ragazzi non si sentono più. Rumori di passi e lo sbattere delle portiere di un camioncino. Un motore viene avviato.
Buio. Rumori di corpi trascinati. Di sacchi, borse gettate. Nessuna voce. Porta pesante che si chiude.
Silenzio.
Grate da cui trapelava un pò di luce da un soffitto vengono sbarrate dall’esterno.
Ticchettio irregolare di orologio.
Gocce.
***
III SCENA
III-Sq.1 (interno: sotterraneo - ABBANDONATI)
La mano di Andrea è inerte sul pavimento, ma all’improvviso si rianima, lentamente, e inizia a muoversi contratta e a scatti, tastando la superficie del pavimento.
Profilo di Andrea. Ha freddo, mormora qualcosa di indistinto.
Inizia lentamente a muoversi e carponi raggiunge Luca, ancora svenuto per terra. Andrea lo scuote tentando di svegliarlo, ma senza successo. Quindi lo urta provando a scavalcarlo. In sottofondo solo il rumore dell’orologio e lo sgocciolio persistente dell’acqua da qualche parte. Andrea rimane in ginocchio, le mani appoggiate alle gambe; sfinito dalla stanchezza e dalla paura.
Andrea (piano, con un filo di voce, fatica a parlare) → ...svegliatevi...qualcuno...c’è qualcuno?
Si cominciano a intravedere i corpi degli altri ragazzi.
Andrea resta fermo in ginocchio.
Andrea (urla) → Cazzooo! Svegliatevi!
Si sente la voce di Anna.
Anna (piano) → Andrea... Andrea.. dove sei?
Anna si è messa a sedere sulle ginocchia e gira intorno a se stessa allungando la mano alla cieca nella speranza di trovare il corpo di qualche amico vicino a lei. Andrea, guidato dai suoi richiami, le si avvicina muovendosi ancora sulle ginocchia. Arrivato vicino ad Anna, che confortata dalla sua presenza rilassa l’espressione del volto, Andrea tenta di alzarsi in piedi ma inciampa e le cade quasi addosso, imprecando. Anna si spaventa per un istante poi, ripreso il controllo, allunga una mano su Andrea per accertarsi che si tratti proprio di lui. Andrea le afferra la mano, come a volerla tranquillizzare, quindi si sdraia al suo fianco sfinito dalla fatica e dalla tensione.
Andrea (sussurra) → Cosa succede… cosa ci stanno facendo?
Anna → Dobbiamo restare calmi…
Andrea → Ho paura.
Si sentono dei lamenti: gli altri ragazzi si stanno svegliando. Qualcuno si mette subito a sedere, altri, incapaci di reagire, rimangono distesi nella posizione iniziale. Voci diverse, pianti.
Su una parete della prigione viene improvvisamente aperto uno spioncino. Appare un occhio che osserva all’interno.
III-Sq.2 (interno: sotterraneo – IL RISVEGLIO)
Andrea si solleva fino a sedersi.
Andrea → Ho freddo, dove siamo? Ci siete? Siete svegli?
Volto di Camilla. Sdraiata supina. Si passa la mano sulla faccia. Si gira in direzione della voce.
Camilla → Andrea…Andrea dove sei?
Andrea → Parlate! Parlate tutti, maledizione! Rispondete, fatevi sentire!
Anna → Non urlare, mi fai saltare i nervi!
Alessandra → Restiamo calmi…calmi…
Camilla → È buio…
Luca → No.
Camilla → È buio…porca puttana…è buio!
Luca → No. Non vediamo.
Pausa di silenzio.
Elisa si solleva da terra e si mette carponi tentando inutilmente di scrutare nel buio.
ELISA → Qualcuno vede? Qualcuno vede? Rispondete!... (Grido sommesso…soffocato…batte la mano per terra…fino a piangere) ...qualcuno vede…vede…rispondete…perché non volete rispondermi…
Caterina si muove per riconoscere chi ha vicino. Tocca Anna sul viso. Anna si divincola.
GAIA → Non toccarmi! Non toccarmi!
Caterina → Sono io…
GAIA → Non toccarmi…(primi inconsapevoli movimenti da non vedenti…tocca la faccia…) scusa…scusa…
Gaia se ne sta ranicchiata, isolata dagli altri
Gaia → Ho freddo…. dove siamo…dove siamo…(si alza, gira su stessa, non ha coraggio di andare avanti, né indietro, gira) ho freddo…mamma ho freddo…ciao mamma…ciao mamma…sei qui, mamma? Mamma sei qui…dammi la mano mamma…la mano, solo la mano…(qualcuno le prende la mano, lei la prende) lo so che sei qui…vero che usciamo? Andiamo a casa a casa…non dire niente, niente ti prego non parlare…niente... (piange…quasi in silenzio)
Alessio → Cosa facciamo?
Anna → Non ne ho la più pallida idea.
Alessio → Cosa si fa in questi casi?
Anna → Si aspetta.
Alessio → Cosa si aspetta?
Anna → Che ci venga in mente qualcosa da fare.
GAIA → Siamo morti? Siamo morti? Siamo morti?
Caterina →Toccami…toccami cristo! Mi senti? La senti la mia pelle? La senti? Non siamo morti? E questo basta…
GAIA → E questo basta…basta…fino a quando basta…fino a quando... (ancora stringendo la mano della “mamma”) Accompagnami a casa mamma…ho male alla testa…ho male alla testa…
III-Sq.3 (interno: sotterraneo - DISORIENTAMENTO)
Dopo che tutti i ragazzi si sono ripresi, formano un gruppo compatto al centro del locale. Comincia una discussione sul perché si trovino lì e su come poter uscire. In questo contesto Alessio e Luca cominciano a litigare tra loro addossandosi la colpa.
Alessio → Te l’avevo detto che dovevamo restarcene a casa….ma tu hai insistito…
Luca → Vorresti dire che siamo in questa situazione di merda solo per colpa mia?
Alessio → Si, io a scuola non ci volevo venire…per quella cavolo di ricerca siamo finiti in sto casino…
Gli altri stanno zitti non sapendo cosa dire, quando Alessandra, la più carismatico tra tutti, impone loro la calma..
alessandra → Non dobbiamo perdere la testa…cazzo, deve essere successo qualcosa di terribile…magari un’epidemia…ma quelli hanno detto che sono misure straordinarie…non resteremo qui molto…
Alessio e Luca si zittiscono immediatamente. Ma alcuni di loro cedono al nervosismo e ricominciano a discutere.
Gaia → Come fai a dirlo! Che ne sai se non sono tutti come noi…ciechi…come fanno a venirci a prendere? …
Dopo alcuni minuti in cui le varie voci si sovrappongono.
alessandra → Proviamo a ragionare se ci riusciamo... (pausa. Riflette) ...Ci hanno narcotizzato e poi ci hanno portato qua.
Gaia → E questo non è certo un ospedale...
alessandra → Non lo è infatti. Dall’odore che c’è si direbbe uno scantinato. Ma perché.... (fa un lungo sospiro e una pausa)... fffhhh...è assurdo.
Alessio → Ci hanno fottuto, te lo dico io.. una di quelle storie pazzesche che si sentono ogni tanto.. un epidemia, e non sanno cosa farci, non possono farci niente e ci hanno mollato qua. Bea era stata male.. e quando si sono accorti di quello che aveva hanno deciso che l’unica cosa che potevano fare era isolarci da qualche parte.
ELISA (con un lamento) → ...ma perché qua...?
alessandra → Sentite non è possibile... ci sono i nostri genitori. C’è un mondo fuori di qui... a qualcuno è rimasto un cellulare?
Gaia → Io ce l’avevo nella borsa.
Luca → Io ce l’ho!...
Lo estrae dalla tasca e prova con le dita a intuire la posizione dei numeri sulla tastiera, li compone e lo porta all’orecchio...
Luca → Niente... non prende.
Annachiara è seduta un pò più in là. Anche lei ha un cellulare in mano.
ELISA → Nemmeno il mio... da qua non si riesce..
GAIA (che ora sta abbracciata a Caterina) → Io ho paura... non verrà nessuno a prenderci...
Alessio (si alza e grida verso l’alto) → AIUTO!!!. NON C’è NESSUNO?? AIUUTOOOO!!!
alessandra → Piantatela!! Non serve a niente....
Alessio → Allora dacci tu una soluzione, se sei tanto bravo a restare calmo.
Caterina → Non mettiamoci a litigare per favore.
Silenzio.
alessandra → Vi bruciano ancora gli occhi?
(Varie voci) → No... no... a me un pò, ma...
alessandra → Siamo ciechi... ed è successo a tutti più o meno nello stesso momento. Un virus, qualcosa nell’aria...
Alessio → Secondo me è un esperimento...
Luca → Non dire cazzate..
Alessio → Non dico cazzate... una di quelle cose che devono tenere segrete.
Luca → Tu hai visto troppi film..
ELISA → ...beh, adesso non ne vedremo più...
alessandra (senza badare ai discorsi che si fanno) → Nessuno vede niente vero? Nemmeno ombre?
MICHELE → Però non abbiamo male, magari è qui che è completamente buio...
alessandra → No, ce ne accorgeremmo... e poi avresti visto la luce del cellulare.
Alessio → Siamo ciechi, e nessuno di noi può fare un accidente.
Silenzio.
Caterina (dopo un attimo di esitazione) → Beh, io potrei....
Alessio → Potresti cosa?
Caterina → Sentite…io…per me questa è una situazione più o meno normale…io sono abituata a non vedere... posso muovermi senza grossi problemi.
Silenzio. A questo punto l’attenzione di tutti è rivolta verso di lei. In sottofondo continua ad udirsi il ticchettio dell’orologio alla parete.
ALESSANDRA → è vero... allora proviamo a capire dove siamo.
MICHELE → Ma ci siamo tutti?
I ragazzi decidono di fare una conta per capire quanti e chi siano. Quindi si dispongono in cerchio cercandosi l’uno con l’altro per mettersi vicini. A turno ognuno di loro pronuncia il proprio nome. Fatto questo i ragazzi decidono all’unisono di fare un’esplorazione del luogo in cui si trovano. Tirano a sorte su chi dovrà esplorare l’ambiente guidati da Caterina: Elisa, Alessio, Luca.… i prescelti si alzano cercano ognuno le mani dell’altro e si incamminano, mentre gli altri rimangono seduti e si addossano l’uno all’altro in cerca di protezione.
III-Sq.4 (interno: sotterraneo – RITROVAMENTO DI VALERIA)
Caterina apre la fila degli esploratori che procedono tastoni lungo un muro. Procedono in silenzio. A fatica, con estrema cautela. Fanno pochi passi. Andando avanti Caterina inciampa in qualcosa. Tastando l’ingombro si accorge che si tratta di un corpo. Si ritrae spaventata e lo dice agli altri.
Caterina → Qui c’è qualcuno... un corpo.
ELISA (spaventata) → Dio...Dio.... chi è?!
Caterina → Aspettate... (a voce alta, in modo che sentano anche gli altri) ... non c’era nessun altro in biblioteca con noi?
(VOCI) → nO...no, mi sembra di no... Ci siamo chiamati tutti prima...
ALESSIO → C’era qualcun’altro.. quella ragazza di quinta.. stava cercando dei libri, come si chiama?
ELISA → Valeria! È vero... so chi è..
Caterina e Giada si abbassano e con grande timore toccano il viso di Valeria.
ELISA → Oddio...non so, ma non può essere altro che lei.
CATERINA → Respira...
La scuotono piano, senza alcun risultato.
ALESSIO → Ci vorrebbe dell’acqua...
Silenzio.
CATERINA → Shhhh.... c’è dell’acqua, si sente gocciolare.
Si zittiscono per capire da dove provenga il rumore di acqua che gocciola.
CATERINA → Vado io, restate qua.
Caterina si avvia verso il punto e trova acqua che cola da una conduttura del soffitto. Ne raccoglie alcune gocce con le mani e la assaggia. Le sembra potabile.
Si rende conto che non può raccoglierla con le mani.
CATERINA → Ho trovato da dove viene la goccia... sembra buona, ma non so come portarla. Qualcuno ha un contenitore..un sacchetto... qualcosa?
(VOCI) → No... no..
Le viene un’idea. Infila una mano in tasca, estrae un pacchetto di fazzoletti di carta, lo svuota, e cerca di tenere aperto il sacchetto sotto la goccia. L’espediente funziona.
Ne raccoglie un pò e procedendo molto lentamente la porta da Valeria. Giada le bagna il viso e Valeria comincia lentamente a riprendersi.
VALERIA (intontita. Un lamento) → ...dove.... dove sono...
ELISA → Stai calma... sei Valeria?
VALERIA → Si... dove sono... chi sei tu?
ELISA → Non devi agitarti.. ti hanno narcotizzato. L’hanno fatto anche a noi.. io sono Gaia...probabilmente non vedrai nulla... nessuno di noi riesce più a vedere... come stai?
VALERIA → Mi gira la testa... cos’è successo?... non vedo nulla.
ELISA → Nemmeno noi... eri in biblioteca, ricordi?
VALERIA → Si... si... mi ricordo. (Più decisa e spaventata) ...Ma dove siamo?
CATERINA → Non lo sappiamo.
Silenzio.
ELISA → Ce la fai ad alzarti? (Aiutandola) Vieni, andiamo dagli altri.
III-Sq.5 (interno: sotterraneo – I LACCI)
La mano di Caterina scivola lungo una parete fino all’apertura di un cunicolo. Annaspa nell’aria percependo il vuoto. Torna sui suoi passi e si china verso gli altri.
Caterina → Non ce la faremo mai procedendo così a caso, ci sono dei cunicoli... più di uno.. cunicoli, corridoi, non capisco. È rischioso.
ALESSIO (ironico) → Ma non avevi detto che ti orientavi benissimo?
CATERINA → Perché sei così stronzo... ho solo detto che sono abituata a muovermi nel buio.
ALESSANDRA (rivolgendosi a Caterina) → Cosa dici di fare?
CATERINA → Ci vorrebbe una fune... qualcosa per tenerci mentre ci spostiamo.
LUCA → E dove la troviamo una fune..
Durante la discussione odono un forte rumore. I ragazzi trasaliscono
MICHELE → Cos’è stato?
Si sentono ancora dei tonfi sordi..
GAIA → Oddio cos’è?
Michele si solleva in piedi.
MICHELE (grida) → C’è qualcuno?!
Valeria si stringe vicino ad Anna.
VALERIA → Non saranno bestie vero?
Rimangono tutti zitti per un attimo.
MICHELE → Dobbiamo andare a vedere...
ALESSIO → Si, bella questa... andare a “vedere”
ALESSANDRA → Alessio piantala.
CATERINA → Quanti di noi hanno scarpe con i lacci?
LUCA → Cosa centrano le scarpe adesso?
CATERINA → Potremmo legarli assieme e costruirci una corda.
LUCA → Ma non sarà mai abbastanza lunga...
CATERINA → Non è detto... un solo laccio è lungo mezzo metro o forse di più. Se almeno otto di noi hanno i lacci fanno... dieci metri circa. Non è molto ma è già qualcosa.
LUCA → Un metro... figurati.
CATERINA → Prova.
Luca si slaccia una scarpa e tendendo il laccio con le mani si rende conto che Caterina ha ragione.
LUCA (stupito) → è vero... c’è qualcuno che ha scarpe senza lacci?
Silenzio.
MICHELE → Li abbiamo tutti.
ALESSANDRA → Bene. Allora sono dodici metri almeno. Facciamolo.
Ancora rumori forti in sottofondo.
I ragazzi si bloccano per un istante in ascolto. Silenzio.
Tolgono i lacci alle scarpe.
LUCA → Non facciamo casino... Ognuno allacci i suoi due e poi passateli a me, uno alla volta.
Non senza difficoltà riescono a costruire la fune improvvisata.
CATERINA → Andiamo. Sto io davanti... bastano tre persone.
III-Sq.6 (interno: sotterraneo – IL CIBO)
Caterina, accompagnata da Andrea, cammina nei cunicoli. I due si avviano tenendo un capo della fune, mentre l’altra estremità viene saldamente tenuta da Luca.
Caterina e Andrea si inoltrano tastando il muro in uno dei cunicoli. Silenzio. I due faticano ad avanzare, inciampando in tubi e altri materiali rotti. All’improvviso inciampano in qualcosa. Caterina si abbassa per capire cosa sia, trova dei sacchi.
CATERINA → Sono sacchi… sacchi di nylon. C’è qualcosa dentro?
ANDREA → Riesci a capire cos’è?
CATERINA → Così no… provo ad aprirli.
Tastando un sacco Caterina si accorge che è chiuso con un laccio. Lo apre. Infila cautamente una mano.
CATERINA → Sacchetti, scatolette… pane!! È cibo… è roba da mangiare sicuramente!
Luca e Andrea sorridono al pensiero che non sono stati del tutto abbandonati.
LUCA → Allora c’è qualcuno…
Caterina tocca la parete accanto a cui stanno i sacchi e si alza tastandola con le mani. Trova un’apertura. Infila il braccio.
CATERINA → Sono caduti da qua… c’è una specie di feritoia.
Si avvicina all’apertura col viso.
CATERINA (grida) → Ehi!! … c’è qualcuno?
Silenzio.
ANDREA → Torniamo indietro… se anche c’è qualcuno, non credo proprio che ci risponderà.
Afferrano i sacchi e procedono a ritroso. Al ritorno Luca inciampa in alcuni bastoni. Si china e li tocca con le mani.
LUCA → Ci sono dei bastoni.
Caterina si gira verso di lui.
CATERINA → Prendili, ci serviranno.
III-Sq.7 (interno: sotterraneo – EUFORIA)
Seduti in gruppo mangiano il cibo che hanno trovato nei sacchi. Sono elettrizzati, nervosi, euforici. Mangiano in silenzio in un primo momento. Bevono.
ANDREA → Almeno sappiamo che non ci vogliono lasciar morire...
ALESSANDRA → Si, ma è tutto ancora più incomprensibile. Perché qua... mi chiedo perché ci hanno lasciati in questo buco, senza una spiegazione... niente...come animali.
ANNA → Lascia perdere... è inutile che ci scervelliamo.
LUCA → Qualcuno c’è comunque...
Valeria mangia del pane, un pò discosta... inizia a piangere, piano.
Gaia se ne accorge e le si avvicina. La tocca, la abbraccia.
ELISA → Che c’è...
VALERIA → è così assurdo...
ELISA → Ehi... ehi... andrà tutto bene vedrai... verranno a prenderci, non possono lasciarci qui, qualcuno ci sta cercando, di sicuro. Ci hanno portato del cibo... insomma non possono lasciarci qui. (Sta quasi per piangere anche lei).
Sentono la voce di Alessio.
ALESSIO → Beh... il caffè io lo prendo dolce, grazie..
Alla battuta di Alessio il pianto di Valeria si trasforma in un riso sommesso, singhiozzato.
Stanno abbracciate ancora un attimo.
ELISA (sottovoce)→ Va meglio?
VALERIA (asciugandosi le lacrime) → Ok...ok...
Caterina è seduta assieme agli altri, con le spalle appoggiate alla parete. Ha appoggiato dietro di sé i bastoni che hanno trovato. Li afferra. Sono quattro asticelle.
CATERINA → Abbiamo trovato dei bastoni. Ci saranno utili a muoverci nel buio. Sono solo quattro... non perdiamoli. Chi li prende li tenga sempre o li dia a qualcun’altro. Camminate movendoli davanti a voi verso il basso, facendoli oscillare un pò a destra e un pò a sinistra. Non teneteli puntati, potremmo farci male... Chi ne vuole uno?
Li distribuisce.
ANNA → Dormiamo un pò, che dite?
ELISA (mentre si riavvicina al gruppo con Valeria) → Si, ma restiamo vicini.
LUCA → Io ho freddo, cazzo.
CATERINA → Stiamo vicini, ci scalderemo.
Si sistemano alla meno peggio e si addormentano, senza dire più nulla.
III-Sq.8 (interno: sotterraneo + flashback – IL PELOUCHE)
Nel silenzio, mentre tutti dormono, Caterina si agita: non riesce a dormire, la pervade un senso di angoscia indefinito. Si alza piano per non svegliare gli altri.
Decide di inoltrarsi in uno dei cunicoli.
Caterina avanza lentamente nel buio. Non avendo il bastone con sé procede carponi, tastando davanti a sé il pavimento con le mani.
Arriva ad un punto in cui il pavimento finisce. Caterina si sporge in avanti tendendo la mano per vedere se si tratti per caso di una scala, ma il braccio completamente teso verso il basso annaspa nel vuoto.
Cerca con le mani una pietra e la getta in quell’apertura per intuirne la profondità. Si tratta di un pozzo, ed è abbastanza profondo. Caterina decide allora di tornare indietro ma avanzando dalla parete opposta rispetto all’andata inciampa in qualcosa. Caterina si abbassa e raccoglie quello che ha tutta l’aria di essere un pupazzo ricoperto di polvere. Lo esamina con le mani. Rimane un attimo soprappensiero, quindi abbandona l’oggetto e sparisce nel buio.
Caterina si allontana di spalle.
Il pupazzo è a terra.
FLASHBACK – Su un lettino si vede lo stesso pupazzo in cui ha inciampato Caterina.
La mano di una bambina che prende il pupazzo per un braccio.
III-Sq.9 (interno: sotterraneo – BISOGNI)
Le luci del nuovo giorno filtrano dalle grate chiuse.
I ragazzi cominciano a svegliarsi uno ad uno. Dapprima, intontiti dal sonno, non si ricordano l’accaduto. Nel momento in cui si accorgono della realtà, sui loro volti si dipingono nuovamente espressioni di sconforto.
Ripresisi dal torpore si accorgono di avere freddo e di avere bisogno di un bagno.
(VOCI) → ... ho freddo ...speravo fosse un sogno... bisogna fare qualcosa, fa troppo freddo qui, è umido...
ELISA → Io devo andare in bagno...
Alessio → In fondo a destra.
ELISA → Dai... devo andarci davvero, tu no?
ALESSIO → Che ne so... facciamola in un angolo.
CATERINA → C’è un pozzo in fondo a un cunicolo. Abbastanza profondo. Si potrebbe usare.
ALESSANDRA → Come lo sai?
CATERINA → Ci sono andata questa notte, mentre dormivate. Ci ho buttato un sasso e ci ha messo un pò ad arrivare sul fondo.
ELISA → Mi accompagni?
CATERINA → Certo.
(VOCI) → ... anch’io ...vengo anch’io.
Alcuni di loro si alzano e seguono Caterina.
Nel frattempo quelli rimasti fanno una cernita di ciò che rimane da mangiare e cominciano a fare colazione con gli avanzi.
Sullo sfondo l’orologio alla parete continua a far scorrere inesorabile il tempo.
III-Sq.10 (interno: sotterraneo – CAMILLA)
Camilla ha deciso di inoltrarsi da sola nei cunicoli con l’aiuto di un bastone. All’improvviso, avvolto nel buio, si accorge di un completo silenzio. Il bastone gli scivola dalle mani, si china, ma non riesce a ritrovarlo. Sente che il panico la sta sopraffacendo.
Gira su se stessa tastando le pareti e si accorge con sgomento di essersi persa. Si addossa alla parete per percepire le voci degli amici; silenzio, solo il costante sgocciolìo dell’acqua dalle condutture.
Comincia a gridare.
CAMILLA → Ci siete?! ... Ehi, dove siete... mi sono perso....
Si zittisce per sentire se rispondono; ancora silenzio.
Grida ancora.
CAMILLA → Ehhhiii!...aiutatemi, non riesco a tornare indietro.. cazzoo...fatevi sentire!
Finalmente da lontano gli rispondono delle voci.
MICHELE → Dove sei finita Cami?
ANDREA → Ci senti?
CAMILLA → Si...ok!
ANDREA → Segui la voce, piano...un passo alla volta.
CATERINA → Hai il bastone?
CAMILLA → No! L’ho perso.
CATERINA → Allora senti... vai avanti piano, verso la nostra voce. Io ti vengo incontro... tu continua a parlare... anzi, canta qualcosa! ...Ma cammina bassa, carponi.. è più sicuro.
CAMILLA → Cosa canto?
CATERINA → Quel che ti pare scema! L’importante è che continuiamo a sentirci.
Caterina avanza verso di lui, accompagnata da Alessio. Camilla canta e procede piano, in piedi, addossata alla parete.
CATERINA → Tranquilla, arriviamo... se trovi una svolta fermati!
Camilla inciampa e cade. Annaspa per terra e afferra un cavo sottile. Tirando riesce a strapparlo dal muro e lo porta.
Caterina e Alessio sono ormai vicini.
CATERINA → Sei lì?
CAMILLA → Si... sono caduta.
La raggiungono.
CATERINA → Siamo qui, siamo qui...
La toccano per vedere se è tutto ok.
ALESSIO → Tutto a posto?
CAMILLA → Si, ma che paura ragazzi...
CATERINA → Vieni... torniamo indietro.
CAMILLA → Ho trovato un cavo... sembra un filo elettrico. È lungo. Può esserci utile.
CATERINA → Gaia ha appena trovato alcuni zaini che avevamo a scuola. Devono averceli lasciati quando ci hanno portati qui.
CAMILLA → Davvero? Le nostre borse?
CATERINA → Luca dice che ha un lettore CD che riceve anche la radio. Magari riusciamo a sentire se dicono qualcosa...
CAMILLA → È un posto assurdo questo... il cunicolo dove mi sono infilata chissà dove andava a finire..
CATERINA → Preferisco non saperlo in questo momento.
CAMILLA → Magari porta fuori...
CATERINA → Lasciamo perdere... è troppo pericoloso in queste condizioni.
Fanno qualche passo in silenzio.
ALESSIO → Certo che una canzone più stronza non potevi trovarla... l’ho sempre odiato X (NOME DEL CANTANTE).
III-Sq.11 (interno: sotterraneo + flashback – RICORDI)
Andrea sta cercando il suo zaino nel luogo dove li hanno ammucchiati.
Si trova ad avere tra le mani quello di Caterina, che riconosce per via di un particolare portachiavi attaccato allo zip della tasca frontale. È un piccolo leoncino di peluche con una maglietta sul quale c'è scritto il nome Andrea.
Lascia il portachiavi e apre la borsa.
Infila le mani dentro la tasca principale. Tocca gli occhiali da sole di Caterina.
Li tocca con le dita e poi ripone.
Trova un foulard. Avvicina il foulard al naso. Per un momento rimane completamente immobile. Poi lentamente accarezza il foulard e lo stringe a sé. Il foulard possiede ancora il profumo di Caterina.
FLASHBACK – Caterina abbraccia Andrea.
Rimette via anche il foulard.
Trova un libro braille. Lo apre. Lo tocca.
FLASHBACK – Caterina che guida le dita di Andrea sui rilievi della scrittura braille. Sorridono. Scherzano.
Rimette tutto nella borsa.
III-Sq.12 (interno: sotterraneo – MATERIALI UTILI)
Alcuni ragazzi stanno seduti senza dire nulla. Stanchezza. Rassegnazione.
All’improvviso si sentono le grida di altri, da un punto imprecisato del sotterraneo.
(VOCI) → Ehi!! ...c’è un sacco di roba qua!
Magda e Michele che frugano tra le cose trovate: cartoni, nylon, stracci, corde e cavi elettrici.
ELISA → Cartoni, nylon...
MICHELE → Anche rotoli di corda e... boh... sembrano cavi elettrici, bobine di cavi.
GLI ALTRI → Ce la fate a portare tutto?
MICHELE → No... uno venga a darci una mano.
ELISA → C’è anche un bidoncino vuoto e una bacinella.
MICHELE → Portiamo anche quelli.
Iniziano a raccogliere la roba.
III-Sq.13 (interno: sotterraneo – LA RADIO)
Dita di Luca che maneggiano un Lettore portatile CD/RADIO. Lo ascolta con le cuffiette. Michele e altri due stanno seduti vicino a lui.
ANNA → Riceve?
LUCA → Si, ma è confuso... solo musica e pubblicità. Poi non so... aspetta... (pausa) ...parlano del traffico.
MICHELE → Sai che mi frega. Si riuscisse almeno a capire che ora è.
LUCA → Niente.. non so nemmeno che frequenza sia... (lunga pausa) ...Ecco, ecco!!
ANNA → Dicono qualcosa?
LUCA → Dev’essere un notiziario.
MICHELE → Fammi sentire!
LUCA → Aspetta! ... (si toglie una cuffietta e la porge a Michele che la prende e la porta all’orecchio)
GAIA → Alza il volume al massimo, forse riusciamo a sentire dalle cuffiette.
LUCA → Un attimo! ...stanno parlando di un incidente. Si, è un notiziario.
Luca alza il volume e nel silenzio la voce del cronista si distingue abbastanza bene. Notizie di politica, sport. Poi finisce e ripassano alla programmazione musicale.
MICHELE → Niente cazzo! Niente... possibile che non dicano niente?
GAIA → Magari ne hanno parlato prima...
LUCA (togliendosi la sua cuffia) → Fanculo! ...sembra tutto normale, come se non fosse successo nulla.
GAIA → Fai provare a me.
LUCA (porgendo a Gaia il lettore e le cuffie) → Guarda che ho solo queste batterie. Non tenerlo acceso troppo.
GAIA → Vabbeh, capirai... che si scarichino adesso o tra un pò sai cosa cambia..
LUCA (alzandosi e andandosene) → Fa come ti pare.
Anna sconfortata appoggia la testa al muro. Sta per piangere.
ANNA (con un lamento) → ...Ci hanno dimenticati qua?
Gaia le si avvicina.
ELISA → Ehi.. dai non fare così...
ANNA → ..Perché... cosa abbiamo fatto... non è giusto.
ELISA (la accarezza, la consola) → Dai... ne avranno parlato all’inizio della trasmissione, di sicuro... non piangere ti prego.
La abbraccia.
GAIA (che un pò più in là sta continuando ad ascoltare la radio) → Comunque se vi interessa saperlo sono le otto di sera.
ALESSANDRA (distante) → Di che giorno?
GAIA → Come di che giorno?... di oggi, è ovvio.
III-Sq.14 (interno: sotterraneo – GIORNATA)
La goccia che cade. Un pò di luce trapela dalla grata di ferro al soffitto che era stata chiusa. Alcuni ragazzi dormono sdraiati sui cartoni. Volti. L’orologio.
III-Sq.15 (interno: sotterraneo – LA RAGNATELA)
Discutono tutti insieme dell’opportunità di creare una rete di collegamento tra i cunicoli usando il cavo e i lacci. Hanno i cavi elettrici e le corde, li maneggiano.
ALESSANDRA → A me sembra un sistema complicato.
CATERINA → Lo è ... ma se riesce ci può dare un pò di autonomia nei movimenti.
Andrea sta annodando dei cavi tra loro.
ANDREA → Non ci inciamperemo dentro?
CATERINA → No, se li sistemiamo lungo i muri. Quelli che ci servono per questa stanza dove siamo li mettiamo un pò alti legati alla colonna. Li facciamo partire tutti da questo bidone che usiamo come punto di riferimento... tirandone uno qualsiasi sentiremo il rumore del bidone. Da qui uno va alla colonna e poi dalla colonna uno al punto dove scende l’acqua e uno agli zaini. E sempre da qui, uno lo portiamo fino al pozzo e uno al punto dove ci fanno trovare il cibo.
ALESSANDRA → Ma come facciamo a riconoscerli?
GAIA → Potremmo legarci qualcosa che faccia rumore, un ciondolo, delle chiavi.
ANNA → Io ho un campanellino legato allo zaino.
CATERINA → Si può funzionare. Una qualsiasi cosa che scuotendo un pò la corda faccia rumore.
ALESSANDRA → Così sappiamo dove porta... lo facciamo?
LUCA (tendendo una corda con le mani come ne esaminasse la tenuta) → Va bene... proviamoci.
Si mettono a lavorare. L’attività li mette di buon umore.
La ragnatela terminata.
Se ne stanno fermi, come se potessero contemplare quello che hanno fatto.
Proprio in quel momento si sente un tonfo e i soliti rumori delle grate che si chiudono.
LUCA → ... è arrivato il rancio. I bastardi si sono ricordati di buttare altro mangime nella gabbia.
ALESSANDRA → Ci trattano come topi.
Alessio vicino al bidone tira un cavo e si sente il campanellino suonare.
ALESSIO → Ok... di qua si va al cesso!
III-Sq.16 (interno: sotterraneo – IL LIBRO BRAILLE)
I ragazzi sono seduti o sdraiati sui cartoni e sugli stracci che hanno trovato. Stanno finendo di mangiare.
ANNA (rivolgendosi a Caterina) → Ma tu sei cieca dalla nascita?
CATERINA → No. Ci vedevo fino a quattro, cinque anni. Mi hanno detto che è successo improvvisamente, da un giorno all’altro. Una mattina mi sono svegliata e non ci vedevo più... (pausa) Almeno è quello che mi hanno detto i miei, perché io non ricordo nulla. Non hanno mai capito perché. Mi hanno fatto un sacco di esami, di analisi, per diversi anni, ma niente.
ANNA → È stato difficile?
CATERINA → Cosa?
ANNA → Accettarlo.
CATERINA → Non so dirti. È passato tanto tempo. Probabilmente si, ma... non so. Adesso mi sembra una cosa normale. È quasi come se fossi stata sempre così.
LUCA → Quasi?
CATERINA → Si... beh, insomma... qualcosa mi ricordo. Ma sono frammenti, la faccia di mia madre... credo. Mi ricordo bene una cosa che pendeva sopra il mio letto... si, qualcosa della mia stanza la ricordo... era una specie di carillon, una cosa colorata, che tintinnava a toccarla.
LUCA (senza guardarla, giocando con il temperino con cui hanno tagliato le corde) → Ti è successo improvvisamente... come a noi.
CATERINA → Più o meno.
ANNA → Allora non riusciremo a vedere mai più.
CATERINA → Che centra... mica è la stessa cosa.
LUCA → Magari si.
Silenzio. Il discorso viene lasciato cadere.
ALESSANDRA (un pò più in là, rivolgendosi a Valeria) → Stavi bevendo?
VALERIA → Si, ma è finita.
ALESSANDRA → Ufff... ho sete.
Si spinge carponi fino ai cavi e individua quello che porta alla bacinella dove raccolgono l’acqua che gocciola dalla tubatura. Si trascina fin lì e beve con le mani dalla bacinella.
GAIA → Quanto tempo sarà passato?
VALERIA → Due o tre giorni... forse di più.
ANNA → Non possiamo fare niente... e magari ci stanno anche osservando. Ho voglia di lavarmi, mi sento che faccio schifo.
ALESSIO → Beh... mica eri tanto meglio prima.
GAIA (innervosita) → Sai qual è la tragedia? Che non possiamo fare altro che star qui ad ascoltare le tue cazzate… (alza la voce) Non sappiamo nemmeno quanto tempo è passato, non sappiamo se è notte o giorno… è una tortura.
ALESSIO → Scherzavo...
Caterina prova a rompere la tensione che si è creata.
CATERINA → Sentite... se volete potrei leggervi qualcosa. Almeno un po’ di tempo riusciremmo a passarlo senza impazzire.
ALESSIO → Che vuoi dire?
CATERINA → Ho dei libri in braille nella mia borsa. Io posso leggere.
ALESSANDRA (bagnandosi la nuca con l’acqua della bacinella) → Ma sì, perché no… proviamo.
LUCA → Basta che non sia il manuale di latino.
CATERINA → No, è un romanzo. (TITOLO)
Raggiunge carponi la sua borsa e prende il libro. Si siede e lo apre. Esita.
CATERINA → Mi vergogno un pò.
MICHELE → Oh, piantala... leggi. Vediamo com’è.
Caterina inizia a leggere.
Volti che ascoltano.
III-Sq.17 (interno: sotterraneo - esterno: campagna – SECONDO FLASHBACK)
Mentre la voce di Caterina che legge svanisce progressivamente, si vedono i ragazzi addormentati. Caterina che anche dorme su un fianco col libro aperto.
I muri. I tubi e i cavi della corrente. Un cunicolo.
Il pelouche abbandonato a terra.
Caterina si sveglia improvvisamente, voltando la testa verso il soffitto e sbarrando gli occhi. Si solleva.
Andrea la sente muoversi.
ANDREA (assonnato) → Dove vai?
CATERINA (sottovoce) → In bagno.
Andrea di gira dall’altra e continua a dormire.
Il pelouche e Caterina che si avvicina. Lo tocca. Lo prende in mano.
FLASHBACK – Una mano di bambina che tiene il pelouche. È in piedi, di spalle, all’aperto in un luogo vasto, fuori città. Sullo sfondo un capannone industriale.
Caterina abbraccia il pupazzo, come lo riconoscesse improvvisamente.
FLASHBACK – C’è un uomo seduto (fa o guarda qualcosa: un fiume, un paesaggio). La bambina vicino all’ingresso del capannone. Entra e richiude la porta. Non c’è nessuno. Rumore di lavoro industriale. La bambina raggiunge un punto del capannone dove c’è una botola.
Fuori, all’aperto l’uomo continua a guardare davanti a sé.
UOMO → Caterina... vieni a vedere... Caterina.
Si gira e nota che la bambina non c’è più. Si alza preoccupato.
UOMO (grida) → Caterina! Caterinaaa!!
Nessuna risposta.
La bambina non può sentirlo. Sta scendendo una scala. Un vecchio portone. Il sotterraneo.
Occhi di Caterina.
FLASHBACK – Uomo che corre disperato su un sentiero. Continua a gridare il nome della bambina.
Bambina che piange rannicchiata nel buio. Stringe il suo pupazzo. Chiede aiuto. Si è persa.
Capannone al tramonto.
Caterina è accovacciata contro il muro. Ansima e si lamenta, come se stesse rivivendo la scena.
FLASHBACK – Porta che si apre. Luce abbagliante. La voce dell’uomo che chiama la bambina. Altre presenze in controluce. Lei se ne sta raccolta in un angolo. La si intravede appena. Si sente il suo singhiozzo. Il padre si accorge di lei. La prende in braccio felice, ma si accorge che la bambina non vede più. Il pupazzo le cade dalle mani.
Andrea dorme. Caterina è in piedi vicino a lui tenendo in una mano il pupazzo come lo teneva da piccola. Ha le lacrime agl’occhi. Si china verso Andrea lasciando il pupazzo sui cartoni. Scuote piano Andrea.
Andrea si gira e le tocca la faccia.
ANDREA (sollevandosi un pò verso di lei) → Caterina... che c’è?
CATERINA (mettendogli le braccia attorno al collo) → Abbracciami...
ANDREA → Cosa c’è Cate... (la abbraccia) ... ehi, cosa ti succede.
CATERINA (piangendo) → Abbracciami.
III-Sq.18 (interno: sotterraneo – IL GIOCO DEI TITOLI)
Uno strano caldo. Umidità. L’aria è pesante.
Alessio cammina lungo una corda, si scontra con Luca seduto contro la parete di un cunicolo. Sta ascoltando della musica.
Alessio → Chi è?
Luca (togliendosi le cuffiette) → Sono Luca.
Alessio (sedendosi vicino a lui) → Dov’eri finito... ti cercavo, volevo sentire un pò di musica. Hai il lettore?
Luca → Si... ma le batterie sono quasi finite. Gli altri?
Alessio → Si sono messi a dormire. Io non ce la facevo... prima era freddo... adesso non si resiste dal caldo. Fuori ci saranno 30 gradi... strano. Perché te ne sei andato appena abbiamo finito di mangiare?
Luca → Non ce la faccio più a sentire i loro discorsi… su quando usciremo, se usciremo, se c’è qualcuno che si ricorda di noi... Mi sembra tutto talmente lontano, la casa, la scuola, gli amici… non ricordo quasi più le loro facce, e comunque non voglio pensarci. Pensa che stanotte ho sognato che dovevo essere interrogato di latino, e appena mi sono svegliato mi sono sentito sollevato per il fatto che fosse un sogno. Poi mi sono reso conto ancora una volta del buio e mi sono sentito un talmente stupido. Apri gli occhi dopo aver dormito e ti accorgi che c’è lo stesso buio, che la notte ce l’hai nella testa. Hanno più colore i sogni, cazzo! E’ tutto così assurdo… prima mi preoccupavo per cose come le interrogazioni, adesso invece ho solo paura che domani non ci sia abbastanza da mangiare... o che da uno di questi cunicoli arrivi qualcosa di schifoso e tu non puoi vederlo... Ho voglia di lavarmi. Ti sei accorto che puzziamo? Mi sembra di impazzire. Vorrei poter smettere di pensare a casa.
Alessio → Per me è il contrario. Ho paura di dimenticare. Tutte le sere, prima di addormentarmi, cerco di ripensare a tutti gli oggetti che ci sono sulla mia scrivania, ai cd, ai libri. Poi all’orario di scuola, alle facce dei miei compagni. Ripeto tutto, un po’ alla volta. Mi aiuta a far passare il tempo. Faccio elenchi sempre più lunghi, sempre più dettagliati. Oggi mi sono messo a ripetere le coniugazioni di latino, così, tanto per pensare a qualcosa. Non voglio pensare solo al cibo, al freddo… mi fa sentire, non so… come un animale.
Luca → Le coniugazioni! (ride) Non sei tutto normale! Io vorrei poter semplicemente smettere di pensare… se almeno ci fosse qualcosa da fare.
Stanno in silenzio per un pò.
Alessio → Facciamo un gioco?
Luca → Basta che non siano le coniugazioni.
Alessio → Diciamo film per ogni iniziale… Apocalips now, vai con la «B».
Luca → Mi sembra una stronzata… non saprei…
Alessio → Blade runner, Chokolat… e siamo tre a zero
LUCA → Il Cubo... ti ricordi Il Cubo?
ALESSIO → Si. Ma non vale... con la «D». La «C» l’ho già detta io.
LUCA → ...no, dicevo solo che ogni tanto mi viene in mente quel film.
ALESSIO → Vero. Solo che non erano ciechi.
LUCA → Ma era come se lo fossero... (silenzio) ...finiva male.
ALESSIO → Non è vero, escono...
LUCA → No... si ammazzano fra loro... e quando escono scoprono solo di essere in un contenitore più grande.
Lungo silenzio.
ALESSIO → Comunque siamo alla «D»...
Luca → Daunbailò!
Alessio → Bravo… con la «E»…
Luca → Eyes wild shut, Forest Gump..., Gattaca. Quattro a tre!
Alessio → Gattaca non l’ho mai visto, ma avevo pensato di affittarlo dicono che sia bello…
Silenzio.
Luca → Probabilmente non lo vedrai mai, come nessun altro film. È proprio un gioco del cazzo.
Si allontana.
Alessio rimane seduto.
III-Sq.19 (interno: sotterraneo – LA PIOGGIA)
Le dita di Caterina che scorrono sul braille. Volto di Caterina. Vicino a lei Anna e Elisa stanno mangiando. Si sentono le loro voci. Scherzose.
ANNA → Guarda che se li finisci tutti mi incazzo...
ELISA → Ne ho mangiati solo due... li hanno fatti fuori tutti i ragazzi.
Elisa e Valeria con un sacchetto di biscotti.
ANNA → Balle... adesso controllo (le prende il sacchetto dalle mani e lo controlla) ... Sei una... era pieno quando te l’ho passato!
ELISA → Ma tu non avevi paura di ingrassare?
ANNA (atteggiandosi in una smorfia) → Mheahhh...
Mentre stanno parlando Caterina solleva la testa verso l’alto. Qualcosa attira la sua attenzione. Un rumore di acqua, diverso dal solito. Cerca di zittire le sue amiche.
CATERINA → Schhhh....
ELISA → Finiscili pure.
Anna → Grazie... le briciole.
CATERINA (con un cenno della mano come se potessero vedere) → Ssschhh... ascoltate...
Silenzio. Rumore di pioggia. Sempre più intenso.
CATERINA → Piove! È pioggia!
ELISA → è vero. ...Pioggia...
Volti degli altri, stupiti.
ELISA (rivolgendosi agli altri ad alta voce mentre Caterina si alza dopo aver posato il libro) → ...ehi! Sta piovendo!
Si sente anche rumore di vento. La copertura delle grate al soffitto si stacca e una parte vola via. Entra la pioggia.
ANNA → è pioggia... venite, venite!
Viso di Caterina sotto le gocce d’acqua. Se ne sta con le braccia aperte con un senso di meraviglia. Gli altri le si fanno attorno. Si urtano. Qualcuno si toglie la maglietta come per potersi finalmente lavare. Grida di euforia. Facce rivolte all’insù. Qualcuno con la bocca aperta sembra volersi dissetare. Qualcuno inscena una specie di danza.
Il viso di Caterina si contrae.
Lampi di luce. Come lame. Fessure strette. Opalescenti, sfocate e abbaglianti.
Caterina si porta le mani a coprirsi il volto e lo abbassa di scatto. Smanaccia al suo fianco e afferra il braccio di Valeria serrando le dita fino quasi a farle male. Valeria istintivamente si gira verso di lei con lo sguardo preoccupato, mentre gli altri si muovono sotto la pioggia.
III-Sq.20 (interno: sotterraneo – CATERINA VEDE)
Andrea e Caterina stanno mangiando seduti vicini nel loro angolo, seduti sui cartoni.
CATERINA → Sei silenzioso...
Andrea fa un boccone malvolentieri e poi getta con stizza il cibo che tiene in mano.
ANDREA → Non ne posso più... sembriamo cavie. Stupide cavie a cui ci si ricorda di buttare un pò di mangime prima di uscire di casa...
CATERINA → Se almeno lo facessero a intervalli regolari potremmo provare a stare vicino all’apertura e chiamare quando si fanno vivi...
ANDREA → Non illuderti. Non ci risponderebbero. Se ne fottono. Non abbiamo speranza.
CATERINA → Beh.. i nostri genitori qualcosa...
ANDREA (gridando) → Fanculo anche loro!!
Valeria e Luca sentono gridare e volgono la testa nella loro direzione.
ANDREA → Non lo capisci vero? Non vuoi capirlo... Ah beh... certo, per te è normale...
CATERINA (alzando la testa verso di lui) → Cosa è normale??! Che non ci vedo da una vita? Beh... sei proprio stronzo sai? Guarda che anche per me questa è una galera.
ANDREA → Ma almeno tu non ti ricordi continuamente... (si ferma tacendo improvvisamente senza finire la frase)
CATERINA → Che cosa...? Finisci la frase... Cosa non mi ricorderei? Perché non dici cosa stai pensando... (silenzio) Scusa se ho avuto la meravigliosa fortuna di essere cieca... (si alza in piedi) Scusa se non condivido la vostra fottuta paura del buio... Scusa se ho cercato di rendermi utile invece di piagnucolare continuamente...
Mentre Caterina parla Andrea annaspa con le mani, la raggiunge e si solleva verso di lei standole di fronte. Caterina ha le spalle al muro. Le voci si accavallano.
ANDREA (con risentimento) → ...Infatti... Sei sempre calma tu. Sai sempre cosa si deve e cosa non si deve fare. Sempre piena di consigli... e mi chiedo come fai.
CATERINA (sotto la voce di Andrea) → Mi sono sbagliata, credevo di potermi fidare, credevo che tu mi volessi bene...
Andrea (non la ascolta e continua a parlarle addosso) → Come fai a sopravvivere (la afferra alle spalle e alzando la voce comincia a scuoterla violentemente), come fai a mangiare, a leggere quel tuo cazzo di libro... Forse a te non te ne frega ma io non posso vivere così!
Mentre Andrea grida le ultime frasi, Caterina ha un sussulto. Il suo buio è squarciato da lampi di luce accecante che lasciano il posto a una scia sfuocata nella quale senza saperlo intravede il volto di Andrea. Poi nuovamente il buio.
Stanno di fronte in silenzio. Un attimo che sembra interminabile.
Gli altri si sono alzati e fissano nel vuoto nella loro direzione, ammutoliti, senza essere in grado di fare nulla.
CATERINA (calma, fredda) → Lasciami...
ANDREA (rendendosi improvvisamente conto della violenza delle sue frasi) → Cate... io non volevo...
CATERINA (urla, secca) → Lasciami!!!
Andrea fa ricadere le braccia lungo i fianchi. Caterina si allontana strisciando contro il muro. Andrea ha uno scatto d’ira. Prende a calci il cibo e le cose che stavano sui cartoni e poi si accascia raccogliendo le ginocchia e la testa tra le braccia imprecando e piangendo.
In quel momento si sentono dei forti colpi provenire da un punto del sotterraneo. Delle grida e delle imprecazioni.
LUCA (urla) → Bastardi !! Tirateci fuori di qui ! Non siamo cani.. (colpi ripetuti contro una parete) Tirateci fuoooriii !!!
Anna riconosce la voce.
ANNA (ad Alessandra) → è Luca !
Alessandra, Valeria e Alessio si spostano nella direzione del rumore.
Luca sta colpendo la parete con una sbarra di metallo, come volesse abbatterla. Grida. Piange.
LUCA → Vigliacchi ! Cosa vi abbiamo fatto !?! ...Non fateci fare la fine dei topi. Aiutateciii !!
Alessio e Alessandra lo raggiungono e a fatica lo fermano.
ALESSANDRA → Non serve a niente Luca...
Alessio lo trattiene alle spalle. La sbarra gli cade dalle mani.
LUCA (senza troppa convinzione, con la voce rotta) → Lasciami... Li voglio ammazzare... Li voglio ammazzare.
ALESSANDRA (prendendogli la faccia tra le mani) → Calmati.. Calmati. Non serve a niente... Ci facciamo solo del male così... Stai calmo, ti prego.
LUCA → Voglio uscire di qui...
ALESSIO → Tutti vogliamo uscire... ce la faremo. Vedrai che ce la faremo.
Caterina è sola. Sta appoggiata di spalle a una parete, respira con affanno, spaventata. Gira di scatto la testa.
Lampo di luce.
Intravede l’immagine annebbiata di un cunicolo.
Caterina si guarda le mani, le esamina, le tocca, poi appoggia una mano sul muro e lo esamina. Vede per la prima volta.
III-Sq.21 (interno: sotterraneo – L’OROLOGIO)
Grande stanchezza. Rassegnazione. Tutti stanno in silenzio.
I tubi. I cavi. La goccia. L’orologio alla parete.
Volto di Luca. Sta in ascolto. Fa rotolare la sbarra soprapensiero. Si gira nella direzione da cui sembra provenire il ticchettio dell’orologio.
Si trascina fino là con la sbarra.
Muove la sbarra contro il muro fino a quando individua l’orologio a parete.
Cerca di colpirlo, ma lo manca. La sbarra sbatte sulla parete.
Di nuovo. Un colpo secco che manda in frantumi il quadrante.
Qualcuno si volta. Ma nessuno dice nulla.
LUCA (lasciando cadere a terra la sbarra) → Non ne potevo più...
III-Sq.22 ( esterni e interni misti – IL SOGNO DI ANNA)
Ticchettio di orologio. Anna sta contro un albero. Sta facendo una conta col il volto appoggiato alle braccia. Si sente la sua voce contare. Si gira. Guarda attorno a sé. Non c’è nessuno. Paesaggio naturale. Prati. Alberi. Lungo silenzio.
Vede se stessa, lontanissima, sul crinale di una collina, in controluce.
Immagini veloci, in accelerazione, lungo un sentiero pietroso fino a dei ruderi.
Figura seduta su un sasso. Un telo bianco copre la testa. Le mani composte sulle ginocchia. Le mani di Caterina.
Viso di Anna. Bocca che parla senza che esca suono. Il suono esce ritardato, storpiato.
ANNA → Cate...
CATERINA (sotto il telo) → Non puoi vedermi... se io non ti vedo tu non puoi vedermi. Vieni qua sotto anche tu...
Anna solleva il velo piano.
Viso di Anna spaventata.
Il ticchettio dell’orologio è sempre più forte.
Sotto il telo non c’è il volto di Caterina, solo i suoi capelli. Come avesse la testa capovolta in modo innaturale.
Mano che striscia sul muro del sotterraneo lasciando una scia di sangue.
Anna in classe. Guarda fisso in una direzione.
Il professore la chiama.
PROFESSORE → Anna... Anna! Dove stai guardando Anna?
Corridoi vuoti. Buio. Solo la scia della porta di una classe aperta.
La voce che chiama Anna, cupa, storpiata.
VOCE → Anna... Anna...
Anna di spalle in fondo al corridoio.
Tonfi sordi che le si avvicinano alle spalle.
Volto di Anna che si solarizza mentre la voce la chiama.
Rumore forte di porta metallica che si chiude.
Buio.
III-Sq.23 ( interno: sotterraneo – MUSICA)
Volto di Anna che si risveglia di soprassalto.
Mani di Luca che percuotono un bidoncino metallico al ritmo di una musica che sta ascoltando col lettore CD.
Anna si ritrae contro il muro cercando di coprirsi alla meno peggio con un nylon.
Andrea vicino a Luca.
ANDREA → Stai ascoltando qualcosa?
LUCA → Si... gli X
ANDREA → Fammi sentire.
Luca gli passa una cuffietta e continua a picchiare sulla latta.
Anche Andrea segue il ritmo con le mani. Prima picchiettando sulle gambe e poi con più forza sui cartoni.
Alessandra, seduta altrove comincia a battere le mani, ascoltando il ritmo. Qualcun’altro percuote un’assicella per terra.
CAMILLA → Alza al massimo... fai sentire anche a noi, dai..
Luca e Andrea si tolgono le cuffiette e il volume del lettore viene spinto al massimo. La musica si percepisce, distorta ma nitida.
Alcuni li raggiungono e formano come un cerchio.
Iniziano tutti a percuotere le cose che hanno vicino. Qualcuno si alza e inscena una specie di danza creando ritmo con gli oggetti più disparati.
Caterina in disparte guarda la scena. Impassibile.
Il ritmo si fa furioso, travolgente.
Caterina si tiene la testa tra le mani.
Ad un certo punto la musica si arresta di colpo. Tutti restano immobili, ammutoliti, ansimanti.
La polvere sollevata dal movimento aleggia nella luce che filtra dalle grate.
III-Sq.24 ( interno: sotterraneo – SOSPETTI)
Caterina si muove con cautela inoltrandosi nei cunicoli. Esamina il punto da dove proviene il cibo. Si spinge oltre fino alla galleria più lunga, quella dove Camilla si era smarrita.
Tutti dormono. Michele e Camilla sono sdraiati vicini, all’ingresso di uno dei cunicoli. Parlano sottovoce.
MICHELE → Quando dormiamo se ne va sempre in giro...
CAMILLA → Chi?
MICHELE → Caterina... sono sicuro. Andrea mi ha detto che spesso si sveglia e non la trova. Anche adesso. Ho sentito dei passi poco fa che si allontanavano...
CAMILLA → Come fai a essere sicuro che sia proprio lei?
MICHELE → Schsss... parla piano... E chi altri può essere se no? Secondo me ci vede.
CAMILLA → Non dire cazzate.
MICHELE → Senti, si comporta in modo strano... come se lei non avesse bisogno di nessuno. E si muove in modo troppo sicuro secondo me. Sa sempre dove sono le cose. Ti dico che ci vede.
CAMILLA → Se è così perché non ce lo dice?
MICHELE → Beh.. è un bel vantaggio, non credi?
CAMILLA → Capirai.. in questa topaia.
MICHELE → Guarda che non siamo in castigo... e non sappiamo se ne usciremo vivi. Secondo te chi ce la può fare? È sempre lei che distribuisce il cibo, l’acqua... Tra l’altro ultimamente scarseggia, non so se te ne sei accorta. Secondo me ne tiene un pò da parte. Se le cose si dovessero mettere male...
CAMILLA → Cosa vuoi dire?
In quel momento Caterina sta tornando. Sente le voci e avanza silenziosa fino all’angolo dietro il quale stanno Michele e Camilla. Si ferma ad ascoltarli.
Caterina che ascolta.
MICHELE → Non so... dico solo che è privilegiata, e la cosa mi fa incazzare. Non mi fido. Se ci vede e non ce l’ha detto avrà un buon motivo... non mi piace per niente.
CAMILLA → Ma scusa, perché dovrebbe fare qualcosa alle nostre spalle...
MICHELE → Non dico questo, ma non mi convince che sia sempre così disponibile... non so, non la sopporto. È sempre stata lei ad avere bisogno di noi, e guarda che con la scusa che era cieca anche a scuola l’hanno sempre trattata coi guanti, anche troppo. Lo pensavano tutti, solo che nessuno aveva il coraggio di dirlo. E adesso secondo me ci gode proprio a vedere che tutti dipendono da lei. Boh, non lo so... tu sei sua amica, forse la conosci meglio, ma a me non ha mai convinto con quella sua aria da santarellina sfortunata.
CAMILLA → Amica... insomma, ci parlo.
MICHELE → L’hai sempre aiutata a scuola.
CAMILLA → Si vabbeh, ma che vuol dire?
MICHELE → Dico solo che poi non si è fatta scrupoli a fregarti il ragazzo.
CAMILLA → Andrea non era il mio ragazzo.
MICHELE → Sarà... però ti piaceva. È arrivata lei con la sua aria da mistero e Andrea ha cambiato indirizzo. Non dirmi che non ci sei rimasta male. E non potevi nemmeno incazzarti, perché lei era cieca, poverina.
Silenzio.
Michele e Camilla che parlano.
MICHELE → Insomma... secondo me c’ha sempre marciato. E poi non sappiamo nulla della sua malattia; è una malattia no? Dice che non è stata sempre così... se fosse lei ad averci contagiati?
CAMILLA → Ma dai...
MICHELE → Comunque è una strana coincidenza... è arrivata quest’anno e noi siamo quelli che frequentava di più.
CAMILLA → Vabbeh, e i suoi genitori allora?
MICHELE → Che ne so... però mi sembra strano.
Caterina si allontana cercando di non farsi sentire.
CAMILLA → Non ho per niente sonno... ho fame
Mentre Camilla parla, Michele percepisce un rumore.
MICHELE (fa tacere Camilla toccandola con la mano) → Schss.... c’è qualcuno... (ad alta voce) Chi c’è?
Caterina è carponi. Si immobilizza.
Una voce assonnata chiede di fare silenzio.
ELISA → La piantate di parlare... non riesco a dormire.
CAMILLA (ad alta voce) → Hai tutto il tempo che vuoi per dormire... non facciamo altro che dormire!
ELISA → Allora... finitela!
Caterina approfitta di questo piccolo scambio per tornare ai suoi cartoni, dove Andrea sta dormendo.
Gli si sdraia a fianco. Andrea gli dà le spalle. Cerca di svegliarlo.
Caterina (sottovoce) → Andrea...
Andrea mugugna assonnato.
Caterina → Andrea... devo dirti una cosa.
Andrea (senza girarsi) → Che vuoi... lasciami dormire.
Caterina guarda verso i due che parlavano. Sa che non possono vedere ma si accorge che sono voltati nella sua direzione.
ANDREA → Cosa c’è?
CATERINA (rimettendosi giù) → Niente... scusa. Niente...
III-Sq.25 ( interno: sotterraneo – DISTRIBUZIONE DEL CIBO)
Qualcuno sta mangiando.
ANNA → Ci rifilano solo roba secca... non ne posso più. Darei non so cosa per qualcosa di caldo...
ELISA → Sono sempre le stesse cose, quasi non riconosco più i sapori. Quanto andrà avanti ancora?
VALERIA → Lascia perdere... speriamo che continuino a farlo.
Caterina sta distribuendo il cibo prendendolo dai sacchetti gettati nel sotterraneo.
Passa qualcosa a Michele e poi procede oltre.
MICHELE → Ehi... Tutto qua?
CATERINA → Non era un granché questa volta.
MICHELE → Non è possibile, a me ne avete dato di meno! Solo Crackers e formaggio, cazzo!
ALESSANDRA → Come tutti...
MICHELE → Vorrei proprio vedere cosa avete voi... (si sposta e cerca di afferrare quello che tiene in mano Elisa) Fammi sentire!
Elisa si difende il cibo e lo allontana. Si spingono.
ELISA → Lasciami stare... ne ho quanto te!
MICHELE → Fammi vedere!
ELISA (divincolandosi) → Piantala! Mangiati le tue schifezze e piantala!
ALESSANDRA → La finisci Michele?!
CATERINA → Guarda che le porzioni sono identiche.
MICHELE → Secondo me questa stronza ne dà di più a chi le pare a lei.
CATERINA → Questa stronza chi?
MICHELE → Tu, proprio tu! (gesticolando e rivolgendosi agli altri) Perché deve essere sempre lei a distribuire il cibo?
CATERINA → Dato che sono una stronza la prossima volta li vai a prendere tu i sacchetti... (con ironia) anzi, meglio di no, che poi finisce che ti perdi, come l’ultima volta.
Qualcuno ride.
LUCA → Te lo dico io perché lo fa sempre lei...
Silenzio.
LUCA → Perché ci vede.
CATERINA → Non ti sopporto... Ce l’hai con me? È da un pò che fai battute, questa potevi risparmiartela.
LUCA → Non sto scherzando.
Caterina tace un attimo e poi sbatte la roba per terra accorgendosi che nessuno replica.
CATERINA → Vabbeh, sentite... prendetevi da mangiare. Quello che posso fare io lo potete fare anche voi.
Si siede e prende il suo cibo.
Gaia le sta seduta vicino e allunga una mano verso di lei.
GAIA → Non prendertela, Luca fa sempre così...
CATERINA (allontanandole il braccio) → Lasciami stare.
GAIA (rivolgendosi a Luca) → Perché devi trattarla così, Luca?
LUCA → Ho solo detto quello che pensano anche altri... e poi non è il caso di fare tante scene.
CATERINA (stizzita) → Chi lo pensa?
ANDREA → Smettila Luca...
LUCA → Sono stufo di quell’aria da sorella maggiore che ha sempre. È esattamente quello che gli hai urlato tu ieri, non te lo ricordi?
ANDREA → Sono fatti miei...
VALERIA → Facciamola finita...
ALESSANDRA → Si, facciamola finita... stiamo litigando per tutto ultimamente. Siamo tutti nella stessa situazione. Non ammazziamoci tra di noi per favore.
ANNA (lasciando cadere davanti a sé il cibo) → Io non ho più fame... se qualcuno ne vuole...
Finiscono di mangiare.
III-Sq.26 ( interno: sotterraneo – IL LIBRO DISTRUTTO)
Caterina rovista con le mani nella propria borsa. La svuota con gesti sempre più rabbiosi. Cerca il libro che leggeva agli altri, ma non lo trova. Inginocchiata per terra si guarda attorno. Gli altri sono un pò distanti. Molti non fanno nulla. Qualcuno mangia. Qualcuno sistema i nylon e i cartoni. Uno maneggia il lettore CD come cercasse di farlo funzionare.
Nota il libro in un angolo. Lo va a raccogliere. È aperto, sporco, le pagine sono strappate, sgualcite, come se qualcuno avesse tentato di distruggerlo.
CATERINA (avvilita, sorpresa. Tra sé e sé) → Chi è stato....
Raggiunge gli altri tenendo il libro in mano.
CATERINA (ad alta voce) → Chi è stato?!!
Gli altri che stavano chiacchierando si zittiscono.
ELISA → Chi è stato a fare cosa?
CATERINA → Chi ha distrutto il mio libro?!
LUCA → Che ne sappiamo del tuo libro... figurati..
CATERINA (gridando) → Chi è stato?!!!
Silenzio.
Caterina li guarda uno ad uno.
CATERINA (a bassa voce, come un lamento rabbioso, trattenuto) → Bastardi... siete proprio vigliacchi... che cosa vi ho fatto io?
ALESSANDRA (come cercasse di calmarla) → Guarda che... nessuno ha fatto nulla.
CATERINA → Ah no? ... è... distrutto. Non credo sia stato un fantasma a strapparlo..
ALESSIO (sottovoce) → Che palle...
LUCA → Come fai a saperlo che è distrutto?
CATERINA → Come faccio a saperlo?! Ce l’ho in mano!
ANNA → L’avremo pestato per sbaglio...
CATERINA (tra i denti, con un senso di rabbia e di dolore) → Anche tu Anna...?
ALESSANDRA → Oh dai... se qualcuno ha fatto questo scherzo del cazzo lo dica.
Luca si alza e si avvicina a Caterina.
LUCA → Tu ci vedi, vero?
MICHELE → E piantala di rompere con ‘sto libro.
Caterina tace per un momento fissando Luca, poi gli scaglia il libro addosso.
CATERINA → Andate a fanculo tutti!
LUCA (mentre Caterina si allontana) → Perché non ci dici che vedi?
III-Sq.27 ( interno: sotterraneo – VALERIA)
Valeria e Caterina sono sdraiate vicino.
VALERIA → è vero quello che dice Luca?
Caterina tace.
VALERIA → è importante... Guarda che puoi dirlo. Lascia perdere le cazzate che spara Luca, ma è vero che ci vedi?
Caterina sta con le braccia incrociate sotto la testa fissando il soffitto. Le scende una lacrima.
CATERINA → Non è colpa mia... io non c’entro nulla.
VALERIA → Ma nessuno lo pensa...
CATERINA → Non è vero che nessuno lo pensa... ho sentito quello che dicono sai?
VALERIA → Dai, non esagerare... Luca...
CATERINA → Non è solo Luca. Michele pensa che sia stata io a contagiarvi.
VALERIA → Che stronzo...
Lungo silenzio.
CATERINA → Ombre... vedo delle ombre.
VALERIA (sollevandosi verso di lei con stupore) → Davvero? Ci vedi allora?!!
CATERINA → Solo ombre... e.. non so è... è tutto... confuso. Non capisco quello che vedo. Ho paura...
VALERIA → Ma è importante... perché non l’hai detto?
CATERINA → Mi spaventa... Mi spaventano gli altri. Credo che mi odierebbero per questo.
VALERIA → Ma non è vero...
CATERINA → No. È vero... li hai sentiti anche tu.
VALERIA → Se ci vedi puoi aiutarci a uscire da questo buco... dove siamo? Hai visto dove siamo?
CATERINA → Non bene... è un sotterraneo. Ci buttano il cibo attraverso una specie di camino.
VALERIA (euforica) → Dobbiamo dirlo agli altri!
CATERINA (sollevandosi spaventata, mettendo a Valeria una mano sulla bocca) → No!
Caterina ritira la mano e guarda il volto stupito di Valeria che da questo gesto ha intuito che lei vede davvero. Valeria tace.
CATERINA (piano, sottovoce) → No... ti prego.
III-Sq.28 ( interno: sotterraneo – LITIGI E ACCUSE)
Andrea finisce a rapide sorsate una bottiglia d’acqua. Elisa gli è accanto.
ELISA → Fai bere anche me.
Gli prende la bottiglia dalle mani. Andrea resiste un attimo e poi gliela cede.
Elisa prova a bere, ma la bottiglia è vuota.
ELISA → L’hai finita tutta cazzo! (scaglia la bottiglia contro il muro) ...Non potevi lasciarne un pò? (lo strattona)
Andrea si divincola e la spinge contro la parete.
ANDREA → Era già finita, ne ho bevuto solo un sorso.
Elisa gli restituisce la spinta sempre più infuriata.
ELISA → Non è vero! Ti sentivo bere... sei uno stronzo! Non pensi mai agli altri.. Lo sapevi perfettamente che è l’ultima e fino a domani non ce n’è altra!
ANDREA → Ma piantala! Vai a berti quella del secchio!
ELISA → Bevitela tu! Fa schifo...
Anna intanto un pò più distante è seduta e sta strappando un pezzo di cartone.
ANNA (mormorando tra sé e sé) → ...Smettetela...
ANDREA (spingendo nuovamente con forza Elisa e facendola cadere) → Non me ne frega niente, smettila di rompere le palle e levati di mezzo!
ELISA (da terra) → Vuoi menarmi?! Dai fallo! Sei un pezzo di merda...
Andrea le va vicino e si china su di lei, furioso.
ANDREA → Sentimi un pò carina... ognuno per sé, capito? Non sono fatti tuoi quanta acqua bevo. La prossima volta ti svegli. E adesso la pianti di frignare, perché mi sono rotto!!
ANNA (facendo rabbiosamente a brandelli il cartone) → Smettetela!! Smettetelaaa!!!
Interviene Caterina e afferra Andrea a una spalla costringendolo a girarsi.
CATERINA → Come ho fatto a sbagliarmi così su di te?!
ANDREA (indietreggiando) → Allora è vero quello che dice Luca...
Alessandra e alcuni altri si girano nella loro direzione.
CATERINA → è vero, e allora? Ci vedo, non so perché... Da schifo, ma ci vedo.
ANDREA → E vieni a fare a me la morale su come mi comporto? Perché non ci hai detto nulla?
CATERINA → Perché mi fate paura, stiamo impazzendo qua sotto... non ti rendi conto di come stiamo diventando?
Gli altri le sono intorno, costringendola a stare spalle alla parate. Luca si fa avanti.
LUCA → No.. come stiamo diventando? Diccelo tu.
ELISA → Perché non ce l’hai detto Caterina?
ANNA → Come facciamo a fidarci di te... Noi siamo ciechi e tu invece vedi noi e tutto quello che facciamo.
MICHELE → Vuoi cavartela tu e lasciarci nella merda? L’ho sempre pensato sai che eri fasulla... magari ci vedevi anche prima. Tutte balle... erano tutte balle...
CATERINA → Ma voi siete pazzi...
ALESSANDRA → Dai piantiamola... non diciamo cazzate!
LUCA → Non sono cazzate, lo diceva lei che era una cecità isterica... e io non voglio starci qua sotto con un’isterica! Lei ci vede e io no.. e non mi piace per niente questa cosa!
VALERIA → Ma non è colpa di nessuno... potrebbe esserci di aiuto invece il fatto che lei ci veda.
MICHELE → Capirai, è stata di grande aiuto fino adesso...
CATERINA → Io non vi ho mai fatto nulla. Perché ce l’avete con me?
GAIA → Smettiamola, la stiamo spaventando.
LUCA → Che si spaventi, per quello che m’importa... mi basta che stia lontana da me.
ALESSANDRA → La devi smettere Luca, ci stai mandando in paranoia.
ALESSIO → E invece Luca ha ragione secondo me
ELISA → Perché tu ci vedi e noi no? Perché?
CATERINA (ormai con la voce rotta dalla disperazione) → Non lo so perché... è questo posto, mi ricorda qualcosa..
VALERIA (che si è rialzata e sta ora in mezzo agli altri) → Cosa ti ricorda questo posto?
CATERINA → Non lo so... è come se ci fossi già stata.
LUCA → Sentite, io non resto qua ad ascoltare tutte queste cazzate... ci sta prendendo per il culo. Che si fotta! (si allontana).
GAIA → Come sarebbe che sei già stata qui? Che posto è questo? Diccelo!
CATERINA → Non lo so... non lo so! Mi sembra solo di esserci già stata, non so perché.. da piccola, ci sono finita, non so come... mi sono persa. Mi sono venute in mente delle cose e ho ricominciato a vedere...
ALESSIO → Ma smettila...
ALESSIO → Non è che siamo qua per qualche esperimento che stanno facendo su di te magari?
ALESSANDRA → Oh Alessio, finiscila...
ALESSIO → E che ne so io.. Chi erano quelli che ci sono venuti a prendere? Lo so che sembra assurdo, ma non è meno assurdo tutto quello che ci sta capitando!
VALERIA → Ma cosa vuoi che c’entri lei...
GAIA → Io ho paura... mi state facendo paura..
In quel momento Anna si solleva dai cartoni che aveva strappato e si avvicina con la faccia stravolta.
ANNA (mormora) → ... È colpa tua.... è colpa tua... (ad alta voce puntando il dito) ...è colpa tua!
Gli altri si zittiscono spaventati.
Silenzio. Caterina fissa gli occhi sbarrati di Anna.
CATERINA (con una voce debole, ferma e rassegnata) → Io non c’entro niente.
III-Sq.29 ( interno: sotterraneo – LA TRACCIA)
Caterina vaga tra i corridoi e inizia a pensare a come la stanno trattando gli altri.
Presa dalla tristezza si siede, appoggia la mano per terra, la tira su, la guarda, si accorge che è tutta nera di sporco.
Si alza. Appoggia la faccia e le braccia aperte alla parete come volesse ascoltare attraverso il cemento.
Con la voce flebile, rotta dall’angoscia, intona una canzoncina che le cantavano da piccola e lascia l’impronta della sua mano sul muro…
III-Sq.30 ( interno: sotterraneo – ISOLAMENTO)
I ragazzi stanno raccolti. Michele e Andrea tornano da un cunicolo con dei sacchetti e si siedono vicino agli altri.
Anna sta tracciando con le mani dei segni immaginari sulla parete.
Aprono i sacchetti e cominciano a tirar fuori il cibo.
VALERIA → Dov’è Caterina?
ALESSIO → Si sarà rintanata da qualche parte.
VALERIA (alzandosi con in mano del cibo e una bottiglia di acqua) → Caterina! Dove sei? Vuoi qualcosa? Dell’acqua?
LUCA → Lasciala perdere. Lei ci vede. Che venga a prendersela se vuole.
Caterina è sdraiata, rannicchiata in un angolo.
III-Sq.31 ( esterno: aperta campagna – VISIONE)
Caterina bambina. Cammina tenendo per mano suo padre. Alza lo sguardo verso di lui.
CATERINA → Papà? Quando torniamo a casa?
PADRE → Presto Caterina... presto.
III-Sq.32 ( interno: sotterraneo – L’UCCISIONE)
Delle mani risvegliano Caterina scuotendola. Lei si gira su se stessa e vede che gli altri l’hanno raggiunta.
Alessandra le sta inginocchiata vicino.
CATERINA (mettendosi a sedere e ritraendosi) → Cosa volete?
ALESSANDRA → Devi aiutarci.
CATERINA → Aiutarvi a fare cosa?
GAIA → A uscire di qua.
Silenzio.
CATERINA → Ma cosa state dicendo?
ALESSANDRA → Tu ci vedi. (silenzio) ... c’è quel cunicolo, quello dove si era perso Michele. È l’unico che non sappiamo dove finisce. Dovresti andare a vedere. Magari c’è una possibilità.
Caterina tace per un pò. Guarda le facce di chi le sta attorno.
CATERINA → Io non vado da nessuna parte. Non ci vedo bene... non capisco nemmeno quello che mi sembra di vedere. Mi fa paura.
ALESSANDRA → Sei l’unica che può farlo Cate..
CATERINA (alzandosi) → No. Lasciatemi perdere.
Si sposta rispetto a loro ma la raggiungono e la bloccano all’ingresso di un cunicolo. Luca la afferra e la costringe a girarsi verso di loro.
LUCA → Smettila di fare la preziosa!
ELISA → Cosa ti costa Caterina?
CATERINA → Cosa mi costa?! (si ferma a fissare Luca che la tiene per un braccio) Prima mi accusate di tutto e adesso venite a chiedermi se vi do una mano? Andateci voi! (rivolgendosi ora direttamente a Luca, vicinissima alla sua faccia) Vacci tu. Tu che non hai bisogno di nessuno. Vai tu in fondo a quella galleria! Ma se non trovi la via del ritorno non metterti poi a piagnucolare come aveva fatto Michele.
LUCA (strattonandola mentre Caterina cerca di divincolarsi) → Tu adesso vai a vedere e la smetti di rompere le palle ok?
ALESSANDRA (cercando di mitigare il tono aggressivo di Luca) → Magari c’è un’uscita, una possibilità...
Elisa le si para di fronte facendosi largo tra Luca e Alessandra.
ELISA → Perché non ci vai, che cosa ti costa?! Solo perché ce l’hai con Luca...
CATERINA → Proprio tu! ... ma non ti accorgi? Luca sta convincendo tutti che io ne approfitto... e anche Andrea, ti stava per menare, te lo ricordi?!
ELISA → Io non so se è vero che tu centri qualcosa con questa situazione, ma se facciamo la fine dei topi sarà anche colpa tua!
CATERINA (gridando) → Io non vado da nessuna parte!!
Caterina si sottrae alla presa di Luca, fa per scappare, ma Alessio che è dietro di lei la blocca e la risospinge verso Luca.
Valeria (sta dietro gli altri) → Lasciatela stare! Siete fuori di testa!
Michele blocca Valeria e la spinge indietro.
MICHELE → Non metterti in mezzo tu!
Andrea se ne sta in disparte, disperato. Rannicchiato per terra con la testa tra le mani, come non volesse sentire quello che sta succedendo. Valeria si rivolge a lui gridando.
VALERIA → Tu non fai niente??!!
Luca afferra nuovamente Caterina, la tira per i capelli e la stringe alla parete.
LUCA → Senti, ho sempre pensato che sei fasulla con la tua aria da vittima... Ma tu adesso fai quello che ti diciamo... altrimenti non riceverai più nemmeno l’acqua!
CATERINA (con la testa tirata da un lato, vicinissima al volto di Luca. Fredda, fissandolo con odio) → Io non prendo ordini da te.
Caterina colpisce Luca per liberarsi dalla presa. Luca non la molla, la sua presa si fa più violenta.
CATERINA → Lasciami!!
Si spingono. Si colpiscono. Caterina smanaccia nel vuoto per colpirlo in volto, lo raggiunge, gli stringe la faccia con le dita serrate per allontanarlo da sé. Luca le afferra il braccio, la fa girare su se stessa e la spinge violentemente facendole perdere l’equilibrio. Caterina cadendo sbatte la testa contro un supporto di metallo fissato alla parete e resta a terra immobile.
Valeria si fa largo e inciampa quasi nel corpo di Caterina. Si china. Si accorge che si tratta di lei.
VALERIA → Caterina... Caterina!
Le tocca la faccia, la gola. Si avvicina con il viso alla sua bocca e si accorge che non respira. Allora la scuote con forza.
VALERIA → Caterina!!!
Gli altri le si fanno intorno. Luca si allontana.
Sente che la testa è bagnata. Si porta le mani al naso e alla bocca accorgendosi che si tratta di sangue.
Si gira verso gli altri in un silenzio innaturale.
VALERIA → ...vi rendete conto cosa avete fatto? ... è... è morta.
GAIA → Come è morta?!
ELISA → Oh...Dio.... non è possibile.
Qualcuno grida terrorizzato e fugge via inciampando e andando a sbattere qua e là.
ALESSANDRA → Cos’è successo?
VALERIA → Alessio... Luca... Luca!!
LUCA (da dietro gli altri) → Io non ho fatto niente.
VALERIA → Cosa le avete fatto?!!
ALESSIO → Non abbiamo fatto niente. Non vediamo niente... stavamo parlando.
VALERIA → Non dite cazzate! Stavate urlando!
ALESSIO → Si, ma non le abbiamo fatto niente... dev’essere inciampata.
VALERIA (come in un lamento sconsolato) → Io non so chi sia stato, ma qualcuno l’ha spinta e ha sbattuto la testa contro qualcosa... (tocca il viso di Caterina, la accarezza) ...Caterina... Cate...
III-Sq.33 ( interno – esterno – IL VOLO)
Immagini sempre più veloci. In allontanamento, come una fuga.
Il gruppo raccolto attorno a Caterina.
Un cunicolo. Un portone. Scale. Capannone. Prato. Fiume.
Un uccello spicca il volo.
Cielo azzurro.
III-Sq.34 ( interno: sotterraneo – L’ACCORDO)
I ragazzi stanno sparpagliati. Seduti a terra sui cartoni. Appoggiati ai muri. Sdraiati. Alcuni sono vicini, abbracciati. Nessuno parla dell'accaduto.
Trascinano silenziosi il corpo di Caterina nella parte del sotterraneo destinata ai rifiuti. Si fermano, stanno fermi vicino al suo corpo. Qualcuno si siede per terra, qualcuno rimane in piedi.
Si raccolgono per mangiare; il pasto avviene in silenzio, nessuno ha il coraggio di introdurre l’argomento. Andrea se ne sta in disparte. Pensa, seduto, appoggiato al muro.
ELISA → Vi rendete conto?
Lungo silenzio.
andrea → Noi non abbiamo fatto nulla... non l’abbiamo fatto apposta Caterina è scivolata su un tubo e ha battuto la testa!
VALERIA → Non ti sopporto! Cosa facevi tu mentre Luca e Alessio la menavano!
LUCA → Non l’abbiamo nemmeno toccata! Era isterica... è scivolata cazzo!
VALERIA → Stai zitto... è meglio che stai zitto.
Lungo silenzio.
valeria → è inutile fare finta di niente.
elisa → Dobbiamo prenderci le nostre responsabilità.
valeria → L'abbiamo uccisa noi.
ELISA → Non so come abbiamo potuto! ... era nostra amica.
valeria → è facile dirlo adesso...
ANNA → Perché?
Silenzio.
VALERIA → Cosa succede... se usciamo? Cosa succederà quando ci chiederanno di Caterina?
Andrea se ne sta ancora in disparte, quasi estraneo alla discussione
Anna → Credi ancora che usciremo di qui?
MICHELE → Dobbiamo pensare a qualcosa, non ci possono tenere mica qui per sempre!
Anna → Perché no? Ormai si saranno dimenticati di noi.
MICHELE (confuso, disperato, frasi frammentate) → Non è giusto… se non ci avessero buttati qui… se ci avessero portati in ospedale… perché proprio a noi? Non è colpa nostra, nessuno di noi voleva che andasse a finire così. E’ tutta colpa loro, di quelli che ci hanno chiusi qui, sono loro che hanno l’hanno uccisa. Ci lasceranno qui per sempre, non usciremo mai… Caterina è stata solo la prima.
Valeria → Non ne posso più di questi discorsi! Non lo so se usciremo, se rimarremo qui… il problema adesso è un altro. Vi rendete conto che l’avete ammazzata?
Andrea → L’”avete” ammazzata?? ...Basta, cazzo! E’ così importante stabilire di chi sia la colpa? Nessuno voleva farlo... o l’abbiamo fatto tutti, se preferisci. Siamo completamente ciechi e siamo tutti nello stesso buco di merda. E si va fuori di testa a stare qua.... Caterina è morta... ma... non voglio passare da questa a un’altra prigione… per colpa di un incidente.
MICHELE → Incidente?
LUCA → Sì. Caterina è inciampata... e ha battuto la testa. Chiuso.
Valeria → Non è stato un incidente… non siamo innocenti.
ANDREA → Se è giusto che siamo stati rinchiusi da innocenti, è giusto anche essere liberi da colpevoli.
elisa → Come fai ad essere così insensibile, tu che eri anche il suo ragazzo?
Silenzio.
Valeria batte su una latta con l'anello a ritmo crescente.
CAMILLA → Piantala!
Si sentono dei tonfi sordi.
luca → Ci stanno portando da mangiare.
alessio → Non se ne dimenticano mai.
Silenzio.
anna (freddamente) → Conosci la storia di Hansel e Gretel?
Silenzio.
Gaia → Mamma...ci hanno voluto rinchiudere qui... perché non ci hanno lasciato in ospedale, mamma? ...non siamo stati noi, l'hanno uccisa loro... l'hanno uccisa loro e uccideranno anche noi... Caterina è stata solo la prima... la prima tra di noi... e la seconda chi è? cazzo chi è? siamo degli animali, mamma... io voglio vivere non sopravvivere... non sopravvivere!
Annachiara cerca con un abbraccio di calmarla.
Lungo silenzio.
anna (fredda) → Caterina ha creato problemi. nessuno deve crearne altri. questo basta.
Annachiara si volta verso di lei.
anna (fredda) → Non potevamo fare altro (sorride). Non parliamone più, va bene?
ELISA → Mi fai paura.
III-Sq.35 ( interno: sotterraneo – RASSEGNAZIONE)
Attesa. Silenzio. Rassegnazione.
Qualcuno rovista tra la sua roba. Qualcuno si bagna la faccia e il collo stando inginocchiato davanti al catino dove raccolgono l’acqua. Qualcuno è semplicemente fermo, seduto.
Gaia sta sdraiata con le ginocchia raccolte e il capo appoggiato alle gambe di Elisa che le accarezza i capelli.
Valeria tiene in mano il libro strappato di Caterina. Scorre con le dita sui rilievi del braille.
III-Sq.36 ( interno: sotterraneo – RECUPERANO LA VISTA)
Immagine sfuocata delle linee di luce che filtrano dalle grate.
Elisa ha gli occhi aperti. È sdraiata. Lo sguardo è fisso all’insù.
Serra le palpebre e si stropiccia gli occhi.
Di nuovo l’immagine, sfuocata.
Si tocca il viso con stupore, si solleva su un fianco e guarda verso gli altri. Vede molto confusamente. In modo quasi indistinto. Riconosce vagamente delle sagome.
Stanno tutti dormendo.
Striscia verso di loro e si avvicina ad Alessandra. La scuote leggermente. Si avvicina molto al suo viso. La riconosce.
ELISA → Ale... Ale.... ci vedo.
Alessandra si risveglia, apre gli occhi, lo sguardo nel vuoto.
ALESSANDRA → Che c’è... (fa una smorfia di dolore) ...ho la testa che mi scoppia...
ELISA → Ci vedo Ale!
ALESSANDRA → Cosa?
E in quel momento anche Alessandra si accorge di vedere. Riconosce vagamente il viso di Elisa.
ALESSANDRA (con un’espressione di stupore) → Anch’io... Oddio, ci vedo.
ELISA → Ti fanno male gli occhi?
ALESSANDRA → Mi bruciano... ma è la testa che... Ci vedo... Cristo.. (si è alzata a sedere e si guarda le mani, tocca il viso di Elisa) ... male, ma qualcosa riesco a vedere.
Inizia a scuotere la testa, come assalita da uno sconforto improvviso.
ALESSANDRA → ...Dio... Dio..... Dio...
ELISA (allunga una mano verso di lei preoccupata) → Ale..
Alessandra (scosta da sé la mano di Elisa, continua a scuotere la testa) → Ti rendi conto?.... Ho paura di vedere... era una questione di giorni e... (piange) ...Cristo... vedere è.... è come aver ucciso... è come non potersi nascondere più...
Elisa capisce. Le prende la mano e la stringe forte. Restano in silenzio. Alessandra piange sommessamente.
ELISA → Vado a svegliare gli altri.
III-Sq.37 ( interno: sotterraneo – LA LIBERAZIONE)
La scena è desolata. I ragazzi stanno abbandonati come corpi. Sfiniti. Laceri.
Cibo e oggetti sparpagliati dappertutto.
Volti che respirano appena.
Un rumore impercettibile di sirena, che non viene nemmeno notato.
Rumori forti, voci. Frastuono di porte che vengono aperte.
Una luce abbaglia i volti dei ragazzi che serrano gli occhi. Riescono soltanto a fare dei deboli movimenti di reazione, niente di più. Non hanno la forza di alzarsi.
In controluce si scorgono sagome indistinte. Persone che avanzano verso di loro.
***
IV scena
IV-Sq.1 (interno-giorno: CASA DI ALESSANDRA)
Alessandra sta pranzando con i suoi genitori. Fa alcuni bocconi e poi si ferma, come non ce la facesse a continuare.
LA MADRE (con un senso di pena nella voce) → Mangia... devi mangiare qualcosa.
Alessandra li guarda. Appoggia la forchetta sul tavolo.
ALESSANDRA → Non ci riesco.
Si alza ed esce.
IV-Sq.2 (esterno-giorno: STRADA)
Elisa aspetta seduta su una panchina.
Si volta e nota Bea e Flavia che si avvicinano.
Si alza e va loro incontro. Si abbracciano, si guardano senza dire nulla.
Si allontanano assieme.
IV-Sq.3 (esterno-giorno: STANZA DI ANNACHIARA)
Camilla e Elisa sono in stanza.
Camilla ascolta musica sul letto. Si volta verso Elisa che non la guarda.
Elisa svuota uno zaino, seduta a terra. Estrae alcuni libri, dei quaderni e poi il pelouche sgualcito di Caterina. Lo tiene in mano fissandolo.
Camilla la guarda, poi gira lo sguardo davanti a sé, senza dire nulla.
IV-Sq.4 (esterno-giorno: COLLINE)
Anna, Michele, Gaia passeggiano su dei prati in una zona collinare. Parlano.
Passano vicino a un sentiero lastricato che si inerpica attraverso una boscaglia.
ANNA → Mi aspettate?
GAIA → Ok, noi ci sistemiamo qui.
Anna sale il sentiero. Si ferma davanti a delle rovine. Una pietra.
Il posto del suo sogno.
Anna guarda la pietra e poi si guarda attorno.
IV-Sq.5 (esterno-giorno: INGRESSO SCUOLA)
Alessio arriva in prossimità della scuola. Si ferma dall’altra parte della strada.
Guarda i ragazzi che affollano l’ingresso.
Attraversa la strada per unirsi a loro.
IV-Sq.6 (interno -giorno: STANZA DI ANDREA)
Andrea è seduto davanti alla finestra della sua stanza. Guarda fuori, con lo sguardo perso.
Sua madre da dietro gli si avvicina. Gli appoggia le mani sulle spalle.
LA MADRE → Vieni di là?
Andrea non dice nulla. Continua a guardare dalla finestra.
La madre si allontana dietro di lui.
Andrea fissa una finestra di una casa vicina.
IV-Sq.7 (interno - sera: STANZA DI VALERIA)
Valeria sfoglia i brandelli del libro braille di Caterina.
IV-Sq.8 (interno - giorno: STANZA DI CATERINA)
Stanza vuota di Caterina. Le sue cose.
IV-Sq.9 (esterno - giorno: STRADA)
Luca cammina. Si ferma a un incrocio. È assorto nei suoi pensieri.
Fa un passo per attraversare prima che il semaforo diventi verde.
Un’automobile sta per investirlo, ma viene bloccato all’ultimo momento dal bastone di un cieco che gli sta accanto.
Si volta a guardare l’uomo che gli ha salvato la vita.
Volto del cieco.
Lampada del semaforo che diventa verde. Si sente il segnale acustico per ciechi.
IV-Sq.10 (interno -sotterraneo: EPILOGO)
Il sotterraneo.
La traccia della mano di Caterina sul muro.
TITOLI DI CODA
Una sceneggiatura cinematografica, anche di un corto, non è altro che raccontare una storia sotto forma di sequenze di inquadrature. Si deve partire da un’idea che può nascere da un'immagine visiva, da uno spunto di vita vissuta o letta oppure da un’idea nata all'improvviso. Come prima cosa bisogna saper sintetizzare la nostra idea in poche frasi, e questo non è facile. Il nostro corto deve poter essere raccontato in tre frasi. Mettete la vostra storia su carta al massimo in 4 o 5 righe, raccontando brevissimamente sia l’azione che il personaggio. Naturalmente bisogna sapere chi è il protagonista per poi definire lo svolgimento della storia. E' importante scrivere tutto in sintesi, ma devono essere 3 frasi che possano catturare immediatamente l'attenzione di un ipottico ascoltatore. E' un primo riassunto di ciò che è la nostra idea.
Vari sono i passi per arrivare a scrivere una sceneggiatura. La sceneggiatura va costruita seguendo i passi giusti: non posso costruire un palazzo partendo dal tetto. Dall'idea si passa al soggetto che è il film scritto sotto forma di racconto. Nel racconto dobbiamo focalizzare l’intreccio della storia con tutti gli elementi che la costituiscono. Come tutte le storie, a partire dalle fiabe fino alle commedie, ci devono essere tre parti essenziali: l’inizio, la parte centrale e la fine. Sono questi tre elementi che compongono la struttura narrativa di ciò che vogliamo raccontare. Il soggetto aiuta lo scrittore ad organizzare la storia nelle sue componenti fondamentali che in seguito si espanderanno prendendo la forma più complessa della sceneggiatura. La sinossi deve essere redatta in stile indiretto e privo di dialoghi. Anche se non esiste una lunghezza standard per il soggetto, normalmente si scrivono dalle tre alle cinque cartelle dattiloscritte.
La scaletta
Il secondo passo, prima di arrivare alla sceneggiatura, è rappresentato dalla scaletta ; che è l’ossatura della storia. In questa fase lo scrittore organizza uno schema che riassume i punti salienti della vicenda. Spesso la scaletta viene fatta coincidere con una successione numerata di tutte le scene, in ordine, con una frase che ne riassuma l’azione relativa.
Il trattamento
E’ qui che la storia riassunta nel soggetto, inizia ad espandersi come una macchia d’olio. Seguendo lo schema della scaletta, si descrive dettagliatamente l’azione del film, in continuità. Ogni situazione è descritta dettagliatamente e i personaggi incominciano a prendere forma, a caratterizzarsi. Anche gli ambienti sono definiti con precisione. Nel trattamento domina l’aspetto narrativo-letterario. Nella maggior parte dei casi, in questa fase vengono inseriti i dialoghi, e il trattamento viene denominato, per gli addetti ai lavori, "scalettone". La sua lunghezza può variare dalle trenta alle cento cartelle dattiloscritte.
La sceneggiatura
Questo è il paragrafo più delicato del nostro prontuario. Ora che la storia è ben strutturata, non ci resta che scriverla in termini cinematografica, cioè sotto forma di scene e sequenze. Una sceneggiatura, ovvero il copione, può essere scritta in due modi, comunemente chiamati : ‘all’italiana’ e ‘all’americana’. Nel primo caso avremo il foglio diviso in due colonne : a destra gli elementi sonori e i dialoghi; a sinistra gli elementi visivi e l’azione. La sceneggiatura all’americana invece viene redatta per scene principali, dove tutti gli elementi sopra indicati sono riuniti in una progressione uniforme. Ogni scena viene numerata e individuata in tre elementi base : luogo - interno/esterno - giorno/notte. Nel primo si indica l’ambiente(il set), nella seconda si specifica se si gira in interno o in esterno ed infine si indica se l’illuminazione della scena deve essere diurna o notturna. Segue la descrizione dell’azione con le indicazioni tecniche di ripresa, che vedremo più avanti. Una buona sceneggiatura deve essere scritta in una forma chiara, semplice, con uno stile elegante, con pochi termini tecnici o indicazioni di regia che la inceppino. Usare paragrafi brevi con i verbi in forma attiva, modo indicativo e tempo presente. Anche se si racconta un avvenimento avvenuto precedentemente, bisogna scriverlo sempre al presente, come se la cosa stesse accadendo proprio ora. Evitare i verbi composti. Usare verbi e sostantivi forti, e aggettivi solo se necessario dal punto di vista drammatico. Bisogna usare parole che esprimono immagini specifiche, semplici ; evitando l’introspezione o quel tipo di informazione che non si può mostrare sullo schermo. Alternato ai paragrafi, si possono inserire i dialoghi, fissando gli spazi come segue :
Descrizione del luogo, del personaggio, dell’azione...
PERSONA CHE PARLA (indicazione parentetica) Le parole che vengono dette. Descrizione...
I dialoghi devono differire leggermente dalla realtà. Nella scrittura cinematografica i dialoghi devono essere sintetici. Devono avere un valore scenico, cioè composto da battute che gli attori non facciano fatica a pronunciare. I dialoghi, messi insieme devono trasmettere una certa musicalità. Devono inoltre presentare una certa dinamicità : far scorrere la storia in avanti, senza intoppi. Il dialogo è anche un ottimo mezzo per far emergere la figura del personaggio, rivelando quelle informazioni che non sono state descritte nel discorso indiretto. Per consuetudine una pagina di sceneggiatura all’americana corrisponde a circa un minuto di film. Per cui un lungometraggio di centoventi minuti corrisponderà ad una sceneggiatura di centoventi cartelle dattiloscritte, con interlinea 1.
Il paradigma
Su come vada concepita una sceneggiatura ci sono molte
scuole e tendenze. Syd Field, uno tra i più noti sceneggiatori e insegnanti americani del settore, ha inventato un nuovo sistema per creare una sceneggiatura. E’ il sistema del paradigma, paragonabile ad una mappa, la struttura drammatica di una sceneggiatura. Il paradigma è un modello, un esempio, uno schema concettuale dell’aspetto che avrà la sceneggiatura. E’ suddiviso in tre parti: un inizio, una parte centrale e una fine. L’inizio corrisponde al primo atto, la parte centrale al secondoatto, e la fine al terzo atto. Alla fine del primo atto e alla fine del secondo, troviamo il cosiddetto colpo di scena. Esso è indispensabile per far procedere la struttura narrativa; per aumentare la curiosità dello spettatore. E’ l’ostacolo che il protagonista della storia deve superare per arrivare alla risoluzione. Una storia cosi concepita deve essere creare una atmosfera di attesa per catturare il pubblico. Poiché una pagina di sceneggiatura equivale ad un minuto sullo schermo, il paradigma è suddiviso in maniera tale da impostare un film di centoventi minuti, cioè centoventi pagine. Il primo atto è lungo trenta pagine. Incomincia a pagina uno e continua fino al primo colpo di scena. Il secondo atto va da pagina trenta a pagina novanta ; dal punto della vicenda che comincia alla fine del primo atto fino al secondo colpo di scena che arriva alla fine del secondo atto. Questo secondo blocco è lungo sessanta pagine ed è tenuto insieme dal contesto drammatico definito confronto nella cui metà, a pagina sessanta, troviamo la parte centrale. Infine il terzo atto, che va da pagina novanta a centoventi. Queste ultime trenta pagine sono tenute insieme dal contesto drammatico chiamato risoluzione.
Quanto detto può essere, a grandi linee, schematizzato in figura, dove è stato tracciato il paradigma di un film celebre : E.T. di Steven Spielberg. Ecco la trama ed il relativo paradigma :
La storia: E.T. giunto sul pianeta Terra con un’astronave si perde nel bosco. Rimane solo quando i suoi sono costretti a partire senza poterlo far rientrare nell’astronave. Braccato, vaga nella periferiadella città. Viene trovato e curato da un ragazzino : Elliot. E.T. edElliot diventano, inevitabilmente, amici. Il ragazzo presenta ilvisitatore, "lo Gnomo", a suo fratello e a sua sorella. In breve tempo Elliot ed E.T. sviluppano un sistema di comunicazione basato più sulle affinità di sentimenti che sul linguaggio : l’uno avverte le sensazioni dell’altro. Il piccolo visitatore, inoltre, possiede dei poteri extrasensoriali. E.T. ha nostalgia : vuole tornare a casa. Vuole telefonare a casa. Il ragazzo va in cantina e porta a E.T. tutto quello che trova : una sega, qualche giocattolo, un saldatore, una caffettiera. Il fratello maggiore di Elliot dice che E.T. potrebbe ammalarsi. E.T. prende vari pezzi e li assembla realizzando un primitivo impianto trasmittente. La notte di Ognissanti, travestito da gnomo, E.T. fugge nel bosco con i bambini. Regola il suo impianto di trasmissione e invia un segnale nello spazio. Elliot ed E.T. passano la notte nel bosco. E.T. non soffre solo per la lontananza da casa, ma anche sicamente. Peggiora. In un disperato tentativo di aiuto, Elliot lo fa vedere a sua madre. Ma è troppo tardi : E.T. sta morendo. Gli adulti prendono l’iniziativa. Cercheranno di salvarlo, ma tutto è ormai inutile : E.T. muore. Poi miracolosamente torna in vita.
Paradigma :
Come potete vedere, alla pagina ventitré della sceneggiatura troviamo il primo colpo di scena : quando Elliot è costretto a nascondere l’extraterresre nell’armadio, per paura di farlo vedere ai suoi familiari. A metà della storia, ovvero la parte centrale (pc) individuabile a pagina 61, E.T., in preda alla nostalgia, vuole tornare a casa. Questa situazione tiene collegata la prima e la seconda metà del secondo atto. A pagina ottantasei troviamo il secondo colpo di scena : E.T. è in fin di vita. La risoluzione si ha quando l’extraterreste, dopo essere morto, torna miracolosamente in vita.
La scrittura cinematografica
Scrivere per il cinema significa scrivere per immagini, e per fare ciò occorre che lo sceneggiatore abbia un suo punto di vista tecnico. In genere in ogni paragrafo di sceneggiatura va indicata l’inquadratura appropriata. L’inquadratura è quell’immagine colta dall’obiettivo della macchina da presa (m.d.p.). Il regista, a secondo delle diverse angolazioni dell’inquadratura, può esprimere il suo punto di vista rispetto alla realtà che vuole rappresentare. Per quanto concerne l’inquadratura bisogna subito distinguere il campo di ripresa dal piano di ripresa. Il primo corrisponde alla porzione di spazio inquadrato; il secondo invece riguarda la porzione della figura umana inquadrata. Questi due elementi della scrittura cinematografica possono essere frazionati in otto specifici punti di vista. :
- Campo lunghissimo o totale (C.L.L .):
quando la macchina da presa inquadra una spazio
vastissimo, che si perde praticamente all’infinito.
- Campo lungo (C.L.):
molto simile all’inquadratura precedente; solo che in questo caso la figura umana è più riconoscibile nell’ambiente.
- Campo medio (C.M.):
quando una o più persone sono riprese per intero. Nel caso in cui venga inquadrata una persona sola , allora si avrà la Figura intera (F.I.)
- Piano americano (P.A.):
la figura umana è ripresa dalle ginocchia in su.
- Primo piano (P.P.):
viene inquadrato il volto e parte del busto del personaggio.
- Primissimo piano (P.P.P.):
è inquadrato solo il volto.
- Controcampo (Cc.):
inquadratura diametralmente opposta a quella precedente.
- Dettaglio/particolare:
si usano per fare dei primi piani rispettivamente ad un
oggetto e ad una parte specifica del corpo umano.
Seguono ora i movimenti della macchina da presa.
- Panoramica:
movimento rotatorio della m.d.p., fissa su un sostegno. Può essere verticale o orizzontale e obliquo. Facendo un rapido movimento di macchina, da un’inquadratura a un’altra, si avrà la panoramica a schiaffo.
- Carrellata:
quando la m.d.p. compie un movimento in avanti, indietro,
obliquo, a destra e a sinistra. Può essere fatto sui binari
dove viene posto il carrello; con il pied de poule (un carrello mobile a tre ruote), e con la cameracar, quando la macchina da presa e fissa su un’auto o su una moto per la strada.
- Dolly:
quando la macchina da presa è montata su una gru con un braccio mobile che compie movimenti dal basso all’alto e viceversa con grande maneggevolezza, grazie ad una serie di meccanismi pneumatici.
- Steady-cam:
è una macchina da presa particolare, montata sul corpo
dell’operatore, grazie ad un sofisticato meccanismo.
Altri elementi usati dallo sceneggiatore sono :
- Stacco:
è un’interruzione netta tra un’inquadratura e quella
successiva.
- Dissolvenza:
che può essere in chiusura quando l’immagine lentamente scompare nel buio. Si dice in apertura quando l’immagine, dal buio, emerge a poco a poco. La dissolvenza è incrociata quando un’inquadratura si trasforma gradualmente in un’altra.
Per quanto riguarda i dialoghi, esiste un termine tecnico
molto comune nella nomenclatura cinematografica: F.C.
(fuori campo). La voce fuori campo si ha quando il
personaggio parla senza essere inquadrato. Possiamo
inoltre avere in campo una persona che pensa, e sentire la
voce interiore : in questo caso non avremo un F.C., ma
semplicemente scriveremo :
VOCE ‘PERSONAGGIO’ Le parole che vengono pensate.
I personaggi
I personaggi di un film sono coloro che animano la storia.
Lo spettatore si deve riconoscere in loro. Soprattutto il protagonista deve attirare l’interesse dello spettatore, suscitando delle reazioni forti. Deve avere una personalità tale da renderlo credibile nei conflitti che gli si presentano durante il cammino. Deve avere una certa coerenza. Tutti questi elementi fanno sì che il personaggio sia caratterizzato. Il linguaggio cinematografico non permette di far pensare un personaggio come in un romanzo letterario.
Quanto detto è solo possibile mostrarlo nell’atto di farlo, in modo tale che il suo agire riveli di fatto ciò che sta pensando. Per caratterizzare un personaggio in maniera così dettagliata, occorre che lo sceneggiatore lo conosca alla perfezione. E’ consigliabile, a tale proposito, costruire una biografia contenente gli elementi che stanno alla base della caratterizzazione del personaggio:
- l’età;
- la posizione sociale;
- i rapporti interpersonali;
- la psicologia, il carattere.
Ovviamente tutte le informazioni legate al personaggio nonvanno esaurite in un solo colpo, ma vanno rivelate poco allavolta, per mantenere desta l’attenzione del pubblico. Siincontra sempre in un racconto, un’altra figura :l’antagonista. Esso è colui che oppone al protagonista,ostacolandolo. Anche i personaggi minori devono esserecostruiti secondo le stesse regole dei protagonisti, anche se in tono minore.
L’adattamento
L’adattamento consiste nel trasportare un opera letteraria o teatrale in un racconto cinematografico.
Un copione cinematografico risulterà molto diverso dal romanzo o dal testo teatrale dal quale è stato tratto. Per procedere nell’adattamento occorre innanzitutto entrare in rapporto di familiarità con l’opera originaria, leggendola attentamente e cogliendone i dettagli, insomma analizzarla. Si dovrà poi schedare il racconto in base ai fatti, ai personaggi e alle azioni, cercando di ricostruire la storia ordinandola per scene, utilizzando le stesse tecniche descritte precedentemente.
Una delle operazioni più complicate e quella di tradurre un romanzo in film. Come si sa un'opera letteraria è ricca di tanti importanti valori che difficilmente possono essere tagliati per la versione cinematografica. l'iter più congeniale è quello di saper individuare le scene chiave del romanzo, per realizzarne una scaletta vera e propria. Ne consegue una progressiva struttura narrativa che piano piano ci porterà alla stesura della relativa sceneggiatura. Sicuramente questo è un lavoro delicato che comporta abilità, sensibilità e tanta pazienza.
Esempio di sceneggiatura
Giunti al temine di questo prontuario, eccovi un esempio di sceneggiatura redatta all’italiana e poi all’americana.
SCENA 10 Veronica e Beatrice si sporgono dalla ringhiera |
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BEATRICE |
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VERONICA |
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Una donna di una bellezza strepitosa passa in gondola sotto un ponte, e porge un grappolo d’uva al suo prescelto. |
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Le ragazze stanno a guardare. Sono sgomente e impaurite |
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BEATRICE Dio non dovrebbe permettere |
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VERONICA |
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VERONICA |
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VERONICA |
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Beatrice dà una botta a Veronica, come per rimproverarla. |
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Ora la stessa scena redatta all’americana.
SCENA 10
Terrazzo-Est. giorno.
Veronica e Beatrice si sporgono dalla ringhiera.
BEATRICE
Se qualcuno ci vede, siamo fritte.
VERONICA
Non stanno guardando noi, Bea.
Guardanoloro.
Una donna di una bellezza strepitosa passa in gondola sotto un ponte, e porge un grappolo d’uva al suo prescelto.
Le ragazze stanno a guardare. Sono sgomente e impaurite - una paura che a tratti si fa vero e proprio orrore.
BEATRICE
Dio non dovrebbe permettere che il
peccato sia così bello.
VERONICA
Come dee. Livia, Imperia, Marina...
BEATRICE
Quelli non sono i loro veri nomi. Li
inventano, lo sanno tutti.
VERONICA
Neanche "Pio" è il vero nome del
Papa.
Beatrice dà una botta a Veronica, come per rimproverarla.
(Tratto da : "The honest courtesan" - Sceneggiatura di Jeannine Dominy).
La fiction televisiva
L'iter per lo sceneggiatore intenzionato a realizzare un opera destinata al piccolo schermo differisce da quello tradizionale. Se si tratta di una serie televisiva, anziché scrivere le sceneggiature complete dei singoli episodi, è opportuno presentare al possibile committente, in genere RAI e MEDIASET, un progetto che normalmene gli addetti ai lavori usano chiamare "Bibbia", contenente i seguenti elementi:
- Titolo
- Nome dell'autore
- Formato (La durata in minuti dei singoli episodi).
- Descrizione della serie (Un paragrafo che spiega e approfondisce le tematice della storia proposta).
- Profilo dei personaggi (descrizione dettagliata di ciascun personaggio, delineandone le caratteristiche fisiche, psicologiche e sociali).
- Soggetti relativi ai singoli episodi (Se si tratta di una fiction a lunga serialità, è sufficiente presentare dei brevi paragrafi riassuntivi relativi alle prime puntate).
Il tutto deve essere contenuto in una decina di pagine.
Una fiction va concepita adeguando lo stile al mezzo televisivo; ad esempio i primi piani si preferiscono ai campi lunghi. Inoltre bisogna tener conto del grado di attenzione che presta un telespettatore da casa, che non è sicuramente lo stesso di uno spettatore seduto in una sala cinematografica.
In ultimo vanno preventivate le interruzione dovute agli stacchi pubblicitari.
Il copyright
Quando l'aspirante sceneggiatore scrive il suo film, pensa quasi ed esclusivamente a chi proporlo ed eventualmente venderlo. Una volta termina la fase di stesura della sceneggiatura, l'autore esordiente viene colto da un altro timore: come tutelare la propria opera?
In Italia il metodo più ufficiale ed anche il più diffuso consiste nel depositare in S.I.A.E. (Societa' Italiana degli Autori ed Editori) il soggetto o la sceneggiatura. In questo caso la data del deposito farà fede sulla proprietà della vostra opera.
L'altro metodo, il più semplice ed economico, consiste nel spedire a se stessi, una raccomandata con il proprio soggetto o sceneggiatura. In questo caso la data sul timbro della spedizione farà fede sulla proprietà della vostra opera.
Molti professionisti comunque usano affidare la propria sceneggiatura ad un avvocato o ad un'agenzia cinematografica.
BIBLIOGRAFIA
- Syd Field - LA SCENEGGIATURA - Lupetti e Co. Editore, 1991
- Lucio Battistrada, Massimo Felisatti - CORSO DI SCENEGGIATURA Gruppo Editoriale Fabbri, 1993
- Massimo Moscati - MANUALE DI SCENEGGIATURA - Arnoldo Mondadori Editore, 1989
- Terence St. John Marner - GRAMMATICA DELLA REGIA - Lupetti e Co. Editore, 1972
- Age - SCRIVIAMO UN FILM - Pratiche, 1988
- Vincenzo Cerami - CONSIGLI A UN GIOVANE SCRITTORE - Giulio Enaudi Editore, 1996
(fonte: www.mediatime.net\\prontuario)
SOGGETTO CINEMATOGRAFICO DI FRANCESCO SPAGNUOLO
Giuliano sta lacrimando di fronte una lapide.
Accarezza la scritta Tony e Rosa Matano 1945-1980. Una foto li raffigura. Poco distante in un’altra lapide, una foto ritrae un bambino di circa dieci anni: c’è inciso Giuliano Matano 1970-1980. Giuliano china il capo stringendo i pugni…
FLASHBACK: Giuliano ha solo dieci anni, ascolta e vede dalla porta della sua camera suo padre parlare, concitatamente, con altri DUE uomini; uno di spalle chiamato “ZIO BRANCO” e l’altro, che si distingue, si chiama “BRUNO AUTIERI”. Tony Matano è convinto che il giro d’affari di SALVATORE SALIERI sia troppo rischioso per cui è meglio uscirne e dichiararlo nel meeting, che è stato convocato dallo stesso Salieri.
L’indomani Giuliano gioca con la piccola ELENA CARDOSO, sotto il porticato. Elena è il primo amore di Giuliano e la bambina con cui passa molto del suo tempo. Giuliano regala ad Elena un piccolo ciondolo blu. I due bambini si baciano; quando l’attenzione di Giuliano è richiamata dal rombare di una macchina. Tony Matano è rientrato dal meeting.
Giuliano “vola” in direzione di Tony, quando le urla disperate della madre, affacciatasi al balcone di casa, lo raggiungono. Tony, preoccupato, corre verso di lui, pochi istanti dopo sbuca una moto con in sella due uomini armati: Giuliano resta paralizzato dalla paura.
Tony e Rosa, cadono sotto i colpi di una raffica di mitra, Giuliano viene ferito ad una spalla. I due criminali fuggono subito dopo il massacro. Elena è nascosta dietro un muro. Giuliano ha la forza di rialzarsi e arrancare vicino al padre, che respira a fatica. Il suo sguardo innocente e incredulo non riesce a spiegarsi cosa sia accaduto. Tony stringe la mano al figlio, poi gli sussurra qualcosa nelle orecchie, prima di perdere la vita.
Giuliano si guarda intorno, grida con quanta forza ha in corpo ma nessuno accorre in suo aiuto. Sta per svenire sul marciapiede quando un uomo, si affretta ad uscire da un vicolo. Giuliano viene sollevato da terra, l’uomo si guarda intorno, dice qualcosa ma
Giuliano sta perdendo i sensi e non riesce a sentirlo.
Quando riapre gli occhi è su una barca; la sua isola, la Sicilia, è sempre più lontana. Una donna lo sta medicando e con un sorriso cerca di tranquillizzarlo.
Ora Giuliano ha trentacinque anni, è nella sua vecchia casa dove un tempo avvenne il crimine.
I fori dei proiettili sono ancora li nelle mura dell’abitazione, dove tutto in pochi attimi cambiò per sempre la sua vita. Lo sguardo si fa accecato dall’ira.
Giuliano toglie alcuni teloni dai mobili, apre la borsa ed estrae una pistola con una impugnatura pregiata…che infila in un cassetto della scrivania, insieme ad alcuni particolari congegni.
FLASHBACK: Giuliano è poco più di un adolescente. E’in una casa situata tra le montagne, poco distante dal centro urbano ubicato al di sotto del suo casolare. Il suo padre adottivo, LUIGI SARTORI, colui che lo ha salvato, gli insegna a sparare contro i barattoli, e la difesa personale: insegnandogli a tirare calci, pugni e delle tecniche contro aggressori armati, con tutti i rischi che questo comporta. Lo sguardo di Giuliano è deciso e perentorio, non sbaglia un colpo.
E’ il 18° anno di età di Giuliano e Luigi regala al figlio adottivo una pistola con un impugnatura pregiata. La stessa pistola viene regalata da molte generazioni come simbolo di appartenenza a particolari valori familiari. Per Luigi, Giuliano è pronto per sapere alcune verità sul padre. Luigi Sartori dice di essere stato un grande amico di Tony da piccolo e anche se crescendo le loro vite proseguirono su binari paralleli, niente poteva rompere l’amicizia che un tempo li legava. Giuliano viene a sapere che il probabile mandante dell’omicidio del padre è Salvatore Salieri, una leggenda della mafia siciliana, nonché “obbiettivo” numero uno da colpire.
Una cosa è fondamentale: Se “cade” qualcuno prima di lui, sarà impossibile rintracciarlo e la sua vendetta sarà atroce. Salieri, e’ latitante da anni e si muove come un fantasma, ma se ci si arriva, il suo imperò cadrà e il debito d’onore verrà risanato.
Giuliano esce di casa, trova un locale “LA BAIA” dove chiede al gestore di poter lavorare come “Addetto alla sicurezza”. Il locale è gestito da un uomo che lavora e segue le direttive del suo capo VITO SALIERI; un tipo arrogante e poco ragionevole, tutto il contrario di suo padre Salvatore. Giuliano e Vito fanno conoscenza, nonostante Vito non sembri ammirare troppo Giuliano lo prende in prova per qualche serata.
Intanto si presenta come “Giuliano Sartori”.
La sera successiva, c’è un diverbio all’interno del locale. Un ragazzo, MICHELE, invaghitosi di una ragazza, che sta lavorando,cerca di attirare la sua attenzione con apprezzamenti pesanti. Vito estrae subito un coltello, ma Giuliano se ne accorge, si intromette tra Vito e Michele colpendo duramente quest’ultimo per poi trascinarlo fuori dal locale, Salieri resta impressionato dalla scena per la forza di Giuliano che poco prima sembrava un ragazzo molto riservato. Vito rinfodera il coltello.
Fuori dal locale, Giuliano e Michele si parlano. Giuliano si scusa per averlo colpito allo stomaco, ma stava rischiando più di un pugno, l’altro si alza dolorante e se ne va, non prima di aver ricevuto i complimenti per la messa in scena. Poco dopo Vito conferma il posto a Giuliano:Salieri è caduto nella trappola.
Giuliano rientra, Vito Salieri, sferra un ceffone alla ragazza del locale facendola barcollare a terra. Giuliano si avvicina alla ragazza per sincerarsi delle sue condizioni, quando sussulta: la ragazza ha un ciondolo blu al collo. Quella ragazza è Elena, il suo primo amore.
Gli sguardi dei due ragazzi s’incrociano. Giuliano si allontana velocemente, la ragazza lo chiama per nome, il cuore di Giuliano aumenta il battito cardiaco dall’emozione...Vito poco distante osserva la scena.
FLASHBACK: Giuliano è casa del padre adottivo, è ormai più che trentenne. Luigi lo guarda negli occhi dicendogli di “non far sapere a nessuno chi è lui veramente, altrimenti il debito non verrà mai risanato e quella tomba con il suo nome verrebbe riempita.
Qualche istante più tardi, Vito si congratula con Giuliano, ma allo stesso tempo lo ammonisce di non impicciarsi degli affari di famiglia. Ed Elena, fa parte della famiglia.
Giuliano va a casa…Elena gli sbuca alle spalle. Quella è la conferma che è Giuliano Matano, Elena racconta di aver visto l’uomo che anni prima lo portò via.
I due parlano di Vito Salieri. Elena lo mette in guardia su ciò che potrebbe accadergli. Tra l’altro il padre corre sempre in aiuto del figlio.
Elena vorrebbe fuggire insieme a Giuliano e lasciar perdere la vendetta. Elena sfiora le mani di Giuliano, fa per baciarlo, ma Giuliano ritrae il volto.
Elena, sconfortata, se ne va.
Giuliano si presenta da Vito che lo ha convocato: ha un nuovo compito per lui, fare la guardia del corpo alla sua famiglia, insieme ad un altro che si presenta come BRUNO AUTIERI che Giuliano riconosce: Lo stesso uomo che vide da piccolo a casa sua.
FLASHBACK: Giuliano parla con il padre adottivo. Molto probabilmente un uomo di nome Bruno Autieri si è venduto a Salvatore Salieri, tradendo il clan del padre.
Vito impone delle nuove regole. Giuliano deve restare fuori dagli affari personali della famiglia Salieri e quindi lasciar perdere anche Elena. Dovrà preoccuparsi soltanto di badare alla sicurezza di Vito.
Andando via Giuliano nota Bruno Autieri, parlare con alcuni uomini dagli abiti pieni di fango.
Giuliano torna a casa e trova Elena in condizioni disperate. Sulla scrivania c’è un giornale. Sulla prima pagina c’è la foto di un ragazzo “trovato con il corpo carbonizzato in un lago, la carta d’identità lo indica come Michele Sartori” lo stesso che fece baldoria nel locale di Salieri e lo stesso cognome dato da Giuliano a Vito.
Giuliano per il dolore si inginocchia a terra…
FLASHBACK: Giuliano è con il padre adottivo che gli presenta il suo fratellastro più grande: E’ Michele. I due si allenano nelle arti marziali alternando litigate a lunghe passeggiate tra le montagne.
Elena lo prega di andarsene via. Giuliano si convince. Andrà con Elena in un luogo segreto finché le acque non si saranno calmate: ma qualcuno li precede, Bruno Autieri entra nella casa di Giuliano, getta ai suoi piedi una targa con il suo nome, presa al cimitero.
C’è anche Vito Salieri, che lo aveva avvertito. Ma suo padre li vuole vivi.
La ragazza viene presa in consegna da alcuni uomini e portata via insieme a Giuliano.
Giuliano, minacciato dalla pistola di Bruno Autieri, è accompagnato dentro un casolare. Salvatore Salieri ordina ai suoi picciotti di controllare la situazione e di uccidere Elena nel caso accadesse qualcosa di anomalo.
Salieri parla di Tony Matano come un traditore vendutosi ad un altro Clan di cui non ha mai fatto il nome. Nel clan della famiglia Salieri chi tradisce muore.
La sua morte, sancirà la fine della famiglia Matano: Entra “Zio Branco”. Giuliano dà un volto a quella persona che da piccolo riuscì a vedere solo di spalle:Zio Branco è in realtà Luigi Sartori, il suo padre adottivo.
Salieri, ordina a suo figlio Vito di uccidere Giuliano quando è improvvisamente interrotto da un suono proveniente dalla giacca di Luigi Sartori, che grida nella ricetrasmittente di “intervenire”. Con estrema prontezza, Luigi e Giuliano disarmano gli aggressori(i Salieri) immobilizzandoli a terra. Raffiche di spari mandano in frantumi la finestra: Bruno Autieri non ha scampo.
L’echeggiare di un elicottero in lontananza mette fine alle resistenze. Qualche istante dopo l’irruzione della polizia, gli agenti informano Giuliano che la ragazza è stata ritrovata e i malviventi arrestati: “l’operazione debito d’onore è conclusa”, ciò nonostante le mani di Giuliano premono la pistola(tolta al suo aggressore) contro le tempie di Salvatore Salieri che lo istiga ad ucciderlo.
FLASHBACK: Giuliano ha dieci anni, suo padre morente, si avvicina alle sue orecchie, gli sussurra solo alcune parole: “Non cedere all’odio”.
Giuliano, con qualche remora, rinfodera la pistola.
Luigi Sartori, consegna ai suoi colleghi Vito Salieri. Giuliano alza di peso Salvatore Salieri, ammanettandolo.
All’epoca dell’omicidio, Tony Matano aveva chiesto l’aiuto di Luigi per avere protezione da parte di un amico e qualora gli fosse accaduto qualcosa fece promettere a Luigi di prendersi cura della sua famiglia, in nome della vecchia amicizia. E così è stato.
Giuliano ed Elena si tengono per mano vicino la lapide del padre e della madre. Insieme a Luigi Sartori, sistemano un mazzo di fiori vicino la pietra sepolcrale di Michele. Arriva una macchina scende la donna che curò Giuliano da piccolo, è la sua mamma adottiva. Tutti insieme se ne vanno, Giuliano si volta prima di entrare in macchina e quasi per un istante gli sembra di vedere i suoi genitori sorridergli.
L’odio è un sentimento molto forte, ma c’è qualcosa che va oltre la vendetta: e questa cosa, è la giustizia.
COMMENTO DI G.M.
Questa è una buona traccia di soggetto, che però non ci dice ancora nulla sul film. Un soggetto del genere potrebbe venire trattato in modi molto diversi. Si potrebbe approfondirne per esempio gli aspetti di azione (in sequenze più animate e violente) oppure quelli psicologici (il conflitto interiore del protagonista tra desiderio di giustizia e impulso alla vendetta). Potrebbe insomma essere tanto per chiarire, un action-movie alla Fernando Di Leo, oppure un ritratto psicologico del tipo “Le conseguenze dell’amore”, o qualcosa di assolutamente diverso da entrambi. Dal tuo soggetto risulta la storia, ma trapela poco del modo in cui intendi raccontarla. In un action-movie la dinamica psicologica serve da premessa/giustificazione all’azione che occupa il vero centro narrativo/espressivo. Da questo punto di vista il tuo film manca di scene veramente forti. In un film psicologico il conflitto interiore del protagonista dovrebbe venire esplorato più a fondo. Non basta il flash back iniziale ( che illumina un evento traumatico)bisognerebbe capire meglio chi è il protagonista, perché la voglia di vendetta è scattata in lui molti anni dopo, quali esitazioni si porta dietro il nostro. Questo conflitto dovrebbe venire espresso anche in scene d’azione nelle quali lo scopo del protagonista (entrare in confidenza con il cattivo per potersi vendicare più facilmente) entri in contrasto con i suoi scrupoli morali. C’è una situazione classica nei film che trattano il personaggio dell’infiltrato. Gli viene affidato un compito ripugnante e lui non sa se eseguirlo, fingere di eseguirlo, o rinunciarvi. In situazioni del genere mettiamo in scena concretamente il dilemma:il fine giustifica i mezzi? Per uccidere il cattivo devo imparare ad essere altrettanto spietato? Devo pagare lo scotto di diventare come lui? Fino a che punto posso trattare gli altri come strumenti? Tutte queste domande devono trovare delle situazioni precise che mettano in concreto il protagonista di fronte a delle scelte dalle quali non si può tornare indietro. Tieni anche presente che la violenza della situazione iniziale (il primo Flash Back) in un film del genere comporta necessariamente che le vicende che vivrà successivamente il protagonista siano anche più violente. Ci deve essere un crescendo nella narrazione, non possiamo seminare un’attesa nel pubblico e poi mandarla delusa. In sostanza io credo che la tua traccia iniziale vada bene come scaletta, ma che tu debba adesso pensare a singole scene forti che esprimano e potenzino come dire… la dinamica emotiva del film. Non è abbastanza forte che il protagonista apprenda dai giornali del “corpo carbonizzato”, sarebbe molto più forte che egli si trovasse ad assistere fisicamente all’esecuzione. Che tu voglia scrivere un noir psicologico o un action-movie oppure un telefilm dove ci sia un po’ dell’uno e un po’ dell’altro, in ogni caso le scansioni narrative devono accompagnare il pubblico attraverso una serie di eventi esemplari.
La sceneggiatura
La sceneggiatura è l'ultima fase di sviluppo dell'idea originale e vi vengono descritti tutti i luoghi e le azioni che comporranno il film. In genere la sceneggiatura, o copione, è redatta su due colonne (all'italiana, ora non più utilizzata, qui trascritta in versione americana). A sinistra della pagina, in una colonna più larga, sono riportate le caratteristiche del luogo e dell'azione; a destra sono riportati i dialoghi. La sceneggiatura, sorta di minuzioso promemoria per la realizzazione, consente di determinare l'organizzazione definitiva e, in una certa misura, anche le qualità narrative del film. Sceglieremo ora la prima parte del nostro trattamento e ne ricaveremo un esempio di sceneggiatura, sulla quale ci baseremo in seguito per descrivere la realizzazione del film.
SCENA I - CASETTA DI SANTINA INTERNO GIORNO
Santina, una contadina quarantenne, è intenta a cardare la lana di un materasso. E' visibilmente incinta. L'angolo della cucina nel quale lavora, è semibuio. Alla finestra appare un giovane in divisa militare, ma con la giacca slacciata. E' a bordo di un ciclomotore verde. Senza spegnere il motore, il giovane si ferma, guardando in direzione di Santina.
GIOVANE MILITARE
Ehi, Santina. Ha detto mamma che quelle ricette non le servono più.
Santina, senza alzarsi, interrompe il lavoro e guarda verso la finestra.
Mauro spegne il motorino.
SANTINA
Ciao Mauro, sono contenta che sei tornato. Adesso mica te ne andrai di nuovo...
GIOVANE MILITARE
No, proprio no. Ma il bambino tuo, arriva?
SANTINA
Dice che deve nascere a giorni.
Il giovane militare avvia il motorino e si allontana nella campagna.
SCENA II - SPACCIO DEL PAESE INTERNO GIORNO
Santina, intenta a parlare con due amiche, vicino all'ingresso del negozio.
SANTINA
Luisa mia, io non mi preoccupo. Aspetto...
NINUZZA
Dammi retta, fatti vedere dal dottore. Domani è giorno di visita.
Il negoziante finisce di impacchettare del salame.
NEGOZIANTE
Santa, vuoi altro?
SANTINA
Basta così, sor Gabriele. Ringrazio.
SCENA III - AMBULATORIO MEDICO INTERNO CANONICA GIORNO
In una squallida stanzetta della canonica è stato sistemato un lettino, separato dal resto della stanza soltanto da una tenda ingiallita. Vicino ai muri ci sono due panche sulle quali siedono alcuni contadini mutuati. Il medico, un ometto sui cinquant'anni, visita annoiato e scrive ricette generiche. Entra Santina il ventre gonfio, e siede faticosamente sulla panca.
MEDICO
Ne prendi due la sera e due la mattina, poi ci rivediamo. Un altro.
Gli altri cinque malati si guardano interrogativamente. Un vecchio sta per alzarsi, poi si volta verso Santina.
Santina si avvicina al medico.
VECCHIO
Vai tu, Santina, vai vai.
MEDICO
Cosa ti senti?
SANTINA
Io, niente.
MEDICO
E allora perché sei venuta?
SANTINA
Devo sgravarmi.
MEDICO
Hai dei disturbi?
SANTINA
No.
MEDICO
E allora, figlia mia, che c'entro io?
Vattene a casa e appena arrivano le doglie, chiama la Diotaiuti,
lei ne ha messi al mon-do a non finire e ne sa più del diavolo e di me.
SANTINA
Signor dottore, scusi l'ignoranza, ma son diciotto mesi che mi trovo in questo stato.
MEDICO
Ma cosa dici? Avrai sbagliato il calcolo.
Il ritardo può essere tuttalpiù di qualche giorno...
Altri due o tre pazienti, rinfrancati dalla incredulità del medico, si mettono a ridacchiare. Il dottore scosta la tenda.
MEDICO
Zitti voi.
Santina scoppia a piangere.
MEDICO
Figliola mia, quello che dici è molto strano.
Ma se non hai nessun disturbo, tornatene a casa, aspetta e fammi sapere.
Lascerò il mio recapito al parroco e gli dirò di chiamarmi in caso di necessità.
Non ti preoccupare, vedrai che tutto si aggiusta. Abbi pazienza.
Se ti vengono i dolori, ti faccio trasportare in ospedale.
Sei contenta? Addio, cara addio.
SCENA IV - INTERNO CAMERA DA LETTO SANTINA NOTTE
Dalla finestra socchiusa entra un debole chiarore lunare. Santina si sveglia di soprassalto, afflitta da forti dolori. Anche il marito Abramo, che dorme accanto a lei, si sveglia, esce dal letto e si veste in fretta.
ABRAMO
Stai tranquilla Santa, vado a chiamare la Diotaiuti.
SCENA V - ESTERNO CASA DI SANTINA NOTTE
Un via vai di donne. Le luci sono accese nelle stanze della casetta, è quasi l'alba. Abramo è intento a caricare un sacco di semenza sul furgoncino. Si affaccia alla finestra la Diotaiuti.
DIOTAIUTI
Niente ancora, Abramo. Vai pure che in caso ti faccio avvisare da Tonino.
Abramo avvia il furgone e sparisce nel viottolo di campagna. Improvvisamente dalla camera di Santina si sente uno strano grido, si direbbe un barrito.
SCENA VI - INTERNO CAMERA DI SANTINA ALBA
La Diotaiuti chiude precipitosamente la finestra. Santina singhiozza disperata.
SANTINA
Che disgrazia, Dio mio, che disgrazia.
La Diotaiuti le si avvicina e le fa bere un bicchiere di vino bianco.
DIOTAIUTI
Bevi, fatti animo Santuzza, non è poi la fine del mondo.
In un angolo della camera, appena illuminata dalla luce dell'alba che filtra dalla finestra, ritto in piedi, muove dolcemente a pendolo la sua proboscide, un grazioso, piccolo elefante.
La sceneggiatura tecnica
Nella sceneggiatura tecnica, oltre a una dettagliata descrizione dei luoghi, delle azioni, dei personaggi e dei dialoghi, vengono specificate le caratteristiche tecniche della ripresa, il numero e il tipo delle inquadrature, i movimenti della macchina da presa, gli effetti sonori, le annotazioni per il commento musicale. Proseguiamo dunque con la nostra esemplificazione. Scegliamo la scena V e VI della nostra sceneggiatura e ricaviamone uno stralcio di sceneggiatura tecnica.
SCENA V - ESTERNO CASA SANTINA NOTTE E INIZIO ALBA
1. Piano totale della casa di Santina, vista da un angolo del cortile. Sul fondo si scorge un via vai di donne, le cui sagome scure interrompono il debole chiarore che esce dalle finestre illuminate. Una delle donne viene in primo piano verso la macchina da presa e attinge da una fontanella un secchio d'acqua. Poi si dirige verso la casa. Seguendo il movimento della donna, la macchina da presa "scopre" Abramo che sta caricando un sacco di semenza sul suo furgoncino a motore.
(Abbiamo messo a destra le voci, suoni ed effetti)
RISVEGLIO ANIMALI DELL'AIA VOCIO INDISTINTO DELLE DONNE
CAMPANA IN LONTANANZA
VOCE DIOTAIUTI Abramo!
2. Piano ravvicinato della finestra del-la camera da letto di Santina. La Diotaiuti è affacciata, e guarda in direzione di Abramo.
DIOTAIUTI Niente ancora, Abramo. Vai pure, che in caso ti faccio avvisare da Tonino.
3. Figura intera di Abramo che è già salito sul furgoncino. Abramo fa un cenno di assenso. La macchina da presa segue in panoramica il furgoncino che sparisce nelle stradette di campagna, mentre all'orizzonte la luce dell'alba fa dileguare il buio della notte.
EFFETTO ACCENSIONE MOTORE FURGONE
EFFETTO MOTORE FURGONE CHE SI PERDE IN LONTANANZA E CINGUETTII DI UCCELLI.
SCENA VI - INTERNO CAMERA DI SANTINA ALBA
4. Lento movimento in carrello della macchina da presa ad avvicinare Santina che singhiozza nel suo letto. Entra in campo la Diotaiuti che rimane per un attimo immobile accanto al letto.
SANTINA Che disgrazia, Dio mio, che disgrazia!
5. Mezzo primo piano della Diotaiuti dal basso, come visto da Santina. La Diotaiuti ha in mano un bicchiere di vino caldo.
DIOTAIUTI Bevi, fatti animo, Santuzza, non è poi la fine...
La Diotaiuti gira il capo verso la sua destra come per fissare un'immagine che le faccia animo.
DIOTAIUTI ... del mondo.
6. Figura intera di un piccolo elefan-te in piedi nell'angolo semibuio del-la camera da letto. Lentissimo mo-vimento della macchina da presa in avanti sino ad isolare, riempiendo l'immagine, gli occhi mansueti e ignari dell'elefantino
.
Preparazione e organizzazione
Sulla base delle informazioni fornite dalla sceneggiatura e dalla sceneggiatura tecnica, l'organizzazione, insieme con il regista e i rispettivi assistenti, stabilisce la durata della lavorazione, il cast (la distribuzione delle parti), la formazione della troupe, il calendario dei sopralluoghi e in-fine il preventivo dei costi. Vediamo di chiarire il significato di queste varie fasi dell'organizzazione.
TEMPI DI LAVORAZIONE. I tempi di lavorazione comprendono il periodo riservato alla preparazione, alle riprese e al completamento del film. Il tempo necessario per le riprese viene stabilito in settimane, per agevolare l'assetto amministrativo del film, dato che le paghe sono in genere corrisposte settimanalmente. In media per un film si dedicano alle riprese dalle sette alle nove settimane.
SOPRALLUOGHI. Il regista e il direttore di produzione, sulla base degli ambienti descritti nella sceneggiatura, compiono sopralluoghi per verificarne l'idoneità alla ripresa. Può trattarsi di ambienti ricostruiti in teatro di posa, oppure di luoghi preesistenti, interni od esterni. Se si tratta di ambienti reali, lo scenografo apporterà quelle modifiche che li rendano il più possibile funzionali alle necessità espressive del film.
(Link alla parte 1 - Segue parte 3)
Dal libro: IL CINEMA ALLA PORTATA DI TUTTI
COME "SI GIRA" UN FILM di Silvano Agosti
Stampato dall'Associazione Culturale L'Immagine
Seconda edizione Agosto 1986
Gli elementi indispensabili per fare del cinema sono le idee, la macchina da presa, la pellicola e un qualsiasi registratore del suono. L'immenso apparato tecnico e "artistico" di cui si serve l'industria cinematografica non ha lo scopo di fare del cinema ma di garantire la salvaguardia dei capitali investiti e dei connessi interessi economici. Non corrisponde ad alcuna necessità strutturale del film. Esiste una lotta vitale fra una soffocante concezione commerciale del cinema e le testimonianze sempre più numerose di film che possono e debbono essere indipendenti dall'apparato economico. Il cinema è uno strumento alla portata di tutti, affinché ognuno possa comunicare agli altri la propria interpretazione della vita. Il cinema può, con maggiore ampiezza dei linguaggi che lo hanno preceduto, rappresentare e divulgare una visione della realtà che aiuti l'uomo a liberarsi dalle infinite schiavitù morali e politiche dalle quali è ancora oppresso. Quando i bambini impareranno a scrivere oltre che graficamente anche per immagini, allora l'ottuso pachiderma del cinema mitico-industriale lascerà il posto a un cinema quotidiano e immediato, strumento fra i più efficaci di dialogo e di conoscenza fra gli uomini.
L'IDEA CINEMATOGRAFICA
L'idea cinematografica è il seme dal quale nasce la necessità di realizzare un film. Può sorgere l'idea di documentare una data situazione che esiste nella realtà e allora nascerà un film documentario. Può manifestarsi l'idea di tradurre in termini cinematografici un racconto, una commedia o un romanzo e allora avremo un film che si ispira alla concezione del mondo di questo o di quell'autore letterario. Oppure l'idea può essere più estesamente creatrice ed esprimere situazioni e personaggi immaginati. L'idea cinematografica, comunque, scaturisce dalla conoscenza che abbiamo della realtà che ci circonda. A livelli più o meno profondi e con ampiezze più o meno estese l'idea cinematografica, così come il film al termine del processo creativo, finirà per esprimere il rapporto di maturità che uno o più autori hanno con la realtà della vita.
IPOTESI DI IDEA CINEMATOGRAFICA. Per meglio esemplificare il processo creativo, dall'idea iniziale al film compiuto, sceglieremo un'idea cinematografica e la svilupperemo attraverso le varie fasi organizzative ed espressive che sono alla base della realizzazione. Faremo un film a colori, e non tanto perché ci sembri indispensabile usare il colore in questo caso (anzi, forse il bianco e nero sarebbe più adatto) ma perché ormai la maggioranza dei film è a colori e il pubblico vi si è assuefatto: l'industria ha operato in modo che vi si assuefacesse. In un villaggio dell'Italia meridionale una povera donna analfabeta partorisce, dopo una lunga gestazione, un elefante. Fra l'interesse e lo stupore di tutti, l'elefante cresce e, poiché riesce a comunicare soltanto con la madre, frequenta le scuole insieme a lei, Alla fine l'elefante viene eletto capo del governo e accetta di parlare per la prima volta in pubblico.
Tutto il mondo è in ascolto. L'elefante, in un discorso breve e sensato, descrive il suo programma di riorganizzazione della società.
IL SOGGETTO
Il soggetto è una descrizione più ampia e dettagliata dell'idea originale, che consente di avere una prima indicazione precisa dell'arco narrativo del film, Nel soggetto si raccontano i fatti principali della vicenda e si precisano le caratteristiche dei personaggi principali. Se dall'idea poteva trasparire la struttura tematica, dal soggetto risulterà già l'impostazione narrativa del film, Cerchiamo quindi di proseguire nella nostra esemplificazione sviluppando l'idea proposta in un soggetto cinematografico.
SOGGETTO DEL FILM. In un villaggio della Calabria, una povera donna analfabeta, sposata con un bracciante, deve dare alla luce un bimbo. Trascorsi nove mesi di gestazione, tuttavia, il bimbo non accenna a nascere. Passa altro tempo. Le poche amiche della donna le consigliano di cercare rimedio presso il medico condotto. Il medico scuote il capo e afferma che effettivamente il caso è inconsueto. Passano altre settimane, poi altri mesi. La donna non sembra accusare alcun particolare disturbo. Ma nel paese l'attesa e la curiosità aumentano. Allo scadere del terzo anno, tuttavia, in una notte di luna, le luci si accendono nel casolare della povera donna e il via vai delle vicine si fa fitto e misterioso, Qualche giorno più tardi si saprà che la donna ha partorito un elefante, e che il marito prima si è infuriato ma alla fine ha accettato il fatto compiuto. Le autorità imbarazzate cercano di mettere a tacere il fatto, ma la notizia si diffonde rapidamente. Reazioni anche in Vaticano, che ritiene l'evento poco chiaro e invia sul posto una commissione per raccogliere notizie più precise. Anche i poteri politici reagiscono con una interrogazione in parlamento e decidono di mandare al villaggio il ministro degli interni. L'elefante gode ottima salute. Mangia e gioca, ma non parla con nessuno, tranne che con la madre. La televisione segue in diretta gli avvenimenti del piccolo paese. L'elefante muove i primi passi, è precoce e grazioso. Tutti i bambini vogliono possedere un elefantino. I grandi magazzini sono invasi da infiniti elefantini di stoffa. Gente arriva da ogni parte del mondo: studiosi giornalisti corrispondenti televisivi e uomini politici. Naturalmente negli uffici, nelle scuole, sui posti di lavoro non si parla d'altro. Si decide che la donna deve mandare l'elefante all'università. Così, la vecchia donna analfabeta è costretta a sedere con lui sui banchi della scuola. Nel frattempo, i grandi gruppi industriali pensano che l'elefante, così intelligente e taciturno, possa essere il personaggio più adatto per rappresentarli al governo e lo avviano alla carriera politica. In ogni strada d'Italia appare così l'immagine dell'elefante. Seduto, in piedi, disteso, intento a leggere, mentre entra in un cinema, mentre distribuisce pacchi dono agli orfani dei ferrovieri etc. La sua candidatura al senato riporta una schiacciante vittoria. Senza neppure fare un comizio, l'elefante ottiene alcuni milioni di voti. Tutti gli elettori, infatti, hanno votato all'unanimità per l'elefante. Il mondo politico piomba nel più profondo imbarazzo. Si decide allora di lasciare al parlamento i deputati della precedente legislatura e di proporre l'elefante come capo del governo. I capi dell'esercito e la madre dell'elefante, tuttavia, si oppongono avanzando delle riserve. La madre si sente incapace, data l'età, di seguire il figlio elefante nelle vicissitudini di governo. I capi di stato maggiore, d'altra parte, rifiutano di essere costretti a conferire con il capo del governo passando attraverso una donna, sia pure la madre fedele. A togliere tutti dall'imbarazzo interviene l'elefante, il quale, la sera stessa dell'elezione a capo del governo, accetta di parlare per la prima volta in pubblico. I televisori del mondo intero saranno accesi e via satellite ogni paese potrà assistere simultaneamente, mediante traduzioni elettroniche, al discorso di insediamento dell'elefante.
IL TRATTAMENTO
Il trattamento è una descrizione ancora più dettagliata del soggetto e contiene, oltre una più evidente chiarificazione delle varie sequenze narrative che comporranno il film, anche alcuni esempi di dialoghi fra i personaggi. Anche i luoghi nei quali si svolgono i fatti sono descritti più ampiamente e precisati nelle loro caratteristiche funzionali alla narrazione cinematografica. Proseguendo con il nostro esempio, sceglieremo, per brevità, la parte iniziale e la parte finale del soggetto, ricavandone una parte di trattamento.
TRATTAMENTO DI UN FILM. In una casetta rustica ai margini del paese, abita Santina Buonasorte. E' sposata da alcuni anni con un bracciante, Abramo Buonasorte. Santina è incinta e dovrebbe partorire fra pochi giorni. L'avvenimento non ha mutato in nulla la vita povera e faticosa che la donna conduce nel piccolo paese. Passano alcune settimane ma il bambino non nasce. Santina non si preoccupa granché. Passano alcuni mesi e le poche amiche le fanno visita sempre più spesso convincendola a cercare rimedio presso il medico condotto che, una volta alla settimana, visita i malati del paese in una stanzetta della canonica. Santina decide di malavoglia di recarsi dal medico. In una stanzetta nuda della canonica, una decina di persone aspettano di essere visitate. Il medico fa qualche domanda stracca all'uno e all'altro paziente e prescrive ricette evidentemente generiche. Sembra oscillare fra un atteggiamento di annoiata stanchezza e una frettolosità professionale da medico della mutua. Finalmente è il turno di Santina.
— Cosa ti senti? — chiede il medico.
— Io, niente.
— E allora perché sei venuta?
— Devo sgravarmi — dice Santina guardando in basso verso il ventre enorme.
— Hai dei disturbi?
— No.
— E allora, figlia mia, che c'entro io? Vattene a casa e appena arrivano le doglie, chiama la Diotaiuti, lei ne ha messi al mondo a non finire e ne sa più del diavolo e di me.
— Signor dottore, scusi l'ignoranza, ma io son diciotto mesi che mi trovo in questo stato.
— Ma cosa dici, avrai sbagliato il calcolo. Il ritardo può essere tuttalpiù di qualche giorno...
— Signor dottore, giuro su Dio che è così. Può testimoniare il marito mio. Son diciotto mesi, analfabeta sono, ma i giorni li so contare.
Altri due o tre pazienti, rinfrancati dall'incredulità del medico, si mettono a ridacchiare. Il dottore scosta la tenda che separa il lettino su cui è sdraiata Santina. — Zitti voi. Figliola mia, quello che dici è molto strano. Ma se non hai nessun disturbo, tornatene a casa, aspetta e fammi sapere. Lascerò il mio recapito al parroco e gli dirò di chiamarmi in caso di necessità.
Santina scoppia a piangere.
— Non ti preoccupare, vedrai che tutto si aggiusta. Abbi pazienza. Se ti vengono i dolori ti faccio trasportare in ospedale. Sei contenta? Addio, cara, addio.
Passano altre settimane, poi altri mesi. La donna non accusa particolari disturbi. La curiosità e l'attesa aumentano nel paese. Allo scadere del terzo anno, in una notte di luna, Santina si sveglia. Fitte di dolore le attraversano il ventre. Il marito Abramo Buonasorte corre a chiamare la Diotaiuti, l'ostetrica del paese. Il via vai delle vicine diviene nel corso della notte sempre più fitto e misterioso. Abramo, all'alba, scambia qualche parola con gli altri braccianti che si avviano al lavoro dei campi, quindi, caricata la semente su un furgoncino a motore, va al lavoro. La Diotaiuti si affaccia a una finestra e gli grida:
— Ancora niente, Abramo, vai pure, che in caso tí faccio avvisare da Tonino. Improvvisamente, proprio mentre Abramo sta per sparire nella stradetta di campagna, dalla camera di Santina si sente uno strano grido, si direbbe un barrito. La Diotaiuti chiude precipitosamente la finestra. Nella camera da letto di Santina, la povera donna singhiozza disperata e mormora:
— Che disgrazia, dio mio, che disgrazia.
La Diotaiuti le si avvicina.
— Fatti animo Santuzza, non è poi la fine del mondo. In un angolo della camera, appena illuminata dalla luce dell'alba che filtra dalla finestra, ritto in piedi, muove dolcemente a pendolo la sua proboscide, un piccolo, grazioso elefante.
ULTIMA SEQUENZA. Il capo di stato maggiore dell'esercito, generale Bucatempo, telefona al ministro dell'interno.
— Inconciliabile, impossibile, comunque inimmaginabile che lo stato maggiore conferisca con il capo del governo avendo come intermediaria una donna, sia pure la madre, caro ministro.
— Generale Bucatempo, io mi rendo perfettamente conto delle sue perplessità, ma consideri che il Paese ha espresso una precisa volontà politica.
— Politica, politica, quello che conta è il rispetto della tradizione e soprattutto della dignità dell'apparato difensivo. Io aspetto una risposta, caro Ministro, altrimenti sarò costretto ad assumermi responsabilità ben più gravi. A presto.
Il generale depone il ricevitore. Il ministro perplesso guarda il segretario che, con il capo fra le mani, sembra immerso in profondi pensieri. Improvvisamente la porta dell'ufficio del ministro si spalanca e entra come un forsennato il capo gabinetto.
— Eccellenza, eccellenza, ha deciso di parlare, parlerà a tutti, questa sera in televisione.
Il ministro si accascia sulla poltrona.
— Chi l'ha detto?
— Lui stesso, l'ho sentito io, con le mie orecchie.
— E' la salvezza — mormora il ministro e sorride.
I televisori di tutto il mondo sono in funzione. Via satellite, ogni Paese assisterà fra poco, mediante traduzioni elettroniche, al discorso di insediamento a capo del governo dell'elefante. Tutte le telecamere sono puntate sul palco d'onore allestito nei giardini della presidenza. L'elefante entra, seguito dai diciotto ministri e dai settantotto sottosegretari. Si avvicina ai microfoni, e aspetta che gli uomini politici abbiano preso posto, sedendosi a semicerchio intorno a lui. Poi comincia a parlare. — Vi debbo dire che è per la prima ed ultima volta che accetto di parlare nella vostra scomodissima lingua. Voi mi avete eletto per una sola ragione, perché sono diverso da voi. Quindi, non perché riteniate che sia uno di voi che vi deve rappresentare, ma perché siete abituati a cercare la verità fuori di voi stessi. Questo fatto io lo ritengo sbagliato, ma siccome è il solo modo che vi è concesso per esprimere la vostra volontà, io, da buon democratico, accetto come buone le vostre cattive intenzioni. Accetto la candidatura a Capo del governo. Noi elefanti abbiamo superato le vostre feroci inclinazioni alla lotta. Basti dire che, al contrario di voi, noi non siamo carnivori. Non forziamo il corso della natura, non lavoriamo per un profitto, ma per le nostre reali esigenze e quindi non abbiamo alcun bisogno di denaro. Sesso e possesso, dunque, non ci turbano. E la distinzione, che fra noi non esiste, fra elefanti indiani ed elefanti africani, sia chiaro, è vostra. Da oggi io dunque decreto che la società degli uomini dovrà sforzarsi di somigliare almeno a quella degli elefanti. Per cominciare, noi non abbiamo distinzioni di lingua e ci esprimiamo in modo assai più conciso. Tutto il mio discorso, ad esempio, noi lo avremmo espresso con un solo suono. Questo: uhuuuuuaaaahhaaarggghhhuuuu iffillcccrrrsccch.
Dopo aver lanciato un lungo barrito, l'elefante continua con voce calma e dolce:
— E ora, tutti i presenti e tutti quelli che nel mondo mi stanno ascoltando in questo momento, ripetano con me: uuhhhuuaarggghuuuuulmonscccrrrschhh.
E tutta l'umanità lanciò così per la prima volta all'unisono uno stupendo urlo di saggezza: uuuuuuhhhuuuuaaarggghaarccccccrrrsccchhh
FINE.
Dal libro: IL CINEMA ALLA PORTATA DI TUTTI
COME "SI GIRA" UN FILM di Silvano Agosti
Stampato dall'Associazione Culturale L'Immagine
Seconda edizione Agosto 1986
Quando c'è la sceneggiatura, e prima ancora la voglia di raccontare una storia, la differenza salta subito agli occhi, non c'è niente da fare. Ci riesce benissimo Gianni Di Gregorio, erede di Monicelli e Scola. Ci sono migliaia di film che avrei potuto scegliere per questo focus: grandi classici, immortali capolavori. Devo dire che mi sarebbe convenuto: salire sulle spalle dei giganti, anche se sei un hobbit, ti rende comunque imponente.
Tuttavia, siccome sempre di scrittura filmica parliamo, devo confessarvi che l’autore che mi ha colpito di più in questi anni, proprio per la sua scrittura, è un italiano, alla faccia di chi dice che non sopporto gli autori italiani. E’ vero, li sopporto poco, in generale.
Non mi piace l’uso della citazione così vicina al plagio, la mancanza di idee e il conseguente, regolare ricorso ai luoghi comuni, sociali, culturali e televisivi. E soprattutto detesto la scrittura raffazzonata.
Il cinema è narrazione, anche più rigorosa della scrittura in senso stretto. A meno che tu non sia un visionario del cinema, un talento naturale, la sceneggiatura scritta bene si vede eccome. E quando c’è la sceneggiatura, e prima ancora la voglia di raccontare una storia, la differenza col cialtroncello salta subito agli occhi, non c’è niente da fare.
Tra le cose più difficili da fare, secondo me, è raccontare una intera città, cosa che è riuscita, almeno in Italia, a pochissimi grandi maestri. E poi, a Gianni Di Gregorio. Confesso che quando ho visto per la prima volta il suo "Pranzo di ferragosto" ero parecchio scettico: ma parecchio assai. Io ho una regola precisa, che mi ha sempre dato gradi soddisfazioni: se una cosa piace a un cretino, sarà di certo una cretinata. Credetemi, funziona sempre. O meglio, quasi sempre, perché il primo film di Di Gregorio, pur consigliatomi da parecchi cretini, mi ha letteralmente fulminato. Ho anche capito perché era piaciuto tanto ai fessacchiotti: la storia delle vecchiette è accattivante, simpatica, divertente. Le attrici sono brave, fresche spontanee, e poi, si sa, le vecchiearelle sono come i bambini, fanno sempre tanta tenerezza. La storia sembra così lieve, così impalpabile, che quasi non c’è. Gianni vive con la madre; i soldi sono pochi, i debiti tanti. Accetta, per Ferragosto, di prendersi in casa un po’ di vecchie per saldare alcuni di questi debiti e tirar su due euro. Fine della storia. Ora, perché parliamo di scrittura? Perché, e qui viene il bello, come la rendi, una storia così, se non la sai scrivere? Qui, signori miei, interviene la scrittura, per l’orrore dei malati di sinossi, di quelli che vogliono leggere tutto in un massimo di sei righe.
Scrivere non vuol dire saper riassumere: scrivere significa scrivere, e Di Gregorio ci fornisce una prova magistrale di scrittura.
Prendete la scena in cui lui va, in una caldissima mattina d’Agosto, dal vinaio di via della Scala (sì, è proprio quella).
Gianni: Ciao. Allora damme..un bel bianchetto.
Vinaio: Un bianchetto.
Gianni: Sì. Un bel bianchetto…
Il vinaio gli versa un calice, Gianni guarda il bicchiere e fa:
– Che m’hai dato?
– Una Ribolla Gialla.
– Ammazza, bravo.
Gianni beve.
Ora, scritta così non rende (ed è scritta benissimo, sia chiaro), ma se la guardate nel film è di una semplicità totale, assoluta, come soltanto le cose che vediamo e facciamo tutti i giorni sanno essere.
E’ il contrario delle tarantinate di cui abbiamo parlato spesso, pur ammirando Tarantino, per carità.
Ma una cosa è stupire con continui colpi di scena e un’altra è lasciarti a bocca aperta con un una scena come quella del vinaio. Questo era il mestiere dei nostri grandi: degli Zampa, gli Scola, dei Monicelli, per intenderci, ed è un mestiere in cui non puoi barare, un mestiere che se non lo sai fare la gente se ne accorge.
O ancora, pensate alla scena in cui, dovendo trovare del pesce fresco per preparare il famoso pranzo di ferragosto, Gianni si fa accompagnare dal suo amico Vichingo in motorino al vicino Lungotevere de’ Cenci, di fronte all’Isola Tiberina, dove comprano dei cefaletti appena pescati nele Tevere (nel Tevere, che è più o meno come dire nel Mekong) dagli extracomunitari incuranti di sorci e malattie. Per chi frequenta, almeno un po’, Roma, sa che questa città, vista da chi viaggia in tram, è così, è esattamente così, e che le passeggiate notturne per le vie del centro (insolitamente pulito) sono per chi la mattina ncià ‘ncazzo da fà, come dicono prosaicamente gli indigeni.
Roma è un’altra cosa, e Gianni Di Gregorio la conosce e la racconta da vero maestro, con intelligenza, amore e soprattutto umiltà. Come nel suo secondo film, Gianni e le donne, nel quale intrepreta un sessantenne messo forzatamente in pensione che prova, nonostante moglie e figlia, a riaffacciarsi sul mercato sentimentale.
Anche qui, delle chicche a dir poco spettacolari nella loro secchezza e brevità e che, però descrivono un mondo intero.
Gianni è in auto col suo amico Alfonso, che non si rassegna all’età che avanza e insiste nel fare il gagà con le ragazze. Dopo una lunga discussione sull’atteggiamento troppo casa e famiglia di Gianni, Alfonso gli passa il suo cellulare e gli intima:
-Leggi.
Passano cinque secondi che Gianni impiega per trovare gli occhiali da vicino (senectus ipsa morbus, diceva sempre mio nonno quando lo faceva), inforcarli, e leggere ad alta voce l’sms sul cellulare dell’amico:
– Ti penso.
Pausa.
– Chi te pensa, Alfo’?
Ora, chi ha appena il minimo sindacale di dimestichezza con il romanesco (e intendo tutta l’Italia, se ci arrivo io che sono nato a Napoli e cresciuto a Salerno) si accorge subito di quanto infinito scetticismo ci sia in questa frase, anche pronunciata così. Di sfuggita, in macchina. Ma Alfonso niente, continua a comportarsi da perfetto pappagallo, continua a istigare Gianni: la vita sentimentale non è ancora finita, siamo ancora giovani, possiamo ancora essere felici, provare le emozioni dei vent’anni. Una mattina lo attira a tradimento nel suo studio di avvocato e gli presenta due ragazze, due clienti. Preso dal vortice del pappagallismo italico comincia a sparare palle su palle.
Prima le invita a pranzo fuori, poi, mentre le signore sono a rinfrescarsi alla toilette, Gianni e Alfonso si esibiscono nell’ardua impresa della lettura del conto: inutile dire che nessuno dei due ha gli occhiali da vicino, e dovranno sforzarsi un bel po’ per capire che il pranzetto gli è appena costato 280 euro.
Gianni: 280! Ammazza…
Alfonso: Si vive una volta sola!
Gianni: Eh.
Alfonso: Senti, ti lascio scegliere. Chi scegli tra le due, tu?
Gianni: Ma so’ uguali!
Alfonso: Eh.
Gianni: Eh.
E secondo me in quel secco ma so’ uguali! c’è la bravura dell’autore e del regista: la distanza, appunto, tra Gianni e le donne non è in termini di anni, ma in termini di mondi. Gianni appartiene per sempre a un mondo in cui le donne non sono uguali: in questo mondo, invece, succede spesso. Gianni non è vecchio, è altro, è alieno.
Questo mischiare le carte, questo saltare a pie’ pari il luogo comune dell’uomo che non si rassegna alla mezza età, è proprio della grande scrittura e del grande cinema. Che, per nostra fortuna, può contare su un fuoriclasse come Gianni Di Gregorio.
di Amleto de Silva da ilmiolibro.kataweb.it
1. I verbi avrebbero da essere corretti.
2. Le preposizioni non sono parole da concludere una frase con.
3. E non iniziate mai una frase con una congiunzione.
4. Evitate le metafore, sono come i cavoli a merenda.
5. Inoltre, troppe precisazioni, a volte, possono, eventualmente, appesantire il discorso. Siate press’a poco precisi.
6. Le indicazioni fra parentesi (per quanto rilevanti) sono (quasi sempre) inutili.
7. Attenti alle ripetizioni, le ripetizioni vanno sempre evitate.
8. Non lasciate mai le frasi in sospeso perché non.
9. Evitate sempre l’uso di termini stranieri, soprattutto nell’email, ma anche nella chat, potreste prendervi un flame nel network.
10. Cercate di essere sintetici, non usate mai più frasi del necessario, con inutili giri di parole che non aiutano la sintesi. In genere e’ di solito quasi sempre superfluo, inutile.
11. Evitate le abbreviaz. incomprens.
12. Mai frasi senza verbi, o di una sola parola. Eliminatele.
13. I confronti vanno evitati come i cliché.
14. In generale, non bisogna mai generalizzare.
15. Evitate le virgole, che non, sono necessarie,
16. Usare paroloni a sproposito e’ come commettere un genocidio.
17. Imparate qual’e’ il posto giusto in cui mettere l’apostrofo.
18. Non usate troppi punti esclamativi!!!!!!
19. “Non usate le citazioni”, come diceva sempre il mio professore.
20. Evitate il turpiloquio, soprattutto se gratuito, porca puttana!
21. C’e’ veramente bisogno delle domande retoriche?
22. Vi avranno gia’ detto centinaia di milioni di miliardi di volte di non esagerare.
23. Trattate sempre i vostri interlocutori come amici, brutti idioti.
(Testo, con esempi incorporati, attribuito ad Umberto Eco)
Una sceneggiatura è semplicemente un documento scritto che descrive il testo di un cortometraggio, di un film, di una serie televisiva, come di qualsiasi altro tipo di produzione audiovisiva. Di seguito abbiamo una Sceneggiatura scritta. Prima di pensare alla storia raccontata, notiamo le sue caratteristiche di presentazione, dal titolo ed autore a come vengono descritte le immagini che vedremo al testo che viene recitato.
La storia di un film, lungo o corto che sia, è costituita da personaggi: sono loro, le loro singole storie ed il loro intreccio che animano, che rendono vivo e vero il film, sono le storie che fanno il film. Lo spettatore si deve riconoscere in loro. A partire dal protagonista che deve attirare l’interesse dello spettatore, suscitando delle reazioni forti. Che non debbono essere sempre e solo positive, ma essere vere. Il protagonista deve avere una personalità credibile, il suo modo di comportarsi essere coerente con se stesso, in una parola il personaggio principale deve avere un carattere distintivo. Per caratterizzare un personaggio in maniera così dettagliata, occorre che lo sceneggiatore lo conosca alla perfezione, che viva assieme al personaggio che sta disegnando. E’ consigliabile perciò costruire una biografia contenente gli elementi di base del personaggio (ovvero la Bibbia, come viene chiamata dagli sceneggiatori): dall'età al suo carattere, dalla sua posizione sociale alla sua psicologia, dalla sua mentalità alla sua vita passata.', '
La storia di un film, lungo o corto che sia, è costituita da personaggi: sono loro, le loro singole storie ed il loro intreccio che animano, che rendono vivo e vero il film, sono le storie che fanno il film. Lo spettatore si deve riconoscere in loro. A partire dal protagonista che deve attirare l’interesse dello spettatore, suscitando delle reazioni forti. Che non debbono essere sempre e solo positive, ma essere vere. Il protagonista deve avere una personalità credibile, il suo modo di comportarsi essere coerente con se stesso, in una parola il personaggio principale deve avere un carattere distintivo. Per caratterizzare un personaggio in maniera così dettagliata, occorre che lo sceneggiatore lo conosca alla perfezione, che viva assieme al personaggio che sta disegnando. E’ consigliabile perciò costruire una biografia contenente gli elementi di base del personaggio (ovvero la Bibbia, come viene chiamata dagli sceneggiatori): dall'età al suo carattere, dalla sua posizione sociale alla sua psicologia, dalla sua mentalità alla sua vita passata.
E nel film lo sceneggiatore deve presentare tali informazioni man mano che siano necessarie per lo svolgimento della storia. In un film si incontra quasi sempre anche un’altra figura importante: l’antagonista, ovvero chi si "oppone" al protagonista, ed anche la sua personalità deve essere costruita con le stesse regole del protagonista.
L'immagine da cinescuola.it
Spesso riceviamo sinossi e sceneggiature che sono scritte male e non hanno una struttura adeguata. Scrivere una sceneggiatura non è facile, come non è facile pensare ad una storia che si vuole trasporre in film o cortometraggio.
Spesso riceviamo sinossi e sceneggiature che sono scritte male e non hanno una struttura adeguata. Scrivere una sceneggiatura non è facile, come non è facile pensare ad una storia che si vuole trasporre in film o cortometraggio.
Qui riportiamo integralmente, senza nessuna variazione, quanto ci è stato inviato da una persona che vuole provare a scrivere una breve sceneggiatura.
Lucia-mille articoli.
Sinossi
Festa di San Leo,patrono della città.E’ sera .Le luci dei lampioni illuminano il lungomare
Affollato.Le insegne dei negozi si riflettono nelle calme acque del mare.Un boato.la macchina della polizia
Salta in aria.L’enorme palla di fuoco trascina altre macchine in un vortice di fuoco e fumo.
Buio.Una sola insegna si salva:Lucia –mille articoli.Urla di passanti intrappolati nell’oscurità.
Lontano dalla città,nella villa del”boss”immersa nel silenzio degli ulivi, una voce al telefono
Lo rassicura che tutto è andato bene.
“Capo, quelli ora capiranno”. il “boss” ascolta in silenzio. Riattacca.
Scena 1) Interno notte-ufficio della polizia
Il sergente Biagio Contrera guarda il monitor per controllare il traffico sul lungomare
Della città.
Una mano sulla spalla distoglie il suo sguardo E’ il capitano Roberto Millo,un uomo sulla quarantina
,rossiccio,robusto.Si china sulla spalla di Biagio Contrera e,con aria rilassata dice:
“Tutto a posto, vedo.Ora prendo Brenda e andiamo a festeggiare in quella pizzeria qui
Dietro, alla parallela.Era da tempo che speravamo”.
Biagio si volta con sguardo interrogativo.Il capitano risponde felice.:
“Ora posso dirlo.Brenda aspetta un bimbo. Si, una procreazione assistita.
Questa volta ha funzionato.”
Biagio sorridendo:Ora capisco quei permessi ogni mese.Erano per accompagnare Brenda
Dal dottore.lo dica a tutti.Un segreto felice rende felici tutti. Ce ne sono altri che
Producono sofferenze,inquinano la vita familiare. Quelli devono rimanere segreti.”
Roberto lo interrompe divertito:” che c’è Biagio,hai qualche scheletro nell’armadio
Che ti ossessiona”
Biagio Contrera non risponde.Silenzioso continua a guardare il monitor.
Roberto si avvia all’uscita. Si volta lentamente:” più che segreti , direi situazioni che producono
Sofferenze. Non drammatizzare più di tanto”
Biagio continua a controllare il traffico sul monitor.
“io vado”conclude Roberto.
Si volta:”Abbiamo qualcuno sul lungomare a controllare la zona?”
Chiede con tono professionale sulla soglia dell’ufficio
“quella è una zona molto trafficata”conclude.
Biagio Contrera senza staccare gli occhi dal monitor:
“Si. Marco e Carlo mio fratello:Sono parcheggiati proprio al centro del
Lungomare”.
“Carlo! Allora siamo a posto” conclude Roberto.
“Già, quella testa calda. Quello si che è un segreto.Meglio non svelarlo”
Ribatte Biagio.
Roberto chiude la porta sorridendo
Scena 2)Sera-ufficio della polizia.
L’ufficio è vuoto. Biagio Contrera osserva la città in festa.le luci dei negozi e i lampioni
Del lungomare la illuminano a giorno. Le strade gremite di gente. E’ il giorno di San Leo, il
Patrono della città.
Squilla il telefono.”Si mamma,okay, finisco il mio turno e passo a prendere Carlo.Lo so
È il miglior dolce della città” le risponde sorridendo .
Si stropiccia gli occhi.un caffè, si un caffè. Si alza. Un lampo sul monitor.
Sgrana gli occhi: un’esplosione. Due macchine saltate in aria.Una palla di fuoco
ricade sulle macchine vicine coinvolgendole nell’esplosione.
I lampioni ai lati del lungomare scoppiano per l’intenso calore.Le insegne luminose
Dei negozi si accartocciano cadendo a pezzi incandescenti sulla strada.
Buio. Un fumo intenso avvolge i passanti che scappano da tutte le parti
Senza potersi orientare al buio.Lentamente Biagio poggia il caffè sul tavolo.
Gli occhi stravolti.Cerca di riconoscere la macchina,la macchina della polizia.
“Dov’è “ si chiede.
Scena3) Notte .villa del”boss”.
Dall’altra parte della città le luci illuminano il porto.
Primo piano su una villa immersa negli ulivi.
Squilla il telefono sulla scrivania dello studio arredato con pochi mobili.
Primo piano sulla mano sinistra, robusta con un vistoso anello al mignolo.
Lentamente alza la cornetta.
Voce fuori campo al telefono:
“Tutto okay capo,l’agnello è cotto. I piedi piatti che gli stava accanto,l’andriese, ha
Tentato di uscire dalla macchina ma le gambe gli fumavano come sigari. E’ crollato
A terra.Per lui la cottura è stata più lenta.Che spettacolo.(una risata di soddisfazione)
La macchina era incastrata tra le auto. Nessuno poteva avvicinarsi. I lampioni
Esplodevano a batteria.Che spettacolo capo!Più forte di quello in Calabria lo scorso anno
.Un puzzo di asfalto bruciato.
La voce fuori campo si ferma.
La mano sinistra non dà segni di emozione .
La voce riprende:”E’ rimasta intatta solo l’insegna-Lucia mille articoli- Sempre fortunata
Quella lì”(una risatina compiacente) E’ la lezione che quei due piedi piatti meritavano.
La polizia capirà.Lo ricorderanno il giorno di san Leo, capo”
Scena4) Notte –villa del capo
Primo piano sulla mano sinistra che rimette a posto il telefono.
La macchina da presa inquadra il porto della città..
Siete riusciti a leggerla tutta? Perchè vi consigliamo sempre di leggere alcuni dei numerosi articoli che trovate sul nostro sito? Perchè una sceneggiatura, a parte il contenuto della storia, che ha una grandissima importanza, va scritta con le dovute regole. Proviamo a scrivere velocemente quello che abbiamo ricevuto, senza cambiare nulla, in una forma che possa apparire, almeno formalmente, una sceneggiatura.
LUCIA-MILLE ARTICOLI
Sinossi:
Festa di San Leo, patrono della città. E’ sera. Le luci dei lampioni illuminano il lungomare affollato. Le insegne dei negozi si riflettono nelle calme acque del mare. Un boato. La macchina della polizia salta in aria. L’enorme palla di fuoco trascina altre macchine in un vortice di fuoco e fumo.
Buio. Una sola insegna si salva:Lucia –mille articoli. Urla di passanti intrappolati nell’oscurità. Lontano dalla città, nella villa del”boss” immersa nel silenzio degli ulivi, una voce al telefono lo rassicura che tutto è andato bene.
“Capo, quelli ora capiranno”. il “boss” ascolta in silenzio. Riattacca.
Sceneggiatura:
Scena 1) Interno notte, Ufficio della polizia
Il sergente Biagio Contrera guarda il monitor per controllare il traffico sul lungomare della città.
Una mano sulla spalla distoglie il suo sguardo. E’ il capitano Roberto Millo, un uomo sulla quarantina, rossiccio, robusto. Si china sulla spalla di Biagio Contrera e, con aria rilassata dice:
“Tutto a posto, vedo. Ora prendo Brenda e andiamo a festeggiare in quella pizzeria qui dietro, alla parallela. Era da tempo che speravamo”.
Biagio si volta con sguardo interrogativo. Il capitano risponde felice:
“Ora posso dirlo. Brenda aspetta un bimbo. Si, una procreazione assistita. Questa volta ha funzionato.”
Biagio sorridendo.
“Ora capisco quei permessi ogni mese. Erano per accompagnare Brenda dal dottore. lo dica a tutti. Un segreto felice rende felici tutti. Ce ne sono altri che producono sofferenze, inquinano la vita familiare. Quelli devono rimanere segreti.”
Roberto lo interrompe divertito: ”Che c’è Biagio, hai qualche scheletro nell’armadio che ti ossessiona?”
Biagio Contrera non risponde. Silenzioso continua a guardare il monitor.
Roberto si avvia all’uscita.
Si volta lentamente:
”Più che segreti, direi situazioni che producono sofferenze. Non drammatizzare più di tanto”
Biagio continua a controllare il traffico sul monitor
“io vado”
conclude Roberto.
Si volta:
”Abbiamo qualcuno sul lungomare a controllare la zona?”
Chiede con tono professionale sulla soglia dell’ufficio
“Quella è una zona molto trafficata”
conclude.
Biagio Contrera senza staccare gli occhi dal monitor:
“Si. Marco e Carlo mio fratello. Sono parcheggiati proprio al centro del Lungomare”.
“Carlo! Allora siamo a posto”
conclude Roberto.
“Già, quella testa calda. Quello si che è un segreto. Meglio non svelarlo”
Ribatte Biagio.
Roberto chiude la porta sorridendo.
Scena 2) Sera. Ufficio della polizia.
L’ufficio è vuoto.
Biagio Contrera osserva la città in festa. Le luci dei negozi e i lampioni del lungomare la illuminano a giorno.
Le strade gremite di gente. E’ il giorno di San Leo, il patrono della città.
Squilla il telefono.
”Si mamma, okay, finisco il mio turno e passo a prendere Carlo. Lo so. È il miglior dolce della città”
le risponde sorridendo .
Si stropiccia gli occhi. Un caffè, si un caffè. Si alza. Un lampo sul monitor.
Sgrana gli occhi: un’esplosione.
Due macchine saltate in aria. Una palla di fuoco ricade sulle macchine vicine coinvolgendole nell’esplosione.
I lampioni ai lati del lungomare scoppiano per l’intenso calore.
Le insegne luminose dei negozi si accartocciano cadendo a pezzi incandescenti sulla strada.
Buio.
Un fumo intenso avvolge i passanti che scappano da tutte le parti senza potersi orientare al buio.
Lentamente Biagio poggia il caffè sul tavolo.
Gli occhi stravolti. Cerca di riconoscere la macchina,la macchina della polizia.
“Dov’è “
si chiede.
Scena 3) Notte. Villa del ”boss”.
Dall’altra parte della città le luci illuminano il porto.
Primo piano su una villa immersa negli ulivi.
Squilla il telefono sulla scrivania dello studio arredato con pochi mobili.
Primo piano sulla mano sinistra, robusta con un vistoso anello al mignolo.
Lentamente alza la cornetta.
Voce fuori campo al telefono:
“Tutto okay capo, l’agnello è cotto. I piedi piatti che gli stava accanto, l’andriese, ha tentato di uscire dalla macchina ma le gambe gli fumavano come sigari. E’ crollato a terra. Per lui la cottura è stata più lenta. Che spettacolo.”
(una risata di soddisfazione)
“La macchina era incastrata tra le auto. Nessuno poteva avvicinarsi. I lampioni esplodevano a batteria. Che spettacolo capo! Più forte di quello in Calabria lo scorso anno. Un puzzo di asfalto bruciato.”
La voce fuori campo si ferma.
La mano sinistra non dà segni di emozione .
La voce riprende:
”E’ rimasta intatta solo l’insegna Lucia mille articoli. Sempre fortunata quella lì”
(una risatina compiacente)
“E’ la lezione che quei due piedi piatti meritavano. La polizia capirà. Lo ricorderanno il giorno di San Leo, capo”
Scena 4) Notte. Villa del capo
Primo piano sulla mano sinistra che rimette a posto il telefono.
La macchina da presa inquadra il porto della città.
Compitino: fatele vostre considerazioni su quanto è stato scritto. Quanto è importante scrivere la storia in un buon italiano, fluido, senza errori formali o di ortografia? Quanto è importante pensare, creare una storia bella che sia anche nuova? Far saltare una macchina od andare sulla luna è la cosa migliore a cui sappiamo pensare? E che andamento devo dare alla storia per convincere un produttore a spendere qualche soldino e un regista a girarlo? Siamo sicuri di conoscere la tecnica dei tre tempi? E del break point ne sappiamo qualcosa? lo abbiamo utilizzato?
Quando vediamo un film cerchiamo di analizzarlo? ci chiediamo perchè la storia ci è piaciuta? ripercorriamola nella nostra mente e cerchiamo di scoprire i suoi punti forti. E quanti cortometraggi guardiamo? Da loro possiamo imparare tanto, sia se sono belli che brutti. Solo in questo sito ci sono decine di articoli che ci possono aiutare.... Andate a leggerli....
Ve ne suggeriamo intanto due:
Gli errori più comuni che commettono gli aspiranti sceneggiatori
Ci hanno inviato una sceneggiatura da leggere. Scrivere una sceneggiatura non è facile e semplice. Non ci si può improvvisare sceneggiatori: bisogna aver prima studiato le basi e poi aver letto ed analizzato molte sceneggiature e provato anche a scriverne altre partendo dalle nostre idee o da spunti che ci troviamo intorno ogni giorno.
Leggi tutto: Cosa scrivere e cosa non scrivere in una sceneggiatura
IL PARRUCCHIERE
SOGGETTO DI LORENZO POMPEO
SCENEGGIATURA DI LORENZO POMPEO E MARCO BELOCCHI
SCENA 1
SALONE PARRUCCHIERE
INTERNO GIORNO
Mentre la musica dei titoli di testa si spegne lentamente, si vede l’interno di un salone di parrucchiere, è mattina c’è movimento, alcune signore stanno aspettando il loro turno leggendo una rivista, altre sono sotto il casco, qualcuna è al lavaggio o al taglio.
Jean Philippe, il parrucchiere si aggira per il salone controllando l’operato delle sue lavoranti, dando ora un consiglio, ora rivolgendo qualche parola alle clienti abituali.
Entra Simona, una signora di un’età tra i 45 e i 50, una buona cliente. Jean Philippe l’accoglie con molto calore e la fa accomodare.
JEAN
Ah signora Paola, che piacere rivederla. Come va, tutto bene?
SIMONA
Si, bene grazie.
JEAN
Si accomodi pure, cinque minuti e cominciamo.
Squilla il telefono. Un assistente risponde e passa il cordless a Jean, il quale chiede con la mimica chi è. L’assistente risponde, sempre a gesti, che non lo sa. Per un attimo Jean scompare nel retrobottega per rispondere al telefono.
JEAN (al telefono)
Buongiorno signora, ha detto per giovedì? Attenda un attimo… Mi scusi, ho un attimo da fare, se mi lascia il suo numero la richiamo tra qualche minuto. Sì… sì… (mentre trascrive il numero su un’agenda) Perfetto, allora tra cinque minuti la richiamo, va bene?… Tra un paio d’ore? Non c’è problema.… Non c’è di che, a dopo.
Jean va da una signora seduta, Francesca, pronta per il taglio.
JEAN
Allora, signora, come li facciamo oggi questi capelli? Facciamo le solite meche? O facciamo uno schiaffo che ringiovanisce un pochino?
FRANCESCA (mesta)
No, rimaniamo sul classico.
JEAN
Qualcosa che non va, signora?
FRANCESCA
Sa, Jean Philippe, domani devo andare a un funerale.
JEAN
Oh, mi dispiace…
FRANCESCA
Il fratello di mio marito, era da tanto che era malato…
JEAN
Forse ha smesso di soffrire.
FRANCESCA
Chissà…
JEAN
Eh, tanto prima o poi tocca a tutti, belli e brutti.
FRANCESCA
Quando succedono queste cose, ci si fa tante domande… si fa finta di non pensarci, ma poi…
JEAN
Bisogna farsi forza, signora, a queste cose non c’è rimedio e colpiscono quando meno te l’aspetti.
FRANCESCA
Parole sante. Sembra sempre che debbano capitare agli altri… E poi succedono tutte insieme. L’anno scorso se n’è andata mia suocera… sembra quasi che una disgrazia ne chiami un’altra.
JEAN
Signora, sono cose che succedono e basta, non ci possiamo fare nulla.
Intanto ha finito il taglio, prende uno specchietto e le mostra il risultato anche sulla nuca.
JEAN
Allora signora può andare?
FRANCESCA
Sì, mi sembra molto buono, sobrio ed elegante.
Francesca si alza e si reca alla cassa per pagare, un ragazzo di bottega le porge il cappotto. Jean Philippe, la saluta con i soliti salamelecchi.
Appena Francesca è uscita, Jean si reca nel retrobottega con un atteggiamento totalmente diverso da quello che gli abbiamo visto finora. Compone un numero.
JEAN (al telefono)
Il dottor Finocchi, per favore… Aldo caro, da quanto tempo che non ci sentiamo? A quando una partita a tennis?… Lunedì della prossima settimana? Benissimo!… Senti, ti chiamavo per un affaruccio. Una cliente qui, gli è morto ora il cognato e poco tempo fa la suocera… con quella si va sul sicuro… Francesca Tomassucci, il marito è architetto, stanno bene. Tu chiamala la mattina,
domani no che c’ha il funerale… sì, dopodomani va benissimo… Ma ti dico che è una cosa sicura! Ti pago la pizza lunedì se non ci riesci!… Perfetto, fammi sapere poi, eh?… Come? Ah sta per scadere la polizza? Di già! E vabbè, la settimana prossima regoliamo tutto, sconto per gli amici, però!… Ora ti saluto che ci sono un po’ di clienti di là. A presto, ciao, ciao.
Jean Philippe riattacca e mormora tra sé.
JEAN
Sto pezzente morto de fame!
Torna nel salone e si avvicina alla signora Paola cui una sciampista sta raccogliendo i capelli in un asciugamano.
JEAN
Allora signora, siamo pronti?
PAOLA
Stavolta facciamo due meche bionde, proprio qua sulla fronte.
JEAN
Benissimo, allora facciamo anche un taglio sbarazzino! Suo marito che ne dirà?
PAOLA
Mio marito non se ne accorgerà nemmeno, figuriamoci se ci fa caso!
JEAN
Eh, questi mariti, non sanno cosa si perdono.
PAOLA
Ma quello che si perde da un parte si trova da un’altra.
JEAN
Questi uomini, che mascalzoni!
PAOLA
Ma prima o poi anch’io la trovo un distrazione, da qualche altra parte…
JEAN
Fa bene, signora, un po’ di distrazione ci vuole ogni tanto.
Stacco musicale.
Jean mostra il taglio allo specchio, Paola, fa qualche smorfia, Jean le aggiusta un ciuffo, la signora sorride, si alza va alla cassa, paga, il ragazzo la aiuta a infilarsi una pelliccia, Jean la saluta calorosamente.
SCENA 2
SALONE PARRUCCHIERE RETROBOTTEGA
INTERNO GIORNO
Jean Philippe al telefono attende di parlare con qualcuno.
JEAN (al telefono)
Giovanni, sei tu? Per quelle forniture è pronto il preventivo?… Ti volevo dire un’altra cosa, c’è una cliente, una certa Paola, che è proprio il tipo tuo, trentacinque anni, piccolina, una miniatura cinese, sposata, annoiata, insomma facile facile.… Aspetta, fammi finire: la trovi al bar del circolo la domenica mattina… Si capisce che ci va da sola.… Poi mi fai sapere, eh? Allora per il preventivo magari ci vediamo lunedì, così mi racconti tutto. Ciao.
Jean riattacca e bofonchia.
JEAN
Mah, che ci troveranno le donne in questo carciofo!
Si avvia nel salone.
SCENA 3
SALONE PARRUCCHIERE
INTERNO GIORNO
Jean si avvicina alla signora Simona che sta seduta sfogliando delle riviste femminili.
JEAN
Signora, prego…
Simona si alza e si accomoda su una delle poltrone.
JEAN
Mi dispiace se l’ho fatta aspettare, ma oggi è una di quelle giornate…
SIMONA
Non fa niente, oggi non ho fretta.
JEAN
Allora, signora, come li facciamo questi capelli?
SIMONA
Vorrei una tintura un po’ più ramata e un taglio leggero e un po’ serioso, che domani devo far colpo sul direttore della banca.
JEAN
Lasci fare a me e vedrà che il direttore apprezzerà.
SIMONA
Eh… Speriamo! Ho un affaruccio in sospeso e tutto dipende se lui mi fa avere un prestito.
JEAN
Anch’io qui per aprire, mi ricordo, quanto ho penato…
SIMONA
Perché sarebbe veramente un peccato… ho adocchiato un negozio che tra l’altro è proprio qua dietro l’angolo, un affarone! Il portiere mi ha detto che il proprietario del negozio accanto se lo
vuole comprare a tutti i costi per allargarsi, ma che in questo momento non ha i soldi. Quindi se lo compro adesso, tra un po’ glielo rivendo al doppio.
JEAN
Certo sarebbe un bell’affare. Ma se poi quello non se lo compra?
SIMONA
Comunque rimane un buon affare, e poi il portiere mi ha garantito che quello è veramente interessato.
JEAN
Bè, allora buona fortuna col direttore della banca!
Squilla il telefono. L’assistente porge il cordless a Jean con una strizzando l’occhio per far capire che si tratta di una persona ben nota e di un affare un po’ losco. Jean fa un cenno a un suo assistente di finire il taglio e va nel retrobottega a rispondere.
SCENA 4
SALONE PARRUCCHIERE RETROBOTTEGA
INTERNO GIORNO
Jean Philippe risponde al telefono.
JEAN (al telefono)
Pronto… Ah, signora Moscato, come sta? Quando passa a trovarmi?… Sì, sì, non c’è problema… Mi lasci il numero…
Scrive il numero su un taccuino.
JEAN
Il signor? (scrivendo) Paolo. Benissimo. Provvedo subito… Non c’è di che, signora, se posso aiutare le mie clienti sono qui sempre a sua disposizione, signora… Arrivederla.
Riaggancia.
JEAN (tra sé)
Che schifo, ‘sta zoccolona!
Compone il numero che aveva appuntato sul taccuino.
JEAN (al telefono)
Buongiorno, potrei parlare col signor Moscato?… Buongiorno qui è il parrucchiere Jean Philippe, la chiamo da parte di sua moglie. La signora mi ha detto di avvertirla che tarderà una mezz’oretta, è qui che sta terminando la messa in piega sotto il casco… sì, sì riferirò… di nulla, arrivederci.
Riaggancia.
JEAN (tra sé)
E anche il cornuto è sistemato.
SCENA 5
SALONE PARRUCCHIERE
INTERNO GIORNO
Musica.
Jean ha terminato il taglio e la tintura a Simona e con uno specchio le mostra il lavoro. Lei fa una smorfia di soddisfazione. Si alza, va alla cassa, paga ed esce.
La musica sfuma.
Jean si rivolge al suo assistente.
JEAN
Esco un attimo. Pensaci un po’ tu qui, eh?
SCENA 6
STRADA. NEGOZIO IN VENDITA
ESTERNO GIORNO
Jean si avvicina con curiosità davanti ad un negozio con la serranda abbassata. Si annota sul taccuino il numero di telefono che compare sul cartello dell’immobiliare.
SCENA 7
UFFICIO AGENZIA IMMOBILIARE
INTERNO GIORNO
Jean è seduto davanti ad una scrivania di un agente immobiliare e sta firmando delle carte.
AGENTE IMMOBILIARE
Bene, signor Esposito, non rimane che firmare un assegno per la caparra e siamo a posto. Poi le presento subito il proprietario, così per i dettagli potete accordarvi tra di voi.
JEAN
A chi lo intesto l’assegno?
L’agente gli porge il suo biglietto da visita.
AGENTE
Può copiare l’intestazione.
JEAN
Grazie.
Jean firma l’assegno, lo stacca dal libretto e glielo porge.
AGENTE
Allora, tanti auguri. Adesso le chiamo il proprietario, anzi la proprietaria.
L’agente si alza e va ad aprire la porta di una stanza contigua.
AGENTE
Prego, si accomodi.
Dalla stanza contigua appare Simona, entra nell’ufficio con un gran sorriso.
SIMONA
Ma noi ci conosciamo, non è vero?
Jean stupito per l’improvvisa e inaspettata apparizione, balbetta in evidente imbarazzo.
JEAN
Credo… credo di sì.
Musica
Titoli di coda.
FINE
recapiti dell’autore: Lorenzo Pompeo, Via della Farnesina 150 (00194 Roma), cell.: 3289060811, casa: 0664590259, e-mail:
LA PISCINA
SOGGETTO DI LORENZO POMPEO
SCENEGGIATURA DI LORENZO POMPEO E MARCO BELOCCHI
SCENA 1
INT./EST GIORNO NEGOZIO
Claudia, cassiera di un negozio, si accorge che è tardi, prega una collega di sostituirla alla cassa. Prende le sue cose ed esce trafelata.
SCENA 2
EST GIORNO CANTIERE
Luigi, operaio elettricista, si toglie la maschera da saldatore, guarda l’orologio, si accorge che è tardi e dice al capomastro che deve correre via. Posa la maschera e il casco da operaio, s’infila il casco da motociclista e sia avvia.
SCENA 3
EST GIORNO SCUOLA
Claudia è ferma con l’auto davanti alla scuola che sta aspettando l’uscita della figlia, Serena, la quale subito dopo esce festosa da scuola e s’infila nell’auto.
CLAUDIA:
Ciao, monta… Ti sei ricordata di mettere tutto nella borsa? (Serena annuisce) Bene, sbrighiamoci, che senno facciamo tardi come al solito…
Claudia mette in moto la macchina e riparte.
SCENA 4
EST GIORNO PARCHEGGIO PISCINA
Luigi arriva con il motorino, dietro di lui siede la figlia Manuela, e si parcheggia casualmente accanto all’auto di Claudia. È già tardi e Luigi sollecita la figlia di fare in fretta.
SCENA 5
INT GIORNO PISCINA SPOGLIATOIO
Ma manca poco tempo all’inizio della lezione di nuoto. Diversi genitori stanno aiutando i figli (di età fra i 7 e gli 8 anni) a spogliarsi e a mettersi il costumino. D’un tratto arriva la maestra di nuoto che battendo le mani raduna i bambini e li porta verso il piano vasca. I genitori rimangono con gli abitini in mano e li sistemano nei rispettivi attaccapanni.
SCENA 6
INT GIORNO PISCINA ZONA PUBBLICO
I genitori sono seduti nell’area a loro riservata di dove osservano i bambini che nuotano.
Luigi si siede nell’unico posto libero, ovvero accanto a Claudia. I due si scambiano un’occhiata.
Nel frattempo seguono i loro figli nuotare.
La maestra sgrida la piccola Serena, Claudia alzandosi in piedi quasi di scatto fa come per gridarle qualcosa ma emette solo un grido soffocato.
CLAUDIA
Dai, che ce la fai!
Si risiede e continua a seguire con apprensione. Luigi, che le sta seduto accanto, la approccia.
LUIGI
Non si preoccupi, è severa, ma è brava… Il mio è quello laggiù in ultima corsia, non sa quante ne ha prese…
CLAUDIA
Sì, ma non vorrei che se la prende…
LUIGI
È il primo anno che viene qui?
CLAUDIA
Sì, il primo. Ma è già il secondo anno di nuoto, prima andavamo in un’altra piscina.
LUIGI
Perché ha cambiato?
CLAUDIA
È stata la maestra che ce l’ha consigliato.
LUIGI
Ah, allora è brava!
CLAUDIA
Viene volentieri, poi si vedrà se continuerà a piacerle…
LUIGI
Il mio è già il terzo anno che viene qui, ma non importa se diventerà un campione, l’importante è che se la cava bene in acqua. Così quando si troverà a uscire in barca non avrà paura.
CLAUDIA
La barca? Uh, che bello! Quanto mi piacerebbe averne una!
Claudia si perde un attimo nei suoi sogni.
CLAUDIA
Chissà quanto costa e poi la manutenzione, il rimessaggio…
LUIGI
Il costo è un problema relativo. E poi tutto nella vita costa, no? Una macchina, il nuoto, le vacanze… E poi può essere anche una fonte di guadagno, non solo una spesa.
CLAUDIA
Cosa?
LUIGI
La barca. Io ci guadagno mica male.
CLAUDIA
Veramente?!
LUIGI
Io faccio lo skipper.
CLAUDIA
Che bel lavoro, ti pagano per fare le vacanze!
LUIGI
Sì, ha i suoi pro e i suoi contro: non è mica un lavoro fisso, e poi sempre in giro per il mondo…
E lei che fa?
CLAUDIA (titubante)
Io? Bè io… l’attrice, sì, faccio l’attrice! Teatro, sa, un po’ di cinema e qualche piccola parte in televisione.
LUIGI
Infatti, mi sembrava una faccia nota!
CLAUDIA
Ma è difficile che mi abbia notato, ho fatto solo piccole parti in un paio di puntate.
LUIGI
Ma è un lavoro bellissimo!
CLAUDIA
Non creda, sa, è una vita difficile, sempre in giro, non hai mai la certezza di un futuro…
LUIGI
Di questi tempi chi ha la certezza del futuro?
In quel momento l’insegnante di nuoto urla che la lezione è finita e ordina ai bambini di uscire dalla vasca. Contemporaneamente anche i genitori si alzano dai loro posti e si avviano verso gli spogliatoi. Anche Luigi e Claudia si alzano e si presentano.
LUIGI
A proposito, io mi chiamo Luigi.
CLAUDIA
Piacere, Claudia.
SCENA 7
INT GIORNO CANTIERE
Pausa pasto. Luigi sta scartando una bella pagnotta, poi estrae il telefonino e digita un numero.
LUIGI (al telefonino)
Ciao amò… no, niente, tutto a posto, te volevo di’ che siccome oggi stacco un po’ prima, ci posso sempre anda’ io a porta’ Manuela in piscina. No, no, tutto bene, è che ho già finito quello che dovevo fa’ qui e allora… Vabbè, allora ci vado io. A dopo. Un bacetto, amò. Ciao.
SCENA 8
INT GIORNO PISCINA SPOGLIATOIO
Luigi entra con la figlia, al solito in ritardo, immediatamente cerca con lo sguardo Claudia e la vede indaffarata ad aiutare la figlia Serena. Si vedono, si fanno un cenno di saluto. Lui sollecita Manuela a fare presto. Irrompe la solita maestra che strilla esortando i bambini a andare in acqua. Rimasti nello spogliatoio, Luigi invita Claudia a prendere qualcosa al bar prima di prendere posto al bordo vasca.
Lei accetta volentieri.
LUIGI
Che facciamo, ci prendiamo un caffè?
CLAUDIA
Perché no?
SCENA 9
INT GIORNO PISCINA. BAR
Davanti a un caffè Luigi e Claudia si raccontano i rispettivi mestieri, essendone rimasti affascinati, lui dal mondo dello spettacolo e lei dalla vita libera e avventurosa del mare.
LUIGI
Ma com’è ‘sto mondo del teatro?
CLAUDIA
Bello… bello… ma fino a un certo punto. Sai è pieno di raccomandate, oggi basta andare a letto col produttore ed è fatta!
LUIGI
Tutto il mondo è paese…
CLAUDIA
Poi però quando sei sul palcoscenico, d’improvviso il mondo cambia…
SCENA 11
FLASH
INT NOTTE TEATRO
Mentre sul palcoscenico illuminato Claudia, in abito d’epoca (700/800), s’inchina per ricevere gli applausi di un pubblico entusiasta, Luigi in prima fila si alza in piedi e batte le mani rapito.
SCENA 9 bis
INT GIORNO PISCINA. BAR
LUIGI
Certo dev’essere molto bello.
CLAUDIA
Beh, non è come il tuo lavoro, la solitudine, il mare…
LUIGI
Ah sì, la solitudine, a volte stanca anche quella, quando ti trovi per giorni in mezzo al mare e non hai nessuno con cui parlare…
SCENA 10
FLASH
EST GIORNO PORTICCIOLO
Luigi vestito di bianco, col berretto da marinaio, che invita Claudia a salire sulla sua barca a vela, mentre FC sentiamo il loro dialogo.
LUIGI (FC)
…Viene voglia di stare in mezzo alla gente. E poi il mare non è sempre così tranquillo, qualche volta quando si arrabbia…
SCENA 12
INT GIORNO PISCINA BAR
Luigi fa una pausa ‘artistica’ sorseggiando il caffè. Poi continua il racconto.
LUIGI
Una volta al largo della Sardegna ero uscito con un gruppo di tedeschi, c’era un gran sole e poi d’improvviso, sai come succede, nel giro di pochi secondi il vento è girato, il mare è cominciato ad alzarsi e…
La musica si alza e non sentiamo più il racconto di Luigi, ma vediamo la sua mimica che sembra narrare di una terribile tempesta e quanto lui fosse bravo.
Claudia lo guarda incantata, assolutamente presa dal racconto.
La mdp passa da uno all’altro come fossero presi da un unico vortice.
I due persi nelle loro fantasticherie, si accorgono che l’ora di lezione è terminata, Claudia guarda l’orologio.
CLAUDIA
Ma è tardissimo! La lezione è finita da un pezzo. Le nostre ragazze ci staranno aspettando…
Claudia si alza di scatto e fugge verso gli spogliatoi, Luigi vorrebbe dirle ancora qualcosa, ma rimane con la parola a metà. Poi con disappunto si alza anche lui e svogliatamente si avvia.
SCENA 13
EST GIORNO NEGOZIO
Luigi si trova davanti al negozio dove lavora Claudia. Guarda l’orologio con insistenza: è chiaro che ha un appuntamento.
SCENA 14
INT GIORNO NEGOZIO
Claudia alla cassa sta battendo il conto a un cliente.
SCENA 15
EST GIORNO NEGOZIO
Dopo un’ultima scorsa all’orologio, si accorge di essere davanti ad un supermercato e decide di entrare.
SCENA 16
INT GIORNO NEGOZIO
Luigi gira per il piccolo supermercato, non sa bene cosa comprare, poi si mette in fila al bancone del pane e del formaggio per farsi preparare un panino.
COMMESSO DEL BANCONE:
Lei?
LUIGI:
Mi può fare un panino con prosciutto e mozzarella?
Il commesso del bancone taglia il prosciutto, la mozzarella, li pesa, confeziona il panino e lo mette in un sacchetto di carta. Luigi consegna il sacchetto alla cassiera, ma la cassiera non è più Claudia, è un altra che prende il sacchetto e batte il prezzo.
SCENA 17
INT GIORNO NEGOZIO SPOGLIATOIO
Claudia si sta finendo di cambiare, si ravvia i capelli e si guarda allo specchio. Entra una sua collega e in quel momento intravede nello specchio Luigi che sta pagando alla cassa. Non è sicura che sia lui, si gira per vedere meglio, l’uomo di spalle sta già uscendo dal negozio.
SCENA 18
EST GIORNO NEGOZIO
Claudia esce circospetta da una porta di servizio. In quel momento Luigi, che sta addentando il panino appena comprato, le passa davanti e la riconosce. Si riconoscono. Momento di imbarazzo. Ma non sembrano contenti di vedersi in quella situazione. Balbettano qualche battuta d’obbligo come costretti dalla situazione.
LUIGI
Claudia, che ci fai qui?
CLAUDIA (imbarazzata)
No è che… Passavo da queste parti…
LUIGI
Abiti qui?
CLAUDIA
Non proprio, ci vivono i miei genitori.
LUIGI
Vai di fretta? Ci prendiamo un caffè?
CLAUDIA
No, devo andare, sai le prove…
LUIGI
Che peccato, chissà quando ricapiterà l’occasione. Stai preparando uno spettacolo?
CLAUDIA
No, forse, non so, è che sto andando a un provino.
LUIGI
Allora, in bocca al lupo, si dice così?
CLAUDIA
E tu la regata, quando vai?
LUIGI
La regata? Ah sì, la settimana prossima.
CLAUDIA
Allora in bocca al lupo anche a te.
LUIGI
Allora quando m’inviti ad uno tuo spettacolo?
CLAUDIA
Presto, vedrai, appena so qualcosa di sicuro ti faccio sapere… Allora ci vediamo in piscina la settimana prossima, regata permettendo.
LUIGI
Sì, certo, la regata è di sabato. Allora al prossimo mercoledì.
CLAUDIA
Ciao.
SCENA 19
INT GIORNO PISCINA BAR
Mentre scorrono i TITOLI DI CODA sullo stesso tema musicale del racconto del mare, si vedono loro due di nuovo seduti al bar della piscina, mentre lui sembra raccontare a gesti un’altra mirabolante avventura marittima.
FINE
Chiara è a scuola con i suoi compagni di liceo e sta assistendo ad una lezione di pronto intervento. La ragazza non presta però la minima attenzione a quello che accade intorno a sé: sembra sconvolta e trattiene a stento le lacrime mentre la lezione va avanti. Anche nello spogliatoio rimane assorta nei suoi pensieri senza neppure ascoltare la conversazione delle sue amiche e senza rispondere alle domande che le rivolgono.
Dopo la scuola Chiara prende la metropolitana e si ferma da sola su una panchina nel parco. A casa sua intanto ci si sta preparando per la cena: Maria sta cucinando mentre Antonio cerca di tenere tranquillo il fratellino di Chiara, Chicco, che comincia ad avere fame. Ma Chiara non è ancora rientrata e non risponde alle telefonate.
Quando la cena è pronta e già servita in tavola, arriva finalmente anche la ragazza. Chiara risponde a monosillabi alle insistenti domande del padre, e alla fine, sfinita, confessa a tutti di essere incinta.
La discussione subito si infiamma: Antonio reagisce in maniera nervosa e si infuria ancora di più di fronte alla decisione di Chiara di voler tenere il bambino.
Nel tentativo di ribadire la sua autorità sulla famiglia, Antonio finisce per perdere il controllo.
Dichiarazione di Nicola Martini
L’imprevisto racconta un frammento orizzontale della vita di persone borghesi di questi anni. Racconta una giornata un po’ particolare di una giovane liceale di 17 anni e, di conseguenza, dei suoi genitori e del suo piccolo fratellino. Ma il vero protagonista è il destino beffardo e l’istinto puro e fuori dagli schemi che a volte può cambiare le cose. O almeno dà l’idea di poterlo fare.
Quasi tutto è girato camera a spalla (escluso una scena in cui non è presente la protagonista) per esigenze di realismo duro e contemporaneo, infatti oggi chiunque con un cellulare o con una fotocamera può registrare frammenti puri di vita reale spesso già carichi di tensione e di significato (il fratellino stesso usa la videocamera del cellulare del padre). Centrale e a volte predominante l’uso del suono (moltissime sono le battute fuori campo con i relativi piani d’ascolto), soprattutto nella scena finale (televisione come sfondo sonoro emozionale sempre fuori campo). Inizia come finisce: con la visione sottratta e con la sola parte sonora che ha il compito di configurare e di vettorializzare l’emozionalità.
Dalla scrittura alla messa in scena l’obiettivo comune era di raggiungere, attraverso un linguaggio contemporaneo e non pulito, un realismo totale e un’emotività che sembra parta in ogni momento ma che alla fine non parte mai. Ma viene strozzata.
Sera del 31 dicembre. Dopo aver litigato con la sua ragazza, Franco decide di andare da solo al cenone dei suoi amici. In strada accidentalmente urta un vu’ cumpra’ e Franco lo invita ad andare con lui. Alla festa tutti fanno buona accoglienza al marocchino, finché non sparisce un prezioso bracciale d’oro. Dopo aver ipotizzato uno scherzo di dubbio gusto, i sospetti dei padroni di casa cadono subito su Driss. Sale la tensione e le reciproche accuse di ipocrisia, razzismo e classismo. Le posizioni di Franco e dei padroni di casa, sostenuti dagli altri invitati, si irrigidiscono e la situazione sta per degenerare in una rissa, quando il bracciale viene ritrovato sotto il cassettone. Le scuse di Sandro non bastano a Franco, che decide di andarsene insieme a Driss, riprendendosi la bottiglia di champagne che aveva portato. Appena usciti (manca soltanto mezz’ora alla mezzanotte) squilla il cellulare di Franco: è Manuela che ha voglia di far pace. Franco coglie la palla al balzo e propone di andarla a prendere a casa sua, per poi andare, tutti e tre, a salutare l’anno nuovo al piazzale Michelangelo. Una volta arrivati, Franco accende la radio, un animatore scandisce il conto alla rovescia. Franco e Manuela si guardano negli occhi, promettono di non litigare più e si baciano. Sul sedile posteriore Driss è imbarazzato, non sa più dove guardare, apre la portiera posteriore e scende dall’auto. Franco e Manuela non si accorgono di niente e continuano a baciarsi. Driss si allontana a piedi, sullo sfondo del panorama di Firenze illuminata dai fuochi artificiali. Si guarda intorno, poi s’infila la mano dentro i pantaloni e tira fuori il dopobarba Ghibli, che ha preso dal bagno della casa. Ne svita il tappo e se la porta al naso. Chiude gli occhi ed aspira profondamente: le risate delle persone vicine, i rumori dei fuochi e dei botti si abbassano progressivamente fino a sparire, mentre sale il soffiare del vento. E dal primo piano di Driss, che guarda, senza ormai più vederlo, il panorama di Firenze sotto i fuochi d’artificio, passiamo in lenta dissolvenza ad una immensa distesa desertica, dune illuminate dal sole radente, mentre soffia forte il Ghibli, il vento del deserto. In sovrimpressione appare, con l’aggiunta di una musica arabeggiante, il volto di una giovane ragazza col velo mosso dal vento che si volta e gli sorride.
Quando creiamo un personaggio e lo facciamo agire in una storia, dobbiamo tener conto che nessuno esiste da solo. Che siano presenze fisiche oppure semplici richiami esterni previsti dalla trama, queste figure "secondarie" intrecciano sempre e comunque relazioni umane che, necessariamente, influenzano il protagonista della storia. Affinché un personaggio risulti credibile, deve apparire vero e rispecchiare quanto accade nella vita reale, nella nostra vita. Ecco perché, come già si diceva, è importantissimo guardarsi bene attorno, analizzare la propria realtà, comprenderla e utilizzarla per intarsiare una buona storia. Ogni azione prevede, in maniera più o meno diretta, una interazione. Ogni personaggio interagisce con qualcun altro. Questo “altro” ha un compito importantissimo: deve dare senso al dolore o alla rabbia o all’amore che affligge il protagonista.
PERSONE E SCATOLE
Ci sono persone e ci sono scatole.
Dentro le scatole ci sono città, parchi, montagne, laghi, distese immense di deserto.
Le costruzioni possono avere varie forme e misure: può trattarsi di palazzi, capanne, castelli, negozi, fabbriche, hotel o alveari popolari, nei quali vivono delle persone. Persone vere, in carne e ossa con proprie idee e gusti specifici.
Un insieme più o meno grande di edifici e di persone, forma una comunità.
Non si tratta di un concetto astratto e impalpabile: ogni centro abitato ha un odore e un suono ben precisi. Ha sue tradizioni, un dialetto, un piatto regionale, feste popolari, giorni di chiusura e orari di apertura dei negozi. Ha poliziotti e regole e leggi più o meno giuste. Ha disparità sociali più o meno pronunciate e possiede un tipo di clima atmosferico che determina tutta una serie di altre abitudini.
Soprattutto, dentro ogni comunità esiste una fitta rete di relazioni umane, tessuta con un filo sottilissimo eppure più resistente dell’acciaio.
Le abitudini di uno, influenzano il pensiero di un altro
Che siano presenze fisiche oppure semplici richiami esterni previsti dalla trama, queste figure "secondarie" intrecciano sempre e comunque relazioni umane che, necessariamente, influenzano il protagonista della storia.
Affinché un personaggio risulti credibile, deve apparire vero e rispecchiare quanto accade nella vita reale, nella nostra vita. Ecco perché, come già si diceva, è importantissimo guardarsi bene attorno, analizzare la propria realtà, comprenderla e utilizzarla per intarsiare una buona storia.
Ogni azione prevede, in maniera più o meno diretta, una interazione. Ogni personaggio interagisce con qualcun altro. Questo “altro” ha un compito importantissimo: deve dare senso al dolore o alla rabbia o all’amore che affligge il protagonista.
Non esistono personaggi secondari
Jenny muore. Michael impazzisce e parte alla caccia dei suoi assassini.
Chi è Jenny? Che legame aveva con Michael? Chi sono i suoi assassini? Perché Michael farà fatica a trovarli? Dove si nascondono e perché si nascondono così bene? A loro volta, che tipo di aiuti/relazioni hanno gli assassini con altri che ne facilitano la fuga?
Se gli assassini che Michael insegue fossero semplici macchiette, senza una storia personale, messi lì solo per dire “eccoli”, con atteggiamenti stereotipati e sbrigativi, allora Michael suonerebbe fasullo e scontato e la sua azione nel film non sarebbe credibile.
Ma, se quegli assassini fossero a loro volta personaggi forti, con una loro coscienza e una storia e paure e spinte specifiche, allora Michael avrebbe un compito difficile e noi (pubblico) soffriremmo con lui nel dare la caccia a persone "vere": delinquenti sì, ma dotati di movimento interiore, di un passato, di un vissuto pesante e doloroso; delinquenti, la cui morte provocherebbe altra sofferenza ad altre persone (una madre, una sorella, un amico, un figlio) . In questo modo, la piccola storia da cui eravamo partiti, si espanderebbe a dismisura.
Ogni personaggio è un numero uno, ha una sua vita, della quale è protagonista, e ha una sua profondità e merita la stessa attenzione che viene posta al personaggio principale. Anche se abbiamo a che fare semplicemente con l’usciere di un hotel o con il parroco del paese che vedremo forse in una sola scena, dobbiamo conferire a ciascuno il giusto spessore.
Dentro la scatola
Nessuno sa di trovarsi dentro una scatola, semplicemente perché non ha mai avuto (e forse mai avrà) la possibilità di osservarsi dal di fuori.
Tutto ciò che succede dentro la scatola è vero.
E’ l’universo, è il mondo; la scatola è l’infinito. E’ un mondo così vero da provocare vero dolore, vera morte, vera disperazione oppure gioia, esaltazione, amore e passione.
La ricetta per la buona riuscita di una storia è miscelare nel modo giusto gli ingredienti e inserire dentro quella scatola case, scuole, leggi e istituzioni, e personaggi completi e credibili, forti e sensibili, che siano in grado di influenzare, come succede nella vita reale, le azioni del protagonista.
di Sabrina Gioda
Sceneggiatrice cinematografica e televisiva, autrice di romanzi e insegnante di sceneggiatura e scrittura creativa
Dal suo blog http://scriverecinema.weebly.com
Chi sono?
E c'è gente che cammina, gente che corre. Ci sono passanti, negozianti, taxisti e automobilisti.
E in mezzo a tutto questo c'è lui. E' lì perché abbiamo deciso che dovrà fare qualcosa.
In funzione di un'azione futura, lui si trova fermo, da solo, in una via, tra sconosciuti e facce ostili.
Respira un'aria che ancora non conosce.
Indossa abiti che gli abbiamo cucito addosso ma che forse, lui trova scomodi.
Ha un corpo, ha un peso, ha persino una faccia. Ed è pronto all'azione.
Potrebbe essere un genio della finanza, una donna incinta, un artista disoccupato, un campione olimpico. Sfiga (per lui) vuole si tratti di un barbone. Magari uno di quelli che non si muovono senza una bottiglia nella tasca del giaccone.
Abbiamo deciso che dovrà essere solo.
Poniamo che la sua famiglia sia stata uccisa da un tir impazzito alla cui guida stava un altro ubriaco.
Visto che abbiamo fatto i compiti per bene, conosciamo il suo passato come le nostre tasche.
Sappiamo quando è nato, dove è cresciuto, che scuole ha fatto.
Siamo stati davvero bravi: non abbiamo tralasciato nulla. Abbiamo agito da manuale!
Sappiamo persino come si muoverà, quanto, come e se gli tremeranno le mani, conosciamo perfettamente che tipo di accento avrà e che linguaggio userà e sappiamo anche di quale tipo di malattia è affetto.
Sappiamo tutto, perché siamo autori scrupolosi e abbiamo compreso l'importanza di scavare a fondo nei trascorsi del nostro personaggio.
Così, il nostro barbone se ne sta buono buono su una qualsiasi strada di New York a lanciare pezzi di pane a piccioni spelacchiati e sfigati quanto lui.
Ci sono tutti i presupposti per un bel conflitto corposo e credibile. Uno di quei conflitti interiori che affondano gli artigli nel passato e che tanto appassionano il cinema contemporaneo. C'è spazio anche per nuovi conflitti futuri che daranno il via a una storia di cambiamento e forse di redenzione o magari di totale perdizione.
Il fatto è, però, che il nostro barbone, a un tratto solleva la testa e ci guarda.
Ci fissa con quelle pupille dilatate e spaventate e con quella sclera arrossata e umidiccia.
Sì, guarda proprio noi, non è incredibile?
In verità non guarda noi, ma guarda te, che lo hai creato.
I suoi occhi parlano e chiedono una cosa precisa: chi sono io?
Lui sa quello che deve fare.
Lo sa perché glielo abbiamo imposto noi.
Sa esattamente dove dovrà andare, cosa dovrà fare e chi dovrà incontrare.
E lo farà: su questo non discute. Non tralascerà niente perché è venuto al mondo per quello.
Lui lo sa.
Ma il punto è un altro.
Noi sappiamo se lui è d'accordo?
Amo il mare
Potrebbe averci trascorso l'infanzia oppure averlo incontrato solo attraverso il finestrino di un treno in corsa ed essersene innamorato perdutamente. Perché il mare ha una sua musica speciale. Una musica che ogni individuo accoglie in modo diverso. E' una musica che provoca un movimento dell'anima. \r\n
Visto che siamo stati tanto abili da mettere al mondo un personaggio bello e rotondo, pieno di storia, colmo di passato, traboccante di aneddoti, con una cultura di strada o universitaria, possiamo sicuramente star certi che quel personaggio è riuscito bene.
Così bene da avere sviluppato un'anima.
Lui ci sta.
Sa di essere nato per portare avanti la nostra storia e per assecondare i nostri capricci.
Ma vorrebbe fare le cose senza forzatura, proprio per amore della nostra storia.
Il nostro personaggio ha sulle proprie spalle la responsabilità del successo della nostra storia. Se ne sente parte, sa che quello è il suo mondo.
E' dotato di consapevolezza e, soprattutto, è dotato di una coscienza.
Si tratta di una parte di lui che esiste nonostante noi: la sua coscienza.
Si è formata mentre noi, puntigliosamente, piazzavamo nello schema il colpo di scena alla fine del primo atto e chiudevamo il suo arco di trasformazione. E' cresciuta mentre noi ritagliavamo scrupolosamente una storia credibile per lui e per il film.
Durante quelle pause, nelle lunghe attese mentre formulavamo un buon intreccio, dopo la sua nascita,
quando abbiamo iniziato a imporgli delle mosse, delle azioni e delle scelte precise ecco che, silenziosamente, qualcosa ha iniziato a prendere corpo e a rigirarsi dentro di lui.
Quando il personaggio sviluppa una coscienza, si crea un patto di non belligeranza tra lui e il suo autore.
Occorre una tregua, è necessario prendere fiato e farci bene i conti.
Quanto inciderà il suo amore per il mare con la carneficina che di lì a poco dovrà compiere? Oppure con la periferia degradata in cui dovrà vivere? O con i campi da arare che saranno il suo unico sostentamento?
E' dovere di ogni autore trovare la risposta a domande simili, qualsiasi sia il genere di storia che verrà presentata.
Storie che passano e capolavori che restano
La cosa più bella per un autore è lasciarsi sorprendere dal proprio personaggio.
I personaggi con una coscienza rendono i film indimenticabili.
Non di sola azione vive una storia.
Per far nascere un rapporto d'amore o di odio tanto forte e credibile da provocare nel pubblico un moto dell'anima, occorre verità.
L'uomo che cade preferisce buttarsi nel vuoto da un grattacielo in fiamme piuttosto che essere dilaniato dal fuoco.
E' un'immagine terribile, certo, ma è solo azione.
Quello che fa star male è il silenzio con cui cade quell'uomo.
Un silenzio dentro il quale è racchiuso il suo dolore per la vita che sta abbandonando.
Un silenzio dettato dalla sua coscienza. Cosa altro potrebbe fare un bravo e attento autore se non raccogliere quel silenzio, accettarlo, e inserirlo nella storia?
Provate a immaginare se, al contrario, un ostinato scrittore imponesse al suo personaggio in caduta libera di mettersi a urlare. Si tratterebbe di una semplice forzatura che, a dirla tutta, non provocherebbe proprio nessuna emozione duratura.
La coscienza di un personaggio di fantasia, non è un'aberrazione: è vita resa su un altro piano di lettura.
E' quell'elemento in più che fa salire di un gradino il vostro film.
Non impedirà alle azioni di compiersi. Semplicemente le renderà uniche.
di Sabrina Gioda
Sceneggiatrice cinematografica e televisiva, autrice di romanzi e insegnante di sceneggiatura e scrittura creativa
Dal suo blog http://scriverecinema.weebly.com
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Idee dalla realtà
Bisogna leggere per conoscere tutte le realtà che ci circondano ma che non ci toccano direttamente o di cui abbiamo solo una vaga idea.
LEGGERE = CONOSCERE = POTER SCRIVERE SU ARGOMENTI INTERESSANTI = SCRIVERE DI ARGOMENTI CHE CONOSCIAMO